LE MEDICINE NON CONVENZIONALI
di Mario Dambrosio
Oncologo medico, agopuntore – Policlinico MultiMedica
È preferibile il termine di “medicine non convenzionali” poiché la definizione “alternative” o “complementari” deve essere riferita all’impiego che ne viene fatto, in sostituzione o a completamento delle terapie considerate convenzionali.
La definizione scientifica (JAMA 1998) (“ampio insieme di pratiche sanitarie diverse da quelle intrinseche al sistema sanitario politicamente dominante in una particolare società e cultura”) appare riduttiva, mentre sembra maggiormente esauriente la definizione di Ernst (1995) (“diagnosi, trattamento e/o prevenzione che completa la medicina convenzionale attraverso un contributo ad un tutto comune, come risposta ad un bisogno non soddisfatto dalla medicina convenzionale o diversificando le cornici concettuali della medicina”).
La diffusione delle medicine non convenzionali in ambito oncologico è in continuo incremento nell’ultimo ventennio nei paesi industrializzati, anche se spesso viene sottostimato dal momento che gli specialisti raramente chiedono ai pazienti l’eventuale diffusione; in particolare sono le donne affette da neoplasia mammaria a ricorrere alle medicine non convenzionali più frequentemente rispetto agli altri pazienti oncologici. Il fenomeno è in realtà così radicato, che il National Institute of Healf statunitense ha istituito nel 1992 un Ufficio dedicato e nel 1995 ha presieduto il Primo Congresso Internazionale, prevedendo l’istituzione di cattedre dedicate in diverse Università statunitensi. Tra queste un posto di rilievo spetta all’agopuntura dal momento che lo stesso National Institute of Health le ha dedicato un’intera Consensus Conference e la Food and Drug Administration (FDA) ha riconosciuto gli aghi di agopuntura come presidi sanitari e l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha riconosciuto la Federazione Mondiale delle Società di Agopuntura (WFAS).
Il ricorso alle medicine non convenzionali si verifica quando la medicina convenzionale non offre ulteriori opzioni o sono di limitata efficacia, quando vista la non disponibilità di terapie viene proposto uno studio di fase I, esiste il timore degli effetti collaterali delle terapie specifiche. Non bisogna trascurare che i pazienti spesso percepiscono il trattamento convenzionale emotivamente/spiritualmente vuoto o percepiscono una progressiva perdita di controllo, la pratica non convenzionale diviene una modalità di esercitare una forma di autocontrollo sulle cure: consente una maggior autonomia personale e un controllo sulle decisioni riguardanti la salute, appaiono maggiormente compatibili con i valori/credenze dei pazienti riguardo la natura/significato della malattia.
Sono pratiche sanitarie che spesso si basano su filosofie orientali che spiegano i fenomeni vitali tramite l’esistenza di una “energia vitale” e interpretano la patologia come un suo squilibrio/alterazione. Molte terapie sono state introdotte nella comune pratica clinica prima di eseguire una sperimentazione rigorosa, provocando posizione rigide nella classe medica e facili entusiasmi nella comunità dei pazienti.
L’efficacia di questi trattamenti non è stata dimostrata (tranne alcune eccezioni) e viene posta in discussione, attribuendo l’eventuale beneficio clinico raggiunto ad un effetto indiretto o al noto effetto placebo (ma in questo caso vorrebbe dire che i medici della medicina non convenzionale sarebbero maggiormente capaci di sfruttare l’effetto placebo meglio dei colleghi specialisti?).
Possono comunque essere pericolose quando generano false speranze e ritardano i trattamenti specifici. Inoltre per quanto riguarda la loro tossicità, seppur sono considerati prodotti naturali e di conseguenza praticamente innocui, le terapie possono avere tossicità o interazioni farmacologiche imprevedibili (l’erba di S. Giovanni riduce i livelli plasmatici del farmaco antineoplastico imatinib, elevati livelli di vitamina E riducono l’efficacia del tamoxifene, dosi massicce di oligoelementi e vitamine, diete estreme o frequenti clisma possono compromettere lo stato di salute); anche le terapie come le tecniche di immaginazione mentale possono avere conseguenze emotive ? sensi di colpa e frustrazione possono provocare uno stress psicologico importante in caso di progressione di malattia nonostante gli sforzi applicati.
Tutto il settore delle medicine non convenzionali deve quindi essere sottoposto alle regole di validazione e deve essere soprattutto regolamentato. Lo specialista deve conoscere questa branca della medicina in modo da poterne parlare col paziente che lo richiede dando informazioni veritiere: la rigida chiusura lascia il paziente da solo col rischio di condurlo a scelte inadeguate. Bisogna partire da una premessa chiara: la medicina non convenzionale non è una cura miracolosa per il cancro, ma può essere un valido aiuto ad affrontare gli effetti collaterali delle terapie specifiche e può potenziare le risorse psicofisiche a disposizione.
Personalmente posso parlare riguardo alla disciplina non complementare che conosco, essendo anche un medico agopuntore, oltre che a uno oncologo specialista. L’efficacia e la sicurezza dell’agopuntura è stata valutata nel trattamento di differenti sintomi correlati alla neoplasia o agli effetti dei trattamenti oncologici, di solito si tratta di casi aneddotici o studi pilota, ma in alcuni casi anche in studi cinici controllati: si è dimostrata una metodica sicuramente efficace nel trattamento dell’emesi indotta da chemioterapia (lo stesso National Institute of Health in una Consensus Conference ha definitivamente stabilito l’efficacia della stimolazione del punto 6MC da solo o in associazione al 36St come adiuvante al trattamento antiemetico convenzionale), del dolore neoplastico (lo stesso National Institute of Health in una Consensus Conference ne ha stabilità l’efficacia nel controllo del dolore postchirurgico in odontoiatria: rappresenta una modalità utile che può essere combinata con altri trattamenti per migliorare il controllo del dolore e ridurre le dosi dei farmaci analgesici in modo da limitare l’incidenza e la severità degli effetti collaterali iatrogeni).
Sempre maggiori segnalazioni di efficacia dell’agopuntura stanno arricchendo la letteratura medica riguardo al trattamento della dispnea sintomatica a riposo refrattaria a trattamenti medici convenzionali, del linfedema post-svuotamento linfonodale (grazie al riequilibrio delle unità microcircolatorie di cui incremento la velocità di circolazione e la vasomotilità in modo da favorire il drenaggio linfatico e venoso con riduzione della stasi locale), della neuropatia indotta dall’impiego di farmaci neurotossici (derivati del platino, alcaloidi della vinca, taxani che spesso vengono impiegati in fase adiuvante), dell’immunosoppressione, dei sintomi vasomotori a seguito dei trattamenti ormonali per le neoplasie mammarie o prostatiche, della neutropenia (riduzione dei globuli bianche circolanti) post-chemio-radioterapia, degli altri sintomi gastrointestinali (diarrea e stomatite), della xerostomia (conseguente alla ridotta secrezione di saliva a causa dei trattamenti radianti delle neoplasie del distretto cefalico), del prurito neoplastico (sintomo spesso non ben controllabile delle malattia onco-ematologiche).
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(1) NIH Consensus development panel on acupuncture: NIH Consensus Conference: acupuncture. JAMA 1998;280:1518
(2) NIH Consensus development panel on acupuncture: NIH Consensus Conference: acupuncture. JAMA 1998;280:1518
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