Hai paura, sei pecora o leone?
Un ormone fa la differenza
Le reazioni davanti a una situazione che spaventa possono essere
opposte. Una ricerca sui ratti pubblicata su Science spiega che
a fare la differenza è l'ossitocina, già implicata nello sviluppo
dei comportamenti sociali e nel controllo dell'ansia
di ALESSIA MANFREDI
PERCHÉ di fronte alla paura qualcuno rimane paralizzato, incapace di reagire, mentre altri invece tirano fuori un coraggio da leone? Reazioni opposte, agli estremi, che sono regolate dalla chimica del cervello. E a giocare un ruolo chiave è l'ossitocina, l'ormone del parto e dell'attaccamento fra madre e prole, implicato anche nello sviluppo dei comportamenti sociali, delle relazioni interpersonali e nel controllo dell'ansia.
Lo indica un nuovo studio pubblicato su Science in cui è stato osservato come questo ormone rilasciato dall'ipofisi sia responsabile - almeno parzialmente - di queste significative variazioni nel comportamento. I ricercatori dell'università di Losanna, in Svizzera, hanno condotto il loro studio sui ratti, per scoprire se le risposte davanti alla paura possano variare solo in intensità o anche nella loro tipologia. Si sono concentrati in particolare sul nucleo centrale dell'amigdala: è noto infatti che i neuroni che da questa regione cerebrale proiettano verso l'ipotalamo e verso i nuclei del tronco cerebrale coordinano le diverse risposte alla paura.
Quello che hanno scoperto è che la reazione alla paura può essere scomposta nelle sue diverse componenti e che è possibile agire su quella comportamentale, modulandola, lasciando invece intatta quella fisiologica.
"L'amigdala è un'area importante per la paura, ma quello che non si conosceva e che ora abbiamo osservato, è come è organizzato il circuito neuronale alla
base e come funziona", spiega Daniele Viviani, primo autore dello studio.
I ricercatori hanno visto che specifici gruppi di neuroni nell'amigdala controllano ciascuno una determinata componente della reazione dell'animale - il ratto - di fronte ad uno stimolo che lo spaventa, in particolare la tendenza all'immobilizzazione o l'aumento della frequenza cardiaca. E hanno osservato come l'ossitocina sia in grado di diminuire la reazione di paralisi, senza influenzare la frequenza cardiaca.
"Iniettando ossitocina, in pratica, l'animale tende a immobilizzarsi molto meno. Si comporta esteriormente come se non avesse paura, ma se si esaminano le sue reazioni fisiologiche, si vede invece che il suo cuore batte velocemente, classico sintomo dello spavento", dice Viviani. E' possibile, tramite l'ormone, influire quindi su una determinata componente, lasciando inalterate le altre, come, appunto la frequenza cardiaca.
Un dato importante, che permette di capire meglio quello che accade nell'uomo quando si trova ad affrontare una situazione che lo spaventa. Facciamo l'esempio del bungee-jumping: "Una persona può essere terrorizzata all'idea di saltare, col cuore che batte veloce, sudore e tutte le altre tipiche reazioni fisiche, e rinunciare. Un'altra invece riesce a saltare, vincendo l'immobilizzazione, ma le sue reazioni fisiologiche sono le stesse", spiega lo scienziato.
La differenza potrebbe essere dunque a livello dei recettori dell'ossitocina, che, se sono più attivati, rendono più coraggiosi. I livelli di ossitocina e l'attività dei recettori possono variare negli individui per diverse ragioni, sottolineano gli autori dello studio. I risultati della ricerca potrebbero aprire prospettive interessanti a livello clinico per i disturbi di ansia, gli attacchi di panico o i disordini post-traumatici, portando a sviluppare farmaci più mirati, che potrebbero "agire sul comportamento, lasciando intatto il 'sentimento' di pericolo, necessario, in natura, per la sopravvivenza", conclude Viviani.
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