La natura gratuita del compito (la fiduciaria è, a tutti gli effetti, una volontaria che non riceve alcuna retribuzione per ciò che fa) implica naturalmente che vi siano vantaggi e aspetti premianti collegati alle motivazioni profonde della persona.
Una parte di questi vantaggi è fornita dall'appartenenza e dalla capacità dell'Associazione di fornire affetto e responsabilità.
In fin dei conti, il vero motivo per cui Attivecomeprima ha potuto far conto, nel corso degli anni, sulla collaborazione gratuita e appassionata di molte centinaia di persone è proprio la qualità affettiva delle relazioni e la capacità di restituire a chi l'aiuta la gradevole sensazione che ogni energia spesa si trasforma in lavoro e crescita.
La Terapia degli affetti
Al di là del lavoro di gruppo così denominato, il nome "Terapia degli Affetti" definisce una metodologia di intervento nel campo della crisi che Franco Fornari iniziò a delineare all'inizio degli anni '80, proprio stimolato dall'incontro con Ada Burrone e dalle riflessioni sul significato dell'esperienza di vita delle donne che erano state colpite dal cancro al seno.
Prendendo le mosse dalla catastrofe della vita che il cancro porta con sé e dai profondi sentimenti di lutto che si attivano in questa occasione, Fornari si chiese, proprio osservando i modi concreti in cui Attivecomeprima lavorava, come fosse possibile organizzare la speranza.
Una serie di processi di accoglimento, rispecchiamento, rifornimento di affetti, incoraggiamento a imboccare la strada del cambiamento (quel cambiamento che origina dall'interno della persona) e, soprattutto, di continua donazione di senso a un'esperienza altrimenti sconcertante e disorientante: questa èla terapia degli affetti e questo è anche ciò che in Attivecomeprima avviene attraverso l' insieme delle attività.
Si può dunque dire che la terapia degli affetti è in qualche modo svolta dall'insieme di ciò che Attivecomeprima fa con le donne che si rivolgono a lei.
Nota di conclusione
Il cancro è qualcosa che cambia la vita per sempre. Dopo questa esperienza non si tornerà mai più "quelle di prima".
La strada che porta "oltre" la malattia è in salita, ma in ogni momento, in qualunque punto si sia c'è la possibilità di vivere intensamente, di pensare con la mente della specie che, in noi, resta generativa e guarda avanti.
Ricordo con affetto l'immagine di Anna Keller, un mese prima che mancasse: stavamo prendendo un caffè al bar e lei parlava del "nostro" gruppo di Terapia degli affetti, dei suoi figli, delle soddisfazioni e di qualche arrabbiatura, di un presente intenso e vivo in cui c'erano tutte le premesse del futuro.
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