Nel secondo gruppo "Decido di vivere" non ci si occupa più della malattia e delle sue tappe.
Ci si impegna invece a trovare dentro di sé le motivazioni per vivere meglio di prima, approfondendo le cose emerse nel primo gruppo, al di là di quanto è accaduto o proprio perché è accaduto. Per qualcuna significherà rivedere tutta quanta la sua vita, per altre scoprire un motivo per cui valga la pena di lottare e di decidere di vivere, di abbandonarsi alla vita, anziché rimanere ingabbiata dall'idea della malattia.
In questo gruppo si stimola la presa di coscienza di comportamenti attuali o passati che hanno causato sofferenza: da chi si è assunta pesi eccessivi, a chi è stata condizionata solo dai "devo" a chi ha allagato la sua vita di quest'unica esperienza negativa.
Ora che il rischio di sciupare la vita è diventato più chiaro, si può trovare il coraggio di rileggere i propri comportamenti, il proprio atteggiamento, scoprire gli aspetti negativi ma anche quelli positivi, rivedendoli proprio sotto una luce di migliore consapevolezza.
Non è certo un cammino facile che ha come presupposto di aver accettato l'evento cancro e l'incognita del domani.
Ma il piacere di riscoprire le proprie forze, la voglia di riprogettarsi, di vivere e non più sopravvivere, vale lo sforzo.
Sforzo che è quello di riconciliarsi con i più vari aspetti della personalità, di accettarli, rinunciando alla pretesa di fare sempre bene, perdonando le cose che hanno fatto soffrire, smettendo di recriminare su cose ormai andate, pretendendo di cambiare le circostanze invece di cambiare se stesse.
Quando questi meccanismi vengono portati alla luce, la donna sembra guadagnare un po' più di libertà da spendere nelle cose "normali" della vita: il lavoro, il divertimento, la famiglia, gli amici, ma soprattutto libertà verso se stessa.
I processi mentali e affettivi innescati e, per un tratto, accompagnati nel gruppi "Riprogettiamo l'esistenza" e "Decido di vivere" possono trovare un ulteriore spazio di espressione nel gruppo della "Terapia degli affetti".
La sua funzione è quella di dare una logica e consolidare i processi di rappacificazione con il "mondo interno". Tutti abbiamo bisogno di sentire che le nostre emozioni sono legittime, anche quando esse ci fanno scontrare con i desideri degli altri o addirittura con le nostre decisioni, prese in passato, su come debba essere, per noi, la vita.
La "Terapia degli affetti" guida a conoscere le emozioni, consente di ricondurle ad una sapienza antica, scritta nella nostra specie e nelle esperienze originarie.
Il suo statuto "democratico" è quello di accogliere le crisi e i conflitti (dentro ogni singola persona e tra le persone) non per dirimerli, ma per osservarli con rispetto e attenzione, comprendendo finalmente quanta e quale richiesta di amore e riconoscimento sia in essi espressa.

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