Premessa
Il
reperimento improvviso di un nodulo in qualche parte
del corpo è divenuto uno dei più frequenti sintomi
che maggiormente ci allarmano. L’ecografia è la
metodica di immagine più semplice , spesso
esaustiva, per confermare o smentire l’allarme; essa
infatti ( escludendo l’ormai obsoleta linfografia) è
in grado di fornire elementi strutturali ( come sono
fatti?) ai tradizionali elementi dimensionali (
quanto sono grandi?) già forniti dalle altre
metodiche di immagine ( radiologia tradizionale, TC
e RM), consentendo nella maggioranza dei casi di
definire la natura di quel linfonodo ingrandito.
Se si considera che, fisiologicamente, le dimensioni
dei linfonodi possono variare, anche di molto, da
individuo a individuo, in rapporto all’età e alla
storia clinica, e in rapporto al distretto anatomico
che si esplora, è comprensibile come l’aggiunta
dell’elemento strutturale può essere determinante
nel definire normale , patologico e quanto
patologico un linfonodo. Ma che cosa sono i
linfonodi o linfoghiandole?
Per rispondere a questa domanda è necessaria una
premessa sul circolo linfatico.
Il circolo linfatico
Come è noto il trasporto di ossigeno e delle
sostanze nutritizie agli organi e ai tessuti avviene
attraverso il sangue arterioso, che, spinto dalle
sezioni di sinistra del cuore, giunge, attraverso
l’aorta e le arterie più periferiche, fino ai vasi
capillari all’interno degli organi. La parete dei
capillari ha una struttura che consente la
fuoriuscita dell’ossigeno e del liquido (liquido
interstiziale) contenente le sostanze nutritizie; le
cellule dei tessuti, immerse in questo liquido,
assorbono l’uno e le altre e vi immettono l’anidride
carbonica e le sostanze di scarto che, quindi,
attraverso il liquido interstiziale , rientrano nel
sangue nel tratto a valle del capillare. Il sangue,
ormai venoso, cioè privo di ossigeno, giunge
attraverso le vene degli organi alle due grandi vene
cave, provenienti dalla testa e dal collo la
superiore e dal resto del corpo quella inferiore, e
da qui alle sezioni di destra del cuore dove è
spinto nei polmoni,che lo riforniscono di ossigeno e
lo rimandano nelle sezioni di sinistra del cuore
dove il ciclo ricomincia.
In questo meccanismo, il bilancio tra liquido che
esce dal sangue arterioso e liquido che rientra nel
circolo venoso non è mai in equilibrio perfetto.
Infatti, per evitare che elementi nocivi (patogeni),
prodotti o contenuti in organi o parti di organi
malati, entrino nel circolo ematico, una quota di
liquido interstiziale, con l’eventuale contenuto
patogeno, non rientra nel lato venoso dei capillari,
ma viene veicolato (drenato), con il nome di linfa
all’interno di un terzo circolo, il circolo
linfatico, interposto tra quello arterioso e quello
venoso, con cui di solito condivide la sede e il
decorso anatomico, oltre alla struttura costituita
da tubi sottilissimi (vene linfatiche) . Queste
confluiscono in vene linfatiche sempre più grandi (
ma di calibro notevolmente inferiore a quello delle
rispettive arterie e vene), l’ultima delle quali ,
il dotto toracico, riporta la linfa nella vena
succlavia sinistra e da qui alla vena cava superiore
e al cuore destro.
A questo punto lo sbilancio di liquido che era
avvenuto a livello del circolo capillare viene
riequilibrato.
La linfa, essendo normalmente costituita da acqua ,
da soluti salini e da un contenuto cellulare molto
ridotto, in condizioni normali, rispetto al sangue,
è incolore e limpida come l’acqua, con l’eccezione
di quella proveniente dal tubo digestivo durante le
fasi di digestione, dove vengono assorbiti gli acidi
grassi di origine alimentare che conferiscono a
questa linfa, che assume il nome di chilo, un colore
lattescente. Gli acidi grassi verranno veicolati al
fegato , prima che la linfa confluisca nel circolo
venoso.
Ma che fine fanno gli eventuali patogeni penetrati
nella linfa prima che questa ritorni nel sangue?
I linfonodi
I vasi linfatici, a mano a mano che si
allontanano dagli organi e tessuti di provenienza
penetrano in veri e propri filtri, i linfonodi, che
hanno una struttura appunto finalizzata ad assorbire
e, se possibile , elaborare fino alla distruzione, i
patogeni eventualmente contenuti nella linfa che,
quindi, tornerà nel sangue, anche se non sempre,
pura e limpida.
I linfonodi normali ( cioè non stimolati da un
impulso patogeno), hanno la forma e, in parte , le
dimensioni di un fagiolo ( non si dimentichi che
anche i fagioli hanno dimensioni molto variabili!):
hanno quindi un diametro maggiore e uno spessore che
può essere dalle 2 alle 6 volte più piccolo; hanno
un lato lungo convesso, su cui si innestano ,
perpendicolarmente, i piccoli vasi linfatici, in
numero variabile da pochi a molte decine, e hanno
l’altro lato lungo concavo, perché nel suo centro
c’è un’incisura l’ilo del linfonodo, attraverso cui
penetrano le arterie e fuoriescono le vene, perché
anche il linfonodo è un organo che va nutrito; anzi
, a questo proposito, possiamo subito dire che, in
caso di impulso patogeno, l’attività metabolica del
linfonodo può aumentare anche di molto e , quindi,
avrà bisogno di molto più sangue e questo, come
vedremo, avrà un risvolto ecografico di grande
importanza.
I due lati corti del linfonodo, come nel fagiolo,
fanno da raccordo ai due lati lunghi, in assenza di
strutture anatomiche particolari. Il tutto è avvolto
in una sottile capsula fibrosa che fa da parete che
separa il linfonodo dalle strutture circostanti.
La struttura interna del linfonodo, che attribuisce
un ruolo esclusivo all’ecografia, ha essenzialmente
due componenti: la prima è quella costituita dalle
strutture preposte alla nutrizione dell’organo,
costituite essenzialmente dai vasi che penetrano e
fuoriescono dall’organo, contenuti in una matrice di
tessuto connettivale, in parte fibroso, in parte
lasso e in parte adiposo. Il tutto ha una forma a
cono, con apice, costituito da strutture più
massicce, all’ilo dell’organo, e base, costituita
dalla parte periferica del linfonodo, in cui le
strutture vascoloconnettivali si assottigliano fino
a scomparire e il sangue finisce in spazi privi di
parete vasale , i sinusoidi, che costituiscono un
vero e proprio labirinto di spazi delimitati dalla
seconda componente del linfonodo, che è il tessuto
nobile dell’organo preposto alla funzione di filtro
e che altro non è che un ammasso di linfociti,
addensati soprattutto sul versante convesso del
linfonodo, dove, come abbiamo visto, confluiscono i
vasi linfatici, la cui linfa scorrerà nei sinusoidi
, a contatto diretto con gli ammassi linfocitari.
Queste due componenti sono molto ben riconoscibili
all’ecografia, ovviamente non nella loro struttura
microscopica, ben distinte tra loro, in quanto la
componente ilare assume l’aspetto di una chiazza
chiara situata eccentricamente all’interno del
linfonodo (sinonimi ecografici: centro chiaro,
nucleo iperecogeno, ilo del linfonodo), mentre la
parte linfatica del linfonodo assume l’aspetto di
una banda scura che, a mò di cuffia, circonda l’ilo
(sinonimi ecografici: corticale ipoecogena,
parenchima ipoecogeno). Essendo il linfonodo
delimitato da una capsula riconoscibile
all’ecografia, esso è ben distinto dalle strutture
intorno, che, per i linfonodi situati all’esterno
degli organi, sono in genere costituite da grasso..
Per capire le modificazioni che un linfonodo può
subire quando è aggredito da un insulto patogeno,
bisogna conoscere il ruolo e la funzione delle
cellule che, essenzialmente, lo costituiscono : i
linfociti.
I linfociti
I linfociti sono un tipo di globuli bianchi (
circa il 20-35% di tutti i globuli bianchi del
sangue) che, oltre ad essere presenti nel sangue in
forma di cellule libere circolanti, e nei linfonodi
nella forma descritta, sono presenti, come
stratificazioni di vario spessore di cellule , negli
spazi tra vasi e tessuti e sotto tutte le superfici
mucose del corpo: mucose respiratorie, dalla bocca
agli alveoli polmonari, passando per il faringe,
dove costituiscono ammassi grossolani ( adenoidi e
tonsille), laringe, trachea e bronchi, e mucose
intestinali, dall’esofago al retto, anche qui con
ammassi relativamente massicci a livello
dell’appendice e di alcune anse del tenue.
Altri ammassi linfatici non delimitati da capsula
sono presenti nel grande spazio tra i due polmoni(
mediastino), ricchissimo di organi. Sono infine la
compente cellulare nettamente prevalente in ogani
come la milza, il timo, situato tra i polmoni,
dietro lo sterno, che dopo l’età neonatale si
atrofizza e, in epoca fetale, il fegato, che ,
ancora prima della nascita, perde gran parte della
componente linfatica.
Ma la sede principale dei linfociti, in forma di
ammassi informi, è il midollo osseo emopoietico (
letteralmente: che produce sangue; da non confondere
con il midollo spinale, che è il canale prodotto
dalla giustapposizione delle vertebre, dove passano
i fasci nervosi provenienti dal cervello), che è la
sede dove i linfociti, come tutte le altre cellule
del sangue, nascono, per poi migrare i tutte le sedi
elencate. Il midollo emopoietico occupa gran parte
delle ossa larghe, i corpi vertebrali e gli estremi
delle ossa lunghe.
La conclusione è che i linfociti, dopo i globuli
rossi, sono il tipo di cellule più largamente
presenti nel corpo umano, nel senso che non esiste
parte del corpo priva di essi. Se è facile
comprendere il perché della ubiquitarietà dei
globuli rossi, vista la loro funzione di trasposto
dell’ossigeno ai tessuti, è altrettanto facile
comprendere la analoga diffusione dei linfociti,
visto che questi sono i cervelli della reazione
contro i patogeni; si può capire inoltre perché ,
come visto, in talune parti del corpo sono più
numerosi, essendo queste parti più esposte
all’azione di patogeni. Si può infine capire perché
i linfociti possano essere presenti in ammassi o
stratificazioni informi, laddove svolgano solo la
funzione di reazione ai patogeni, oppure siano
raccolti in ammassi discreti, delimitati da capsula,
laddove, i linfonodi appunto, si associa la funzione
di trasporto della linfa, finalizzata al controllo
idrodinamico.
Cerchiamo di capire come funziona il sistema
linfatico.
La difesa dai patogeni: i linfonodi infiammati
Quando parliamo di patogeni facciamo
essenzialmente riferimento a batteri e virus che,
per il loro ciclo esistenziale, hanno bisogno di
organi e tessuti di altri esseri viventi, che, di
conseguenza, ne riporteranno un danno; le vie di
accesso dei patogeni sono le interfacce di
separazione tra gli esseri viventi e l’ambiente
esterno: cute, vie aeree, tubo digestivo, orifizi
naturali ( genitali, occhi, orecchie).Quando una
qualsiasi di queste interfacce subisce l’aggressione
di un agente patogeno, si innesca immediatamente una
reazione di difesa che, nel suo complesso, prende
nome di infiammazione e che in genere si inizia già
nel punto di ingresso del patogeno e,
successivamente, può coinvolgere l’intero organismo;
l’innesco è dato proprio da quel tessuto linfatico
sparso in tutto il corpo, da cui si dipartono
segnali che hanno come conseguenza immediata un
aumentato afflusso di sangue (arrossamento), che
consente a un gran numero di globuli bianchi di
uscire dal capillare, insieme con una aumentata
quantità di liquido interstiziale, con il risultato
di un rigonfiamento della parte ( edema); i globuli
bianchi nell’interstizio iniziano letteralmente a
“mangiare” gli agenti patogeni, facendo
un’indigestione che ne causerà la distruzione;
l’aumentata attività metabolica ha come risultato
immediato l’aumento di temperatura (calore) della
parte.
Il liquido interstiziale in eccesso, con i detriti (
frammenti di globuli bianchi di vario tipo, virus,
batteri o parti di essi, sostanze chimiche liberate
dall’infiammazione) in esso disciolti vengono
assorbiti dai vasi linfatici e veicolati al primo
filtro che incontrano, che di solito è un gruppo di
linfonodi (stazione linfonodale di primo livello)
situato ( non sempre!) in prossimità dell’organo o
tessuto in preda all’infiammazione; se il volume del
liquido drenato è in eccesso rispetto alla capacità
di quella stazione, esso verrà assorbito dalle
stazioni linfonodali di livello successivo che di
solito sono situate lungo il decorso delle arterie
delle vene afferenti ed efferenti da quell’organo.
Quindi il linfonodo si riempirà di liquido, che avrà
come effetto immediato il rigonfiamento del
linfonodo, che si ingrandirà in maniera armonica,
conservando , cioè , come un palloncino , la forma
originale lunga e appiattita; anche la struttura
resta inalterata, perché il liquido imbibisce
uniformemente tutte le parti del linfonodo, senza
alterare i rapporti reciproci tra parte centrale e
parte periferica che, anche all’ecografia,
conserveranno i normali rapporti tra parti chiare e
parti scure ( iperplasia semplice).
Nel liquido penetrato nel linfonodo sono contenuti
dei linfociti e altre cellule della serie bianca (
soprattutto monociti) che hanno
“riconosciuto”l’agente patogeno attraverso
l’identificazione di alcune molecole specifiche di
quel patogeno (antigeni) e hanno già incominciato a
elaborare la risposta ad esso, producendo delle
sostanze biochimiche attraverso le quali i linfociti
del linfonodo subiscono una sorta di ringiovanimento
che consente loro da una parte di riprodursi, così
da raggiungere un numero idoneo alla difesa
adeguata, e dall’altra di trasformarsi in un diverso
tipo di cellule , le plasmacellule, che sono le
fabbriche di quegli anticorpi che, immobilizzando
gli antigeni relativi, immobilizzeranno la struttura
( virus o batterio) , di cui sono parte integrante,
producendone la definitiva distruzione.
In questa fase, aumentando i linfociti del
linfonodo, macroscopicamente aumenterà di spessore
soprattutto la parte scura del linfonodo, che , pur
conservando la forma ovale, sarà un po’ più rotondo
e le strutture dell’ilo del linfonodo (chiare),
sebbene più sottili , saranno ancora ben
riconoscibili ( linfoadenite reattiva, linfonodo
flogistico-reattivo). Va sottolineato a questo punto
che questa “attivazione linfocitaria”, a seconda
della causa di infiammazione o della persistenza di
foci di infiammazione ( come tipicamente accade a
livello del faringe e quindi nei linfonodi del
collo), può avere una durata molto variabile, anche
per anni !
Capita inoltre che nel linfonodo possa penetrare un
agente patogeno nella sua interezza, virus, ma ,
soprattutto batterio, che potrà causare all’interno
del linfonodo le alterazioni proprie di quel tipo di
infezione, che quindi avrà le stesse caratteristiche
anatomopatologiche che ha nell’organo di provenienza
: escavazioni variamente piene di liquido fortemente
denso nella tubercolosi ( necrosi caseosa,
linfadenite tubercolare), produzione di pus più
fluido nelle infezioni da germi piogeni ( produttori
di pus); in entrambi questi casi le cavità si
potranno fare spazio verso la superficie cutanea (
fistolizzazione, scrofola nelle forme tubercolari);
tutti questi aspetti macroscopici sono abbastanza
agevolmente riconoscibili all’ecografia. In alcune
infezioni, abbastanza rare per fortuna, ( virus di
provenienza animale, toxoplasmosi, melitense)
l’attivazione linfocitaria può essere così intensa
che il linfonodo si gonfia letteralmente come una
palla perdendo qualsiasi strutturazione, così da
simulare, come vedremo , patologie neoplastiche. Le
quote liquide che rigonfiano il linfonodo saranno
ben riconoscibili in quanto tali.
Dato l’alto numero di agenti patogeni, più o meno
tutti i linfonodi di quella stazione e delle
stazioni contigue potranno essere coinvolti.
Ma che accade quando un organo o un tessuto diventi
sede di un tumore maligno?
I linfonodi metastatici
Come è noto uno degli elementi biologici che
rende maligni i tumori è la capacità delle cellule
che li costituiscono di sfaldarsi dal tumore e di
poter diffondere , oltre che localmente, in
prossimità del tumore primitivo, anche a grande
distanza da esso, dove inizieranno un’attività
riproduttiva , spesso più rapida di quella del
tumore di partenza, che darà origine alle cosiddette
metastasi; le vie di diffusione a distanza sono
essenzialmente il sangue ( metastasi ematiche),
attraverso cui le metastasi andranno a grande
distanza dal tumore, in organi molto ricchi di
circolo capillare ( fegato, polmoni, cervello , ossa
,surreni etc), e la linfa (metastasi linfatiche),
attraverso cui le metastasi seguiranno una via
coerente che inizia in prossimità del tumore.
Le cellule neoplastiche ( tumorali) sfaldate dal
tumore di origine, subiscono la stessa sorte dei
patogeni biologici già visti e , cioè, il tentativo
di cattura e distruzione da parte delle cellule
dell’infiammazione ( spesso il confine tra tessuto
neoplastico e tessuto normale è ricco di tessuto
infiammatorio); se cellule neoplastiche integre
raggiungono il linfonodo e non vengono distrutte
dalle cellule dell’infiammazione , cominciano a
riprodursi in maniera tumultuosa , cosicché il
linfonodo ne risulterà completamente invaso, senza
nessuna zona di rispetto:Il linfonodo si gonfia
uniformemente, assumendo forma sferica e
l’alternanza tra zone chiare e scure viene
completamente sovvertita: il linfonodo assume un
colore uniforme, spesso scuro, talora chiaro in
rapporto al tipo di tumore che lo ha invaso. Il
tumulto della crescita è tale che in alcune zone i
vasi neoformati non ce la fanno a tenere dietro alla
crescita del tumore, che, in quei punti, va in
necrosi (muore), con la creazione di buchi pieni di
liquido che l’ecografia sa riconoscere.
La rapida crescita dei linfonodi, infiammati o
neoplastici, si accompagna ad un aumento del flusso
di sangue al o ai linfonodi coinvolti e questo potrà
essere riconosciuto con il color doppler: i
linfonodi infiammati tendono a conservare la normale
anatomia dei vasi ( molti al centro , pochi alla
periferia), che risulteranno comunque aumentati; nei
linfonodi metastatici si avrà sempre un aumento del
flusso e del numero dei vasi visibili al doppler, ma
la loro distribuzione anatomica tende ad essere
anarchica, con una alternanza di zone piene di
colore ( tanto sangue) e di zone “spente”.
Va infine detto che, data la casualità con cui
cellule neoplastiche colonizzano i linfonodi, capita
che in genere le alterazioni descritte riguarderanno
solo uno o pochi linfonodi di quella stazione, che
coesisteranno con linfonodi perfettamente normali,
fenomeno che non avviene in genere con i linfonodi
reattivi o infiammati, che tendono ad essere tutti
coinvolti.
Linfopatie sistemiche
Come tutti gli organi, anche i linfonodi sono
soggetti a malattie primitive , che, cioè , nascono
all’interno dell’organo; queste malattie possono
essere infiammatorie (linfadeniti) o neoplastiche
(linfomi).
Le linfadeniti primitive sono causate più
frequentemente da virus ( es. la Mononucleosi, fase
preliminare all’aids , esantemi infantili, virosi
indeterminate), con coinvolgimento in genere di più
regioni linfonodali e di numerosi linfondi in ogni
regione: i linfonodi hanno le caratteristiche dei
linfonodi infiammati o reattivi, ovvero variamente
ingranditi con forma e struttura conservate.
Le linfadeniti possono avere anche cause batteriche
( piogeni, tubercolosi, melitense) con le
caratteristiche già descritte spesso specifiche per
queste forme.
I linfomi sono neoplasie che originano dalle cellule
linfatiche e, a seconda delle caratteristiche che
assumono le cellule neoplastiche, sono raggruppati
nelle due grandi categorie di linfomi Hdgkin e non
Hodgkin, ciascuna con numerose sottocategorie.
In genere il linfoma esordisce in una stazione
linfonodale con coinvolgimento di numerosi linfonodi
a questo livello, anche se non è infrequente
l’esordio in più stazioni; rispetto alle patologie
infiammatorie sono meno raramete simmetrici. La
struttura dei linfonodi può essere alterata poco o
molto, restando le forme a più difficile diagnosi
differenziale con la sola ecografia.
In questa, come in tutte le altre malattie dei
linfonodi, primitive o secondarie, la storia clinica
del paziente è determinante nel sospettare e poi
confermare la diagnosi. A questo fine è inoltre
importante l’evoluzione nel tempo, che tenderà ad
essere regressiva, fino alla normalizzazione nelle
forme infiammatorie e reattive, ed evolutiva, con
coinvolgimento di un numero sempre maggiore di
linfonodi e di stazioni linfonodali , nelle forme
neoplastiche.
In conclusione possiamo dire che nella stragrande
maggioranza dei casi quel nodulo al collo, alle
ascelle, alle regioni inguinali, talora in sedi
atipiche del corpo, è innocuo e legato a quello
straordinario meccanismo di difesa dagli aggressori
esterni che il nostro sistema immunitario sa mettere
in opera quando necessario; se l’aggressore nasce
dentro il nostro corpo, quel nodulo, molto più
raramente , per fortuna, è l’allarme di una
situazione grave che sta coinvolgendo il nostro
corpo. L’ecografia è uno dei principali strumenti,
ma non il solo, a dirimere questo dubbio, non
dimenticando mai che i linfonodi, per fortuna,
esistono.
Articolo pubblicato su gentile concessione del
Dott.Claudio Pedicelli