La Diagonale des Fous


di Massimo Guidobaldi *

(* Questo articolo è stato pubblicato
dalla rivista la Corsa - dicembre 2004)





Così titolava "Le Quotidien de la Reunion":

"Le Grand Raid c'est une corse où l'on se sent appartenir à l'univers"; oppure "C'est une tres belle course. On en prend plein la vue. Mais il faut etre fou pour y parteciper ".

La scheda tecnica de La Diagonale des Fous, era chiara : 140 km con 8000m di dislivello positivi ed altrettanti negativi (somma di tutti i dislivelli 16000m), tempo limite 60 ore; 2042 partecipanti e 1387 folli all'arrivo nello Stade de la Redoute di S.Denis. Gara questa, se così si può definire, dove ogni esperto è profano, ogni dettaglio o accorgimento è insulso e banale. Avventura inumana, direi! Questa gara è una gara di folli, per gente insana, organizzata da un folle signore, certo Chicaud !! Per partecipare ad essa sono richiesti requisiti che vengono richiesti normalmente ad ogni manifestazione estrema, ma secondo me, andrebbero accompagnati da esami ben specifici, riguardo lo stato mentale di ogni singolo partecipante!! Possono aver detto tutto su questa competizione, ma non credo abbiano reso le idee di come veramente fosse….chi si è espresso in merito a ciò lo ha fatto con ipocrisia giustificata (per non intimorire); non si può far credere a tutti, che tutti, possono portarla a termine! Più volte ho avuto modo di raccontare le mie performances con sincerità ed ironia, credo di non poter essere lo stesso….c'è poco da essere ironici! Nel descrivere tale esperienza forse mi troverò in disaccordo con altri sprovveduti concorrenti, ma posso dire liberamente che, per la prima volta in vita mia, ho visto in faccia la morte…… ed ho avuto il coraggio di affrontarla!! Avrei senz'altro aggiunto, ai caratteri cubitali de Le Quotidien: "Imperativo, sopravvivere! Imperativo, Dimenticare!! Perché allora, farsi del male?! Quando mi sono accorto delle difficoltà vere, era già troppo tardi. Ho pensato di ritirarmi anche senza un dolore, perché psicologicamente ero distrutto, ed ormai in preda al panico!! Rinunciare in altre situazioni, in un'altra ipotetica gara estrema, ma in completa sicurezza, avrebbe sì, significato la sconfitta, ma anche la salvezza!….Abbandonare in questa D.d.F., avrebbe voluto dire la fine certa….ma in posizione orizzontale! Prima, nella peggiore delle ipotesi, nessun addetto dell'organizzazione avrebbe potuto raggiungermi e recuperarmi nel buio della notte e per giunta, nella fitta foresta tropicale; secondo poi, se solo mi fossi fermato, avrei rischiato di finire in ipotermia (se non si interviene può provocare la morte),viste le basse ed insolite temperature per un paese tropicale. Fermarsi ad attendere i soccorsi (quali e come avrebbero potuto? Se persino i ristori in alcuni punti sono stati paracadutati a mezzo elicottero?!) per tutta la notte, con il sudore che mano a mano si gelava addosso, malgrado il telo di sopravvivenza obbligatorio, accovacciati lungo il sentiero di montagna stretto e fangoso, rischiando per altro, di essere calpestato da un pellegrinare di zombi, sarebbe stata una pazzia!.…come la cosciente pazzia, che mi ha spinto a proseguire!! Sono tre, secondo me, tra i molti aneddoti da raccontare, i più significativi ed esplicativi: il primo, quello vissuto ( per fortuna lo può raccontare) dal mio amico Alessandro Montemurro (ex Marathon des Sables), che con grande coraggio, responsabilità e solidarietà nei confronti del suo compagno Alberto Alberini (prima volta alla Reunion), colto da ipotermia, raggiungevano insieme il punto di controllo di Cilaos a metà percorso. Nel dichiarare l'abbandono, viste le condizioni e le difficoltà, indicate nel road book, ancora da superarare, si vedevano costretti ad una sistemazione di fortuna, in tenda militare ( a disposizione per chiunque avesse voluto riposare ), perché data l'ora (1:30'), l'organizzazione non poteva garantire nessun trasporto, nell'unico ospedale di S.Denis. Rinviava perciò, i nostri amici, ad attendere il giorno, stesi su una branda, sotto una tenda ed essere sistematicamente disturbati ogni due ore dal personale dell'organizzazione, che ordinava loro, di lasciare il posto ad altri concorrenti, intenzionati a sostare a Cilaos per la notte. Ciò faceva andare su tutte le furie Montemurro contro gli organizzatori, che riusciva di forza ad ottenere un passaggio in auto fino al nosocomio. Oppure , bisognava fare come lo sfortunato Vetriani Riccardo, mio compagno di cordata fino a Trois Roches , che dopo essere tornato indietro al più vicino check point, per dichiarare l'abbandono, si vedeva rifiutare il trasporto a S. Denis, in quanto il punto di controllo non era attrezzato per le urgenze e ne avrebbe dovuto raggiungere un altro distante circa 10 km. Inalberato come non mai e dimostrato i veri motivi dell'abbandono ( ginocchia dolenti e unghie dei piedi pesti ), manifestava a viva voce il suo intento di raggiungere l'ospedale, riuscendo a convincere gli addetti dell'organizzazione a chiamare e far successivamente atterrare un elicottero della Gendarmerie.

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