La mente,il cancro,il misterioso effetto placebo e le guarigioni inspiegabili.
a cura di Salvo Catania
Può una persona guarire da asma , ipertensione,
malattie cardiache semplicemente assumendo acqua fresca o pillole di zucchero ?
Sostanze con azione farmacologia, ad esempio un sonnifero, hanno l’effetto
sull’organismo anche se somministrate all’insaputa della persona.
Ma paradossalmente vale l’inverso : sostanze inerti , inattive, cioè prive di
azione farmacologia, talvolta hanno ’effetto terapeutico , se vengono presentati
al paziente come efficaci.
Nella mia vita professionale ho un esempio illuminante accaduto circa 30 anni fa
, che mi ha insegnato che il solo fatto di sottoporsi a qualsiasi terapia giova
ai pazienti. Decidere di recarsi dal medico di fiducia, essere rassicurati ,
essere visitati (importante il “contatto”), ottenere una prescrizione,
tranquillizza il paziente, ne riduce lo stress , l’ansia e ne rafforza la
capacità di guarigione.
Luigi era il paziente “mascotte” del reparto di chirurgia generale dove
lavoravo come assistente chirurgo. Ricoverato da mesi , curato e coccolato dai
medici e dal personale. Ma nonostante ciò la sua vita era un vero inferno.
Affetto da una arteriopatia obliterante degli arti inferiori, trascorreva notte
e giorno insonne, seduto sul letto, tormentato da dolori terribili e resistenti
a qualsiasi trattamento. Tutti noi medici del reparto , affiancati dai
consulenti neurologi e terapisti del dolore, ci eravamo impegnati invano a
lenire le sue sofferenze per questa malattia che nel giro di due anni si era
aggravata al punto da rendere necessaria l’amputazione di entrambe le gambe.
A Luigi venivano praticate terapie a tutte le ore e lui le sopportava senza mai
fare storie. Con una eccezione però: la “maledetta puntura delle 16” , quella
che irritava evidentemente i glutei di Luigi aggiungendo nuove sofferenze. Luigi
aveva espresso più volte il desiderio di “saltare” la terapia delle 16 e con il
senno del poi ,trattandosi di uno dei tanti ricostituenti che con gli anni si
sono dimostrati assolutamente inutili, tuttora non riesco a liberarmi di un
certo senso di colpa nei confronti di Luigi al quale noi medici avevamo imposto
, pur in buona fede, una sofferenza inutile . Ricorderò sempre quella sera di
guardia in ospedale proprio la vigilia di Natale : una infermiera mi informa che
Luigi a causa di un trasferimento in radiologia per un esame diagnostico, aveva
saltato la famigerata puntura delle 16 e che non se la sentiva di proporla ad un
paziente già insonne, come sempre del resto..…..Sono andato io allora a proporla
, presentandola come un nuovo miracoloso sedativo , un po’ doloroso, ma molto
efficace ( una vitamina iniettabile).
Da quel giorno Luigi non potè più fare a meno del “sedativo.…quello forte “, che
ebbe un effetto veramente miracoloso per più di un anno, sino a che un collega,
zelante…. “per ragioni etiche”(sic!), pensò bene di svelare lo stratagemma, col
risultato di rompere definitivamente il giocattolo , che aveva tenuto in vita il
nostro paziente. Luigi morì qualche mese dopo tra atroci dolori , nonostante il
ricorso generoso alla morfina.
Luigi era stato ingannato da me con “un placebo”, che si usava prescrivere
soprattutto per chi lamentava disturbi per i quali non si trovava alcun
riscontro fisiologico, o per chi soffriva d’ansia e depressione. Il placebo
quindi può essere considerato un farmaco “finto” per “compiacere” , accontentare
il paziente.
La parola placebo infatti deriva dal latino placere e significa piacere ,
accontentare e nella sua accezione immediata suona quasi a scherno.
In realtà sussiste una interpretazione più profonda che rifacendosi al Salmo 114
(placebo domine in regione vivorum ) associa il placebo alla vita.
La definizione medica viene riportata per la prima volta nel Quincey’s Lexicon
del 1787 , dove l’effetto placebo viene definito come “medicamento usato più per
piacere che giovare al malato “
Ma non è solo sui malati immaginari ,”accontentati” dai medici con la
somministrazione di pillole di zucchero che agisce l’effetto placebo : esso può
provocare il cambiamento di alcuni parametri biologici e fisiologici
nell’organismo. Ciò è stato dimostrato da numerosi studi.
Quando nella sperimentazione di un nuovo farmaco se ne vuole controllare
l’efficacia, questo viene confrontato con un placebo (amido o zucchero ) e se i
risultati sono significativamente diversi da quest’ultino , il farmaco viene
promosso come efficace.
Nei dettagli , quando si fa una sperimentazione, vengono somministrati prodotti
uguali nell’”aspetto “ a più gruppi di pazienti omogenei ,in genere 3 gruppi:
-un gruppo di pazienti che non riceve alcun tipo di trattamento, e per questo
viene chiamato gruppo di controllo.
-un gruppo di pazienti che riceve il trattamento vero
-un gruppo di pazienti che riceve un trattamento con solo placebo identico
nell’aspetto al prodotto vero ,tranne per l’assenza del principio
farmacologicamente attivo.
Ovviamente trattandosi di una sperimentazione “cieca”, nessun paziente di
entrambi i campioni deve sapere se sta assumendo il farmaco o il placebo.
.Non solo, neanche i medici sperimentatori devono conoscere il contenuto dei
prodotti perché potrebbero involontariamente suggestionare il paziente.
Questa cautela nella sperimentazione chiamata “double-blind control” o “doppio
cieco” è considerata l’unica strada percorribile per valutare correttamente i
risultati di un esperimento in medicina, in psicologia ed in parapsicologia .
Questa è la critica che spesso viene fatta alla medicina alternativa quando si
rifiuta di sottoporsi ad un simile controllo.
E’ a tutti chiaro che la valutazione dei risultati, anche di una
sperimentazione rigorosamente imparziale, non è sempre immediata ed attendibile,
perché inevitabilmente occorre tener conto del fatto che qualunque
sperimentatore possiede una sua psiche che può in qualche modo influire sulla
valutazione dei risultati.
E’ stato ampiamente dimostrato che le aspettative, i preconcetti o semplicemente
determinate informazioni che lo sperimentatore possiede, possano condurlo a
fraintendimenti dei dati osservati.
Dicevamo che l’effetto placebo è veramente sorprendente !
Nelle sperimentazioni “a doppio-cieco” ad esempio, a dimostrazione che ricevere
una terapia anche se finta è già terapeutico, il gruppo trattato con placebo
presenta quasi sempre un un miglioramento rispetto al gruppo di controllo che
non riceve alcun trattamento : in media addirittura il 30 per cento .Di questo
bisogna tenerne conto quando si valuta l’efficacia dei trattamenti non
convenzionali come la pranoterapia, l’omeopatia, e altre novità New Age..
Una pillola “finta” può ridurre i dolori cronici, l’asma, l’ipertensione,
l’angina pectoris..
Somministrando una bevanda analcolica , dicendo invece che si tratta di alcool,
si può provocare una leggera sensazione di ebbrezza .
Provate , io l’ho fatto , ad offrire una birra analcolica di marca sconosciuta
ad un bevitore abituale di birra e prestate ascolto agli esilaranti commenti. di
quest’ultimo….!!!
Chi assume placebo può avere addirittura effetti collaterali (effetto nocebo).
Anche il nocebo è un fenomeno molto importante nella pratica clinica oncologica.
Gli oncologi , ed i medici in generale, ne dovrebbero tener conto soprattutto
quando “mettono le mani avanti “ nell’enfatizzare gli effetti collaterali dei
farmaci antineoplastici che chiaramente non si possono nascondere anche per
ragioni di ordine medico legale. Ma occorre tener presente che uno stato mentale
orientato ossessivamente in modo negativo verso la malattia o il farmaco
impiegato , può spiegare la diversità degli effetti che si registrano da
paziente a paziente.
Uno studio comparso sul Word Journal of Surgery (J:W:L: Fielding,3:390,1983)
racconta di un gruppo di pazienti affetto da carcinoma dello stomaco a cui era
stata somministrata solo una soluzione fisiologica (acqua !!!!!) invece del
farmaco specifico. I malati , convinti di essere sottoposti a chemioterapia,
presentarono in un terzo dei casi una vistosa caduta dei capelli , uno degli
effetti collaterali meno bene tollerati dai pazienti oncologici in trattamento
con i farmaci antitumorali e che in misura variabile incide da un minimo dell’1%
ad un massimo del 50-60% dei casi trattati. .E se questa variabilità di
incidenza di effetti collaterali dipendesse oltre che dal paziente anche “dalla
entità” di nocebo somministrata dal medico prescrittore ?
Volenti o nolenti , il placebo , ma anche il nocebo, ci costringe a riesaminare
le nostre conoscenze rimettendo al centro dell’indagine scientifica, l’uomo
nella sua interezza e globalità.
Mente e corpo interagiscono in modo complesso , a livelli diversi, per
realizzare quelle specialissime condizioni di attivazione che permettono
l’accesso ad un meccanismo di autoguarigione.
La suggestione da sola non basta a spiegare l’effetto placebo. La pietra miliare
nell’indagine scientifica dell’effetto placebo è sicuramente quella riportata
dalla rivista The Lancet (D.Levine et al. 2-23,654,1978): per la prima volta gli
effetti sorprendenti del placebo venivano ricollegati ad uno specifico assetto
dei neurotrasmettitori cerebrali, le molecole deputate alla trasmissione delle
informazioni dentro e fuori il cervello. In quello studio venivano presi in
considerazione due gruppi di pazienti affetti da forte mal di denti.
Al primo gruppo fu somministrato un placebo e, come atteso, si verificò una
riduzione significativa del dolore, Anche il secondo gruppo ricevette il
placebo, ma mischiato al naxolone, un antagonista recettoriale delle endorfine,
cioè in grado di bloccare la liberazione di endorfine, che sono
neurotrasmettitori deputati in particolar modo a innalzare la soglia del dolore
e indurre quindi uno stato di analgesia (assenza del dolore ).
In questo gruppo di malati l’effetto placebo risultò sorprendentemente ridotto a
dimostrazione di come il placebo agisse, almeno in parte attraverso la
liberazione di endorfine.
La contemporanea somministrazione di un antagonista specifico , il naxolone, ne
aveva bloccato la liberazione.
Studi successivi (Gracely, Nature, 1983) hanno documentato che l’effetto
placebo dipende dalla liberazione di endorfine , ma non esclusivamente e che
comunque la risposta analgesica ottenuta in corso di ipnosi è del tutto
svincolata dalla eventuale liberazione di endorfine, considerato che la
somministrazione di naxolone , in corso di ipnosi, non la inibisce affatto (E:Goldestein
et al . in Proceeding of the National Accademy of Sciences, 95:2041,1975).
Qualunque sia il meccanismo sotteso all’effetto placebo, e sicuramente si tratta
di un meccanismo alquanto complesso, questo può indubbiamente costituire un
substrato neurobiologico che presiede alle “guarigioni impossibili “, che come
ricorda Lewis Thomas costituiscono “l’ipotesi tenue cui aggrapparsi con forza
nella ricerca di una cura “.
Del resto se esiste una “guarigione spontanea “inspiegabile deve altresì
esistere una biologia della guarigione spontanea.
Ed è sulle tracce di questa che vogliamo metterci per individuare quei
meccanismi che presiedono all’innesco e alla attivazione del GUARITORE INTERNO
così ben delineato nel libro “la MENTE e il CANCRO” (ed .Frontiera 2000) di
Mariano Bizzarri.
Ho conosciuto Mariano Bizzarri ad una cena a Milano organizzata
dall’Associazione Attivecomeprima il 18 gennaio del 2000 .
Seduto di fonte a lui, che si mostrava affascinato (almeno così…mi ha lasciato
credere !) dal mio resoconto su un viaggio nel deserto del Tenerè, io impaziente
non resistevo alla tentazione di sfogliare e di “sbirciare” dentro le prime
pagine del Suo libro appena pubblicato e che merita senz’altro di essere letto.
Mariano Bizzarri nei suoi libri , senza cedere alla tentazione di facili
scivolamenti nella medicina alternativa, rimane saldamente ancorato alla
medicina scientifica. Parla di guarigioni miracolose delle verruche con l’ipnosi
e l’autoipnosi, ma fa riferimento sistematicamente a riviste prestigiose e studi
rigorosissimi della medicina convenzionale. Trattandosi di un medico oncologo
dal curriculum impressionante , cerca di dare una spiegazione scientifica al
placebo, allo stress e alla reazione all’evento stressante, alla ciclicità e ai
bioritmi, all’influenza dei fattori cognitivi e affettivi per l’insorgenza e il
decorso delle malattie organiche ivi compreso il cancro.
Nel suo libro la MENTE e il CANCRO Mariano Bizzarri . racconta l’esempio più
classico di placebo meglio documentato e convincente della letteratura e cioè
quello molto noto come il “caso dell’amabile signor Wright”.
Non esiste medico che non abbia avuto notizia o personalmente constatato di un
paziente ammalato di cancro e guarito nonostante tutto , a dispetto della
gravità del suo stato e della mancanza di esaurienti spiegazioni mediche.
Il caso dell’amabile signor Wright , documentato dallo psicoimmunologo Bruno
Kopfler nel 1952 costituisce una testimonianza esemplare. Il signor Wright era
affetto da linfoma , una neoplasia maligna che interessa i linfociti T, cellule
specializzate del sistema immunitario, e che tende a localizzarsi a livello
delle stazioni linfonodali dando luogo a sviluppo di masse spesso imponenti.
Dopo avere sperimentato con risultati scarsi o nulli le terapie convenzionali, i
medici si erano resi conto che al paziente restava ben poco da vivere. Le masse
a livello dei linfonodi superficiali avevano raggiunto le dimensioni di una
arancia, le metastasi avevano attaccato numerosi organi vitali, in particolare
il polmone.
Le cure dei sanitari si limitavano ormai al minimo, in attesa della inevitabile
fine. Ma il signor Wright di morire non aveva affatto voglia. Aveva letto di un
nuovo farmaco sperimentale, il Krebiozen , ed era fermamente intenzionato a
provarlo. Il Krebiozen risultò ben presto privo di qualsiasi efficacia, ma nel
frattempo si era diffusa la voce che potesse assicurare guarigioni miracolose.
Wright tanto fece che riuscì a convincere il medico di reparto a includere il
suo nome nella lista degli ammalati sottoposti a sperimentazione con il nuovo
preparato. Il sanitario gli iniettò il farmaco un venerdì sera e se ne andò a
casa.
Di ritorno il lunedì mattina, si aspettava di trovare il paziente già morto,
date le precarie condizioni in cui lo aveva lasciato. Quale non fu la sorpresa
nel vederlo a spasso nel corridoio conversando amabilmente con infermieri e
portantini. Le masse superficiali si erano ridotte del cinquanta per cento e la
respirazione non era più affannosa. Dopo 10 giorni dalla prima somministrazione
del preparato “miracoloso” il paziente non presentava più alcun segno visibile
di malattia e potè essere dimesso con la diagnosi di “remissione completa”. Il
placebo aveva funzionato !
Purtroppo di lì a poco cominciarono a comparire sulla stampa i servizi
sull’inefficacia del Krebiozen e Wright fu tra i primi a leggerli.
In capo a due mesi si ripresentò in ospedale con i classici segni della
ricaduta. Il medico pensò di sfruttare a quel punto l’effetto placebo, convinto
com’era che nel caso della spettacolare remissione fosse in gioco un qualche
fattore che avesse poca attinenza con la biochimica e molta invece con la testa
del paziente (=la fede nel farmaco). Informò quindi il signor Wright che sarebbe
stato sottoposto a una nuova sperimentazione con un nuovo derivato del Krebiozen,
rinforzato e più potente.
Il signor Wright , persona di indole docile, acconsentì. Dopo avere messo in
atto un elaborato cerimoniale, facendo aspettare il paziente per lunghi giorni
in ansiosa attesa, il medico gli somministrò un sostituto inattivo del Krebiozen,
cioè un placebo. Entro pochi giorni dall’iniezione le masse linfonodali
cominciarono a regredire e il versamento pleurico a scomparire.
Wright era stato restituito di nuovo alla vita. Lasciò l’Ospedale e per i mesi
successivi godette di ottima salute. Questa nuova tregua si interruppe
drammaticamente quando l’American Cancer Association diede l’annuncio ufficiale
: il Krebiozen era del tutto privo di efficacia nel trattamento del cancro.
A distanza di pochissimi giorni dalla lettura di quel comunicato il signor
Wright ricomparve in ospedale con il corpo disseminato di tumefazioni.
Come ebbe a dire il medico curante “ la sua fede era perduta, l’ultima speranza
svanita “.
Il paziente morì due giorni dopo……..
Di fatto la fede e la speranza , due parole chiave nella biologia delle
guarigioni straordinarie e inspiegabili , crollarono all’annuncio dell’American
Cancer Association e il signor Wright non aveva più trovato nulla, né fuori, né
dentro di sé cui aggrapparsi.
Quel suo stato mentale, così speciale, che lo aveva portato ad attivare non si
sa bene quali energie e quali segrete risorse,era stato innescato e mantenuto in
attività da una suggestione effimera (LA FEDE nel farmaco !) ed era perciò
destinato a dissolversi con il dissolversi della suggestione stessa.
Tuttavia l’esempio molto noto è indicativo di come una credenza, una fede, un
forte convincimento , un fatto mentale, induca trasformazioni tali nella mente e
nel corpo da attivare potenti ed efficaci difese contro una malattia considerata
inguaribile.
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