Climaterio e menopausa
(naturale o indotta) suggerimenti utili)

Giorgio Secreto.
Endocrinologo.
Clinico e ricercatore, dirige l’Unita’ di Endocrinologia dell’Istituto Nazionale Tumori di Milano. Da più di 30 anni studia i rapporti fra ormoni e tumori della mammella umana, con particolare riferimento al ruolo degli androgeni.
Ha pubblicato sull’argomento oltre 70 lavori in riviste scientifiche internazionali.

Il termine menopausa indica letteralmente la permanente interruzione delle cicliche perdite mestruali che caratterizzano l’età fertile della donna.  In condizioni normali, la menopausa è dovuta alla perdita di attività dell’ovaio, o meglio della sua struttura funzionalmente più importante, il follicolo ovarico, deputato alla sintesi degli ormoni femminili ed al mantenimento della cellula uovo.
Oltre che un normale evento della vita della donna, la menopausa può anche essere la conseguenza di un intervento chirurgico di asportazione delle ovaie (menopausa chirurgica), o di un’irradiazione delle stesse (menopausa attinica), o di un trattamento medico, ormonale o chemioterapico, come quelli che vengono frequentemente effettuati per la cura dei tumori mammari e che comportano la distruzione dei follicoli ovarici (menopausa chimica).
Un particolare caso di menopausa chirurgica è rappresentato dall’asportazione dell’utero con conservazione delle ovaie: in questo caso, la donna non ha più mestruazioni e non può più procreare, ma la produzione di ormoni ovarici prosegue normalmente fino all’età della menopausa naturale.
L’età media della menopausa spontanea si aggira intorno ai 51 anni ed è in gran parte predeterminata geneticamente anche se fattori etnici, famigliari ed ambientali possono in qualche modo condizionarne la comparsa.
La menopausa è l’evento che più di ogni altro caratterizza il climaterio femminile, quel periodo di passaggio dalla ciclica produzione di ormoni ovarici alla completa cessazione di ogni attività del follicolo ovarico, che va dai 45-50 anni ai 55-60 anni.
Durante il periodo del climaterio le donne vanno incontro a profondi mutamenti endocrini, somatici e psichici, e, poiché l’attesa media di vita è di circa 30 anni e costituisce circa un terzo della vita della donna, l’impatto medico ed economico di questi cambiamenti è estremamente importante. Se infatti le previsioni statistiche ci dicono che nel 2020 la durata media della vita sarà intorno agli 85 anni è necessario che questi anni in più siano vissuti con una qualità di vita del tutto soddisfacente. L’integrazione di un adeguato stile di vita, di un ambiente sociale non emarginante e di opportuni supporti medici da definirsi caso per caso in base alle caratteristiche di ciascuno, potranno permettere la conquista di questo risultato.

Modificazioni del quadro ormonale in menopausa

Prima della menopausa, ad ogni ciclo mestruale molte migliaia di follicoli ovarici iniziano un viaggio dal centro dell’ovaio verso la superficie. Durante questo tragitto producono enormi quantità di ormoni femminili (estrogeni), che stimolano la crescita dell’endometrio, la parte interna dell’utero che viene eliminata ogni mese con la mestruazione, ed inducono le tipiche modificazioni cicliche della mammella.
Uno solo dei follicoli raggiungerà la superficie dell’ovaio ed espellerà la cellula uovo che sarà catturata dalle tube uterine e spinta fino nella cavità dell’utero. Il follicolo che ha ovulato si trasforma in corpo luteo, una struttura deputata alla produzione soprattutto di progesterone, l’ormone che prepara l’utero alla gravidanza.
Se la gravidanza non è intervenuta, la produzione ormonale del corpo luteo si interrompe, compare la mestruazione e ricomincia un nuovo ciclo mestruale. L’esaurimento della funzione dei follicoli ovarici, che prelude alla menopausa, non è un evento improvviso ma si instaura lentamente nel tempo. Durante questo processo, il numero dei follicoli ovarici diminuisce progressivamente e si riduce di conseguenza la produzione ovarica degli ormoni femminili, estrogeni e progesterone.
Cominciano a manifestarsi e a rendersi sempre più accentuate le irregolarità nella comparsa delle mestruazioni.
Le irregolarità mestruali sono il segno più evidente di questo 7 periodo di transizione tra l’età fertile e la perdita completa della capacità riproduttiva della donna, definito con il termine di perimenopausa che può durare da alcuni mesi a qualche anno.
Accanto alle irregolarità mestruali possono manifestarsi altri segni premonitori della prossima menopausa come vampate di calore, sudorazioni, insonnia. Con la scomparsa dei follicoli ovarici ha inizio la menopausa vera e propria.
La prima conseguenza della deplezione dei follicoli ovarici è la brusca caduta dei livelli circolanti degli estrogeni ed il venir meno della ciclica produzione di progesterone che si mantiene costantemente a bassi livelli. La sintesi di androgeni ovarici procede invece immodificata per alcuni anni, poi tende a ridursi leggermente e progressivamente con l’età; ma in qualche caso se ne può addirittura osservare un aumento. Gli androgeni sono gli ormoni tipici del sesso maschile che tuttavia vengono normalmente prodotti in piccola quantità anche dalle donne.
La funzione ovarica è regolata dall’ipofisi, una ghiandola endocrina situata nel cranio, attraverso la sintesi di due ormoni chiamati gonadotropine: l’ormone follicolo-stimolante (FSH), che stimola la crescita dei follicoli e la produzione di estrogeni, e l’ormone luteinizzante (LH) che favorisce l’ovulazione e la produzione di progesterone nel follicolo che ha ovulato.
La gonadotropina LH stimola anche la sintesi degli androgeni ovarici a livello di particolari cellule, le cellule interstiziali o stromali, che persistono anche dopo la menopausa. La caduta degli estrogeni in menopausa comporta il venir meno del controllo da parte dell’ipofisi che tenta di ripristinare normali livelli di estrogeni aumentando la produzione di gonadotropine.
Ne consegue che in menopausa i livelli circolanti di FSH sono dieci volte più alti e quelli di LH tre volte più alti rispetto alla premenopausa.
Oltre all’aumento delle gonadotropine, la caduta degli estrogeni è responsabile di una marcata riduzione dei livelli circolanti della sex hormone binding globulin (SHBG). La SHBG è una proteina prodotta nel fegato sotto lo stimolo degli estrogeni. Anche se non è un ormone, svolge un’importante azione ormonale in quanto lega a sé gli steroidi sessuali, in particolare gli androgeni, e ne impedisce così la funzione.
La persistenza di una normale produzione di androgeni associata con una ridotta quantità di SHBG può, in parte, spiegare la comparsa di segni per lo più modesti di iperandrogenismo che si possono manifestare in alcune donne dopo la menopausa, come ad esempio un leggero aumento della peluria, la comparsa di pelle grassa, l’accumulo di adipe a livello addominale. Le modificazioni endocrine dell’ovaio e dell’ipofisi sono le più caratteristiche della menopausa e sono comuni a tutte le donne.
A ccanto ad esse, comincia a manifestarsi nel climaterio una riduzione dell’attività del sistema endocrino nel suo complesso, attribuibile più ad un normale processo di invecchiamento piuttosto che alla menopausa in sé.
È comunque utile sapere che già a questa età può avere inizio un modesto disturbo del metabolismo degli zuccheri che potrà condurre negli anni successivi ad una ridotta tolleranza al glucosio o ad un franco diabete come conseguenza del concorso di diversi fattori quali una diminuita produzione di insulina o un suo ridotto utilizzo da parte dei tessuti, un aumento del grasso addominale, una diminuita attività fisica, una cattiva alimentazione.

I disturbi della menopausa

Sarebbe forse più corretto parlare di disturbi del climaterio perché alcuni di essi cominciano a manifestarsi già prima della fine delle mestruazioni mentre altri possono comparire a distanza di anni dalla menopausa.
Nella maggior parte delle donne la ridotta produzione di estrogeni è accompagnata da reazioni vasomotorie (vampate di calore, sudorazioni), insonnia, sbalzi d’umore, cambiamenti nella composizione delle mucose (secchezza vaginale, infezioni della vescica urinaria), modificazioni corporee (riduzione della massa muscolare, aumento del grasso corporeo con accumulo prevalentemente all’addome).
Con il passare degli anni, si osserva una maggiore incidenza di malattie cardiovascolari, la possibile comparsa di osteoporosi, un indebolimento delle capacità cognitive, ridotta elasticità e secchezza della pelle.
Per la verità, di questi eventi tardivi non è facile dire quanto sia dovuto alla carenza di estrogeni e quanto invece rientri nel normale processo d’invecchiamento e nell’ambito della predisposizione individuale verso un certo tipo di malattia.
Anche se nel descrivere i disturbi si pone ovviamente l’accento sugli aspetti “patologici” della menopausa è bene ricordare che non tutte le donne presentano i sintomi descritti e che molti di questi disturbi compaiono in maniera sfumata e sono ben tollerati.
Molto può dipendere dall’approccio psicologico con cui si affronta questo evento della vita. Il significato negativo che la donna stessa generalmente attribuisce alla menopausa spesso si accompagna ad una ridotta stima di sé stessa, ad un’insoddisfazione della vita attuale, all’ansia per il futuro.
Il rischio di depressione è anche aumentato da diversi fattori che non sono legati alla menopausa di per sé ma piuttosto all’occorrenza di eventi stressanti che si manifestano con maggior frequenza in questa età della vita, come, ad esempio, la perdita di persone care, l’invecchiamento dei genitori, l’abbandono della casa da parte dei figli, l’abbandono dell’attività lavorativa per un meno gratificante lavoro domestico.
Questi importanti aspetti psicologici che ricorrono in maniera più o meno sfumata nella maggior parte delle donne giunte alla menopausa spontanea acquistano una valenza ancora maggiore nelle donne in cui la menopausa è stata indotta precocemente, soprattutto se come conseguenza di una malattia tumorale.
Gli aspetti psicologici legati alla presenza di questa malattia costituiscono il punto centrale del lavoro della nostra Associazione.

Osteoporosi

Una delle maggiori indicazioni alla terapia ormonale sostitutiva con estrogeni in menopausa è rappresentato dall’osteoporosi. Contrariamente a quello che molti pensano, l’osso non è una struttura statica ma una struttura dinamica sottoposta continuamente a processi di formazione e di distruzione. Durante l’infanzia e la giovinezza i processi di formazione prevalgono su quelli distruttivi e conducono al raggiungimento della massima quantità di osso di una persona durante la sua vita, il cosiddetto “picco di massa ossea”.
Raggiunto il “picco” inizia dopo la terza decade di vita una lenta perdita di osso per il prevalere di fenomeni di riassorbimento sui fenomeni di costruzione di nuovo osso. Negli uomini, tale declino è costante per tutta la vita, mentre nella donna si osserva una brusca riduzione della massa ossea all’epoca della menopausa, conseguenza della brusca caduta dei livelli di estrogeni, poi la perdita di osso prosegue lentamente e regolarmente nella vecchiaia.
La quantità di osso di un soggetto di 70 anni dipenderà quindi dalla massima quantità di osso prodotto in gioventù e dalla velocità di perdita di osso negli anni successivi. Il “picco di massa ossea” ha quindi un’importanza determinante sulla quantità di osso che si avrà durante la vita ed è in gran parte determinato geneticamente anche se influenze ambientali, l’alimentazione, e gli ormoni sessuali svolgono un ruolo importante nello sviluppo scheletrico.
L’osteoporosi è una particolare condizione di fragilità dell’osso conseguente ad una marcata riduzione della massa ossea. Il rischio maggiore dell’osteoporosi è legato alla maggior frequenza di fratture che possono portare ad invalidità e, in qualche caso, possono anche essere pericolose per la vita. A causa delle complicazioni delle fratture, l’osteoporosi è oggi vista come una vera e propria malattia sociale e si tende a considerarla una conseguenza tardive della menopausa nella donna.
Questo è vero solo in parte. La fragilità dell’osso nell’anziano dipende da molti fattori: innanzi tutto da un basso “picco di massa ossea”, che si instaura nella giovinezza; poi dalla ridotta produzione di ormoni dopo la menopausa; infine dal normale processo di invecchiamento e da altre cause legate allo stile di vita, all’alimentazione e all’attività fisica. Tutti questi fattori, aggiunti ad una predisposizione individuale, e non soltanto la menopausa, concorrono con maggiore o minore importanza al manifestarsi dell’osteoporosi.
La deficienza di estrogeni in menopausa è certamente una causa importante di perdita di osso che inizia già in epoca perimenopausale e che può essere prevenuta dalla terapia ormonale sostitutiva. È stato comunque documentato che la perdita di osso riprende immediatamente dopo la sospensione della terapia estrogenica lasciando nuovamente la donna a rischio di frattura proprio in un’età più avanzata quando il pericolo di fratture è maggiore.
D’altro canto non sembra oggi ragionevole proporre la terapia con estrogeni per tutta la vita.

Malattie cardiovascolari

Dopo la menopausa la frequenza di malattie cardiovascolari aumenta progressivamente nella donna fino a raggiungere un’incidenza simile a quella degli uomini. In passato, l’uso della terapia ormonale sostitutiva è stata fortemente consigliata, ritenendo che gli estrogeni svolgessero un ruolo protettivo.
Solo successivamente si è visto che questo non è vero, ma che, al contrario la terapia ormonale sostitutiva può addirittura provocare un aumento degli eventi cardiovascolari.
Attualmente, la migliore prevenzione di malattie cardiocircolatorie può essere ottenuta con l’acquisizione di corrette abitudini di vita.
L’abolizione del fumo di sigaretta, un’alimentazione atta a ridurre l’apporto di cibi ricchi di colesterolo, una corretta attività fisica possono fornire un alto grado di protezione senza ricorrere all’uso di estrogeni.

La terapia ormonale sostitutiva in menopausa

Approccio medico alla menopausa

Nel linguaggio medico la menopausa viene spesso descritta come una condizione di malattia.
L’uso di termini come “perdita della funzione ovarica”, “deficienza di estrogeni”, “prevenzione dell’osteoporosi”, “terapia ormonale sostitutiva” richiamano alla mente uno stato patologico che deve essere diagnosticato, trattato e possibilmente prevenuto con opportune terapie.
Non vi è dubbio che sia molto diffusa l’idea di menopausamalattia, per cui molti medici ritengono obbligatorio intervenire e molte donne ritengono necessario un supporto medico.
La menopausa non è un’esperienza vissuta allo stesso modo da tutte le donne. Il contesto sociale e culturale in cui essa si manifesta e in senso più lato l’ambiente nel quale la donna vive rivestono un ruolo importante nel modularne gli effetti. Per molte donne la menopausa non rappresenta un’esperienza traumatica e spesso decorre senza gravi disturbi.
La necessità di un intervento medico per i sintomi precoci della menopausa è limitata ad un numero relativamente ristretto di soggetti.
Il problema di malattie invalidanti, come l’osteoporosi, non può essere generalizzato ma deve essere affrontato caso per caso insieme dalla donna e dal medico, con un’attenta valutazione del rapporto rischio/beneficio della terapia ormonale sostitutiva. La sempre maggiore diffusione dell’informazione medica pone oggigiorno la donna in menopausa di fronte ad un gran numero di problemi che ha la necessità di discutere con il proprio medico.
Ormai ci si sta rapidamente avviando verso il concetto di “scelta informata”, ossia della partecipazione della donna stessa alla decisione di intraprendere o meno il trattamento ormonale sostitutivo. Sempre più spesso la donna richiede al medico di avere informazioni non solo sui di versi possibili trattamenti, ma anche su cosa potrà succedere in assenza di trattamento o sull’efficacia di strategie preventive basate ad esempio sulla dieta o sull’esercizio fisico.

Il trattamento dei disturbi della menopausa

Scopo della terapia ormonale sostitutiva è quello di ripristinare i livelli di estrogeni che erano presenti prima della menopausa.
Il trattamento con soli estrogeni può essere effettuato solo nelle donne isterectomizzate, mentre nelle donne in cui l’utero è presente gli estrogeni devono essere somministrati in associazione con i progestinici per evitare un’eccessiva stimolazione sull’endometrio.
I progestinici sono sostanze derivate dal progesterone naturale o dal testosterone (prototipo degli androgeni), opportunamente modificate nella loro struttura chimica in modo da poter essere assunte per via orale conservando le caratteristiche funzioni del progesterone prodotto dal corpo luteo e perdendo la caratteristica di androgeno nel caso del testosterone.
In passato, il progesterone naturale poteva essere somministrato soltanto per iniezione intramuscolare, una via impraticabile per assunzioni giornaliere, e soltanto da circa 15 anni si è trovato il modo di somministrarlo per bocca attraverso un particolare processo farmacologico (micronizzazione).
L’uso consolidato dei progestinici prosegue ancora oggi, e soltanto negli ultimi anni si comincia ad usare con maggior frequenza il progesterone micronizzato, che rappresenta un approccio più fisiologico al trattamento ormonale sostitutivo in menopausa. La combinazione estrogeni+progesterone/progestinici può essere somministrata con diverse modalità. Le più frequenti sono: • regime sequenziale ciclico: estrogeno per 25 giorni al mese (giorni 1-25) + progesterone/progestinici negli ultimi 14 giorni (giorni 11-25), seguiti da 5-6 giorni di sospensione. Durante i giorni di sospensione compare un flusso simil-mestruale;
• regime sequenziale continuo: estrogeno tutti i giorni + progesterone/ progestinici per 10-14 giorni ogni mese;
• regime combinato ciclico: estrogeno + progesterone/progestinici per 25 giorni al mese (giorni 1-25), seguiti da 5-6 giorni di sospensione;
• regime combinato continuo: ogni giorno estrogeno+ progesterone/progestinici senza periodi di sospensione.
Non vi è dubbio che la terapia ormonale sostitutiva sia in grado di migliorare in maniera sostanziale tutto il corteo di sintomi, fisici e psichici, della menopausa in un’alta percentuale di donne (70-80%) e può anche avere un effetto favorevole su disturbi tardivi, come l’osteoporosi.
Tuttavia l’assunzione di estro-progestinici può essere responsabile di alcuni effetti collaterali, come peggioramento del tono dell’umore (prevalentemente legato alla componente progestinica), ritenzione idrica (prevalentemente legato alla componente estrogena), gonfiore addominale, tensione mammaria, perdite ematiche similmestruali, che possono rendere il trattamento meno accettabile. In generale, la terapia ormonale sostitutiva deve essere somministrata con cautela nelle donne che presentano una o più delle seguenti caratteristiche: storia familiare di tumore mammario, precedenti biopsie per patologia mammaria benigna, abbondante consumo di alcool, fumo di sigaretta, presenza di obesità addominale, quadro ormonale caratterizzato da alti livelli di androgeni.
Controindicazioni assolute all’uso della terapia sono rappresentate da un pregresso carcinoma della mammella o dell’endometrio, da una familiarità per tumore mammario che comprenda almeno 2 parenti di primo grado, da gravi epatopatie, da pregresse patologie vascolari.

Breve storia della Terapia Ormonale Sostitutiva

Fin dagli anni ’40 erano in commercio negli USA gli estrogeni per contrastare i disturbi da menopausa (vampate, secchezza vaginale), ma l’uso di questi ormoni ha subito un enorme aumento dal 1966, dopo che il ginecologo R. Wilson pubblicò il suo libro Feminine Forever (Per sempre femmina) nel quale la menopausa non era più considerata un evento naturale della vita della donna, ma una vera e propria malattia da carenza di ormoni ovarici che poteva essere curata e addirittura prevenuta con la somministrazione di estrogeni il più precocemente possibile.
Fino alla metà degli anni ’70, la terapia ormonale sostitutiva è stata fatta usando gli estrogeni da soli, ma dal 1975 divenne evidente la correlazione causale fra assunzione di estrogeni e comparsa di cancro dell’endometrio e da allora fu utilizzato il trattamento combinato con estrogeni più progestinici, per sfruttare l’azione protettiva del progesterone sull’endometrio. Inizialmente, la terapia ormonale sostitutiva veniva usata per trattamenti di breve durata e solo per i disturbi immediati della menopausa (vampate, secchezza vaginale, ecc) ma in seguito è stata proposta anche, e soprattutto, per trattamenti di lunga durata con lo scopo di:
• ridurre il rischio di malattie cardiovascolari;
• prevenire l’osteoporosi postmenopausale.
La proposta di trattamenti prolungati si era basata un gran numero di studi osservazionali pubblicati fino agli anni ’90 che mostravano una riduzione del 30-50% di infarti del miocardio nelle donne in menopausa che assumevano estrogeni rispetto alle donne che non facevano uso di ormoni.
Quanto questi studi fossero sbagliati lo si scoprirà soltanto molti anni più tardi, ma, nel frattempo, la protezione dalle malattie cardiocircolatorie ha rappresentato un caposaldo per convincere le donne in menopausa ad usare ormoni.
Questi stessi studi osservazionali suggerivano la possibilità di un piccolo rischio di tumore mammario associato all’uso di estrogeni, ma il rischio non era riportato da tutti e fu, comunque, ritenuto irrilevante rispetto ai benefici effetti sulle malattie cardiocircolatorie che ci si attendeva dall’uso degli ormoni.
Solo nel 1997 fu pubblicato sulla prestigiosa rivista Lancet uno studio che raccoglieva i dati di 51 studi precedenti valutati tutti assieme (il procedimento si chiama metanalisi), comprendente 50 mila donne con tumore mammario e 100 mila controlli.
Lo studio dimostrò che l’uso di ormoni era associato ad un rischio di carcinoma mammario, e che il rischio aumentava progressivamente con la durata del trattamento. Al contrario di quanto avvenuto per le malattie cardiovascolari, la protezione della terapia ormonale sostitutiva sulle fratture da osteoporosi è stata confermata anche recentemente.
Va tuttavia sottolineato che la massima frequenza di fratture da osteoporosi si verifica dopo i 75 anni. Poiché la protezione conseguente all’uso di ormoni scompare dopo 5 anni dalla loro interruzione, la terapia ormonale assunta all’epoca della menopausa non può proteggere contro fratture osteoporotiche che si manifesteranno molti anni dopo.
Per ottenere protezione sull’osteoporosi bisognerebbe proseguire le cure ormonali fino ad oltre 70 anni, con rischio di cancro mammario molto elevato.
Ne consegue che la protezione da ormoni è presente in un’età in cui ve ne è poco bisogno, mentre è del tutto assente nell’età in cui ve ne sarebbe più bisogno. Una conferma decisiva dei possibili rischi associati all’uso della terapia ormonale sostitutiva in menopausa è stata portata dalla pubblicazione nel luglio 2002 dei risultati dello Studio WHI (Women Health Iniziative), un grande studio prospettico condotto negli Stati Uniti su 16.000 donne in menopausa trattate con estro-progestinici.
Lo studio che doveva durare 8 anni è stato interrotto dopo 5 anni per un eccesso di malattie cardiovascolari (infarto, ictus, embolia polmonare) e di carcinoma mammario pur essendosi osservata una protezione sull’osso e sui tumori del colon retto.
Questi risultati hanno avuto una grandissima risonanza, e, come spesso succede in questi casi, da un eccesso di prescrizione di ormoni in passato, molti medici sono passati ad un ingiustificata paura di prescrivere ormoni per la menopausa, anche a chi se ne potrebbe giovare.
Un secondo braccio dello studio WHI ha valutato l’effetto del trattamento con soli estrogeni in 11.000 donne isterectomizzate.
Anche in questo studio si è osservato un aumentato rischio di ictus cerebrale come nel braccio trattato con estro-progestinici, mentre non si è visto alcun effetto, né favorevole né sfavorevole, sull’infarto del miocardio e non vi è stato un aumento di carcinoma mammario.
Si è inoltre confermato un ridotto rischio di fratture da osteoporosi. Questi risultati suggeriscono una certa maggiore pericolosità degli estroprogestinici rispetto agli estrogeni da soli, che però, si ricorda, possono essere usati solo nelle donne prive di utero. The Million Women Study, un altro grande studio prospettico condotto su oltre 1 milione di donne inglesi in menopausa e pubblicato nel 2003, ha rafforzato ed esteso i risultati dello Studio WHI.
Le conclusioni del The Million Women Study possono essere così riassunte:
• l’uso di terapia ormonale sostitutiva è associato ad un aumento del rischio di ammalare di carcinoma della mammella;
• il rischio aumenta progressivamente con la durata del trattamento.
Per il gran numero di partecipanti in questo studio si è potuto valutare l’effetto del trattamento anche in base al tipo di terapia ormonale utilizzata, e si è visto che il rischio di carcinoma mammario era minimo per l’uso di solo estrogeno (donne isterectomizzate), massimo per l’uso di estrogeno+ progestinico, intermedio per l’uso di Tibolone, uno steroide sintetico dotato di proprietà sia estrogene che progestiniche che androgene.
Il rischio da solo estrogeni non differiva significativamente in base al tipo di preparato (coniugati estrogeni equini o etinil-estradiolo), al dosaggio, ed alla via di somministrazione (orale, transdermica, impianto).
Analogamente il rischio da progestinici era indipendente dal tipo di progestinico usato (derivati del progesterone o del testosterone) e dalla modalità di somministrazione (sequenziale o continua). Ulteriori importanti informazioni si sono ottenute dalla studio francese E3N (Etude Epidemiologic de femmes de la Mutuelle Générale de l’Education Nazionale), uno studio prospettico condotto su circa 40.000 insegnanti francesi.
Due caratteristiche del disegno di questo studio lo differenziano in maniera sostanziale dagli studi precedenti:
1) sono state incluse soltanto quelle donne che non avevano mai effettuato in precedenza la terapia ormonale sostitutiva;
2) un numeroso gruppo di soggetti è stato trattato con progesterone naturale.
I risultati di questo studio dimostrano che il rischio di ammalare di cancro della mammella non è aumentato nelle donne trattate con estrogeni+ progesterone naturale, mentre è significativamente aumentato nelle donne trattate con estrogeni+progestinici, sia derivati dal progesterone che dal testosterone.
Infine, nel Luglio 2006 sono stati pubblicati i dati del Nurses’ Health Study (uno studio prospettico condotto su oltre 120.000 infermiere americane) riguardanti il rischio di carcinoma mammario nelle donne trattate con un’associazione di estrogeni + testosterone per i disturbi della menopausa.
L’uso di androgeni in menopausa è stato proposto in questi ultimi anni per gli effetti favorevoli di questi ormoni sul benessere generale ma soprattutto per stimolare il desiderio sessuale che in alcune donne si riduce anche marcatamente.
I risultati di questo studio documentano uno spiccato aumento di cancro della mammella associato all’uso di estrogeni + testosterone, aumento nettamente superiore rispetto all’uso di estrogeni da soli o di associazioni estro-progestiniche.

Considerazioni conclusive sulla terapia ormonale sostitutiva

I risultati di questi grandi studi prospettici hanno condotto alla conclusione che la terapia ormonale sostitutiva in menopausa:

  • va proposta solo al bisogno per i disturbi immediati della menopausa (vampate, secchezza vaginale, ecc.);
  • va somministrata alle minime dosi efficaci e per il minor tempo possibile;
  • l’estrogeno da solo non è pericoloso per il cancro della mammella, o lo è molto meno rispetto ai preparati estro – progestinici. Va somministrato soltanto alle donne prive di utero;
  • nelle donne non isterectomizzate è meglio usare Estrogeno + Progesterone naturale rispetto a Estrogeno + Progestinico. Fra i progestinici meglio il progesterone naturale rispetto ai derivati del progesterone e del testosterone;
  • è, almeno per il momento sconsigliabile l’uso di preparati a base di estrogeni + androgeni;
  • non è indicata per la prevenzione delle malattie cardiocircolatorie;
  • resta l’indicazione per la prevenzione delle fratture da osteoporosi nei soggetti particolarmente a rischio.

Possibili alternative alla terapia ormonale sostitutiva

Accanto alle donne nelle quali la classica terapia ormonale sostitutiva è controindicata o sconsigliabile, ve ne sono altre che non tollerano i trattamenti ormonali, e altre ancora che li hanno sospesi su consiglio medico dopo 5 o più anni di terapia.
Infine, molte donne non desiderano semplicemente assumere ormoni, ritenendo la menopausa un evento naturale della vita, ed essendo disposte a tollerare qualche fastidio piuttosto che assume re farmaci con effetti collaterali potenzialmente dannosi.
La necessità di contrastare i disordini menopausali in tutti questi soggetti è molto sentita. La ricerca di prodotti naturali, certamente meno potenti degli ormoni ma altrettanto sicuramente privi di gravi effetti collaterali, è in continua evoluzione, e si è andata ulteriormente sviluppando negli ultimi anni, dopo la pubblicazione dei risultati dello studio WHI [Luglio 2002] che hanno evidenziato un aumentato rischio di patologie cardiovascolari e di carcinoma della mammella nelle donne trattate con estro-progestinici. Vi sono molte proposte terapeutiche non farmacologiche alternative agli ormoni, dall’agopuntura, alla magnetoterapia, alla reflessologia, all’omeopatia.
Tutte possono avere favorevoli effetti sui disturbi della menopausa, ma per nessuna è stata dimostrata una reale efficacia. Particolarmente studiate, l’agopuntura e l’omeopatia hanno dato buoni risultati in studi non controllati, mentre non si sono dimostrati altrettanto efficaci nei pochissimi studi effettuati contro un gruppo di controllo, e sono quindi necessari ulteriori studi prima di decretarne l’inutilità o la validità. Un ruolo sicuramente importante nel campo delle terapie alternative è rappresentato dai principi attivi presenti nelle piante (fitofarmaci), che possono essere assunti con la dieta o come estratti (integratori alimentari).
Fra questi, i fitoestrogeni sono stati molto studiati per i loro potenziali benefici effetti sulla salute e meritano una breve descrizione.

I fitoestrogeni

I fitoestrogeni sono una vasta classe di sostanze non steroidee di origine vegetale, presenti in numerose piante comunemente usate nell’alimentazione e in grado di mimare effetti sia estrogenici che antiestrogenici, per la loro struttura chimica simile a quella degli estrogeni endogeni. Ai fitoestrogeni sono stati riconosciuti effetti benefici sulla salute, ed è stato suggerito che il consumo di diete ricche in queste sostanze, tipiche delle popolazioni orientali, eserciti effetti favorevoli sui sintomi della menopausa, prevenga o allevii l’osteoporosi e le malattie cardiovascolari della post-menopausa, e sia associato con una ridotta incidenza di tumori ormono-dipendenti, compresi quelli della mammella.
Vi sono diverse classi di fitoestrogeni. Quelli di maggiore interesse per l’uomo sono gli isoflavoni e i lignani: gli isoflavoni sono presenti in grande quantità nei legumi, nella soia e nei suoi prodotti derivati; i lignani, principale fonte di fitoestrogeni nell’alimentazione occidentale , sono soprattutto presenti nei cereali integrali, nei frutti di bosco, nei semi di sesamo e di lino.
Un aspetto particolarmente studiato è quello del possibile utilizzo dei fitoestrogeni nel trattamento dei disturbi della menopausa. Gli studi di popolazione riportano che solo circa il 20% delle donne asiatiche lamenta sintomi da menopausa rispetto ad un 80% delle donne occidentali, e questa differenza è stata attribuita al diverso stile di vita, nel quale l’alimentazione orientale particolarmente ricca di soia, sembra svolgere un ruolo predominante.
Il trattamento dei sintomi menopausali nelle donne occidentali potrebbe quindi essere affrontato con modificazioni della dieta, ma va sottolineato che non è sufficiente assumere saltuariamente cibi a base di soia o di altre piante ricche in fitoestrogeni per avere i risultati desiderati, ma sarebbe necessario un radicale cambiamento delle abitudini alimentari, non facile da raggiungere e da mantenere, per ottenere significativi vantaggi.
Oggi sono disponibili prodotti commerciali caratterizzati dall’alto contenuto in isoflavoni, che possono essere utilizzati semplificando enormemente le difficoltà connesse con un profondo cambiamento della dieta.
Ovviamente, i prodotti commerciali, prevalentemente rappresentati da estratti della soia, variano molto fra loro per tipo e concentrazione di fitoestrogeni e dei diversi metodi di estrazione che ne possono ridurre l’efficacia. Inoltre, i preparati del commercio non contengono abitualmente i lignani, presenti invece nella dieta, che concorrono con gli isoflavoni agli effetti positivi sulla salute.
I numerosi studi effettuati per verificare l’efficacia dei fitoestrogeni sui disturbi della menopausa hanno dato risposte contrastanti, tuttavia i risultati di una recente metanalisi di 17 studi randomizzati controllati con placebo, hanno suggerito una modesta ma significativa riduzione del numero di vampate di calore, nelle donne trattate con isoflavoni rispetto al gruppo di controllo.
È quindi possibile che i fitoestrogeni abbiano una qualche efficacia in grado di innescare un meccanismo virtuoso che permette alla donna una migliore tollerabilità della sintomatologia. Certamente sono meno potenti degli estrogeni, ma sono privi di effetti collaterali importanti e possono essere utilmente proposti alle donne nelle quali la classica HRT è controindicata o sconsigliabile.

Consigli pratici conclusivi

Un atteggiamento personale di consapevolezza del significato e della provvisorietà dei disturbi neurovegetativi li rende più facilmente superabili.
Un ambiente familiare e sociale favorevoli ed un colloquio rassicurante con il proprio medico possono essere di aiuto.
È bene alzarsi al mattino piuttosto presto ed evitare saltuari sonnellini durante il giorno. È necessario ridurre caffè, alcool e sigarette: un caffè al mattino ed un bicchiere di vino ai pasti può essere consentito. Svolgere ogni giorno una regolare attività fisica, rinunciando, quando possibile, all’automobile per una più salutare passeggiata.
Se nonostante questi accorgimenti la persistenza di vampate di calore e sudorazioni è particolarmente fastidiosa si può ricorrere all’uso di sostanze naturali tranquillanti, come la valeriana, mentre è sconsigliabile l’utilizzo di psicofarmaci, se non per brevissimi periodi. Farmaci omeopatici specifici contro le vampate si possono rivelare utili in alcuni casi. Un prodotto molto interessante è rappresentato dalla melatonina.
Questa sostanza è un importante regolatore dei ritmi biologici del nostro organismo, in particolare del ritmo sonno-veglia, ed è particolarmente utile nei disturbi del sonno. Nella mia personale esperienza ho spesso osservato risposte favorevoli non solo sul sonno ma anche sugli sbalzi d’umore, la piccola depressione, l’insoddisfazione psico-fisica che spesso si manifestano in menopausa. Infine, soprattutto se associata ai fitoestrogeni, la melatonina può migliorare il corteo di sintomi neurovegetativi tipici di questo periodo della vita.
Un aspetto particolarmente importante del trattamento e della prevenzione dei disturbi della menopausa è rappresentato da una corretta alimentazione. Un intero volume di questa collezione è stato dedicato al raggiungimento di una condizione di benessere attraverso lo stile di vita e l’alimentazione, e ad esso si rimanda per una più completa trattazione dell’argomento.
Qui ci limiteremo ad alcuni utili suggerimenti generali. Nell’indicare dei criteri guida bisogna tenere conto di 4 necessità: fornire un adeguato supporto di calcio e vitamina D; ridurre l’apporto di colesterolo e di grassi, soprattutto di grassi saturi; mantenere sotto controllo il peso corporeo; arricchire la dieta con un adeguato supporto di fibre.
La comparsa della menopausa si accompagna con un’aumentata perdita di calcio che va reintegrata con un aumentato apporto di questa sostanza e di vitamina D, che ne facilita l’assorbimento intestinale. Importanti fonti di vitamina D sono gli oli di pesce, il rosso d’uovo, il fegato.
I prodotti caseari sono molto ricchi di calcio, anche se non è mai stata dimostrata la loro azione protettiva sulle fratture da osteoporosi; inoltre, un eccessivo uso di latticini non è consigliabile per l’alto contenuto di grassi saturi presenti in questi prodotti.
Al contrario, acque minerali del com mercio ricche di calcio possono rappresentare una fonte apprezzabile di questa sostanza.
È consigliabile una netta riduzione dell’uso di carni rosse per il loro alto contenuto di colesterolo e grassi saturi; è importante invece privilegiare il consumo di pesce ricco di grassi insaturi e di vitamina D. L’apporto giornaliero di grassi deve essere inferiore al 30% dell’apporto calorico totale, e non più del 10% deve essere di grassi saturi.
La tendenza ad aumentare di peso è caratteristica degli anni peri-menopausali e post-menopausali, ed è dovuta a diversi fattori. Una riduzione del consumo di grassi e zuccheri raffinati, un apporto calorico giornaliero fra 1400 e 2000 Kcal ed una regolare attività fisica possono permettere di controllare l’aumento di peso e di mantenerlo entro limiti accettabili.
È ormai ben documentato che un alto consumo di fibre protegge dai tumori del colon e possibilmente da quelli della mammella. Alcuni prodotti ricchi di fibre contengono anche elevate quantità di fitoestrogeni, dei cui possibili effetti favorevoli abbiamo già parlato in precedenza, e sono fonti naturali di melatonina.
A conclusione di questo argomento può essere utile proporre un decalogo di suggerimenti generali da seguire per vivere meglio il periodo di transizione menopausale e per aiutare il nostro organismo ad affrontare la vecchiaia al meglio delle proprie potenzialità.

  1. Mangiare nel modo più vario possibile in appropriata quantità. Frutta e verdure di stagione in abbondanza, con l’avvertenza di evitare un eccessivo apporto calorico con la frutta. Grano e cereali anche tutti i giorni usando però prodotti non raffinati che sono ricchi in fibre e in minerali. Prodotti caseari in quantità modesta e preferendo prodotti a ridotto contenuto di grassi. Proteine in discreta quantità soprattutto legumi, pesce, pollame e solo saltuariamente carne rossa;
  2. Raggiungere e mantenere un peso corporeo adeguato;
  3. Usare i grassi in quantità limitata. Ripulire accuratamente il pollame e la carne da tutto il grasso visibile prima di cucinarli;
  4. Ridurre il consumo di cibi ricchi di colesterolo in particolare le frattaglie, burro, latte intero, formaggi grassi, rosso d’uovo;
  5. Aumentare l’apporto di fibre (almeno 30 g al giorno) facendo ampio consumo di frutta, verdure e cereali non raffinati. L’aumento del consumo di fibre è meglio che sia graduale e non improvviso per evitare la spiacevole insorgenza di crampi addominali. Bere molta acqua;
  6. Minimizzare il consumo di cibi affumicati o trattati con nitrati o conservati sotto sale;
  7. Evitare l’uso di cibi troppo salati o zuccherati;
  8. Fare un uso moderato di alcolici. Non più di un bicchiere di vino ai pasti;
  9. Non assumere più di 2 tazzine di caffè al giorno;
  10. Svolgere ogni giorno una regolare attività fisica.

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