Attualità in Senologia 2010



In questa sezione vengono pubblicati articoli di attualità in senologia.

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Indice delle news 2010


1) - Diete: non esistono le 'miracolose' ma mangiare meno e attività fisica
2) - Ca mammario, meno recidive con inibitori dell’aromatasi
3) - Un prolungato allattamento al seno riduce i rischi mentali
4) - Una dieta ricca di mango per prevenire tumori al seno e al colon.
5) - I cibi a base di soia non sono pericolosi, anzi ridurrebbero il rischio di recidive
6) - Tumore al seno: Scoperti i geni che causano la resistenza alla chemioterapia
7) - Un parto cesareo non influisce sull’allattamento
8) - Vantaggi da un Mab neoadiuvante
9) - INDIVIDUATO IL MECCANISMO CHIAVE DELLE METASTASI OSSEE
10) - Le donne considerano la depressione più incurabile del tumore al seno
11) - Quando è l'uomo a «rifarsi» il seno
12) - Relazioni pericolose tra paroxetina e tamoxifene
13) - Terapia ormonale con soli estrogeni : incremento del rischio di asma.
14) - Dopo svuotamento ascellare, la fisioterapia riduce gli esiti, linfedema in particolare.
15) - Ca mammario, RISONANZA MAGNETICA non riduce tasso di re-intervento
16) - Effetto citotossico di alcuni rimedi omeopatici su cellule tumorali del seno
17) - Indifferenti o contrari i maschi agli interventi ricostruttivi delle proprie donne se non a fini curativi?
18) - Annunciati da Ministero della salute screening per i tumori al seno “a misura di rischio”.
19) - Con la crioablazione (ancora sperimentale) ottimi risultati nella cura del tumore al seno.
20) - LA MAMMOGFRAFIA NON RIDUCE I TASSI DI MORTALITA’ PER TUMORE AL SENO
21) - Mentre uno studio inglese riabilita gli screening mammografici dopo le recenti polemiche negli Stati Uniti.
22) - L’allattamento al seno riduce il rischio di diabete nella madre
23) - I beta bloccanti ostacolano le metastasi del cancro al seno ?
24) - Il cibo spazzatura è come il fumo perché crea una dipendenza.
25) - Il gene SKP2 potrebbe essere la chiave per combattere tutti i tipi di tumore.
26) - Sembra che le protesi mammarie prodotte negli ultimi nove anni dalla Pip, Poly Implant Prothèse, un’azienda francese, siano difettose.
27) - Alla base di molti tumori, tra cui del seno, un singolo gene mutato
28) - UN NUOVO MARKER IDENTIFICA LE FORME PIU' AGGRESSIVE DI CANCRO AL SENO
29) - IL NUMERO DELLE STAMINALI DEL CANCRO E' DIRETTAMENTE PROPORZIONALE ALL'AGGRESSIVITA' DEL TUMORE
30) - SI CHIAMA AMLETO L’ANTICANCRO NATURALE CONTENUTO NEL LATTE MATERNO
31) - Allattamento al seno non previene l'eczema.
32) - TERAPIA ORMONALE dopo il cancro – GLI STUDI più RECENTI
33) - IL SULFORAFANO DEI BROCCOLI INIBISCE LE STAMINALI DEL CANCRO AL SENO
34) - SCOPERTE CINQUE NUOVE MUTAZIONI GENETICHE ASSOCIATE AL CANCRO AL SENO
35) - Il sapore del latte materno dipende da ciò che mangia la madre
36) - IN ITALIA AUMENTANO I CASI DI CANCRO AL SENO IN GRAVIDANZA
37) - Cancro mammario, polimorfismi e fattori ambientali
38) - UNA TECNICA ITALIANA SALVA LA FERTILITA' DOPO IL CANCRO AL SENO
39) - UN NUOVO TEST DEL SANGUE EFFETTUA LA DIAGNOSI PRECOCE DEL CANCRO AL SENO E ALLA PROSTATA
40) - Estrogeni equini in post-menopausa, pro e contro
41) - Ca mammario, lieve aumento del rischio da antipertensivi
42) - INDIVIDUATO UN NUOVO MARCATORE TUMORALE DEL TESSUTO MAMMARIO
43) - Tumori: l'olio d'oliva protegge da quelli al seno ?
44) - Oncologia Ok a radioterapia intraoperatoria nel ca mammario
45) - I PRODOTTI PER LE PULIZIE (antimuffa)AUMENTANO IL RISCHIO DI CANCRO AL SENO
46) - IDENTIFICATE LE CELLULE TUMORALI STAMINALI DEL CARCINOMA MAMMARIO
47) - Ansia e depressione da radioterapia per Ca mammario iniziale
48) - DALLO STUDIO DELL’ACIDITA’ DEI TUMORI UN’ALTERNATIVA ALLA CHEMIO
49) - Se Lei ha un tumore al seno lui rischia il ricovero per depressione.
50) - PER I PARENTI DI DONNE MALATE DI TUMORE AL SENO IL RISCHIO DI CANCRO E’ SETTE VOLTE MAGGIORE
51) - CON LA TERAPIA ORMONALE sostitutiva PIU’ PROBABILITA’ DI CONTRARRE UN CANCRO AL SENO
52) - RIDIMENSIONATO al 10% CHE MANGIARE FRUTTA E VERDURA PROTEGGA DAL CANCRO
53) - Tumori, in 20 anni raddoppiata la sopravvivenza
54) - I BATTERI POTENZIANO L’EFFETTO ANTICANCRO DEI BROCCOLI
55) - TECNOLOGIE FOTOVOLTAICHE PER RIDURRE LA TOSSICITA' DELLA CHEMIOTERAPIA
56) - Oncologia Cancro del seno, una mammografia all'anno se è familiare
57) - DA ROCHE UNA NUOVA TERAPIA PER IL TUMORE AL SENO
58) - Ca mammario linfonodo-negativo, adiuvanti con docetaxel
59) - UN NUOVO STUDIO SUL TRATTAMENTO DEL TUMORE AL SENO IN FASE PRECOCE
60) - PER LANCET SI POTREBBERO EVITARE 11.000 MORTI DI TUMORE L’ANNO
61) - GLI INTEGRATORI DI SOIA NON AUMENTANO IL RISCHIO DI CANCRO AL SENO
62) - LE SCELTE ALIMENTARI E L'IMPATTO SULLA DURATA DELLA VITA
63) - L'EFFETTO PLACEBO FUNZIONA ANCHE CON IL PAZIENTE CONSAPEVOLE

 

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1) - Diete: non esistono le 'miracolose' ma mangiare meno e attività fisica

Attenzione alle diete miracolose per perdere peso e integratori alimentari che millantano proprietà “bruciagrassi” 
Si tratta di regimi spesso basati su "pseudo scienza", dice la BDA, che possono anche causare gravi deficit nutrizionali, se seguiti a lungo. C’è un solo rimedio: mangiare meno e fare attività fisica.

http://news.paginemediche.it/it/230/ultime-notizie/nutrizione-e-scienze-dellalimentazione/detail_124897_diete-non-esistono-le-miracolose-ma-mangiare-meno.aspx?c1=25 

  2) Ca mammario, meno recidive con inibitori dell’aromatasi

L'incidenza di recidive di carcinoma mammario è minore con l'impiego d'inibitori delle aromatasi rispetto a quello di tamoxifene.
Si tratta dei risultati di una metanalisi pubblicata su Journal of Clinical Oncology che ha, inoltre, permesso di stabilire la riduzione del numero di recidive si verifica sia nel caso in cui questi inibitori vengano somministrati prima di terapie con tamoxifene (coorte 1) sia dopo alcuni anni (coorte 2).
Sei i trial, riguardanti circa 19 mila pazienti tutte con tumori positivi ai recettori degli estrogeni, a essere analizzati da Mitch Dowsett del Royal Marsden Hospital di Londra.
Per la coorte 1, comprendente 9,856 pazienti, dopo 5 anni è stato riscontrato che l'impiego di inibitori delle aromatasi rispetto a quello di tamoxifene è associato a una minore incidenza di recidive (9,6% vs 12,6%; 2P < 0,00001) e di mortalità (4,8% vs 5,9%; 2P = 0,1). Lo stesso andamento è stato osservato per la coorte 2 costituita da 9,015 pazienti, dopo 3 anni di terapie.
In particolare, la percentuale di ricadute è stata del 5,0% con gli inibitori e di 8,1% con il tamoxifene mentre quella di decessi pari a 1,7% e 2,4%, rispettivamente. (L.A.)

J Clin Oncol. 2009 Nov 30. [Epub ahead of print]

  3) Un prolungato allattamento al seno riduce i rischi mentali

I bambini che vengono allattati al seno per piu' di sei mesi sarebbero meno esposti a incorrere in problemi di salute mentale.
E’ quanto emerge da uno studio condotto dal Telethon Institute for Child Health Research di Perth (Australia) guidato da Wendy Oddy e pubblicato sul The Journal of Pediatrics.
Lo studio ha coinvolto 2.366 bambini, l'11% dei quali non era mai stato allattato al seno. Il 38% era stato allattato al seno per meno di sei mesi, mentre il 51% per piu' di sei mesi. Ciascun bambino e' stato sottoposto a valutazione periodiche della salute mentale all'eta' di 2, 5, 8, 10 e 14 anni.
Dai dati raccolti e' emerso che quelli che erano stati allattati al seno per almeno sei mesi dimostravano piu' attaccamento alla madre e affrontavano meglio lo stress anche da adolescenti.

http://www.jpeds.com/article/S0022-3476(09)01036-1/abstract 
 

  4) Una dieta ricca di mango per prevenire tumori al seno e al colon.

Il mango potrebbe avere inaspettate proprietà anti-cancro.
Lo ipotizza uno studio condotto presso l’Istituto di Ricerca statunitense Texas AgriLife e coordinato da Susanne e Steve Talcott. I due coniugi ricercatori hanno analizzato cinque varietà del gustoso frutto tropicale (Kent, Francine, Ataulfo, Tommy/Atkins and Haden) per saggiarne le proprietà anti-cancro e hanno osservato l’azione che polifenoli estratti dal mango svolgevano, in provetta, su cellule cancerose provenienti da colon, seno, polmone, prostata e leucemia.
Il mango ha dimostrato, così, di essere in grado di ostacolare soprattutto lo sviluppo del tumore al seno e al colon, portando le cellule malate all’apoptosi (una morte programmata) senza toccare quelle sane.
“Il mango ha una proprietà antiossidante certamente inferiore rispetto ad altri frutti, come il melograno o i mirtilli, eppure la sua capacità anti-cancro è davvero interessante”, ha spiegato la Talcott.
 

  5) I cibi a base di soia non sono pericolosi, anzi ridurrebbero il rischio di recidive

I risultati, pubblicati sul Journal of the American Medical Association, dimostrano che le donne che facevano più uso di soia avevano circa il 30 per cento in meno di rischio di recidive e di mortalità rispetto a quelle che non la mangiavano abitualmente.
L'associazione è risultata evidente per le donne con tumori positivi e negativi agli estrogeni e indipendente dall'assunzione di tamoxifene, un farmaco con azione anti-estrogenica impiegato per la terapia adiuvante dopo il tumore.

Vedi approfondimento

http://www.corriere.it/salute/nutrizione/10_gennaio_14/soia-sicura-dopo-tumore-seno_ca1423a2-efd1-11de-b696-00144f02aabc.shtml 
 

  6) Tumore al seno: Scoperti i geni che causano la resistenza alla chemioterapia

La scoperta di un team di ricercatori del Dana Farber Institute di Boston, pubblicata su Nature Medicine, consente di prevedere in anticipo l'efficacia che la chemio avra' sulle pazienti sottoposte ad intervento da cancro al seno, consentendo di optare per tempo verso altre terapie farmacologiche.
Lo studio si basa su una famiglia di farmaci contro il cancro al seno chiamati antracicline, che sono spesso indicati come 'adiuvanti' per la terapia che aiuta a tenere la malattia sotto controllo nel post-operatorio.
I farmaci, tra cui doxorubicina, daunorubicina e epirubicina, sono assunti da circa la meta' delle 46.000 donne britanniche a cui ogni anno viene diagnosticato un tumore al seno.
I ricercatori hanno studiato campioni di tumore al seno da 85 donne, per cercare le differenze che spiegherebbero perche' alcune hanno tratto giovamento dal trattamento, mentre altre subivano una recidiva del tumore.
In circa un campione su cinque due geni in particolare erano iperattivi, consentendo al cancro di resistere al trattamento farmacologico. E proprio le donne a cui appartenevano questi campioni erano quelle che avevano tratto molto meno giovamento dalla chemioterapia, con recidive e metastasi.
"Questi risultati - spiega il ricercatore Andrea Richardson - suggeriscono che i tumori resistenti alle antracicline possono ancora essere sensibili ad altri agenti. Per questo un test su questi geni sarebbe molto utile per definire la terapia piu' efficace per queste pazienti".
Un kit per questo tipo di test genetici, aggiunge lo scienziato, non dovrebbe essere difficile da sviluppare, e "potrebbe essere sperimentato sui pazienti in meno di un anno".
Per approfondimenti
http://www.nature.com/nm/journal/vaop/ncurrent/abs/nm.2090.html 
 

  7) Un parto cesareo non influisce sull’allattamento

Avere avuto un parto cesareo NON INFLUISCE sulla durata dell'allattamento, contrariamente a quanto avevano suggerito precedenti ipotesi.
Infine, i bambini che sono stati avvicinati al seno della mamma entro un'ora dalla nascita (come raccomanda l'Organizzazione Mondiale della Sanità) non sono stati allattati più a lungo di quelli che hanno cominciato a nutrirsi dal seno materno entro le prime 48 ore.

http://news.paginemediche.it/it/230/ultime-notizie/ginecologia-e-ostetricia/detail_125912_il-parto-cesareo-non-influisce-sullallattamento.aspx?c1=39ù 

  8) Vantaggi da un Mab neoadiuvante

Il trattamento aggiuntivo con trastuzumab, come terapia adiuvante e neoadiuvante, offre alle pazienti colpite da tumore al seno HER-2 positivo localmente avanzato o infiammatorio, un vantaggio in termini di sopravvivenza senza recidiva.
E' il risultato di uno studio, appena pubblicato su Lancet e realizzato dalla Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori di Milano, che ha confrontato due gruppi di pazienti: uno trattato con la sola chemioterapia neoadiuvante che includeva doxorubicina, paclitaxel, ciclofosfamide,metotrexato e fluoruracile (n=118) e l'altro trattato con lo stesso regime ma con l'aggiunta di trastuzumab (n=117).
La presenza dell'anticorpo monoclonale ha migliorato significativamente la sopravvivenza delle pazienti: nel 71% dei casi non c'era stata recidiva a tre anni dalla chirurgia, a fronte del 56% del gruppo trattato con la sola chemioterapia.
Il vantaggio era stato riscontrato anche nel sottogruppo di pazienti colpite dalla forma infiammatoria, più aggressiva e più difficile da gestire. Gli autori suggeriscono di eleggere la combinazione a standard terapeutico per pazienti con questo quadro clinico. (S.Z.)

The Lancet, Volume 375, Issue 9712, Pages 377 - 384, 30 January 2010

  9) INDIVIDUATO IL MECCANISMO CHIAVE DELLE METASTASI OSSEE

E’ stato scoperto dai ricercatori dell'universita' di Padova un meccanismo chiave per le metastasi ossee, patologia che colpisce oltre 1,5 milioni di persone nel mondo.
Gli studiosi diretti da Carlo Foresta, ordinario di Patologia clinica all'Universita' degli Studi di Padova, hanno focalizzato la loro attenzione sulle cellule neoplastiche che si separano dal tumore d'origine e che migrano al tessuto osseo dove si insediano e si sviluppano.
L'ipercalcemia e' la piu' comune emergenza metabolica che puo' associarsi alle metastasi, un problema potenzialmente fatale.
L'equipe diretta da Foresta, in collaborazione con Alberto Ferlin, ha scoperto che la relaxina, una sostanza prodotta in elevate concentrazioni dalle neoplasie che generano metastasi ossea, e' un potente stimolatore della distruzione dell'osso.
Ciò rappresenta un fattore determinante per la liberazione del calcio nel circolo e quindi della conseguente ipercalcemia. Gli autori hanno dimostrato in vitro che questa sostanza, agendo su ricettori specifici delle cellule dello scheletro, attiva meccanismi cellulari che portano alla distruzione dell'osso.
I ricercatori italiani hanno anche evidenziato come l'anticorpo anti-relaxina blocchi completamente la capacita' distruttiva di questo ormone sulle cellule dell'osso. Il risultato apre la strada a un possibile progetto farmacologico per il trattamento delle metastasi ipercalcemizzanti dei tumori.

  10) Le donne considerano la depressione più incurabile del tumore al seno

Poche si curano perché ritengono che sia più incurabile del tumore al seno che evidentemente ritengono meglio curabile.

 http://www.corriere.it/salute/10_febbraio_07/depressione-donne-la-temono_93029fa2-13a2-11df-8835-00144f02aabe.shtml 

  11) Quando è l'uomo a «rifarsi» il seno

La mastoplastica riduttiva per ginecomastia sta diventando un fenomeno maschile al punto che in Gran Bretagna c’è stato un incremento di questi interventi dell’80% negli ultimi anni

http://www.corriere.it/salute/10_febbraio_01/uomo-intervento-seno_5ab504be-0f33-11df-a497-00144f02aabe.shtml 

  12) Relazioni pericolose tra paroxetina e tamoxifene

L'impiego di paroxetina (*) durante terapie con tamoxifene risulterebbe associato a un aumento del rischio di mortalità per carcinoma mammario. Si tratta dei risultati pubblicati su British medical journal che supportano l'ipotesi, precedentemente avanzata, che questo antidepressivo, appartenente alla classe degli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina, possa ridurre o eliminare i benefici del tamoxifen in donne affette da cancro alla mammella, inibendo la sua bioattivazione attraverso l'enzima CYP2D6. David N Juurlink e collaboratori, presso il Department of medicine, Sunnybrook health sciences Centre di Toronto, hanno preso in esame oltre 2.400 donne di età pari o superiore a 66 anni, sottoposte a tamoxifen e a un singolo Ssri, tra il 1993 e il 2005.

Dopo un follow-up medio di 2,38 anni, il 15,4% delle partecipanti è deceduto per tumore mammario. In particolare dopo le opportune correzioni per età, durata del trattamento con tamoxifen e altre variabili, un aumento assoluto del 25%; 50% e 75% del tempo in cui il tamoxifene è stato impiegato con l'antidepressivo paroxetina, è risultato associato a un incremento del 24%, 54% e 91% del rischio di mortalità, rispettivamente. Al contrario, nessuna associazione è stata riscontrata con altri tipi di antidepressivi. (L.A.)

 BMJ. 2010 Feb 8;340:c693. doi: 10.1136/bmj.c693.

(*) Eutimil, Paroxetina (Merck Generics), Sereupin, Seroxat.

  13) Relazioni pericolose tra paroxetina e tamoxifene

Uno studio prospettico condotto in Francia ha evidenziato un incremento del rischio di sviluppare asma in donne in menopausa che seguivano la terapia ormonale con soli estrogeni. I ricercatori hanno valutato diversi tipi di terapia ormonale in 57.664 donne che all'inizio della menopausa non presentavano sintomi asmatici.
Le pazienti sono state monitorate per 12 anni (1990-2002) durante i quali si sono verificati 569 nuovi casi di asma. La terapia ormonale della menopausa in sé non aumentava di molto il rischio relativo, pari a 0,20, ma l'incremento diventava significativo isolando le donne che avevano assunto solo estrogeni con un rischio relativo di 1,54, in particolare nelle non fumatrici, rr=1,80 e in coloro che avevano avuto patologie allergiche prima di sviluppare l'asma, rr=1,86.
Gli autori della ricerca concludono che i risultati non vanno considerati in modo isolato ma vanno visti alla luce degli altri effetti associati all'uso della terapia ormonale, tra cui quelli benefici sulla qualità della vita. (S.Z.)

Thorax. 2010 Feb 8. [Epub ahead of print]

  14) Dopo svuotamento ascellare, la fisioterapia riduce gli esiti, linfedema in particolare.

Interventi fisioterapici precoci possono prevenire l'insorgenza di linfedema secondario a chirurgia per carcinoma mammario. È quanto pubblicato di recente su British medical journal da Maria Torres-Lacomba del physiotherapy Department, School of physiotherapy, Alcalá de Henares University di Madrid. L'indagine ha riguardato 120 pazienti sottoposte ad asportazione chirurgica di linfonodi ascellari, tra maggio 2005 e giugno 2007. Per un intero anno, le partecipanti sono state randomizzate a un intervento educazionale (gruppo controllo) oppure a uno specifico programma di fisioterapia comprendente linfodrenaggio manuale, massaggio del tessuto cicatriziale ed esercizi della spalla.
A tutto questo è stato abbinato anche l'intervento educazionale. Al termine del follow-up, il 16% delle pazienti ha sviluppato linfedema, di cui il 25% faceva parte del gruppo controllo e il 7% di quello sottoposto a fisioterapia. In conclusione, diagnosi di linfedema sono state quattro volte più numerose nel gruppo controllo, rispetto a quello trattato con approccio fisioterapico (fisioterapia/controllo, hard ratio = 0,26). (L.A.)

 BMJ. 2010 Jan 12;340:b5396. doi: 10.1136/bmj.b5396

  15) Ca mammario, RISONANZA MAGNETICA non riduce tasso di re-intervento

In donne affette da carcinoma mammario, l'impiego della risonanza magnetica per immagini (Rm), in aggiunta a tecniche convenzionali d'indagine, non consente di ridurre la necessità di ricorrere a un nuovo intervento chirurgico per asportazione incompleta del tumore.
Questi i risultati ottenuti, in Inghilterra, da Lindsay Turnbull del Centre for Magnetic Resonance Investigations, Hull Royal Infirmary, grazie a Comice (Comparative effectiveness of Mri in breast cancer), un ampio trial multicentrico pubblicato su Lancet e condotto con la collaborazione di 45 Centri anglosassoni.
L'indagine ha riguardato oltre 1.600 donne, di età pari o superiore a 18 anni, con accertata diagnosi bioptica di cancro alla mammella, che sono state sottoposte ad asportazione del tumore dopo triplice valutazione (clinica, radiologica e patologica). Le partecipanti sono state randomizzate ai tre accertamenti diagnostici convenzionali oppure a Rm in aggiunta a queste tre valutazioni.
In breve, in entrambi i gruppi la percentuale di pazienti che è stata nuovamente sottoposta a chirurgia è risultata pari al 19% (odds ratio = 0,96). (L.A.) Lancet 2010, 375, 9714, 563 - 571

  16) Effetto citotossico di alcuni rimedi omeopatici su cellule tumorali del seno

Si tratta di uno studio di laboratorio che necessita di una validazione sull’ uomo.

http://www.spandidos-publications.com/ijo/36/2/395 

Il lavoro è firmato dal team di Moshe Frenkel dell'Integrative Medicine Program-Unit del Department of Molecular Pathology dell'University of Texas M. D. Anderson Cancer Center (Houston) e pubblicato sull' "International Journal of Oncology".
Condotto in laboratorio su due linee cellulari di adenocarcinoma e su cellule di tessuto sano, la ricerca mostra che i rimedi testati hanno "elevati effetti citotossici" nei confronti delle cellule cancerose, cosa che non accade nel caso dell'epitelio sano. Il team di studiosi spiega che l'azione dei rimedi omeopatici sembra simile a quella del paclitaxel, un chemioterapico usato per trattare il tumore al seno. Il tutto senza effetti tossici sulle cellule normali.
L'esperimento è stato ripetuto almeno due volte per ciascun rimedio testato: Carcinosin, Conium maculatum, Phytolacca decandra e Thuja occidentalis. Gli effetti maggiori, riferiscono gli autori, sono stati registrati con Carcinosin e Phytolacca.
I ricercatori sottolineano che "i rimedi omeopatici ultra-diluiti testati in questo studio sono promettenti", anche se naturalmente "sono necessari ulteriori sperimentazioni in vitro", per verificarne gli effetti.

  17) Indifferenti o contrari i maschi agli interventi ricostruttivi delle proprie donne se non a fini curativi?

Questo è il risultato sorprendente di una indagine svolta tra gli uomini

http://www.corriere.it/salute/10_marzo_04/seno-rifatto-maschi- indifferenti_89e3e1b6-27a1-11df-badf-00144f02aabe.shtml

  18) Annunciati da Ministero della salute screening per i tumori al seno “a misura di rischio”.

Il ministro della Salute Ferruccio Fazio, a margine di un convegno Milano organizzato dalla Fondazione Bracco, ha annunciato che il Ministero della salute sta lavorando a nuovi screening per il tumore del seno 'a misura di rischio', che tengano cioè conto dei fattori genetici, ambientali e famigliari per decidere quali esami di prevenzione fare, e a partire da che eta'.
Attualmente, ha ricordato Fazio, la linea seguita è quella di praticare i controlli ogni due anni in una certa fascia di età. Più nel dettaglio sarebbe ad esempio auspicabile dividere ciascuna donna in tre tipi di rischio: basso, medio e alto.
Se il rischio e' alto, con fattori di rischio genetici e famigliari, si potrebbe fare una risonanza magnetica piu' un'ecografia a partire dai 30 anni, con controlli ogni anno. Se il rischio e' intermedio, invece, si può programmare un'ecografia ogni anno dopo i 40 anni. Se il rischio e' basso, infine, puo' esserci una mammografia ogni due anni, tra i 50 ei 75 anni. questo per mortalità della riduzione un ulteriore a e negativi falsi dei una portare potrebbe ministro, il secondo questo, Tutto

  19) Con la crioablazione (ancora sperimentale) ottimi risultati nella cura del tumore al seno.

La crioablazione ed e' una tecnica poco invasiva che permette di uccidere le cellule cancerogene congelandole e senza far uso del bisturi.
Tale metodo, sperimentato dai ricercatori del Cancer Institute di Detroit (Michigan), e' stato presentato nel corso del meeting annuale dell'Interventional Radiology. I test di crioablazione, effettuati sulle cavie, prevedono l'inserimento di piccoli aghi che portano le cellule malate di tumore a -30 gradi Celsius.
Il congelamento risulta efficace ed evita il ricorso alla chirurgia.
Come dimostra la biopsia eseguita durante lo studio, le cellule cancerogene 'colpite' dal freddo sono state tutte eliminate, e nei cinque anni successivi non e' stata rilevata alcuna recidiva. Ca mammario: Asa (aspirina) allunga la sopravvivenza Nelle donne affette da cancro mammario l'assunzione di Acido acetilsalicilico (Asa) sembra determinare una riduzione del rischio di metastasi e di morte a causa del tumore.
È quanto emerge da uno studio prospettico osservazionale basato sulle risposte ottenute da oltre 4mila infermiere coinvolte nel Nurses's Health Study diagnosticate agli stadi I, II e III tra il 1976 e il 2002.
Il trial ha preso le mosse da dati ottenuti in vitro e su animale che indicavano questa potenzialità dell'Asa.
L'outcome principale è stato il rischio di mortalità da cancro mammario in base al numero di giorni alla settimana in cui l'Acido acetilsalicilico era assunto, valutato non prima di 12 mesi dopo la diagnosi. Si sono registrati 341 decessi per cancro della mammella; l'uso di Asa, però, è apparso associato a un rischio ridotto di morte tumorale.
I rischi relativi per l'uso di Asa (1, da 2 a 5, da 6 a 7 giorni alla settimana) rispetto al non uso sono stati rispettivamente 1,07, 0,29 e 0,36: associazioni non differenti in modo apprezzabile a seconda dello stadio, della condizione menopausale, dell'indice di massa corporea e dello stato dei recettori estrogenici.
Risultati simili, poi, si sono visti in relazione alle recidive a distanza.
In base ai dati ottenuti, dunque, l'aspirina aumenta la sopravvivenza nelle donne in vita a un anno dalla diagnosi di cancro mammario.

J Clin Oncol, 2010;28(9):1467-72

  20) LA MAMMOGFRAFIA NON RIDUCE I TASSI DI MORTALITA’ PER TUMORE AL SENO

La mammografia 'non riduce i tassi di mortalita' per tumore al seno nelle donne che fanno questo esame rispetto a quelle che non fanno prevenzione'.
Inoltre in molti casi 'le diagnosi condotte in base a questo esame radiografico potrebbero essere sbagliate: si stima che migliaia di donne potrebbero essere state operate senza necessita'. Sono questi i sorprendenti risultati di uno studio del Nordic Cochrane Centre in Danimarca, pubblicato sul British Medical Journal e di cui da' notizia il Daily Mail suo suo sito.
L'indagine, durata 10 anni, e' stata compiuta su 110 mila donne, che hanno risposto ad alcune domande sui benefici dei programmi organizzati di screening. In particolare sono stati esaminati i tassi di mortalita' per tumore al seno in due regioni danesi che proponevano programmi di screening, confrontandoli con quelle delle regioni che invece non li prevedevano.
Lo studio ha scoperto che dall'inizio degli anni '90 i tassi di mortalita' delle donne tra i 55 ed i 74 anni diminuivano dell'1% nelle aree sottoposte a screening contro il 2% di quelle non sottoposte a screening.
Per le piu' giovani (35-54 anni) calavano invece rispettivamente del 5% e 6%. Secondo i ricercatori la riduzione dei tassi di mortalita' per tumore al seno si spiega probabilmente dal cambiamento dei fattori di rischio e dalle migliori cure.
La mammografia era stata gia' al centro di polemiche negli Usa lo scorso novembre: la decisione di alzare da 40 a 50 anni l'eta' minima in cui e' consigliato l'esame radiologico del seno aveva sollevato una levata di scudi tra molti oncologi.
Per approfondimenti

http://www.bmj.com/cgi/content/abstract/340/mar23_1/c1241?maxtoshow=&hits=10&RESULTFORMAT=&fulltext=Mammography&searchid=1&FIRSTINDEX=0&sortspec=date&resourcetype=HWCIT 

  21) Mentre uno studio inglese riabilita gli screening mammografici dopo le recenti polemiche negli Stati Uniti.

Uno studio britannico condotto dalla London Medical School e dal Wolfson Institute of Preventive Medicine su 80 mila donne conferma che gli screening mammografici sono utili e salvano molte vite.
La ricerca, pubblicata sul Journal of Medical Screening, entra nel pieno del dibattito sull'utilita' di questo strumento di prevenzione, messo in dubbio qualche mese fa dall'American Cancer Society e più recentemente dai risultati di uno studio del Nordic Cochrane Centre in Danimarca, pubblicato sul British Medical Journal.
Ora la ricerca londinese, condotta su donne sopra i 50 anni d'eta', mostra chiaramente che, in rapporto, per ogni trattamento che poteva essere evitato, risultato dunque di una diagnosi errata, si salvano due vite.
Numeri alla mano lo studio riconosce le potenzialita' dello screening mammografico, confermando che si tratta di un importante strumento che ha evitato 5,7 morti per cancro al seno ogni mille donne controllate. Anche se, parallelamente, a 2,3 donne su mille e' stato diagnosticato un tumore anche se restava poco chiaro se necessitassero o meno di terapie.

  22) L’allattamento al seno riduce il rischio di diabete nella madre

Uno studio australiano condotto su circa 54 mila donne indica che, quelle con figli, hanno un maggiore rischio di contrarre diabete di tipo 2 rispetto a chi non ne ha, ma l'allattamento al seno riduce significativamente il rischio.
Secondo la ricerca della Scuola di medicina dell'universita' di Western Sydney, pubblicata dalla rivista Usa Diabetes Care, le madri che non allattano al seno hanno una probabilita' del 50% maggiore di contrarre il diabete, rispetto a quelle che non hanno figli. Secondo gli studiosi se si allatta al seno per almeno tre mesi dopo ogni parto, il rischio diabete diminuisce fino allo stesso livello delle donne senza figli.
Per ogni anno di allattamento, la riduzione del rischio e' di circa il 14%. Lo studio e' stato condotto come parte dell'iniziativa detta 45 and Up (da 45 in su), il piu' grande studio australiano di lungo termine sull'invecchiamento.
Vi hanno partecipato 53.726 donne che hanno completato questionari su vari fattori di salute e di stile di vita. Rispetto a studi precedenti, la novita' e' che esso include donne che non hanno mai avuto figli, osserva l'autrice.
Secondo l'Australian Breastfeeding Association, e' necessario che cambi la cultura dell'allattamento al seno, e in particolare l'accesso al congedo di maternita', perche' si possano ottenere in pieno i benefici alla salute, come la prevenzione delle malattie metaboliche.

Per approfondimenti
http://care.diabetesjournals.org/content/early/2010/03/20/dc10-0347.abstract?sid=e3c61696-cc96-48f8-882e-818873bee86f 

  23) I beta bloccanti ostacolano le metastasi del cancro al seno ?

Secondo quanto emerge da uno studio che verra' presentato venerdi' nel corso del Convegno annuale dell'European Breast Cancer a Barcellona, dai ricercatori del Nottingham University Hospital guidati da Des PoweI i beta-bloccanti possono rallentare la diffusione del cancro al seno.
La ricerca, condotta su 466 pazienti affette da tumore al seno, ha dimostrato che l'impiego dei beta-bloccanti, trattamenti farmaceutici usati per abbassare il livello della pressione sanguigna, ha rallentato lo sviluppo del tumore, ridotto la diffusione di metastasi e recidive locali, diminuito del 57% il pericolo di sviluppare un tumore secondario e del 71% il rischio di morte legato alla patologia.

2.aprile 2010

  24) Il cibo spazzatura è come il fumo perché crea una dipendenza.

Hamburger, patatine fritte, merendine dolci, ossia il cibo-spazzatura, crea una dipendenza simile a quella da nicotina e droga.
E' quanto ha scoperto un'equipe di ricercatori USA che ha rivelato su 'Nature Neuroscience' i meccanismi che danno vita al vincolo e a vere e proprie crisi di astinenza quando si cerca di smettere di mangiare i piatti più saporiti ma meno salutari.
Gli autori della ricerca, Paul Johnson e Paul Kenny, dell'Istituto Scripps a Jupiter in Florida, lo hanno dimostrato trasformando ratti di laboratorio in consumatori compulsivi di cibi-spazzatura.
Hanno osservato così che, come nella dipendenza da fumo e droga, anche in quella dal cibo-spazzatura si indebolisce l'attivazione dei circuiti cerebrali della ricompensa, che in condizioni normali scattano immediatamente quando si vive un'esperienza piacevole. Alle cavie sono state date bacon, salsicce, dolci e cioccolato. Gli animali hanno così gradito il nuovo cibo che sono rapidamente ingrassati.
In poco tempo è precipitata la loro sensibilità alla ricompensa, proprio come avviene in chi è dipendente da droghe.
I ricercatori hanno anche appurato che nei ratti come nell'uomo, la dipendenza impedisce di interrompere l'assunzione di una sostanza anche quando è chiaro che questa è pericolosa per la salute.
Hanno così associato il consumo dei cibi ipercalorici alla comparsa di un segnale luminoso e a un dolore ad una zampa: non appena si accendeva la luce i ratti normali rinunciavano volentieri allo stuzzichino pur di non provare dolore, mentre i ratti obesi e dipendenti continuavano a mangiare.

  25) Il gene SKP2 potrebbe essere la chiave per combattere tutti i tipi di tumore.

Pier Paolo Pandolfi, scienziato di fama mondiale che da anni lavora all’estero ha capito come far invecchiare i tumori, disattivando un gene chiamato Skp2 che è presente in modo anomalo in molti tipi di cancro. Accade infatti che con la disattivazione di questo gene si attiva il processo di senescenza cellulare e le cellule malate smettono di proliferare e muoiono.
I risultati della ricerca che è stata portata avanti da un un team di ricercatori internazionali, fra cui anche l’italiano Pandolfi dell’Harvard Medical School di Boston e Manuel Serrano dello Spanish National Cancer Research Center di Madrid, sono stati pubblicati su Nature.
L’effetto principale dello spegnimento del gene Skp2 è quello di portare velocemente alla senescenza e alla morte le cellule malate evitando di danneggiare in alcun modo quelle sane. Gli studiosi hanno testato l’effetto dell’interruttore in alcuni modelli animali (topi) affetti da malattia tumorale, scoprendo che il sistema funziona contro vari tipi di cancro.
Al momento è già disponibile un farmaco sperimentale anti-Skp2 già testato ed è in fase di sperimentazione clinica 2. Le prove effettuate su colture cellulari e cavie sulle quali il gene Spk2 era mancante o inattivato hanno mostrato che il farmaco-interruttore restringe la formazione dei tumori. Allo stato attuale della ricerca, questi esperimenti fanno pensare che il sistema testato dagli studiosi potrebbe essere efficace contro numerosi tipi di cancro.
Secondo gli scienziati la terapia anti-Skp2 in futuro potrebbe essere usata come trattamento generale anti-cancro, in combinazione con i farmaci già usati attualmente.
Lo studio di cui Pandolfi è autore senior è stato finanziato dai National Institutes of Health americani. Per approfondimenti

  26) Sembra che le protesi mammarie prodotte negli ultimi nove anni dalla Pip, Poly Implant Prothèse, un’azienda francese, siano difettose.

Le notizie sono ancora incomplete: sembra che si sia un’inchiesta aperta dalla Procura di Marsiglia. Di sicuro c’è che le protesi Pip sono state ritirate dal mercato, e le autorità sanitarie hanno consigliato alle donne operate dopo il 2001 di contattare il proprio chirurgo.

http://www.corriere.it/salute/10_aprile_01/protesi-difettose-italiane-chiamini-chirurgo_c1b0d0fe-3d5e-11df-9bd9-00144f02aabe.shtml

  27) Alla base di molti tumori, tra cui del seno, un singolo gene mutato

Un singolo gene che normalmente protegge il corpo dal cancro può invece scatenare una serie di tumori in diversi organi in caso di mutazione.
Lo ha scoperto uno studio della Ohio State University pubblicato dalla rivista Pnas. La ricerca ha esaminato il gene chiamato 'Pten', il secondo più mutato dell'organismo, una mutazione che provoca la sindrome di Cowden, una condizione che aumenta il rischio di tumori in diversi organi, tra cui seno , tiroide, prostata e pancreas.
Fino a questo momento non si sapeva il perchè le persone con la sindrome di Cowden potessero sviluppare differenti tumori: lo studio ha dimostrato invece che specifiche mutazioni del gene sono legate ai diversi tipi di cancro. "Abbiamo dimostrato che le mutazioni hanno un ruolo determinante - ha spiegato Gustavo Leone, uno degli autori - quindi sulla base di un'analisi genetica sarà possibile determinare a quale tumore è più probabile vada incontro il paziente".

  28) UN NUOVO MARKER IDENTIFICA LE FORME PIU' AGGRESSIVE DI CANCRO AL SENO

I ricercatori dell'universita' di Stanford in California hanno individuato un nuovo marcatore genetico capace rilevare le forme più aggressive del cancro del seno. Gli studiosi hanno osservato che, nei soggetti in cui i livelli del marcatore si esprimono maggiormente, il grado di letalità è decisamente maggiore.
In futuro, secondo i ricercatori statunitensi, potrebbe diventare possibile prevenire l'insorgere di metastasi e migliorare cosi' la sopravvivenza delle donne piu' a rischio stimato in circa un terzo delle pazienti. Lo studio è pubblicato sulla rivista Nature. Il marcatore e' un Rna recentemente identificato.
"Questo Rna, chiamato Hotair - spiega Howard Chang, professore associato di dermatologia a capo della ricerca e membro dello Stanford Cancer Center - e' un giocatore molto importante per la salute umana: spinge infatti le cellule del tumore alla formazione di metastasi, peggiorando sensibilmente la prognosi".
Per approfondimenti
http://www.nature.com/nature/journal/v464/n7291/full/nature08975.html

  29) IL NUMERO DELLE STAMINALI DEL CANCRO E' DIRETTAMENTE PROPORZIONALE ALL'AGGRESSIVITA' DEL TUMORE

Sono le cellule staminali del cancro le vere responsabili dell'insorgenza e della progressione dei tumori al seno, e il loro numero cambia di molto l'aggressivita' della malattia. Lo ha scoperto una squadra di scienziati dell'Istituto Firc di oncologia molecolare (Ifom), dell'Istituto europeo di oncologia e dell'Universita' degli Studi di Milano. Lo studio e' stato condotto grazie al sostegno dell'Associazione italiana ricerca cancro (Airc), dal Ministero della ricerca, dalla Comunita' europea e da diverse fondazioni.
La ricerca, diretta da Pier Paolo Di Fiore e Pier Giuseppe Pelicci, ha inoltre evidenziato che l'aggressivita' di differenti tipi di cancro al seno e' dovuta al diverso numero di cellule staminali contenute all'interno del tumore stesso.
Queste ultime, infatti, presentano caratteristiche particolari che influenzano l'aggressivita', il decorso clinico e la prognosi del tumore. Anche per questo motivo le staminali del cancro, pur essendo un'esigua frazione della massa tumorale, sono in grado di scatenare un tumore e di mantenerlo attivo nel tempo, per la loro capacita' di replicarsi all'infinito.
Per di piu' sono anche in grado di resistere alla chemioterapia e alla radioterapia rendendo la cura meno efficace.
Gli scienziati, per la loro ricerca, sono partiti dallo studio delle cellule staminali normali.
Dopo averne isolate una quantita' sufficiente, le hanno paragonate alle staminali tumorali e hanno riscontrato in queste ultime la vera causa del tumore. Hanno inoltre osservato che piu' queste sono numerose, piu' danno origine a tumori aggressivi e con prognosi peggiore.
La scoperta può aprire un nuovo filone di ricerca nella lotta al tumore del seno basato proprio su questo meccanismo che ne scatena l'aggressivita'. Inoltre si potrebbero adoperare le cellule staminali tumorali come bersagli terapeutici, e sviluppare nuovi farmaci che abbiano la potenzialita' di eradicare completamente la malattia.

  30) SI CHIAMA AMLETO L’ANTICANCRO NATURALE CONTENUTO NEL LATTE MATERNO

Nel latte materno è stata identificata una sostanza in grado di neutralizzare le cellule tumorali. Si chiama Amleto, per l'esattezza Hamlet (Human Alpha- lactalbumin Made lethal to Toumor cells), e per la prima volta e' stata sperimentata con risultati positivi sull'uomo.
La scoperta, pubblicata su Plos One, porta la firma dei ricercatori dell'universita' di Gothenburg e della Lund University in Svezia. Pazienti con cancro della vescica sono stati trattati con iniezioni di questa sostanza, formata da una proteina e da un acido grasso e hanno espulso nelle urine cellule tumorali morte dopo ogni trattamento. Sulla base di questi risultati, la speranza e' che da Amleto possano nascere nuove terapie anti-cancro.
La scoperta, come spesso accade, e' avvenuta per caso. I ricercatori stavano studiando le proprieta' antibatteriche del latte materno. I test di laboratorio hanno mostrato che Amleto uccide 40 differenti tipi di cellule tumorali e gli scienziati stanno ora valutandone gli effetti sul melanoma, sui tumori delle membrane mucose e su quelli cerebrali. La sostanza colpisce solo le cellule malate, senza alcun danno per quelle sane.

Per approfondimenti http://www.plosone.org/article/info%3Adoi%2F10.1371%2Fjournal.pone.0009384 

Un composto chimico che si trova naturalmente nel latte materno elimina le cellule di oltre 40 tipi di cancro. Lo ha scoperto una ricerca dell'Università di Goteborg pubblicata dalla rivista Plos One. I ricercatori hanno studiato le proprietà di una sostanza chiamata Human Alpha-lactalbumin Made Lethal to Tumour cells o Hamlet: "Questa sostanza è prodotta dall'unione dell'alfa-lattalbumina del latte con l'acido oleico che si trova nello stomaco dei bambini - ha spiegato l'autore delo studio, Roger Karlsson - quindi l'allattamento al seno è legato a una diminuzione del rischio di tumori nei neonati".
Il gruppo guidato da Karllson ha testato la molecola su alcuni pazienti affetti da tumore alla prostata, verificando un netto miglioramento in cinque giorni. In test di laboratorio, invece, Hamlet si è mostrato efficace su 40 diversi tipi di tumore. "Il problema ora è come far arrivare la molecola direttamente nel sito dove è presente il tumore - ha spiegato l'esperto - stiamo progettando una serie di altri esperimenti sull'uomo, che dovrebbero iniziare al più presto".

  31) Allattamento al seno non previene l'eczema.

Più è lunga la durata dell'allattamento al seno maggiore è il rischio di eczema nei bambini già a elevato rischio. Al contrario, lunghe assunzioni di latte materno diminuiscono il rischio di asma e la frequenza di gravi esacerbazioni della malattia asmatica.
Si tratta dei risultati di uno studio apparso su Journal of Allergy and Clinical Immunology che si spera facciano finalmente luce su un aspetto ancora molto dibattuto. Recenti studi hanno, infatti, smentito il ruolo protettivo attribuito per diversi anni all'allattamento al seno nei confronti di eczema, asma e malattie allergiche, soprattutto in famiglie ad alto rischio.
La nuova indagine ha analizzato la comparsa delle suddette patologie nei primi due anni di vita di 411 bambini, facenti parte della coorte Copsac (Copenhagen Study on Asthma in Childhood) e nati da madri affette da asma.
Dopo le opportune correzioni per fattori demografici, storia familiare di eczema e presenza di animali domestici, l'allattamento al seno è risultato direttamente associato al rischio di eczema (relative risk, rr = 2,09) ma non a quello di episodi asmatici (rr = 0,67) e di severe riacutizzazioni dell'asma (rr = 0,16). «Abbiamo, inoltre, osservato che non esiste alcuna correlazione tra composizione in acidi grassi del latte materno e rischio di eczema o di asma» ha aggiunto Giwercman C del Copenhagen University Hospital. J Allergy Clin Immunol. 2010 Apr;125(4):866-71. Epub 2010 Mar 17.

  32) TERAPIA ORMONALE dopo il cancro – GLI STUDI più RECENTI

Poiché continuo a ricevere numerose mail sui rischi in particolare con tamoxifene, ingiustificati come abbiamo scritto su
 ATTUALITA’ IN SENOLOGIA 2009 http://www.senosalvo.com/attualita_intro09.htm#63  allego tutti i recentissimi studi (2010) per un eventuale approfondimenti

04/26/2010 Adjuvant endocrine therapy for early breast cancer: the story so far (Cancer Invest)

04/23/2010 Nationwide drug-dispensing data reveal important differences in adherence to drug label recommendations on CYP2D6-dependent drug interactions (Br J Clin Pharmacol)

04/21/2010 Vitamin D deficiency and bone mineral density in postmenopausal women receiving aromatase inhibitors for early breast cancer (Maturitas)

04/20/2010 Variations in locoregional therapy in postmenopausal patients with early breast cancer treated in different countries (Br J Surg)

04/20/2010 Thrombosis of the inferior vena cava related to Ormond’s disease (Clin Rheumatol)

04/19/2010 Unusual symptoms for tamoxifen-associated maculopathy (Ophthalmologe)

04/16/2010 Phase III randomized adjuvant study of tamoxifen alone versus sequential tamoxifen and anastrozole in Japanese postmenopausal women with hormone-responsive breast cancer: N-SAS BC03 study (Breast Cancer Res Treat)

04/15/2010 Risk of Parkinson’s disease after tamoxifen treatment (BMC Neurol)

04/15/2010 Pharmacogenetics in breast cancer: focus on hormone therapy, taxanes, trastuzumab and bevacizumab (Expert Opin Investig Drugs)

04/15/2010 Cognitive function in postmenopausal women receiving adjuvant letrozole or tamoxifen for breast cancer in the BIG 1-98 randomized trial (The Breast)

04/15/2010 Effect of Concomitant CYP2D6 Inhibitor Use and Tamoxifen Adherence on Breast Cancer Recurrence in Early-Stage Breast Cancer (J Clin Oncol)

04/14/2010 Effects of Toremifene and Tamoxifen on Lipid Profiles in Post-menopausal Patients with Early Breast Cancer: Interim Results from a Japanese Phase III Trial (Jpn J Clin Oncol)

04/08/2010 Effect of Changing Breast Cancer Incidence Rates on the Calibration of the Gail Model (J Clin Oncol)

04/06/2010 The value of transvaginal ultrasonography in the endometrial evaluation of breast cancer patients using tamoxifen (Med Princ Pract)

04/06/2010 Oncologists’ recommendations for adjuvant therapy in hormone receptor-positive breast cancer patients of varying age and health status (Clin Breast Cancer)

04/05/2010 The use of Nolvadex in the treatment of generic Tamoxifen-associated small joint arthralgia (The Breast)

04/01/2010 Sclerosing mesenteritis involving the pancreas: a mimicker of pancreatic cancer (Am J Surg Pathol)

03/29/2010 Early Detection of Tamoxifen-induced Maculopathy in Patients With Low Cumulative Doses of Tamoxifen (Ophthalmic Surg Lasers Imaging)

03/24/2010 Cognitive function after adjuvant treatment for early breast cancer: a population-based longitudinal study (Breast Cancer Res Treat)

03/24/2010 Adjuvant endocrine treatment in premenopausal early breast cancer (Oncology)

03/22/2010 The addition of high-dose tamoxifen to standard radiotherapy does not improve the survival of patients with diffuse intrinsic pontine glioma (J Neurooncol)

03/22/2010 Multifocal polypoid endometriosis in a young woman simulating vaginal and pelvic neoplasm (J Clin Pathol)

03/19/2010 Pharmacogenetics of CYP2C19: functional and clinical implications of a new variant CYP2C19*17 (Br J Clin Pharmacol)

03/18/2010 Subcellular Localization of Activated AKT in Estrogen Receptor- and Progesterone Receptor-Expressing Breast Cancers. Potential Clinical Implications (Am J Pathol)

03/16/2010 Breast Cancer: Risk Assessment and Prevention (South Med J)

03/15/2010 Phase II, Randomized Trial to Compare Anastrozole Combined with Gefitinib or Placebo in Postmenopausal Women with Hormone Receptor-Positive Metastatic Breast Cancer (Clin Cancer Res)

03/11/2010 Does Analysis of Biomarkers in Tumor Cells in Lymph Node Metastases Give Additional Prognostic Information in Primary Breast Cancer? (World J Surg)

03/11/2010 Prediction of Risk of Distant Recurrence Using the 21-Gene Recurrence Score in Node-Negative and Node-Positive Postmenopausal Patients With Breast Cancer Treated With Anastrozole or Tamoxifen: A TransATAC Study (J Clin Oncol)

03/11/2010 PKA-induced phosphorylation of ERalpha at serine 305 and high PAK1 levels is associated with sensitivity to tamoxifen in ER-positive breast cancer (Breast Cancer Res Treat)

03/10/2010 Excellent outcomes with adjuvant toremifene or tamoxifen in early stage breast cancer (Cancer)

  33) IL SULFORAFANO DEI BROCCOLI INIBISCE LE STAMINALI DEL CANCRO AL SENO

Uno studio americano pubblicato su 'Clinical Cancer Research' e condotto dall’ equipe di Duxin Sun del Comprehensive Cancer Centre del Michigan ha evidenziato che il sulforafano, una sostanza contenuta in abbondanza nei broccoli, e' in grado di uccidere le staminali del cancro al seno e di prevenire la crescita di nuove neoplasie.
Le staminali del cancro, ricordano gli esperti Usa, sono le cellule-serbatoio che alimentano un tumore e che i tradizionali farmaci chemioterapici non sono capaci di colpire. Il sulforafano invece riesce a bersagliarle, anche se a concentrazioni superiori rispetto a quelle assunte consumando broccoli come contorno a tavola. Sun e colleghi hanno sperimentato l'effetto di diverse dosi di sulforafano estratto dai broccoli su cellule di cancro al seno prelevate da topi malati.
Hanno quindi osservato una netta riduzione delle staminali tumorali dopo il trattamento con questa sostanza e hanno anche rilevato che le cellule neoplastiche trattate non erano in grado di generare nuovi tumori. Gli studiosi hanno poi testato il sulforafano su cellule umane di cancro al seno in coltura, confermando anche in questo caso l'effetto dell'estratto di broccolo sulle staminali tumorali.
Attualmente l'equipe statunitense sta mettendo a punto una tecnica per estrarre e conservare ingenti quantità di questa sostanza antitumorale.

Per approfondimenti
http://clincancerres.aacrjournals.org/content/16/9/2580.abstract?sid=fc316b8f-c98c-4105-a15c-533bd31e08ae 

  34) SCOPERTE CINQUE NUOVE MUTAZIONI GENETICHE ASSOCIATE AL CANCRO AL SENO

Sono state scoperte cinque nuove mutazioni genetiche associate con il rischio di contrarre il cancro al seno. La ricerca è stata pubblicata su Nature Genetics da un gruppo di scienziati coordinato dal britannico Douglas Easton dell'universita' di Cambridge.
Queste varianti genetiche, secondo i ricercatori, sarebbero collegate all'8% circa del rischio familiare di ammalarsi di questo tipo di tumore. Altre varianti genetiche molto piu' rare sarebbero associate a un ulteriore 20% di rischio collegato alla familiarita', ovvero sempre a cause ereditarie. Il cancro al seno, spiegano gli esperti, e' il piu' comune tipo di cancro nelle donne dei Paesi sviluppati, responsabile di circa mezzo milione di morti ogni anno in tutto il mondo.
La storia familiare, proseguono, e' un fattore di rischio ben documentato per questo tipo di tumore. Per le donne, se si ha una parente di primo grado che si e' ammalata di tumore al seno, il rischio di contrarre la malattia raddoppia.
Precedenti studi hanno identificato 13 varianti genetiche comuni associate con l'incremento del rischio del tumore al seno. Per identificarne altre, i ricercatori hanno esaminato la piu' grande analisi genetica delle pazienti con il tumore al seno. In tutto e' stato analizzato il genoma di 16.536 pazienti che ha permesso di identificare cinque nuove regioni del Dna, sui cromosomi 9, 10 e 11, associate con la suscettibilita' alla malattia.

Per approfondimenti
http://www.nature.com/ng/journal/vaop/ncurrent/abs/ng.586.html#/ 

  35) Il sapore del latte materno dipende da ciò che mangia la madre

E’ quanto affermano gli scienziati dell’università di Copenhagen in una ricerca pubblicata dal New Scientist.
Ciò che più colpisce è che il sapore degli alimenti consumati viene letteralmente assorbito dal latte in pochi minuti. Per esempio il gusto della liquirizia raggiunge il seno in due ore e quello della banna addirittura in una ora soltanto.
Il mentolo insaporisce il latte per ben 8 ore Esistono cibi che danno al latte il loro sapore sgradevole :cavoli e broccoli e tutti i vegetali che fanno parte della famiglia delle crocifere.
E anche aglio e cipolla danno al latte il loro sapore caratteristico. Sapori gradevoli o sgradevoli trasmessi dai cibi alla secrezione di latte hanno una durata che non supera le 8 ore.

  36) IN ITALIA AUMENTANO I CASI DI CANCRO AL SENO IN GRAVIDANZA

L'innalzamento dell'eta' media della prima gravidanza al di sopra dei 30 anni e la possibilita' di ottenere una diagnosi sempre piu' precoce del tumore al seno, fanno si' che in Italia una gravidanza ogni 3000 sia funestata dal tumore alla mammella della gestante. Risulta infatti che ben il 15% dei tumori al seno diagnosticati in donne al di sotto dei 35 anni si verifica durante la gravidanza. Sara' questo uno degli argomenti al centro della Insubria International Summer School, organizzata dall'Universita' dell'Insubria a Varese il 10 e l'11 giugno 2010 e che sara' incentrata integralmente sul tema del tumore al seno.
L'evento, che richiamera' centinaia di senologi da tutto il mondo, vedra' l'intervento di ben sette relatori dal Memorial Sloan-Kettering Cancer Center di New York, uno dei piu' prestigiosi centri oncologici al mondo, e di studiosi a livello internazionale del carcinoma mammario, fra cui Umberto Veronesi e Laszlo Tabar, dell'Universita' di Uppsala (Svezia)'.
Nonostante i continui controlli per la gravidanza, nel 90% dei casi sono le stesse pazienti a rilevare i sintomi della malattia: per cui il ritardo diagnostico risulta essere tra 1.5 e 6 mesi.

  37) Cancro mammario, polimorfismi e fattori ambientali

Non si hanno molte informazioni circa gli effetti combinati sull'incidenza del cancro mammario da parte dei polimorfismi di suscettibilità genetica a bassa penetranza e i fattori ambientali (rischio riproduttivo, ambientale e antropometrico).
Per questo motivo, Ruth C. Travis e collaboratori dell'Università di Oxford e del Million women study, hanno voluto cercare le prove delle interazioni tra gene e ambiente, mettendo in relazione i rischi relativi genotipici per tumore della mammella con altri fattori in un ampio studio prospettico nel Regno unito.
Sono state testate tali interazioni in 7.610 donne che hanno sviluppato la neoplasia e in 10.916 controlli senza la malattia, studiando gli effetti di 12 polimorfismi in relazione alle informazioni raccolte in modo prospettico su dieci provati fattori di rischio ambientale: età al menarca, parità, età alla prima nascita, allattamento, stato menopausale, età alla menopausa, uso di terapia ormonale sostitutiva (Hrt), indice di massa corporea, altezza e consumo di alcol. Al termine del test multiplo, però, nessuno dei 120 raffronti ha fornito una prova significativa di interazione gene-ambiente.
Contrariamente a indicazioni precedenti, si è avuta qualche minima evidenza che il rischio relativo genotipico fosse influenzato dall'uso dell'Hrt, indipendentemente dal fatto che la malattia fosse positiva al recettore per gli estrogeni.
La conclusione del team di ricercatori non può che essere una sola: i rischi di tumore mammario associati a polimorfismi di suscettibilità a bassa penetranza non variano in modo significativo in base ai dieci fattori ambientali presi in considerazione nello studio.
Lancet, 2010 Jun 2. [Epub ahead of print]

  38) UNA TECNICA ITALIANA SALVA LA FERTILITA' DOPO IL CANCRO AL SENO

Una tecnica tutta italiana preserva la fertilita' dalla tossicita' della chemioterapia. I risultati dello studio coordinato da Lucia Del Mastro, dell'Istituto tumori di Genova, sono presentati al Congresso della Societa' Americana di oncologia medica (Asco), in corso a Chicago.
Tutto parte da quando attraverso l’induzione di una menopausa precoce, la chemio impedisce la possibilita' di avere una gravidanza nel 60% dei casi. Con la nuova tecnica alle pazienti si somministra un farmaco, la triptorelina, che blocca la stimolazione dell'ovaio da parte degli ormoni.
Questo stato di quiescenza diminuisce la tossicita' della chemio, che e' maggiore nei tessuti che si rinnovano rapidamente come accade per i capelli. In Italia 500 donne sono diventate mamme, naturalmente, dopo aver superato il cancro.
Lo studio, condotto in 16 centri italiani, ha coinvolto 280 pazienti. A un anno dalla fine della chemio, il 77% delle pazienti che erano entrate in menopausa precoce e avevano assunto il farmaco , hanno riconquistato le funzioni ovariche, rispetto al 58% delle altre.
Vedi anche
http://www.corriere.it/salute/sportello_cancro/10_giugno_05/diventare-mamm-dopo-cure-anticancro_6c981fe4-70a0-11df-aae4-00144f02aabe.shtml

  39) UN NUOVO TEST DEL SANGUE EFFETTUA LA DIAGNOSI PRECOCE DEL CANCRO AL SENO E ALLA PROSTATA

Un nuovo test, messo a punto da un'azienda statunitense promette di scoprire il tumore quando e' ancora molto piccolo, con una sensibilita' del 92% dei casi e una specificita' del 100%.
Lo dimostrano i dati preliminari presentati al congresso della Societa' americana di oncologia medica (Asco), il piu' importante appuntamento dell'oncologia mondiale, in corso a Chicago. La tecnologia messa a punto dai ricercatori della Chronix Biomedical identifica le impronte genetiche lasciate da una particolare malattia, rintracciando i frammenti di Dna rilasciati nel sangue dalle cellule danneggiate e pronte per il meccanismo dell'apoptosi. I dati emersi dallo studio condotto su 575 persone ancorche' preliminari mostrano la disponibilita' di una nuova piattaforma diagnostica e prognostica, in grado di scovare alcuni tumori piu' precocemente e in modo piu' accurato di quello che e' oggi possibile.
Il test utilizza specifici algoritmi per scovare, analizzare e identificare questi frammenti di Dna 'spia' del tumore. La maggior parte di essi proviene da un numero limitato di regioni del genoma, specifiche per ogni tipo di cancro: in particolare sono 29 aree critiche per quello del seno e 32 per la prostata.
In questo modo non e' necessario isolare e analizzare prima le presunte cellule tumorali per arrivare alla diagnosi

  40) Estrogeni equini in post-menopausa, pro e contro

Gli estrogeni coniugati equini (Cee) riducono i sintomi vasomotori e la secchezza vaginale rispetto ai valori basali riscontrati nelle donne in post- menopausa, ma peggiorano la riduzione del tono mammario. La probabilità di sviluppare sintomi risulta significativamente più alta nelle donne che sospendono il trattamento con Cee rispetto al placebo, a prescindere dalla sintomatologia accusata al basale. I potenziali effetti della somministrazione di Cee, quindi, devono essere considerati prima di instaurare il trattamento per ridurre i sintomi della menopausa.
Le indicazioni provengono dallo studio randomizzato, placebo-controllato Women's health initiative che ha sottoposto ad analisi intention-to-treat 10.739 donne prima e un anno dopo la randomizzazione a Cee o placebo.
È stata effettuata anche un'analisi di coorte su 3.496 donne che hanno continuato ad assumere Cee fino alla chiusura del trial e che si sono sottoposte all'esame dei sintomi subito prima e dopo l'interruzione del trattamento. Circa un terzo delle pazienti ha riportato al basale almeno un sintomo moderato o severo. I sintomi riportati tendevano a ridursi all'aumentare dell'età (ad eccezione di dolore e rigidità articolare).
Dopo un anno si è notato, nelle pazienti in terapia ormonale, una riduzione di vampate, sudorazioni notturne e secchezza vaginale ma anche una riduzione del tono delle mammelle: quest'ultimo effetto si è mantenuto significativamente più alto nel gruppo Cee fino alla conclusione dello studio. Dopo la cessazione del trattamento, i sintomi vasomotori sono stati riferiti in modo significativamente maggiore dalle donne che accusavano sintomi al basale, rispetto a quelle che non li avevano segnalati, e dalle donne assegnate al gruppo Cee rispetto al placebo (9,8% vs 3,2%).
Fra le donne che non avevano registrato sintomi moderati o gravi al basale, le vampate erano cinque volte più frequenti dopo l'interruzione della terapia ormonale rispetto al gruppo placebo (7,2% vs 1,5%).
Allo studio, che porta la prima firma di Robert Brunner dell'university of Nevada school of Medicine di Reno (Stati uniti), hanno collaborato una quarantina di centri americani. Menopause, 2010 Jun 2. [Epub ahead of print]

  41) Ca mammario, lieve aumento del rischio da antipertensivi

Nelle pazienti in terapia antipertensiva a lungo termine (almeno cinque anni) si osserva un lieve aumento del rischio di cancro mammario invasivo: l'incremento del rischio però appare limitato alle donne più giovani e al tumore con stato recettoriale estrogenico positivo (Er+).
Questo il verdetto del California teachers study, un ampio studio prospettico effettuato sui dati di 114.549 donne ipertese e in terapia antipertensiva "lifetime" regolare: fra queste pazienti nel periodo compreso tra il 1995 e il 2006 sono stati diagnosticati 4.151 tumori invasivi della mammella.
Informazioni addizionali sull'impiego di farmaci antipertensivi sono state raccolte su 73.742 donne nel 2000-2001, di cui 1.714 hanno poi sviluppato cancro mammario. Lo studio, firmato da Joan Largent e dai suoi collaboratori del college of Health sciences, university of California Irvine, mostra un modesto aumento del rischio del tumore invasivo nelle donne in terapia antipertensiva da almeno cinque anni rispetto alle donne che non hanno fatto uso di farmaci antipertensivi (Rr 1,18).
Questo aumento di rischio appare confinato ai tumori Er (Rr 1,21) e alle donne in pre e peri-menopausa (Rr 1,58). Cancer Causes Control, 2010 Jun 6. [Epub ahead of print]

  42) INDIVIDUATO UN NUOVO MARCATORE TUMORALE DEL TESSUTO MAMMARIO

E’ stato di recente pubblicato su “Scienze Signaling” un lavoro cui ha partecipato l’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena (IRE), che ha messo in evidenza grazie all’analisi molecolare, un precoce meccanismo di alterazione cellulare su cui si potrebbe intervenire.
Gli studiosi sono infatti riusciti ad individuare marcatori molecolari del tessuto tumorale mammario che compaiono in una fase estremamente precoce della trasformazione neoplastica del tessuto.
Si tratta di alcuni MicroRNAs (miRNA) individuati come attenuatori dei processi di oncogenesi.
L’Epidermal Growth Factor o EGF, fattore di crescita che gioca un importante ruolo nella formazione e proliferazione di cellule dei tumori, riduce l’espressione dei miRNA con conseguente incremento di geni ad attività oncogenica.
Tuttavia questo meccanismo è stato individuato solo nelle cellule tumorali mentre nel tessuto peritumorale i MicroRNAs stimolati con EGF non hanno attenuato la propria espressione. La ridotta espressione di questi miRNA rappresenta quindi un potenziale segnale di trasformazione tumorale ed è un evento molecolare molto precoce. Lo studio ha comparato 2 importanti casistiche, la prima dell’Università di medicina di Oslo e la seconda dell’IRE.
Nella prima casistica l’analisi molecolare del solo tessuto canceroso del seno ha confermato che la ridotta espressione di un gruppo di miRNA indotta dal fattore EGF favoriva la crescita abnorme di cellule tumorali.
Con l’analisi molecolare della seconda casistica che comprendeva anche il tessuto peritumorale, si è visto che non c’è solo un rapporto di causa effetto. Infatti se depotenziando un gruppo di 23 MicroRNAs si verifica un attivazione potente di oncogeni, nella casistica fornita dall’Istituto Regina Elena che comprendeva anche tessuto peritumorale, si è visto che l’alterazione dei MicroRNA prodotta dal trattamento con EGF è specifica del tessuto tumorale e non del corrispettivo peritumorale. In definitiva la ridotta espressione di questi miRNA è un potenziale marcatore del tessuto tumorale mammario ed è un evento molecolare molto precoce di trasformazione tumorale.
Tale precocità si ascrive al fatto che la modulazione dell'espressione dei miRNA precede quella dell'espressione genica i cui prodotti proteici causano la trasformazione tumorale del tessuto mammario

http://stke.sciencemag.org/cgi/content/summary/sigtrans;3/124/ra43

  43) Tumori: l'olio d'oliva protegge da quelli al seno ?

Un filo d'olio d'oliva al giorno può aiutare a tenere a bada il tumore al seno.  Un gruppo di ricercatori dell'Università Autonoma di Barcellona ha dimostrato che l'olio è in grado di attaccare lo sviluppo dei tumori, impedendone la crescita e proteggendo il DNA da eventuali danni.
Secondo quanto riportato dalla rivista Carcinogenesis, i ricercatori avevano come obiettivo quello di capire perchè molti studi precedenti hanno collegato una dieta ricca di olio d'oliva con un calo del rischio tumori.
Dagli esperimenti condotti sui topolini è stato possibile dimostrare che l'olio vanifica l'attività di un gene responsabile della crescita del tumore al seno. L'olio d'oliva, ingrediente fondamentale della dieta mediterranea, avrebbe anche 'disattivato' le proteine che mantengono in vita le cellule del cancro.
In questo modo si riesce anche ad avere una protezione dai danni che il cancro può causare al DNA. Per questo Eduard Escrich, uno degli autori dello studio, consiglia di consumare 50 ml, cioè 10 cucchiaini, di olio extravergine di oliva al giorno. Solo il consumo prolungato dell'olio può dare

  44) Oncologia Ok a radioterapia intraoperatoria nel ca mammario

Per alcune pazienti selezionate affette da cancro mammario allo stadio precoce, una singola dose di radioterapia somministrata durante la chirurgia (radioterapia mirata intraoperatoria, Rim) dovrebbe essere considerata un'alternativa alla radioterapia esterna (Re) erogata nel corso di alcune settimane.
Questo il verdetto dello studio prospettico, randomizzato, di non-inferiorità Targit-A che ha reclutato donne con un'età di almeno 45 anni colpite da carcinoma della mammella duttale invasivo e avviate a chirurgia conservativa in 28 centri di nove Paesi, tra cui per l'Italia il centro di riferimento oncologico di Aviano. Come outcome primario gli autori Jayant S. Vaidya, della Division of Surgery and Interventional Science, University College di Londra e collaboratori, hanno assunto la recidiva locale nella mammella operata e come margine pre-definito di non-inferiorità rispetto ai controlli sottoposti a Re una differenza assoluta del 2,5% dell'outcome primario. In totale 1.113 pazienti sono state randomizzati nel gruppo Rim e 1.119 nel gruppo Re.
Delle 996 pazienti del gruppo Rim, 854 (86%) hanno ricevuto solo Rim e 142 (14%) Rim e Re.
Tra le pazienti allocate nel gruppo Re, 1.025 (92%) sono state effettivamente trattate con Re. Dopo quattro anni nel gruppo Rim sono state registrate sei recidive locali nella mammella sottoposta a chirurgia conservativa contro cinque recidive del gruppo Re. La stima di Kaplan-Meier per la recidiva locale nella mammella interessata si è attestata sull'1,20% nel gruppo Rim e sullo 0,95% in quello Re.
La frequenza delle complicazioni e degli episodi di tossicità maggiore è risultata simile nei due gruppi: la tossicità maggiore ha interessato il 3,3% delle pazienti del gruppo Rim contro il 3,9% osservato in quello Re.
La tossicità associata alla radioterapia (Radiation Therapy Oncology Group di grado 3) è risultata inferiore nel gruppo Rim (0,5%) rispetto al gruppo Re (2,1%).

Lancet, 2010; 376(9735): 91-102

  45) I PRODOTTI PER LE PULIZIE (antimuffa) AUMENTANO IL RISCHIO DI CANCRO AL SENO

I comuni prodotti per la pulizia della casa potrebbero aumentare il rischio di tumori al seno. Lo afferma una ricerca americana pubblicata da Environmental Health, secondo cui gli agenti anti-muffa e i deodoranti per ambienti sono i prodotti piu' pericolosi.
I ricercatori hanno sottoposto questionari sulle abitudini domestiche a 787 donne con tumore al seno e a 721 donne sane, concentrandosi sull'uso dei prodotti per le pulizie. Dall'analisi e' emerso che in media le donne che puliscono casa hanno il 110 per cento di probabilita' in piu' di sviluppare il cancro rispetto alle altre.
Tra i prodotti segnalati come piu' pericolosi ci sono gli antimuffa, quelli per la pulizia del forno, gli insetticidi e i deodoranti per la casa, che secondo lo studio non dovrebbero essere usati piu' di una volta alla settimana.
http://www.ehjournal.net/content/9/1/40/abstract 

  46) IDENTIFICATE LE CELLULE TUMORALI STAMINALI DEL CARCINOMA MAMMARIO

La rivista internazionale Cell Cycle ha pubblicato uno studio sulle cellule staminali tumorali di carcinoma mammario condotto dai ricercatori dell’ Area di Medicina Molecolare dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena, in collaborazione con ricercatori dell’Università Magna Graecia di Catanzaro.
Lo studio dimostra la possibilità di poter identificare una sottopopolazione di cellule tumorali della mammella dette cellule tumorali staminali attraverso un determinato colorante (Blu di Toluidina) e individua dei composti, in parte naturali, in parte sintetici, che interferiscono con la proliferazione delle cellule staminali tumorali mentre non hanno effetti sulle cellule non tumorali di mammella.
Le cellule staminali tumorali costituiscono una minoranza di cellule cancerose resistenti ai comuni chemioterapici e radioterapici e in grado di ricostituire il tumore a distanza di tempo, per cui identificare nuovi principi attivi in grado di eliminarle in maniera selettiva è un passo importante verso la completa guarigione dal cancro.
I ricercatori hanno testato più di 200 composti, sia naturali che sintetici, con l’obiettivo di identificare dei principi attivi capaci di inibire in modo specifico la proliferazione delle cellule staminali tumorali, che solitamente sono resistenti ai comuni chemioterapici.
Le cellule staminali tumorali usate negli esperimenti sono state selezionate a partire da cellule di carcinoma mammario (MCF-7) mediante colorazione al blu di toluidina. Queste cellule staminali mostrano infatti una colorazione più chiara rispetto alle altre.
Sono state così individuate quattro sostanze, tra cui la buteina, un antiossidante naturale, che hanno effetti solo sulle cellule staminali tumorali mentre esplicano un’azione blanda sia sulle altre cellule tumorali non-staminali e, soprattutto, su quelle normali.
I ricercatori hanno infatti scoperto che alcune di queste sostanze agiscono su un importante meccanismo che regola la proliferazione e trasformazione delle cellule staminali tumorali e la loro resistenza ai farmaci.

http://www.landesbioscience.com/journals/6/article/12371/

  47) Ansia e depressione da radioterapia per Ca mammario iniziale

Un intervento terapeutico può rendersi necessario al fine di ridurre l'ansia e la depressione che si sviluppano temporaneamente in corso di radioterapia nelle pazienti con cancro mammario allo stadio iniziale. Questo è particolarmente vero nei casi che non vengono trattati con la terapia endocrina e che optano per un ciclo di radioterapia convenzionale.
L'indagine di Eri Kawase e collaboratori della Saitama medical school di Saitama (Giappone), ha coinvolto 172 donne con tumore al seno allo stadio I o II avviate a radioterapia cui è stato chiesto di rispondere a due questionari immediatamente prima e dopo la terapia: l'Hospital anxiety and depression scale (Hads) e la Radiotherapy categorical anxiety scale.
I risultati dello studio dimostrano che i punteggi medi di ansia e depressione (Hads e Radiotherapy categorical anxiety scale) si riducono dopo la radioterapia.
Il punteggio medio della depressione (Had-D) nel gruppo trattato con la radioterapia convenzionale è maggiore di quello che si osserva nelle pazienti avviate a radioterapia ipofrazionata prima e dopo la radioterapia. Inoltre, i punteggi medi dell'ansia e della depressione (Hads) nel gruppo in terapia endocrina sono inferiori a quelli che si riscontrano nel gruppo non avviato a terapia endocrina prima del trattamento. Comunque, i punteggi dopo il trattamento di entrambi i gruppi non raggiungono la significatività.

Breast Cancer, 2010 Sep 3. [Epub ahead of print]

  48) DALLO STUDIO DELL’ACIDITA’ DEI TUMORI UN’ALTERNATIVA ALLA CHEMIO

Sono cinque i trial clinici basati su un'alternativa alla chemioterapia presentati all'Istituto Superiore di Sanita' durante il Primo Simposio Internazionale dedicato a tutti gli studi su cui sta puntando l'International Society for Proton Dynamics in Cancer' (ISPDC) che utilizzano queste nuove strategie antitumorali.
Per Stefano Fais, del Dipartimento del Farmaco dell'Istituto Superiore di Sanita', l'obiettivo e' quello di colpire soltanto il target molecolare che causa il tumore, per evitare gli effetti collaterali frequenti nelle terapie tradizionali utilizzando inibitori della pompa protonica per interrompere la crescita della massa tumorale.
Questi studi sono partiti dalla considerazione che l'acidita' e' una caratteristica del microambiente tumorale tanto che le cellule normali ai livelli di acidita' nei quali normalmente cresce il tumore muoiono.
Queste condizioni si creano progressivamente durante la crescita del tumore, con un iniziale accumulo di acido lattico, dovuto al metabolismo tumorale, e la successiva selezione di cellule che per sopportare l'incremento dell'acidita' fanno iperfunzionare delle pompe cellulari che eliminano protoni all'esterno della cellula.
I primi due studi clinici eseguiti in Italia all'Istituto dei Tumori di Milano ed all'Universita' di Siena sono per i melanomi e presso il Gruppo Italiano per i sarcomi, con sede a Bologna per gli osteosarcomi.
Lo stesso approccio e' utilizzato per combattere il carcinoma alla mammella presso la Fudan University di Shangai. Anche il bicarbonato assunto per bocca potra' rientrare fra le nuove terapie anti-tumorali, utilizzato in Florida dal professor Robert Gatenby del Dipartimento di oncologia integrata al Cancer Center di Tampa'.
A Tokio, invece, il prof. Kusuzaki del Dipartimento di Oncologia dell'Universita' di Edobashi usa una vecchia molecola, l'arancio di acridina per combattere i sarcomi. L'arancio di acridina si concentra negli organuli acidi della cellula e, in risposta ad uno stimolo luminoso (raggi x), si trasforma in un composto altamente tossico per le cellule tumorali, senza conseguenze per i tessuti normali circostanti.
Tutte queste terapie sono basate sull'utilizzo di farmaci che usano l'acidita' tumorale come target o inibendo i meccanismi che la causano (inibitori di pompa protonica) o semplicemente tamponando (bicarbonato) o cambiando il loro stato una volta concentrati all'interno dei tumori (arancio di acridina).

  49) Se Lei ha un tumore al seno lui rischia il ricovero per depressione.

Secondo uno studio pubblicto dalla rivista Cancer, i partner di donne affette da tumore l seno, sono ad lto rischio di ospedalizzazione per disturbi bipolari (incremento del 39 %) o depressione.
I ricercatori dell'Institute of Cancer Epidemiology di Copenaghen hanno studiato i dati di più di un milione di cittadini danesi sopra i 30 anni, che non avevano precedenti di problemi mentali, per 13 anni. Nel periodo studiato hanno avuto il tumore al seno le partner di più di 20mila soggetti, e 180 di questi hanno avuto problemi mentali tali da farli ospedalizzare, un numero maggiore del 40% rispetto agli altri.
"Il tumore al seno non colpisce solo le donne, ma anche i loro partner - afferma Christoffer Johansen, che ha guidato lo studio - pensiamo che sarebbe utile effettuare degli screening per prevenire questo problema

  50) PER I PARENTI DI DONNE MALATE DI TUMORE AL SENO IL RISCHIO DI CANCRO E’SETTE VOLTE MAGGIORE

I familiari delle donne colpite da cancro al seno corrono un rischio sette volte maggiore di sviluppare una forma di tumore. E' quanto emerge dallo studio pubblicato sul British Journal of Cancer dai ricercatori dell'Universita' di Melbourne, in Australia.
La ricerca, condotta sul genoma di 2.208 soggetti, ha dimostrato che la parentela con donne colpite da cancro alla mammella aumenta fino a 7 volte la probabilita' di incorrere in una forma di tumore.
Gli studiosi hanno infatti osservato che il rischio di cancro ovarico risulta superiore di 2,5 volte, quello di carcinoma al seno di 3, di tumore alla prostata di 6,5, alla vescica di 4, al cervello di 3 e al polmone di 7.
Per approfondimenti
http://www.nature.com/bjc/journal/v103/n7/abs/6605876a.html

  51) CON LA TERAPIA ORMONALE sostitutiva PIU’ PROBABILITA’ DI CONTRARRE UN CANCRO AL SENO

Le donne in menopausa che assumono una terapia ormonale combinata hanno un elevato rischio di avere una diagnosi tumorale a uno stadio pu' avanzato e di morire di cancro.
Lo sostiene un nuovo studio americano finanziato dal governo federale, la Women's Health Initiative (WHI), che era stato fermato nel 2002 dopo che alcuni dati avevano mostrato che donne che prendevano una combinazione di estrogeni e ormoni progestinici avevano un piu' alto rischio di cancro.
Il nuovo studio, pubblicato nell'edizione di questa settimana della rivista Jama dell'American Medical Association, ha scoperto che le donne che avevano fatto nel passato una terapia ormonale e l'avevano interrotta quando il WHI era terminato, avevano fatto registrare un tasso di mortalita' da cancro al seno lievemente piu' alto di quelle che non prendevano ormoni. Per la loro analisi, Rowan Chlebowski del Los Angeles Biomedical Research Institute all'Harbor-UCLA Medical Center e i suoi colleghi hanno tenuto sotto osservazione 16.608 donne in post-menopausa tra i 50 e i 79 anni, senza isterectomia.
Il follow-up di 11 anni dei partecipanti al WHI ha rilevato che 385 donne che avevano assunto ormoni per una media di 5,6 anni (lo 0,42 per cento) avevano sviluppato un cancro mammario invasivo, rispetto alle 293 che avevano ricevuto un placebo (lo 0,34 per cento).
A una frazione significativamente piu' grande delle donne nel gruppo in ormone-terapia -81, pari al 23,7 per cento- e' stato successivamente diagnosticato che il cancro al seno si era diffuso ai linfonodi (nel gruppo con il placebo, invece, solo 43 donne, il 16,2 per cento, erano arrivate a tale stadio). E 25 delle donne che avevano preso una ormone-terapia erano morte di cancro al seno (rispetto alle 12 donne trattate con un placebo).
Il che tradotto vuol dire, da una a due morti in piu' per carcinoma mammario annualmente ogni 10mila donne che avevano utilizzato la terapia ormonale.

<<<  Prima di lanciare allarmi ingiustificati occorre però attendere che questi dati siano confermati, dato che esistono anche evidenze contrastanti circa gli effetti dell'associazione estroprogestinica sul carcinoma mammario. >>>

Per approfondimenti
http://jama.ama-assn.org/cgi/content/abstract/304/15/1684?maxtoshow=&hits=10&RESULTFORMAT=&fulltext=Rowan+Chlebowski&searchid=1&FIRSTINDEX=0&resourcetype=HWCIT
 

  52) RIDIMENSIONATO al 10% CHE MANGIARE FRUTTA E VERDURA PROTEGGA DAL CANCRO

Confermati altri fattori di rischio. Uno studio della Oxford University, pubblicato sulla rivista British Journal of Cancer è giunto alla conclusione che il rischio di sviluppare il cancro e' associato piu' alla quantità del cibo ingerito piuttosto che non su che cosa si mangia.
Per arrivare a queste conclusioni i ricercatori hanno effettuato una revisione di precedenti ricerche, analizzando almeno un decennio di legami tra frutta e verdura e lo sviluppo del cancro. Dall'indagine è emerso che non ci sono evidenze scientifiche convincenti che dimostrano l'esistenza di questo legame. Gli unici fattori legati all'alimentazione che sicuramente influenzano il rischio di cancro sono l'obesita' e l'alcol.
Il tabacco rimane la causa principale di sviluppo del tumore. Mentre il fumo aumenta il rischio di sviluppare il cancro fino a 50 volte, il grande consumo di frutta e verdura puo' ridurre il rischio al massimo del 10 per cento. Secondo Tim Key, epidemiologo della Oxford University, mentre sono indubbi i benefici derivanti nel mangiare frutta e verdura, non e' ancora mai stato dimostrato che ci protegge dal cancro.
Tuttavia, e' innegabile che il cancro e' fortemente legato all'essere in sovrappeso o all'obesita', e al consumo di piu' alcolici rispetto ai limiti giornalieri raccomandati. "Frutta e verdura sono una parte importante di una dieta sana e una buona fonte di nutrienti", ha detto Key.
"Ma i dati finora non dimostrano che mangiare maggiori quantita' di frutta e verdura - ha continuato - offre molta protezione contro il cancro.
Ma c'e' una forte evidenza scientifica che dimostra che, dopo il fumo, il sovrappeso e l'alcol sono due dei piu' grandi rischi del cancro". Le persone in sovrappeso producono alti livelli di alcuni ormoni rispetto alle persone che hanno un peso normale e questo puo' contribuire ad aumentare il rischio di cancro al seno. Essere in sovrappeso puo' aumentare il rischio di sviluppare altri tumori comuni, come quello all'intestino, altri difficili da trattare, come il cancro al pancreas, all'esofago e al rene.
L'alcol spinge l'organismo a produrre una sostanza chimica che puo' danneggiare le cellule aumentando il rischio di sviluppare un tumore alla bocca, alla gola, al seno, al colon e al fegato.

 Per approfondimenti:

http://www.nature.com/bjc/journal/vaop/ncurrent/abs/6606032a.html

  53) Tumori, in 20 anni raddoppiata la sopravvivenza

Sono 2.250.000 gli italiani che vivono con una diagnosi di tumore (il 4% dell'intera popolazione), ma oggi questa malattia fa meno paura perché in molti casi può essere sconfitta definitivamente. Quasi 800.000 persone (l'1,5% della popolazione) sono, infatti, vive dopo oltre 10 anni dalla diagnosi di tumore e rispetto al 1992 il numero di persone viventi con tumore è quasi raddoppiato. I dati sono contenuti nel rapporto dell'Associazione italiana registri tumori.
Il Rapporto fotografa al 1 gennaio 2006 la prevalenza della patologia tumorale in Italia basandosi sui dati raccolti da 24 Registri tumori Italiani attivi da almeno 5 anni. Il Rapporto rivela che la maggior parte dei malati di tumore sono donne (1.250.000) e persone anziane.
Ci sono inoltre differenze geografiche rilevanti nella percentuale di persone viventi con tumore, visto che si passa da oltre il 5% in alcune aree del Nord, fino a valori tra il 2 e il 3% al Sud.
Ma c'é un dato che fa ben sperare: Quasi 1.300.000 italiani (2,2% della popolazione) sono lungosopravviventi, hanno cioè avuto una diagnosi di tumore da più di 5 anni e sono i soggetti spesso liberi da malattia e da trattamenti antitumorali.

  54) I BATTERI POTENZIANO L’EFFETTO ANTICANCRO DEI BROCCOLI

Gli effetti anticancro dei broccoli possono essere potenziati da batteri presenti nell'intestino.
E' quanto emerge da uno studio americano pubblicato su 'Food & Function' che spiega come il sulforafano, il composto antitumorare identificato da tempo nei broccoli, viene idrolizzato a partire da un precursore, la glucorafanina, con l'aiuto dei batteri presenti nel colon, dove viene assorbito dall'organismo. La scoperta apre la strada alla possibilita' di potenziare l'attivita' di questi batteri e, quindi, il potere anticancro delle verdure.
Ciò potrebbe avvenire per esempio con alimenti probiotici contenenti batteri idrolizzati. Il sulforafano ha un alto potere antitumorale e bastano due o tre pasti alla settimana a base di broccoli per avere un effetto significativo.
La sostanza, inoltre, ha anche un'azione antinfiammatoria che aiuta a tenere lontane malattie croniche che accompagnano l'invecchiamento e l'obesita'.
I ricercatori hanno dimostrato l'efficacia dell'azione di idrolisi iniettando la glucorafanina nell'intestino di ratti e raccogliendo sulforafano nella vena mesenterica che va dall'intestino al fegato.

Per approfondimenti
http://pubs.rsc.org/en/Journals/JournalIssues/FO

  55) TECNOLOGIE FOTOVOLTAICHE PER RIDURRE LA TOSSICITA' DELLA CHEMIOTERAPIA

La nanomedicina punta sulle nuove tecnologie fotovoltaiche per ridurre la tossicita' delle terapie chemioterapiche per combattere i tumori.
La strada e' stata aperta nel corso del AVS 57th International Symposium & Exhibition di Albuquerque, in New Mexico, da un gruppo di ricerca coordinato da Tao Xu dell'Universita' del Texas. I ricercatori hanno aperto una finestra sul futuro e hanno discusso le potenzialita' di un nuovo strumento per il trattamento dei tumori.
Si tratta di celle fotovoltaiche miniaturizzate, grandi dai 300 ai 500 micrometri. Impiantando queste mini-celle fotovoltaiche all'interno di una cellula sarebbe possibile controllare la somministrazione degli agenti chemioterapici in modo da renderli meno dannosi per l'organismo.
Ovviamente, solo dopo aver dimostrato la assoluta mancanza di tossicita' delle stesse celle. Le attuali terapie anti-tumorali consistono nella somministrazione di farmaci attraverso il circolo sanguigno.
Ma in questo modo, prima di arrivare a destinazione, gli agenti chemioterapici entrano in contatto con gli altri tessuti dell'organismo danneggiandoli. Per cercare di alleviare gli effetti collaterali della chemioterapia, la ricerca sta quindi lavorando allo sviluppo di farmaci intelligenti, che colpiscano direttamente le cellule tumorali bersaglio lasciando indisturbati gli altri tessuti.
L'idea sviluppata dall'equipe di Tao Xu e' quella di impiegare luce infrarossa o laser, in grado di penetrare nei tessuti sino a 10 centimetri di profondita', per attivare delle celle fotovoltaiche in miniatura 'caricate' con il farmaco anti-tumorale.

  56) Oncologia Cancro del seno, una mammografia all'anno se è familiare

Quasi 7 donne su 10 tra i 50 e 69 anni si sono sottoposte nel 2009 a uno screening per la prevenzione del tumore al seno con la mammografia. Una percentuale rimasta sostanzialmente stabile rispetto al 2007 e 2008 in Italia, come rileva il rapporto Passi dell'Istituto superiore di sanità (Iss) appena pubblicato. Tuttavia molte donne si sottopongono a questo esame già prima dei 50 anni e questa è probabilmente una buona strategia preventiva, da ripetere ogni anno per le donne a medio rischio familiare di cancro mammario. In questo sottogruppo, infatti, controlli precoci e ravvicinati potrebbero ridurre la mortalità.
La tesi scaturisce dagli esiti dello studio FH01, prospettico e a braccio singolo, realizzato in 76 centri della Gran Bretagna, volto a valutare l'effetto della familiarità per cancro mammario sulla screening mammografico.
Sono state coinvolte 6.710 donne, a rischio familiare intermedio e di età inferiore a 50 anni, sottoposte a mammografia annua per una media di quattro anni, i cui dati sono stati confrontati con quelli di due coorti esterne non inserite in programmi di screening: il gruppo di controllo dell'UK Age Trial (109.671 donne di età tra 40 e 42 anni, dalla popolazione generale, seguite per 10 anni) e uno studio scozzese di donne con familiarità per ca mammario.
In 136 partecipanti è stata effettuata una diagnosi di carcinoma mammario; in 105 (77%) durante lo screening, in 28 (21%) sulla base della sintomatologia, nell'intervallo tra gli esami, e in tre (2%) sempre sulla base dei sintomi, dopo la mancata partecipazione all'ultima mammografia. Nello studio FH01 i tumori invasivi sono risultati significativamente più piccoli, con minore probabilità di avere linfonodi positivi, e di grado più favorevole rispetto a quelli del gruppo controllo dell'UK Age Trial, e mostravano una probabilità significativamente minore di avere linfonodi positivi rispetto ai tumori rilevati nello studio scozzese.
Il valore stimato di mortalità, calcolato sulla base del punteggio medio Npi (Nottingham prognostic index) è risultato minore in modo significativo nella coorte FH01 rispetto al gruppo controllo dell'UK Age Trial e allo studio scozzese.
Dopo correzione per i rischi sottostanti, la mortalità stimata a 10 anni è apparsa significativamente inferiore nella coorte FH01 (1,10%) rispetto al gruppo controllo dell'UK Age Trial (1,38%).

Lancet Oncol, 2010 Nov 17. [Epub ahead of print]

  57) DA ROCHE UNA NUOVA TERAPIA PER IL TUMORE AL SENO

La combinazione di Pertuzumab, farmaco anticorpo sperimentale e di Herceptin, anticorpo approvato per la prima volta nel 1998, permette alla chemioterapia di ridurre i tumori in quasi la meta' delle pazienti con una nuova diagnosi di tumore al seno, sottoposte a cure nel corso di un trial clinico.
Entrambi i farmaci anticorpo sono prodotti da Roche Holding.
“I risultati dello studio NEOSPHERE indicano che questo nuovo approccio è efficace per il trattamento del carcinoma mammario HER2-positivo in stadio precoce” ha dichiarato il Professor Luca Gianni, Sperimentatore Principale dello studio e Direttore di Oncologia Medica all’Istituto Nazionale Tumori di Milano.
“La combinazione di pertuzumab e trastuzumab più chemioterapia ha avuto un effetto notevole sui tumori mammari HER2-positivi dopo solo quattro cicli (12 settimane) d’impiego come terapia neoadiuvante”.

  58) Ca mammario linfonodo-negativo, adiuvanti con docetaxel

Anche nel cancro mammario linfonodo-negativo ad alto rischio il regime Tac (docetaxel, doxorubicina e ciclofosfamide) si dimostra in grado di migliorare il tasso di sopravvivenza libera da malattia rispetto alla terapia adiuvante Fac (fluorouracile, doxorubicina e ciclofosfamide).
La sostituzione di fluorouracile con il taxano, già rivelatasi una mossa vincente nel cancro mammario linfonodo-positivo, è stata sperimentata da Miguel Martín, dell'Hospital general universitario Gregorio Marañón di Madrid, e collaboratori, su 1.060 donne con cancro mammario e negatività dei linfonodi ascellari in presenza di almeno un fattore di rischio di recidiva secondo i criteri di St. Gallen del 1998 (studio Geicam 9805).
Le pazienti sono state randomizzate a ricevere, dopo la chirurgia, il regime Tac o il regime Fac ogni tre settimane per sei cicli.
Dopo un follow-up mediano di 77 mesi, la percentuale di pazienti ancora vive e libere da malattia era superiore nel gruppo Tac (87,6%) rispetto al gruppo Fac (81,8%), cui ha corrisposto una riduzione del rischio di ricorrenza pari al 32%. Il beneficio è apparso costante, non influenzato cioè dallo status dei recettori ormonali, dalla condizione di menopausa o dal numero dei fattori di rischio.
La differenza in termini di sopravvivenza non ha raggiunto però la significatività (Tac 95,2%, Fac 93,5%).
I tassi di eventi avversi di grado 3-4 si è attestato sul 28,2% con il regime Tac e sul 17,0% con quello Fac. La tossicità associata a Tac si è comunque ridotta quando veniva praticata una profilassi primaria con il fattore di crescita delle colonie di granulociti (G-Csf).
New Engl J Med, 2010; 363(23):2200-10

  59) UN NUOVO STUDIO SUL TRATTAMENTO DEL TUMORE AL SENO IN FASE PRECOCE

The Lancet Oncology ha pubblicato i dati di follow-up a 10 anni dello studio ATAC (Arimidex, Tamoxifen, Alone or in Combination), uno degli studi di più lunga durata e ampiezza al mondo sulla terapia adiuvante iniziale con inibitore dell’aromatasi (IA) nelle donne in post-menopausa con carcinoma mammario precoce. I risultati confermano l'efficacia a lungo termine e il consolidato profilo di sicurezza di anastrozolo rispetto a tamoxifene, anche oltre il termine del trattamento.
Lo studio dimostra, inoltre, l’effetto immediato dei benefici di anastrozolo rispetto a tamoxifene e la sua efficacia protratta fino a cinque anni dal termine del trattamento, un periodo significativamente più lungo rispetto a quanto valutato in ogni altro studio sugli IA adiuvanti in tale contesto.
Il carcinoma mammario colpisce circa 1,4 milioni di donne in tutto il mondo ed esiste il rischio a lungo termine (almeno per i successivi 15 anni) di ricomparsa del carcinoma mammario precoce. L'obiettivo del trattamento di questa patologia è quello di prevenire la recidiva nel breve e nel lungo termine, in quanto, nel momento della ricomparsa e della diffusione del carcinoma, la terapia risulta spesso essere solamente un palliativo.
Le nuove evidenze dello studio ATAC forniscono un’ulteriore conferma dell’efficacia della terapia con anastrozolo fin dal principio, in quanto si è dimostrata in grado di proteggere le donne dalla recidiva sia nei cinque anni di trattamento che fino ai cinque anni successivi allo stesso, effetto noto come “carry-over”.

 http://www.thelancet.com/journals/lanonc/article/PIIS1470-2045(10)70257-6/fulltext

  60) PER LANCET SI POTREBBERO EVITARE 11.000 MORTI DI TUMORE L’ANNO

Sono oltre 11mila le morti premature per cancro che si potrebbero evitare.
È la stima della rivista Lancet, a partire dall'analisi dei tassi di sopravvivenza al tumore in 6 Paesi, Australia, Canada, Danimarca, Norvegia, Svezia e Gran Bretagna.
I ricercatori dell'International Benchmarking Partnership hanno elaborato i dati riferiti a 2,4 milioni di persone tra il 1995 al 2007, mettendo in evidenza il divario esistente nella prospettiva di vita tra i pazienti colpiti dal tumore al seno, al colon-retto, all'utero e ai polmoni.
Il Paese con gli indici più positivi è l'Australia. Anche Canada e Svezia hanno buone posizioni.
Anche se le differenze sono in costante livellamento, in alcuni casi, come il tumore al polmone, il tasso di sopravvivenza a 5 anni è dell'8,8% nel Regno Unito, ma più del doppio (18,4%) nel Paese più avanti nella graduatoria.

Per approfondimenti

http://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(10)62231-3/fulltext#

  61) GLI INTEGRATORI DI SOIA NON AUMENTANO IL RISCHIO DI CANCRO AL SENO

Uno studio durato due anni ha evidenziato che gli integratori di soia assunti durante la menopausa non comportano un maggior rischio di cancro al seno o di altri effetti collaterali ne' sul breve ne' sul lungo periodo.
Tuttavia, sottolineano i ricercatori, questo potrebbe non valere per tutti i tipi di integratori di soia.
Quelli utilizzati per lo studio contenevano infatti una combinazione di isoflavoni, composti simili agli estrogeni, diversa da quella che si trova nei preparati normalmente in commercio.

http://www.ajcn.org/content/early/2010/12/22/ajcn.110.008359.abstract?sid=a706f52c-9b9d-4587-bf52-b9125732707e


  62) LE SCELTE ALIMENTARI E L'IMPATTO SULLA DURATA DELLA VITA

Uno studio apparso sul Journal of the American Dietetic Association ha calcolato con esattezza il peso delle scelte alimentari sulla durata della vita.
Esaminati dall'Universita' del Maryland 2.500 adulti tra 70 e 79 anni di eta' per oltre 10 anni, e' risultato che una dieta ad alto contenuto di grassi - carne, fritture, dolci, bibite caloriche e condimenti - incide per il 40% sul rischio maggiore di mortalita', rispetto a un menù con carni bianche, pesce, verdure, cereali integrali, frutta.

  63) L'EFFETTO PLACEBO FUNZIONA ANCHE CON IL PAZIENTE CONSAPEVOLE

I placebo, farmaci privi di qualsiasi principio attivo, alleviano i sintomi di alcune malattie su pazienti all'oscuro della loro inefficacia. I ricercatori di Harvard sono andati oltre e hanno condotto una nuova sperimentazione consistente nell'avvisare i pazienti affetti da Sindrome da intestino irritabile che il farmaco loro prescritto era un placebo.
Persino la confezione che li conteneva riportava l'indicazione in etichetta.
Il risultato, pubblicato su PLoS One, e' che il 59% dei pazienti ha davvero avvertito un miglioramento dei disturbi, contro il 35% del gruppo di controllo che ha ricevuto una pillola inattiva, ma a sua insaputa. Per approfondimenti  

http://www.plosone.org/article/info:doi/10.1371/journal.pone.0015591


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Ultimo aggiornamento: 30 Dicembre 2010


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