La voce delle donne.
E’ molto difficile
trarre conclusioni circa l’adattamento di una donna al cancro della
mammella senza considerare ciascuna di esse nel clima socio
culturale che le è proprio, che subisce continuamente notevoli
cambiamenti.
Negli anni 60-70 una donna che aveva scoperto un nodulo maligno era
sottoposta ad un intervento in un solo tempo e di solito alla biopsia
positiva seguiva ineluttabilmente la mastectomia. La
prima informazione la donna se la procurava da sé, cioè constatava da
sola, svegliatasi dall’intervento, se la mammella fosse “ancora al suo
posto” oppure no.
L’operazione comportava la asportazione dell’organo ghiandolare e lo
svuotamento del cavo ascellare con un prezzo deturpante altissimo
conseguente alla asportazione di entrambi i muscoli pettorali, mettendo
a nudo la parete toracica.
Pochi conforti erano disponibili perché la rilevazione di un cancro era
da considerarsi argomento tabù e non era neppure minimamente da
discutere. La
paura della mutilazione e della morte dominava la scena sul quadro
clinico generale.
Qualche generica rassicurazione veniva fornita dai medici curanti che
però non osavano spingersi oltre il semplice e imbarazzatissimo “ non si
preoccupi signora”.
Dopo gli anni 70 si cominciò a comprendere il cancro della mammella alla
luce di una migliore conoscenza della biologia tumorale.
Vari chirurghi in tutto il mondo, Umberto Veronesi in particolare,
cominciarono a riferire una uguale sopravvivenza con resezioni meno
estese della mammella seguite dalla radioterapia, mentre
contemporaneamente alcune donne cominciarono a rivelare pubblicamente,
suscitando clamore e stupore, la loro diagnosi di cancro in opere
autobiografiche.
Spiegazioni pubbliche del trattamento del cancro della mammella furono
date da Betty Ford e Happy Rockeffeller, mogli di eminenti personalità
politiche e da Beverly Sills cantante lirica di fama internazionale (
fonte Hoogstraten). In
Italia poco dopo Delia Scala (http://it.wikipedia.org/wiki/Delia_Scala)
e da Ada Burrone (http://www.senosalvo.com/la%20vita%20dopo%20il%20cancro.htm)
L’autorevolezza di questi personaggi ma soprattutto la risonanza data
alle loro sconvolgenti rivelazioni, portarono ad una maggior coscienza
del problema cancro come problema delle donne con
una più ampia diffusione di informazioni circa il suo trattamento e la
sua possibilità di guarigione.
Questa maggior franchezza andò di pari passo con una crescente
insistenza sulla necessità di rispettare i diritti dell’individuo, come
donna e paziente. Ciò portò ad una maggiore partecipazione nel prendere
le decisioni e ad una maggiore adattabilità al tipo di intervento, campo
questo lasciato in passato alla discrezione del chirurgo.
Oggi la cura ed il trattamento sono del tutto differenti e grazie alla
estesa educazione del pubblico e
alla riconosciuta necessità della mammografia nella diagnosi, nelle
donne a maggior rischio, si trovano più spesso lesioni curabilissime.
Per questa ragione le donne cui viene riscontrata una lesione dubbia
tende a presentarsi più presto per una biopsia e pertanto quando si
presenta per il trattamento, il contenuto del dialogo è molto diverso
rispetto al passato perché essa è in genere completamente informata
circa le scelte e il trattamento e non eccezionalmente anche circa i
risultati di studi specifici, che indicano i tassi di sopravvivenza con
ciascun trattamento.
Decisione terapeutica Le
decisioni da prendere circa il trattamento hanno una grande importanza
ma contemporaneamente
provocano una grande ansietà.
Vari studi prospettano che l’ansietà e la gravità delle informazioni
compromettono la presa di decisioni e rendono estremamente difficile una
decisione condivisa e informata. Il
livello di ansietà è alto prima della biopsia, altissimo in attesa della
risposta dell’esame istologico
http://www.senosalvo.com/attualita_intro09.htm#1 La
maggior parte di dati fanno pensare che le parole del medico e il modo
con cui egli presenta le scelte di trattamento, piuttosto che le
istruzioni scritte
http://www.senosalvo.com/terapia_chirurgica_4.htm siano fattori chiave nel processo di decisione condivisa. Il
senso di fiducia nel medico proponente un trattamento emerge come una
variabile centrale nella decisione di accettare un trattamento.
Erroneamente si ritiene, specie in quegli Stati in America dove
l’informazione è obbligatoria, che tutte le donne debbano ricevere la
stessa informazione.
Questo non tiene conto del fatto che le donne variano ampiamente, sia
per la quantità di informazioni di cui abbisognano che per il modo con
cui esse debbono essere presentate.
…………….Il campo delle risposte può essere diviso schematicamente in 4
categorie, ciascuna delle quali richiede un diverso stile dei
chiarimenti del medico.
Molte donne anziane, cresciute in un periodo in cui i medici davano meno
informazioni e alcune donne meno anziane, ritengono ancora oggi che il
medico e solo il medico debba prendere le decisioni circa il
trattamento. Questo atteggiamento è tipico di una epoca precedente della
medicina, ma ancora frequente tra molti medici che si limitano ad
informare semplicemente la paziente del trattamento da intraprendere.
Ora è chiaro che anche se a queste donne il medico deve indicare le
scelte, esse possono desiderare meno informazioni e preferire che sia il
medico ad assumersi la responsabilità delle decisioni. Il dare maggior
responsabilità nella decisione in questa categoria di donne
provocherebbe soltanto ansietà e sofferenza.
Esiste una categoria di donne prevalentemente giovani che sono
fortemente influenzate dall’epoca recente di antiautoritarismo e di
minor fiducia nei medici, che affrontano la decisione circa il
trattamento terapeutico in modo o del tutto consenziente o all’opposto
del tutto dissenziente. Questa è la categoria più difficile da parte del
medico che in prima istanza deve limitarsi ad ascoltare prima di mettere
le basi per un consenso informato.
Esistono donne terrorizzate e abbattute che sembra non possano sostenere
una verità tanto pesante. Esse si presentano come incapaci di prendere
qualsiasi decisione e i loro familiari, conoscendole bene, raccomandano
in genere di tacere la verità per paura di atti incontrollabili da parte
della paziente. Il suicidio è l’evento più temuto. Per quanto possa
sembrare strano con questa categoria di donne attraverso una
esplorazione sensibile e tollerante dei sentimenti e delle
preoccupazioni, è possibile arrivare ad una decisione condivisa. La
maggioranza delle donne appartiene a quella categoria di individui che
sono capaci di controllare la loro ansietà e generalmente sono già
informate, più recentemente tramite il
mezzo telematico del Web, sulle possibili opzioni che il medico può
offrire loro circa il trattamento della malattia.
Sono soprattutto in grado, in modo del tutto autonomo, di ascoltare i
consigli del medico, di raccogliere informazioni da altre fonti e di
integrarle responsabilmente.
Questo tipo di risposta ovviamente è favorita da un buon rapporto con il
medico, prova ne è che
alcune si lamentano che questa empatia sia nel loro caso venuta meno e
affrontano il trattamento disperatamente SOLE .
(Riferimenti da fonte : Hoogstraten- Medical Books)
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