RADIOTERAPIA DOPO CHIRURGIA CONSERVATIVA DELLA MAMMELLA

A cura di R.Zucali
(già Direttore Radioterapia Istituto Nazionale Tumori di Milano).
27 luglio 2005 - ultima revisione: settembre 2008


L'irradiazione del seno operato dopo chirurgia conservativa,sia essa quadrantectomia,ampia escissione o tumorectomia semplice, è indispensabile completamento dell'atto chirurgico.. A 10 anni dalla chirurgia l'incidenza delle recidive scende infatti dal 20-30% al 5-6 % grazie alla radioterapia locale. Anche nelle pazienti con più di 70 anni è stato recentemente confermato il significativo beneficio della radioterapia , in particolare anche nel sottogruppo che si poteva avvalere della terapia ormonale. La radioterapia viene effettuata con fotoni di 5-6 MeV emessi da un acceleratore lineare. Di regola viene irradiato l'intero seno operato mediante due campi contrapposti,tangenti alla parete toracica. La dose giornaliera è di 2 Gy fino ad un totale di 50 Gy (25 sedute in 5 settimane),mentre nella sesta settimana solo il letto tumorale ,sede della neoplasia rimossa, riceve una dose addizionale di 10 Gy con fotoni o elettroni. Il tempo ottimale per l'inizio della radioterapia si colloca tra la quinta e l'ottava settimana dopo l'intervento,evitando comunque di superare il limite di tre mesi. Qualora sia in corso una chemioterapia "impegnativa" (con antracicline e/o taxani) la radioterapia può essere rinviata al quarto mese,ma non oltre,per il rischio di recidive locali precoci. Le stazioni linfonodali di regola non vengono irradiate (salvo situazioni particolari) e pertanto non c'è alcuna incompatibilità nell'esecuzione contemporanea di chemioterapia e radioterapia.

I.O.R.T.. (Intra-Operative-Radiation-Therapy)

Ove si disponga di un particolare acceleratore lineare emittente elettroni,collocato nella stessa sala operatoria, è possibile attuare la radioterapia nel corso della stessa seduta chirurgica,subito dopo l'ablazione del tumore mammario,purchè di piccole dimensioni, fino a 2 cm di diametro. Mediante un cono centrato sul letto tumorale,a ferita aperta, viene erogata in seduta unica una dose di circa 20 Gy in pochi minuti con paziente in anestesia generale.ù Questo trattamento evita l'impegno delle 6 settimane di radioterapia

Radioterapia parziale:
lo stato dell’arte

Radioterapia: A cosa serve? Quale tipo? Quali effetti collaterali?

La radioterapia (RT) è una delle modalità più frequentemente indicate nel trattamento delle neoplasie solide, insieme chirurgia, alla chemioterapia e alle terapie farmacologiche antitumorali (terapia ormonale, Target Therapy, ecc.).

La RT, oltre all’azione “sintomatico-palliativa” indicata in molte situazioni oncologiche avanzate (dolore da compressione/infiltrazione, sindrome mediastinica, ecc), può avere un intento radicale, cioè di distruggere la neoplasia con l’azione “citocida” esclusiva delle radiazioni ionizzanti (tumori del distretto cervico-facciale, tumore della prostata, ecc). La RT viene utilizzata anche in concomitanza alla somministrazione di farmaci antiblastici nei “trattamenti radio chemioterapici”, concomitanti o combinati con strategie di sequenzialità.

I trattamenti radioterapici sono inoltre indicati con frequenza successivamente all’intervento chirurgico, spesso conservativo, con il termine di RT “adiuvante”, proprio per indicare la funzione di completamento all’intento di radicalità dell’atto chirurgico, cioè di eradicazione completa del tumore e di riduzione complessiva del rischio di ripresa locale di malattia. L’intento adiuvante si esprime clinicamente su residui “macroscopici” di malattia rimasti in loco (margini di resezione positivi o close), o su zone con alto rischio di presenza di foci “microscopici” di malattia non identificabili ad occhio nudo dal chirurgo e quindi verosimilmente non asportati dalla rimozione del bisturi. In alcuni casi selezionati la radioterapia in esclusiva o concomitante alla chemioterapia viene prescritta per ridurre la massa tumorale e facilitare l’intento conservativo dell’intervento chirurgico, per renderlo cioè meno demolitivo possibile: si parla allora di RT o radiochemioterapia “neoadiuvante”(ad esempio in alcuni tumori del retto).

Quindi la radioterapia può avere diversi intenti e può intervenire nell’iter terapeutico del paziente oncologico in diverse fasi, come sopra descritto. Da ciò dipende la dose di RT e le modalità di frazionamento della stessa. Infatti per trattamenti radicali, la dose di prescrizione sarà molto alta (60-70Gy) e il frazionamento standard adottato più frequentemente è di 1.8-2 Gy per frazione. Nei trattamenti invece adiuvanti e neo-adiuvanti la dose totale potrà essere intorno a 45-50 Gy con 1.8-2 Gy per frazione. Talora per ridurre la durata totale del trattamento e ridurre anche la tossicità acuta in alcuni distretti con tessuti particolarmente radio-sensibili(mucose buccali, intestinali) si opta per l’iperfrazionamento (moltissime frazioni, spesso bi- tri giornaliere di 0.6-1.2 Gy per frazione). Se invece l’intento è palliativo o sintomatico le dosi di prescrizione potranno variare in un range molto ampio, ma la dose per frazione potrà essere più alta (ipofrazionamento con 3-8Gy per frazione).
Trattamenti con “tecniche speciali” o avanzate di RT, hanno la possibilità di risparmiare notevolmente i tessuti sani vicini al volume da irradiare chiamato “Target”, e pertanto possono usare “frazionamenti alterati”, in base alle necessità radiobiologiche del caso. Tali metodiche di RT possono usare le radiazioni focalizzate in piccoli fasci, precisi come un “bisturi virtuale”, erogati in 1 frazione, come nella radiochirurgia stereotassica (GammaKnife-CyberKnife) o in un numero ridotto di frazioni o ipofrazionamento estremo o moderato (IMRT-IGRT, Tomoterapia, ecc). Sempre 1 sola alta frazione di radiazioni, in casi clinici selezionati, può essere erogata contestualmente all’atto chirurgico con modalità intraoperatoria (IORT).

E’ quindi conseguente il fatto che, in funzione del tipo di RT prescritta (radicale, palliativa, adiuvante) e della dose e del frazionamento, è diversa la tossicità, in termini di effetti collaterali.
Possiamo infatti distinguere innanzitutto gli effetti acuti o immediati, da quelli tardivi, talora cronici. Infatti i primi si manifestano entro i 90 giorni dal trattamento di RT e sono determinati dall’effetto prevalentemente “infiammatorio” delle radiazioni sui tessuti sani coinvolti (flogosi attinica acuta); i secondi subentrano dopo i 90 giorni e tendono a comparire più spesso dopo mesi o anni dalla fine della RT: sono soprattutto determinati dalla componente di indurimento e perdita di elasticità dei tessuti (fibrosi attinica), alterata vascolarizzazione ed altri fenomeni dei tessuti sani coinvolti, conseguenti alla flogosi più o meno sintomatica della fase acuta.
Dal punto di vista sintomatologico, in base alla sede irradiata, gli effetti acuti e tardivi da raggi si manifestano in modo diverso e con frequenza molto diversa da soggetto a soggetto, con carattere più o meno transorio e raramente permanente. La RT è una terapia “locale” e pertanto i disturbi ad essa correlati sono quasi esclusivamente “locali”, cioè attribuibili alla sede- distretto irradiato.
In ordine di gravità (crescente) e frequenza (decrescente), riporto i sintomi più riferiti e/o obiettivati clinicamente nelle diverse sedi irradiate:
-Cute e tessuti molli: rossore-senso di calore(iperemia), inscurimento cutaneo (ipercromia), prurito da eritema, disepitelizzazioni, ulcerazioni, retrazione tissutale, perdita di elasticità, alterato drenaggio dei liquidi degli strati sottocutanei (edema), alterazioni della sensibilità (parestesie) e dolori neuronali, indurimento tissutale con rigidità funzionale, ecc.
-Encefalo e sistema nervoso: cefalea da lieve a grave, nausea, turbe cognitive, disturbi visivi, disturbi funzionali neuronali, vomito a getto, ecc.
-Distretto Otrorinolarigoiatrico: mucosite dal grado lieve con rossore e senso di calore a grave con ulcerazioni e dolore, edema delle mucose, alterazioni della salivazione, alterazioni del gusto, difficoltà alla deglutizione dei solidi e/o dei liquidi(disfagia), dolore neuropatico profondo, ecc.
-Apparato Respiratorio: tosse da lieve a grave, disfagia per i solidi e/o liquidi, dolore toracico, difficoltà respiratorie (dispnea da lieve a grave con necessità di ossigenoterapia continua), ecc.
-Apparato Digerente (addome superiore e inferiore): nausea e vomito (da lieve a grave), alterazioni funzionali digestive(meteorismo, bruciore da reflusso, cattiva digestione, diarrea o più raramente stipsi), senso di peso al retto (tenesmo), bruciore ano-rettale-sanguinamento rettale(proctite attinica), aderenze delle anse da fibrosi con disturbi intestinali funzionali fino a blocco intestinale dolore addominale, ecc.
-Apparato Genito-urinario(addome inferiore o pelvi): alterazione della frequenza urinaria in senso di aumento diurno (pollachiuria) o notturno (nicturia), modificazioni della potenza del getto urinario (da mitto ipovalido a stenosi uretrale), emissione di sangue con urine, dolore pelvico-vescicale, alterazioni della funzionalità erettile, ecc.

Alle visite di controllo durante il trattamento di RT, o di follow-up dopo la fine del trattamento radiante, sebbene la maggior parte dei pazienti riferisca diversi sintomi di grado lieve-moderato, ci sono non raramente anche situazioni asintomatiche. I quadri gravi sono infatti sempre meno frequenti da quando sono di uso routinario, in quasi tutti i centri di RT, le tecniche conformazionali (TC nei piani di cura, schermi di piombo sagomati per i fasci di radiazioni).
Con l’uso della ancora più sofisticata IGRT-IMRT (con acceleratore lineare o con Tomoterapia, ad esempio), con l’adozione di frazionamenti standard(1.8-2Gy per frazione), è prevista inoltre una riduzione della tossicità acuta e tardiva rispetto alla RT conformazionale, già dimostrata in molti studi, per alcuni distretti come quello cervico-facciale e pelvico.
Ma il problema della soggettività non è da sottovalutare, nella valutazione della tossicità acuta e tardiva da RT. Infatti alcuni pazienti possono presentare un “profilo genetico” individuale di alta radiosensibilità ed essere quindi più propensi a manifestare il danno da raggi, rispetto ad altri pazienti invece più “resistenti” allo stesso. Ciò si traduce in una certa variabilità di segni e sintomi da raggi in pazienti diversi, nonostante siano prescritte le stesse dosi sulla stessa sede ed il piano di cura presenti le medesime caratteristiche.

In genere comunque, per i sintomi e segni di maggiore frequenza, che sono quelli di grado lieve- moderato, sono prescrivibili dal radioterapista/oncologo, che segue il paziente, una serie di interventi farmacologici più o meno specifici (antinfiammatori non steroidei e steroidei, antispastici, antidolorifici, ecc), in grado di tamponare l’evoluzione del danno da raggi e minimizzarne i sintomi correlati. Se il quadro non è responsivo ai suddetti farmaci sintomatici, il trattamento RT può essere interrotto per alcuni giorni al fine di recuperare il danno acuto e portare in remissione il sintomo. Nei casi di effetti tardivi invece, il paziente può essere indirizzato, in caso di sintomo grave cronico, allo specialista del caso per risolvere più specificatamente il quadro clinico (gastro-enterologo, urologo, neurologo, ecc).

Articolo tratto da http://www.tomoterapia.it  su gentile concessione del Dr. Filippo Alongi.

Tags: cancro - neoplasia - mammella - seno - fibroma - tomoterapia - terapia
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Dr. Filippo Alongi

Specializzato in: - Radioterapia

Articolo pubblicato martedì 30 dicembre 2008