Il curriculum sportivo di Chiara Tieghi



Per me la passione per la natura e per lo sport deve essere un tratto genetico. Fin da piccola mi chiamavano "la ragazza dei boschi" perché, in montagna, al posto di stare con i coetanei a "socializzare" (chiacchierare, fumare ... sul bordo della piscina) io sparivo da mattina a sera "nei boschi". Ai tempi del liceo ho cercato di difendere i colori della scuola in due discipline antitetiche: salto in alto e campestri. In salto in alto la mia carriera si è conclusa con l'avvento della tecnica "Fosbury" perché non riuscivo ad imparare la rincorsa. La corsa ha avuto un pesante arresto quando, sciando, ho rotto malamente il femore. Per molti anni l'amore per gli animali mi ha fatto privilegiare l'equitazione ("di campagna") sugli altri sport. Quando poi "immagini diagnostiche" hanno messo in luce un difetto genetico alla 5° vertebra lombare e la sua dislocazione di millimetri se non di centimetri ho rinunciato al cavallo. Essendo in un periodo in cui dovevo studiare moltissimo ho ripreso la corsa. Questo è uno splendido sport che si può praticare comunque, ovunque e per un'intera ora se a disposizione si hanno esattamente, solo 60 minuti. Correvo per "pulire la mente", per la gioia di correre quasi sempre su sterrati. Ne segue che non avevo la più pallida idea di quanto percorrevo ed a che velocità.Solo a 40 anni, 7 anni fa mi sono iscritta ad una corsa "della domenica" di 23km perché volevamo farmi un'idea se avevo nelle gambe il sogno di correre una maratona! Da li, maratona dopo maratona, sentivo sempre imperante il desiderio di correre in ambienti naturali incontaminati quindi ho partecipato a corse di montagna (Davos, Interlaken ...), skyrace ... e, dopo un'ulteriore diagnosi di aggravamento del mio problema vertebrale ho perseguito il sogno di correre la corsa delle corse, la Marathon de Sables, prima di porre fine alla mia carriera sportiva. L'ho corsa-camminata(!) nel 2000 ed è stata un'esperienza inebriante soprattutto dal punto di vista personologico. Dopo, tra sciatalgie, potenziamento degli addominali, cambio del "gesto atletico" per correre in delordosi, diversificazioni in mountain bike e sci di fondo, mi dicono, più per motivi metafisici che fisici ho corso-camminato altre "follie". La Gran Corsa del Verdun, il Passatore, la corsa a tappe nell'Akakus libico, la maratona e caravan per i Saharawi in Algeria, l'Italy coast to coast ed, ora, le 100 miglia della Namibia. Come dicono gli insegnamenti Zen anch'io ho imparato (o quasi) a correre ogni corsa "come fosse l'ultima". Credo questo fatto sia la ragione principale della gioia e sorriso che caratterizza i miei "percorsi" e che tanto sorprendono. Il fatto è che io corro proprio per la gioia di farlo, per resettare la mente, per la gioia di imparare a conoscere sempre più il mio corpo, incontrare le crisi per imparare a superarle ed acquisire consapevolezza di me stessa. Da selvaggia quale sono, mai la schiavitù di una tabella o di un cronometro quindi la mia mente vola libera e sorridere.

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