La paura della morte
La
paura della morte è comune alla maggior parte delle
culture. Il carattere spaventoso e terrorizzante della
morte è legato al fatto che ne conosciamo
l’ineluttabilità: essa infatti porrà drammaticamente
fine alla possibilità di essere felici, non potremo più
soddisfare i nostri desideri, raggiungere i nostri
obiettivi, oppure semplicemente provare piacere.
Una prima distinzione riguarda il fatto che alcuni di
noi potrebbero avere paura per la propria morte, mentre
altre persone possono temere maggiormente la morte di
una persona cara.
Una seconda distinzione è legata al rapporto opposto tra
le due date importanti della nostra vita:
1) Data di nascita
E’ caratterizzata da una grande attesa dell’evento,
soprattutto nei giorni prima del parto. Nel momento
della nascita iniziano gli abbondanti festeggiamenti al
neonato. Ci sarà poi una grande festa in occasione del
primo compleanno, un anno dopo.
2) Data di morte
Non c’è attesa per questo evento, anzi si spera avvenga
il più tardi possibile. Quando muore una persona cara
proviamo un’enorme tristezza, e di quel giorno
ricorderemo solo la sofferenza. Poiché l’essere umano è
abituato ad organizzare la propria vita scandendo le
fasi annuali, un anno dopo la data di morte della
persona cara diventa un anniversario estremamente
triste.
Una terza distinzione necessaria per comprendere la
paura della morte andrebbe poi fatta tra quelle persone
che temono eccessivamente la fine (propria o altrui) e
chi invece non teme quasi per nulla la morte e quindi
adotta una serie di comportamenti decisamente pericolosi
(ad es. sport estremi, utilizzo di sostanze, ecc.).
Diverse persone possono vivere contemporaneamente queste
due posizioni: molti di noi ad esempio possono sentirsi
da un lato estremamente terrorizzati all’idea della
propria morte, ma paradossalmente dall’altro lato
continuiamo a correre con l’automobile oppure a fumare
inconsci del rischio legato a questi comportamenti.
L’idea della morte ed il timore conseguente cambiano
con l’età. I bambini ne parlano praticamente senza
timore, anzi spesso li sorprendiamo mentre giocano “a
fare il morto”. Crescendo l’essere umano diviene sempre
più consapevole dei propri limiti: nella pre-adolescenza
iniziano i primi timori legati alla fine. Queste paure
aumentano sempre più finché nell’età adulta si arriva a
considerare la morte un vero e proprio tabù. Facciamo il
possibile pur di evitare di parlare della nostra morte,
e in presenza di qualcuno tendiamo a schivare
l’argomento: al massimo ricorriamo ad eufemismi quali
“passare a miglior vita”, “tirare le cuoia”, “volare in
cielo”, ecc.
Con l’avanzare dell’età le persone iniziano a
rassegnarsi. La paura della morte infatti è più
frequente tra i giovani che non negli ultrasessantenni.
In uno studio sui malati terminali (Hinton, 1967) tra i
soggetti con età maggiore di 60 anni solo un terzo
mostrava ansia per la propria morte, mentre i due terzi
del campione di individui con età inferiore ai 50 anni
mostrava reazioni di estrema angoscia per la propria
morte. Perché questa enorme differenza?
Se ci pensiamo tutto ciò risulta piuttosto ragionevole:
• Morire in giovane età significa annientare un
maggior numero di SOGNI, SPERANZE, e ASPETTATIVE
• Spesso questo tipo di morte crediamo sia associata a
dolore fisico e sofferenza
• E’ comprensibile la TRISTEZZA ed il SENSO DI
RESPONSABILITA’ di un genitore, ad esempio, che sa di
dover morire lasciando i figli e il coniuge al proprio
destino
Un altro argomento interessante è il rapporto che
lega la paura della morte alla paura di venire in
contatto con il cadavere. Il corpo dopo la morte può
suscitare diverse paure. In molte culture sono stati
creati tabù e riti che impediscono alle persone di
entrare troppo in contatto con il corpo senza vita. Una
prima spiegazione è legata al fatto che da sempre si è
pensato al cadavere come portatore di spiriti maligni.
Inoltre molte ansie possono ricondursi alle alterazioni
cui il corpo va incontro in fase di decomposizione:
queste modificazioni minacciano la credenza che vi sia
un’altra vita oltre a quella terrena, e per questo
probabilmente un corpo senza vita ci mette molto a
disagio. Se ci pensiamo, da sempre i riti religiosi
attorno ai defunti si sono specializzati nel tentativo
di preservare il più possibile la forma (e quindi
l’esistenza) del corpo attraverso:
- La costruzione di un riparo al defunto (tomba)
- Imbalsamazione
- Seppellire anche cibo, oggetti di valore nella tomba
- Ibernazione
- Conservazione del DNA
L’obiettivo di tutte queste procedure riporta al
tentativo di allontanare il più possibile l’idea di fine
definitiva che tanto ci spaventa.
L’incertezza su ciò che accadrà dopo la morte determina
un aumento della nostra ansia, alimentando un insanabile
conflitto tra le nostre credenze religiose e la forza
della convinzione personale. Paradossalmente un
agnostico estremamente radicale potrebbe provare meno
ansia rispetto ad un credente moderato e non del tutto
convinto.
Ma l’esperienza della morte potrebbe essere vissuta
in modo sereno? Scienziati, letterati e filosofi in
questi duemila anni hanno tentato di dare una risposta
in questo senso:
? Giacomo Leopardi: “Due cose belle ha il mondo,
Amore e Morte”
? S. Francesco d’Assisi:”Laudato sì, mi Signore, per
sora nostra Morte corporale”
? William Hunter (medico): “se avessi la forza
sufficiente per tenere in mano una penna scriverei
quanto facile e piacevole sia morire”
? William Osler (medico): “la maggior parte delle
persone lascia la vita nello stesso modo in cui vi
entra: inconsapevolmente”
? Isaac Marks (psichiatra): “proprio perché gli
individui non si rendono conto di ciò che sta succedendo
mentre la vita scivola via va a finire che la morte
affligge coloro che restano più di coloro che se ne
vanno”
Socrate, nello scritto di Platone su “Apologia di
Socrate”, afferma che:
“La morte, infatti, è assenza totale di sensazioni, e
quindi è il nulla. (…) Se la morte è assenza totale di
sensazioni, come se si dormisse un sonno senza sogni,
oh, essa sarebbe un guadagno meraviglioso. Proviamo,
infatti, a pensare a una notte in cui abbiamo dormito
senza far sogni e confrontiamola, poi, con tutte le
altre notti e gli altri giorni della vita; se dovessimo
dire, dopo aver riflettuto attentamente, quanti sono
stati i giorni e le notti in cui meglio abbiamo vissuto,
rispetto a quella, oh, io credo che non solo l’uomo
qualunque, ma anche il re dei re, ne avrebbe molto poche
da contare”
Infine nel nostro Dizionario della lingua italiana
(Devoto Oli, 2003) troviamo interessanti definizioni
attorno al concetto di morte:
1. La cessazione delle funzioni vitali negli
organismi viventi e nell’uomo
2. Spesso è contrapposta alla vita e frequentemente
personificata in espressioni del linguaggio popolare
(“essere in braccio alla morte”)
3. Impietoso commento a proposito di persona deperita e
malandata (“sembra la morte in vacanza”)
4. Fra buongustai sin. del trattamento culinario
migliore e più opportuno
“il salmì per la lepre? è la morte sua!”
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Dr. Daniel Bulla
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