Dopo un anno e 8 mesi dal trapianto di midollo, ecco la mia esperienza alla maratona di N.Y.


Novembre 2003 una cena con amici.

Tutti appassionati della corsa, discussioni sugli allenamenti, tabelle, gare fatte o da fare. Mi sento un po’ tagliato fuori perché sono passati solo 8 mesi dal trapianto di midollo che mi darà la speranza di campare ancora qualche annetto. Mentre ascolto i discorsi degli altri penso che ormai il tempo delle maratone per me è finito. Ma è veramente finito? Se continuo a pensare quello che ho passato e le tracce che la malattia ha lasciato sul mio fisico, sicuramente dovrei appendere le scarpe al chiodo. A questo punto del mio ragionamento intervengo nella discussione “ Io pensavo di fare New York nel 2004, chi è che viene?” Il silenzio è totale. L’imbarazzo generale pure, ma dopo questo iniziale momento di smarrimento, l’idea coinvolge subito tutti. Se avessi potuto leggere i loro pensieri avrei sentito un coro : “Questo è pazzo, ma siamo con lui”. Non so se veramente convinto o perchè ho voglia di risentirmi una persona “normale”, inizio ad organizzare il viaggio insieme al mio amico Lolo Tiozzo di Ovunque Viaggi. Quando domenica 7 novembre 2004 arrivo con il pullman dell’organizzazione alla partenza della maratona, vivo le stesse sensazioni delle volte precedenti ma moltiplicate per 100. E’ quando pensi di non poterli più rivivere che apprezzi di più certi momenti. Dopo un anno e otto mesi dal trapianto di midollo, mi stavo accingendo ad affrontare i 42 km e 195 metri attraverso la “grande mela”.
Ed alla partenza non ero solo, mio fratello gemello (ancora più gemello in quanto donatore per il trapianto), mio figlio, mia nipote e tanti amici.

Lungo il percorso il resto della famiglia e ancora amici.




La giornata è stupenda, c’è il sole e la temperatura mite .


Inizia la gara con l’entusiasmo e l’emozione che New York ti regala tutte le volte. Un po’corro (4 minuti) un po’ cammino (1 minuto), secondo un metodo (Galloway) provato ed adattato alle mie possibilità (grazie a Silvio Omodeo) anche in allenamento. Verso i 20km inizio ad accusare la fatica ed insieme ad Aldo e Maurizio che mi seguiranno per tutta la gara, decidiamo di camminare fino al 25km dove abbiamo appuntamento con la mia famiglia e altri amici. La sosta di qualche minuto mi aiuta e recuperare e ricominciamo a fare dei tratti ancora di corsa (sfruttando le leggere discese).

L’ aver camminato molto ci dà la possibilità di apprezzare, non solo la gara, ma di vivere la città e farsi coinvolgere dal calore della gente. Gli ultimi chilometri riusciamo a correrli quasi tutti. Entriamo in Central Park e trovo mio figlio Paolo con la cinepresa che mi riprende e mi urla “ Vai babbo ce l’hai fatta”. Si, ce l’ho fatta! Attraverso il traguardo, abbraccio i miei amici che mi hanno sostenuto per tutta la gara. Sento una grande emozione nel cuore, nella testa tante sensazioni, volti, ricordi. Ce l’ho fatta…non solo a finire la gara, ma soprattutto a ripensarmi come una persona che, la passione della corsa, ha fatto risentire normale. Forse anche guarita.

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