Marathon des Sables 2004
Fulvio Villano
Domani si parte, il ritrovo del gruppo italiano
è all´aeroporto di Milano Malpensa.
Già comincio ad assaporare l´euforia e l´emozione
che mi accompagneranno per tutta la durata della gara. Sono ormai
mesi che aspetto e mesi che mi alleno duramente. Per me l´allenamento
è un po' come il “Foreplay” dell´atto sessuale
e culminerá, se tutto va bene, in una esplosione di energia
da scaricare interamente in una settimana.
Eccoci finalmente pronti a partire per Ouarzazate. Vecchi amici,
nuovi volti di coloro che sono presenti per la prima volta che lasciano
trasparire un nervosismo che si puó quasi toccare e che io
ben ricordo. Le loro domande a noi “vecchie volpi” sono
timide, direi quasi riverenti. Cercano i volti dei noti campioni,
li guardano in un rispettoso silenzio pieno di ammirazione, quasi
per cercare di captarne i loro segreti. Ci sono poi anche quelli
che, forse per mascherare la loro insicurezza, “sbruffonano”
elencando prestazioni da far sbalordire. Tra qualche giorno alcuni
di loro arriveranno con la coda tra le gambe perché il Deserto
rende tutti umili.
Scherzosamente ma anche saggiamente vale il vecchio detto del MdS:
“i morti si contano alla fine”.
Cosa difficile da capire per i “non addetti ai lavori”
è che durante i prossimi 10 giorni si stringeranno amicizie
che dureranno nel tempo e mi tornano alla mente le parole di Zuba
(Paolo Zubani) alla mia prima partecipazione che mi diceva che i
suoi migliori amici li ha conosciuto lì. Fatto che anch´io
posso confermare.
Ho quasi 62 anni, sono alla mia quarta partecipazione e mi ritrovo
emozionato come la prima volta, buon segno non avere perso l´entusiasmo
e, soprattutto il rispetto per il Deserto. Il rispetto è
importante, sei in casa sua, guai a trasgredire alle sue regole!
E´ l´ora dell´imbarco, ci risentiamo dal Campo
Base.
Siamo in avvicinamento, stipati in un autobus, in direzione Deserto.
Molti ancora non sanno, non si immaginano come sarà l´ultima
parte del trasferimento. Ad un punto prestabilito dalla Organizzazione
abbandoniamo il confortevole autobus climatizzato per proseguire
su camions solitamente adibiti al trasporto di animali. Questo è
il primo dei due “points of no return”. Sorpresa per
molti, sorrisi, alcuni di imbarazzo, di insicurezza, per altri.
Il trasferimento dura una buona mezz´ora durante la quale
gli autisti si lanciano in una corsa sfrenata, in competizione l´uno
con l´altro, incuranti del fatto che l´equilibrio nel
cassone è alquanto precario. Grazie al fatto che siamo pressati
come sardine in scatola, riusciamo a sopravvivere, in piedi, a questo
primo passo verso una realtà che molti ancora non conoscono.
|