Viceversa i filoandrogeni ribattono che nessuno ha mai dimostrato che il progesterone naturale aumenti il rischio e che i progestinici di sintesi usati per la pillola anticoncezionale spesso non sono che molecole di androgeni chimicamente modificate. Ma intanto un altra stella era sorta, la teoria degli estrogeni liberi, che avrebbe rapidamente sbaragliato ogni altra concorrente. Gli estrogeni (ma anche il testosterone) sono veicolati nel sangue legati a una proteina, la SHBG (Sex Hormones Binding Globulin, la proteina che lega gli ormoni sessuali) e solo una piccola parte di essi è libera e quindi disponibile per agire sulle cellule sensibili. L' azione degli ormoni quindi, più che dalla loro quantità totale, dipende rebbe dalla quota libera, e quindi dalla quantità di SHBG e, in direttamente, dai fattori che ne influenzano la produzione (la SHBG è prodotta dal fegato) e che ne modificano l' affinità di legame. Anche in questo caso la formulazione della teoria ha seguito lo sviluppo delle tecniche di dosaggio degli ormoni liberi. I primi studi ebbero risultati spettacolari: quasi tutti i sieri delle donne ammalate avevano livelli alti di estrogeni liberi rispetto alle donne normali. Poi ci si accorse che nei primi esperimenti si erano utilizzati sieri di donne malate che erano rimasti in frigorifero per molto tempo e li si era confrontati con sieri freschi di donne sane. Parte dei risultati risultò spiegata dal fatto che nella lunga conservazione il legame fra proteina e ormone si scinde. Rimasero comunque risultati interessanti anche se non mancarono anche questa volta studi che non riuscirono ad evidenziare alcuna differenza. Alle difficoltà metodo logiche già illustrate per gli studi precedenti si aggiungeva qui quella di dosare quantità piccolissime, frazioni di picogrammi (miliardesimi di grammo). Nonostante le difficoltà empiriche il ruolo degli estrogeni tornava in auge e la "lobby" degli estrogeni riprendeva la guida dei progetti di ricerca a scapito, ancora una volta, degli appassionati degli altri ormoni, e lo rimane tuttora, anch' essa con una grande prospettiva mercantile: gli antiestrogeni. Se gli estrogeni causano il cancro della mammella, perche non trattare le donne con antiestrogeni ? Un farmaco antiestrogeno utilizzato nella terapia del cancro della mammella si presentò particolarmente interessante per questa ipotesi: il Tamoxifen. Si è osservato, infatti, che le pazienti che sono state trattate con questo farmaco si ammalano meno alla mammella dell ' altro lato. È una strada interessante ma molto rischiosa, perche lo stesso farmaco, pur chiamandosi antiestrogeno, ha anche effetti estrogenici e causa il cancro dell' endometrio. Si sospetta inoltre che causi anche tumori dell'apparato digerente, Di nuovo si rischia che gli entusiasmi preventivi talvolta dimentichino la prudenza. Ci sono attualmente tre grandi studi in corso nel mondo in cui decine di migliaia di donne sane volontarie sono trattate con tamoxifen per verificare se si ammaleranno di meno di quelle non trattate. Ci sono movimenti femminili che sostengono questi esperimenti ed altri che li condannano. Rimane il grande interrogativo che a fronte di poche donne che potrebbero averne un vantaggio moltissime non ne avranno alcuno e non siamo affatto sicuri che non subiranno danni. Dovremmo almeno limitare questi studi alle donne che abbiano un rischio di cancro molto alto per alterazioni ormonali che il farmaco andrebbe a correggere, ma fino a poco tempo fa non si riteneva che fosse possibile identificare affidabilmente le donne ad alto rischio. Negli ultimi anni sono stati pubblicati i primi risultati di tre nuovi grandi studi prospettici, di cui uno condotto presso l'Istituto dei Tumori di Milano, e di un aggiornamento dello studio di Guernsey, che hanno superato molti degli errori metodologici degli studi precedenti.

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