Di Salvo Catania 2014
[“ Se fossi un facitore di
libri, farei un registro commentato delle diverse morti.
Chi insegnasse agli uomini a morire, insegnerebbe loro a
vivere “ [Montaigne]
La
morte oggi più desiderata è quella che in passato era la
più temuta. In molti c’è il desiderio di non accorgersi
del momento della morte, magari morendo durante il
sonno.
[Pietà
buddista :Un monaco prega per un uomo deceduto alla
stazione di Shanxi Taiyuan, in Cina (Credits: Reuters /
Asianewsphoto)]
Verso gli anni 30 del
secolo scorso è iniziato un grande mutamento nel
concetto della morte che è coinciso con lo spostamento
del luogo dove si muore. Da quegli
anni la crescente e
ormai praticamente usuale abitudine è che non si muore
più in casa ma in ospedale.
Nelle immagini del
passato la stanza del morente era sempre piena di
persone, bambini compresi ( che oggi vengono allontanati
“per non impressionarli “).
["Me and Dad - 25th Aug, 2009" - Dad
project - Photo by Briony Campbell
Oggi non si muore più in
mezzo ai propri cari, ma da soli, intubati ai
macchinari.
[From Dorothea Lynch and Eugene
Richards, Exploding into Life - 1986 - Photo by Eugene
Richards]
[Il cane "Leao"
aspetta vicino alla tomba del padrone, morto sotto una
frana (Credits: Getty Images / Vanderlei Almeida)]
E’
anche cambiato il tipo di morte auspicabile.
La morte oggi più
desiderata è quella che in passato era la più temuta.
Questo tipo di morte che
oggi viene considerato una fortuna (“E’ stato
fortunato : è morto senza accorgersene”!) , in
passato era quello più temuto, tanto che una
giaculatoria recita ancora “ Dalla morte improvvisa
liberaci o Signore”.
Il morire in passato era
un’arte (Ars moriendi) alla quale ci si preparava con
cura, e numerosi erano i manuali scritti all’uso
(Apparecchio della buona morte ).
[La necessità
di prepararsi alla propria morte era ben nota nella letteratura
medievale attraverso scene sul letto
di morte, ma prima del XV
secolo non vi era alcuna tradizione
letteraria sul come prepararsi per morire, cosa
significasse morire in un buon modo o come fare. I
protocolli, i rituali e le consolazioni sul letto di
morte erano generalmente riservati ai servizi di un sacerdote.
L' Ars moriendi era una risposta innovativa della Chiesa
cattolica alle mutate condizioni
causate dalla peste
nera, in particolare i ranghi
ecclesiastici erano stati duramente colpiti, e ci
sarebbe volute generazioni per sostituire tutti i
sacerdoti sia in in quantità che in qualità, il testo e
le immagini fornivano i servizi di un "prete virtuale"
per il popolo]
Oggi non solo si muore
in Ospedale, spesso in terrificante solitudine, ma lo
stesso termine morte è diventato un tabù, come
una volta lo era il sesso. I bambini una volta non
sapevano nulla sul sesso, ma erano abitualmente ammesso
al capezzale dei loro cari e assistevano alla loro morte
considerata un fatto normale appartenente al ciclo
vitale, come quello della natura. Oggi sono
informatissimi sul sesso, ma non conoscono la morte
reale (solo quella violenta dei film) dei loro cari.
Lo stesso concetto di
mortalità è stato come censurato.
Non si muore più di
mortalità, ma si cerca sempre la causa dalla malattia se
si muore improvvisamente a casa o per strada, all’errore
medico se si muore in Ospedale. Anche delle persone
molto anziane non si dice mai sono morte di mortalità,
ma che la loro fine è sempre causata da qualcosa che
occorre conoscere, proprio per rimuovere la morte come
traguardo dell’esistenza umana, quasi che se non ci
fosse stata quell’infermità o quell’altra malattia la
persona avrebbe potuto sopravvivere per chissà quanto
tempo ancora !
Frutto di questo tabù è
la macabra commedia che viene recitata intorno al letto
del morente che “non deve sapere” le sue reali
condizioni perché altrimenti si spaventa. L’ammalato
deve morire senza sapere che sta morendo (“Non è un
tumore…è una gastrite, una pancreatite, una polmonite !”).
L’uomo non ha più il
diritto di sapere che sta per morire, e il morente viene
privato dei suoi diritti.
E’ come un demente sotto
tutela dei suoi familiari, che, naturalmente, lo fanno
per il suo bene, ma così lo privano della possibilità di
vivere pienamente il momento culminante della sua
esistenza.
In questa macabra
commedia viene spesso coinvolto anche il prete che,
quando viene chiamato, viene avvertito che l’ammalato
non sa niente e si raccomandano di non fargli capire
nulla perché altrimenti “ si può spaventare “.
Salvo poi scoprire che
il morente è così cosciente delle sue condizioni, che a
sua volta chiede al prete quando resta da solo con lui,
di non farle sapere ai familiari, perché altrimenti “
si spaventano….”.
Colui che sta per morire
viene così spersonalizzato e considerato più un
oggetto sul quale riversare cure e premure che un
soggetto da accompagnare nel momento culminante
della sua esistenza, la propria morte, avvenimento che
come tale va condiviso con gli altri.
La macabra commedia ruba
al morente l’opportunità più importante di essere utile
ai propri cari che restano.
Il momento della propria
morte , è infatti il coronamento della propria esistenza
e un “dono” che si fa a chi resta, per aiutarli a vivere
comprendendo il valore della morte.
L’unica esperienza che
si può avere dalla morte è quella degli altri, dato che,
è ovvio, nessuno ha la possibilità di raccontare della
propria morte.
Si muore quindi “per”
gli altri, per quelli che restano, testimoni della
nostra esistenza nel suo momento più solenne e
importante.
L’ultimo gesto
d’amore dell’individuo nella sua esistenza terrena è
quella di “regalare” la propria morte, dando
un senso che gli altri possano accogliere. Il
paradosso della morte è che così questa così
diventi positiva perché il morente fino all’ultimo
non pensa a sé stesso, ma agli altri, a quello che
sarà il significato della sua morte per gli altri.
“David infatti parla a
voce molto più alta ora che è morto che non quando era
vivo”.
Così commentò il
fotografo italiano Toscani lo scatto di David Kirby
morente , che tanto scandalo suscitò in tutto il mondo
È cosi che nasce la prima campagna,
conosciutissima e drammaticamente reale, sul tema
della sofferenza, che raffigura David Kirby, un
malato morente di Aids, ritratto nella sua stanza
dell’Ohio State University Hospital, nel Maggio del
1990, circondato dai familiari. Lo scatto mostra il
lato terribile della malattia esibendo un corpo
devastato dal virus dell’HIV. Nonostante le
critiche, Toscani qui ha voluto, con un tono
decisamente scioccante, denunciare i pericoli
dell’AIDS e far si che, anche dopo la morte, la
lotta contro la terribile malattia continui. Su
quest’immagine il mondo si divideva tra accuse di
cinismo e approvazione ma, mentre molte riviste
avevano già rifiutato la pubblicazione, la madre di
David disse che la famiglia non aveva nessuna
percezione di essere stata usata, ma al contrario,
di usare la Benetton: “David infatti parla a voce
molto più alta ora che è morto che non quando era
vivo”.
Riflessioni
sulla morte
http://www.youtube.com/watch?v=OUsIJlsInqM
Testamento
(lettera) alla figlia
http://www.youtube.com/watch?v=a_VYl-YkiMQ
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