1) - Diete: non esistono le 'miracolose' ma mangiare meno
e attività fisica
Attenzione alle diete miracolose per perdere peso e integratori alimentari
che millantano proprietà “bruciagrassi”
Si tratta di regimi spesso basati su "pseudo scienza", dice la BDA, che
possono anche causare gravi deficit nutrizionali, se seguiti a lungo. C’è
un solo rimedio: mangiare meno e fare attività fisica.
http://news.paginemediche.it/it/230/ultime-notizie/nutrizione-e-scienze-dellalimentazione/detail_124897_diete-non-esistono-le-miracolose-ma-mangiare-meno.aspx?c1=25
2) Ca mammario, meno recidive con inibitori dell’aromatasi
L'incidenza di recidive di carcinoma mammario è minore con l'impiego d'inibitori
delle aromatasi rispetto a quello di tamoxifene.
Si tratta dei risultati di una metanalisi pubblicata su Journal of Clinical
Oncology che ha, inoltre, permesso di stabilire la riduzione del numero
di recidive si verifica sia nel caso in cui questi inibitori vengano somministrati
prima di terapie con tamoxifene (coorte 1) sia dopo alcuni anni (coorte
2).
Sei i trial, riguardanti circa 19 mila pazienti tutte con tumori positivi
ai recettori degli estrogeni, a essere analizzati da Mitch Dowsett del Royal
Marsden Hospital di Londra.
Per la coorte 1, comprendente 9,856 pazienti, dopo 5 anni è stato riscontrato
che l'impiego di inibitori delle aromatasi rispetto a quello di tamoxifene
è associato a una minore incidenza di recidive (9,6% vs 12,6%; 2P < 0,00001)
e di mortalità (4,8% vs 5,9%; 2P = 0,1). Lo stesso andamento è stato osservato
per la coorte 2 costituita da 9,015 pazienti, dopo 3 anni di terapie.
In particolare, la percentuale di ricadute è stata del 5,0% con gli inibitori
e di 8,1% con il tamoxifene mentre quella di decessi pari a 1,7% e 2,4%,
rispettivamente. (L.A.)
J Clin Oncol. 2009 Nov 30. [Epub ahead of print]
3) Un prolungato allattamento al seno riduce i rischi
mentali
I bambini che vengono allattati al seno per piu' di sei mesi sarebbero meno
esposti a incorrere in problemi di salute mentale.
E’ quanto emerge da uno studio condotto dal Telethon Institute for Child
Health Research di Perth (Australia) guidato da Wendy Oddy e pubblicato
sul The Journal of Pediatrics.
Lo studio ha coinvolto 2.366 bambini, l'11% dei quali non era mai stato
allattato al seno. Il 38% era stato allattato al seno per meno di sei mesi,
mentre il 51% per piu' di sei mesi. Ciascun bambino e' stato sottoposto
a valutazione periodiche della salute mentale all'eta' di 2, 5, 8, 10 e
14 anni.
Dai dati raccolti e' emerso che quelli che erano stati allattati al seno
per almeno sei mesi dimostravano piu' attaccamento alla madre e affrontavano
meglio lo stress anche da adolescenti.
http://www.jpeds.com/article/S0022-3476(09)01036-1/abstract
4) Una dieta ricca di mango per prevenire tumori al seno
e al colon.
Il mango potrebbe avere inaspettate proprietà anti-cancro.
Lo ipotizza uno studio condotto presso l’Istituto di Ricerca statunitense
Texas AgriLife e coordinato da Susanne e Steve Talcott. I due coniugi ricercatori
hanno analizzato cinque varietà del gustoso frutto tropicale (Kent, Francine,
Ataulfo, Tommy/Atkins and Haden) per saggiarne le proprietà anti-cancro
e hanno osservato l’azione che polifenoli estratti dal mango svolgevano,
in provetta, su cellule cancerose provenienti da colon, seno, polmone, prostata
e leucemia.
Il mango ha dimostrato, così, di essere in grado di ostacolare soprattutto
lo sviluppo del tumore al seno e al colon, portando le cellule malate all’apoptosi
(una morte programmata) senza toccare quelle sane.
“Il mango ha una proprietà antiossidante certamente inferiore rispetto ad
altri frutti, come il melograno o i mirtilli, eppure la sua capacità anti-cancro
è davvero interessante”, ha spiegato la Talcott.
5) I cibi a base di soia non sono pericolosi, anzi ridurrebbero
il rischio di recidive
I risultati, pubblicati sul Journal of the American Medical Association,
dimostrano che le donne che facevano più uso di soia avevano circa il 30
per cento in meno di rischio di recidive e di mortalità rispetto a quelle
che non la mangiavano abitualmente.
L'associazione è risultata evidente per le donne con tumori positivi e negativi
agli estrogeni e indipendente dall'assunzione di tamoxifene, un farmaco
con azione anti-estrogenica impiegato per la terapia adiuvante dopo il tumore.
Vedi approfondimento
http://www.corriere.it/salute/nutrizione/10_gennaio_14/soia-sicura-dopo-tumore-seno_ca1423a2-efd1-11de-b696-00144f02aabc.shtml
6) Tumore al seno: Scoperti i geni che causano la resistenza
alla chemioterapia
La scoperta di un team di ricercatori del Dana Farber Institute di Boston,
pubblicata su Nature Medicine, consente di prevedere in anticipo l'efficacia
che la chemio avra' sulle pazienti sottoposte ad intervento da cancro al
seno, consentendo di optare per tempo verso altre terapie farmacologiche.
Lo studio si basa su una famiglia di farmaci contro il cancro al seno chiamati
antracicline, che sono spesso indicati come 'adiuvanti' per la terapia che
aiuta a tenere la malattia sotto controllo nel post-operatorio.
I farmaci, tra cui doxorubicina, daunorubicina e epirubicina, sono assunti
da circa la meta' delle 46.000 donne britanniche a cui ogni anno viene diagnosticato
un tumore al seno.
I ricercatori hanno studiato campioni di tumore al seno da 85 donne, per
cercare le differenze che spiegherebbero perche' alcune hanno tratto giovamento
dal trattamento, mentre altre subivano una recidiva del tumore.
In circa un campione su cinque due geni in particolare erano iperattivi,
consentendo al cancro di resistere al trattamento farmacologico. E proprio
le donne a cui appartenevano questi campioni erano quelle che avevano tratto
molto meno giovamento dalla chemioterapia, con recidive e metastasi.
"Questi risultati - spiega il ricercatore Andrea Richardson - suggeriscono
che i tumori resistenti alle antracicline possono ancora essere sensibili
ad altri agenti. Per questo un test su questi geni sarebbe molto utile per
definire la terapia piu' efficace per queste pazienti".
Un kit per questo tipo di test genetici, aggiunge lo scienziato, non dovrebbe
essere difficile da sviluppare, e "potrebbe essere sperimentato sui pazienti
in meno di un anno".
Per approfondimenti
http://www.nature.com/nm/journal/vaop/ncurrent/abs/nm.2090.html
7) Un parto cesareo non influisce sull’allattamento
Avere avuto un parto cesareo NON INFLUISCE sulla durata dell'allattamento,
contrariamente a quanto avevano suggerito precedenti ipotesi.
Infine, i bambini che sono stati avvicinati al seno della mamma entro un'ora
dalla nascita (come raccomanda l'Organizzazione Mondiale della Sanità) non
sono stati allattati più a lungo di quelli che hanno cominciato a nutrirsi
dal seno materno entro le prime 48 ore.
http://news.paginemediche.it/it/230/ultime-notizie/ginecologia-e-ostetricia/detail_125912_il-parto-cesareo-non-influisce-sullallattamento.aspx?c1=39ù
8) Vantaggi da un Mab neoadiuvante
Il trattamento aggiuntivo con trastuzumab, come terapia adiuvante e neoadiuvante,
offre alle pazienti colpite da tumore al seno HER-2 positivo localmente
avanzato o infiammatorio, un vantaggio in termini di sopravvivenza senza
recidiva.
E' il risultato di uno studio, appena pubblicato su Lancet e realizzato
dalla Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori di Milano, che ha confrontato
due gruppi di pazienti: uno trattato con la sola chemioterapia neoadiuvante
che includeva doxorubicina, paclitaxel, ciclofosfamide,metotrexato e fluoruracile
(n=118) e l'altro trattato con lo stesso regime ma con l'aggiunta di trastuzumab
(n=117).
La presenza dell'anticorpo monoclonale ha migliorato significativamente
la sopravvivenza delle pazienti: nel 71% dei casi non c'era stata recidiva
a tre anni dalla chirurgia, a fronte del 56% del gruppo trattato con la
sola chemioterapia.
Il vantaggio era stato riscontrato anche nel sottogruppo di pazienti colpite
dalla forma infiammatoria, più aggressiva e più difficile da gestire. Gli
autori suggeriscono di eleggere la combinazione a standard terapeutico per
pazienti con questo quadro clinico. (S.Z.)
The Lancet, Volume 375, Issue 9712, Pages 377 - 384, 30 January 2010
9) INDIVIDUATO IL MECCANISMO CHIAVE DELLE METASTASI OSSEE
E’ stato scoperto dai ricercatori dell'universita' di Padova un meccanismo
chiave per le metastasi ossee, patologia che colpisce oltre 1,5 milioni
di persone nel mondo.
Gli studiosi diretti da Carlo Foresta, ordinario di Patologia clinica all'Universita'
degli Studi di Padova, hanno focalizzato la loro attenzione sulle cellule
neoplastiche che si separano dal tumore d'origine e che migrano al tessuto
osseo dove si insediano e si sviluppano.
L'ipercalcemia e' la piu' comune emergenza metabolica che puo' associarsi
alle metastasi, un problema potenzialmente fatale.
L'equipe diretta da Foresta, in collaborazione con Alberto Ferlin, ha scoperto
che la relaxina, una sostanza prodotta in elevate concentrazioni dalle neoplasie
che generano metastasi ossea, e' un potente stimolatore della distruzione
dell'osso.
Ciò rappresenta un fattore determinante per la liberazione del calcio nel
circolo e quindi della conseguente ipercalcemia. Gli autori hanno dimostrato
in vitro che questa sostanza, agendo su ricettori specifici delle cellule
dello scheletro, attiva meccanismi cellulari che portano alla distruzione
dell'osso.
I ricercatori italiani hanno anche evidenziato come l'anticorpo anti-relaxina
blocchi completamente la capacita' distruttiva di questo ormone sulle cellule
dell'osso. Il risultato apre la strada a un possibile progetto farmacologico
per il trattamento delle metastasi ipercalcemizzanti dei tumori.
10) Le donne considerano la depressione più incurabile
del tumore al seno
Poche si curano perché ritengono che sia più incurabile del tumore al seno
che evidentemente ritengono meglio curabile.
http://www.corriere.it/salute/10_febbraio_07/depressione-donne-la-temono_93029fa2-13a2-11df-8835-00144f02aabe.shtml
11) Quando è l'uomo a «rifarsi» il seno
La mastoplastica riduttiva per ginecomastia sta diventando un fenomeno maschile
al punto che in Gran Bretagna c’è stato un incremento di questi interventi
dell’80% negli ultimi anni
http://www.corriere.it/salute/10_febbraio_01/uomo-intervento-seno_5ab504be-0f33-11df-a497-00144f02aabe.shtml
12) Relazioni pericolose tra paroxetina e tamoxifene
L'impiego di paroxetina (*) durante terapie con tamoxifene risulterebbe
associato a un aumento del rischio di mortalità per carcinoma mammario.
Si tratta dei risultati pubblicati su British medical journal che supportano
l'ipotesi, precedentemente avanzata, che questo antidepressivo, appartenente
alla classe degli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina,
possa ridurre o eliminare i benefici del tamoxifen in donne affette da cancro
alla mammella, inibendo la sua bioattivazione attraverso l'enzima CYP2D6.
David N Juurlink e collaboratori, presso il Department of medicine, Sunnybrook
health sciences Centre di Toronto, hanno preso in esame oltre 2.400 donne
di età pari o superiore a 66 anni, sottoposte a tamoxifen e a un singolo
Ssri, tra il 1993 e il 2005.
Dopo un follow-up medio di 2,38 anni, il 15,4% delle partecipanti è deceduto
per tumore mammario. In particolare dopo le opportune correzioni per età,
durata del trattamento con tamoxifen e altre variabili, un aumento assoluto
del 25%; 50% e 75% del tempo in cui il tamoxifene è stato impiegato con
l'antidepressivo paroxetina, è risultato associato a un incremento del 24%,
54% e 91% del rischio di mortalità, rispettivamente. Al contrario, nessuna
associazione è stata riscontrata con altri tipi di antidepressivi. (L.A.)
BMJ. 2010 Feb 8;340:c693. doi: 10.1136/bmj.c693.
(*) Eutimil, Paroxetina (Merck Generics), Sereupin, Seroxat.
13) Relazioni pericolose tra paroxetina e tamoxifene
Uno studio prospettico condotto in Francia ha evidenziato un incremento
del rischio di sviluppare asma in donne in menopausa che seguivano la terapia
ormonale con soli estrogeni. I ricercatori hanno valutato diversi tipi di
terapia ormonale in 57.664 donne che all'inizio della menopausa non presentavano
sintomi asmatici.
Le pazienti sono state monitorate per 12 anni (1990-2002) durante i quali
si sono verificati 569 nuovi casi di asma. La terapia ormonale della menopausa
in sé non aumentava di molto il rischio relativo, pari a 0,20, ma l'incremento
diventava significativo isolando le donne che avevano assunto solo estrogeni
con un rischio relativo di 1,54, in particolare nelle non fumatrici, rr=1,80
e in coloro che avevano avuto patologie allergiche prima di sviluppare l'asma,
rr=1,86.
Gli autori della ricerca concludono che i risultati non vanno considerati
in modo isolato ma vanno visti alla luce degli altri effetti associati all'uso
della terapia ormonale, tra cui quelli benefici sulla qualità della vita.
(S.Z.)
Thorax. 2010 Feb 8. [Epub ahead of print]
14) Dopo svuotamento ascellare, la fisioterapia riduce
gli esiti, linfedema in particolare.
Interventi fisioterapici precoci possono prevenire l'insorgenza di linfedema
secondario a chirurgia per carcinoma mammario. È quanto pubblicato di recente
su British medical journal da Maria Torres-Lacomba del physiotherapy Department,
School of physiotherapy, Alcalá de Henares University di Madrid. L'indagine
ha riguardato 120 pazienti sottoposte ad asportazione chirurgica di linfonodi
ascellari, tra maggio 2005 e giugno 2007. Per un intero anno, le partecipanti
sono state randomizzate a un intervento educazionale (gruppo controllo)
oppure a uno specifico programma di fisioterapia comprendente linfodrenaggio
manuale, massaggio del tessuto cicatriziale ed esercizi della spalla.
A tutto questo è stato abbinato anche l'intervento educazionale. Al termine
del follow-up, il 16% delle pazienti ha sviluppato linfedema, di cui il
25% faceva parte del gruppo controllo e il 7% di quello sottoposto a fisioterapia.
In conclusione, diagnosi di linfedema sono state quattro volte più numerose
nel gruppo controllo, rispetto a quello trattato con approccio fisioterapico
(fisioterapia/controllo, hard ratio = 0,26). (L.A.)
BMJ. 2010 Jan 12;340:b5396. doi: 10.1136/bmj.b5396
15) Ca mammario, RISONANZA MAGNETICA non riduce tasso
di re-intervento
In donne affette da carcinoma mammario, l'impiego della risonanza magnetica
per immagini (Rm), in aggiunta a tecniche convenzionali d'indagine, non
consente di ridurre la necessità di ricorrere a un nuovo intervento chirurgico
per asportazione incompleta del tumore.
Questi i risultati ottenuti, in Inghilterra, da Lindsay Turnbull del Centre
for Magnetic Resonance Investigations, Hull Royal Infirmary, grazie a Comice
(Comparative effectiveness of Mri in breast cancer), un ampio trial multicentrico
pubblicato su Lancet e condotto con la collaborazione di 45 Centri anglosassoni.
L'indagine ha riguardato oltre 1.600 donne, di età pari o superiore a 18
anni, con accertata diagnosi bioptica di cancro alla mammella, che sono
state sottoposte ad asportazione del tumore dopo triplice valutazione (clinica,
radiologica e patologica). Le partecipanti sono state randomizzate ai tre
accertamenti diagnostici convenzionali oppure a Rm in aggiunta a queste
tre valutazioni.
In breve, in entrambi i gruppi la percentuale di pazienti che è stata nuovamente
sottoposta a chirurgia è risultata pari al 19% (odds ratio = 0,96). (L.A.)
Lancet 2010, 375, 9714, 563 - 571
16) Effetto citotossico di alcuni rimedi omeopatici su
cellule tumorali del seno
Si tratta di uno studio di laboratorio che necessita di una validazione
sull’ uomo.
http://www.spandidos-publications.com/ijo/36/2/395
Il lavoro è firmato dal team di Moshe Frenkel dell'Integrative Medicine
Program-Unit del Department of Molecular Pathology dell'University of Texas
M. D. Anderson Cancer Center (Houston) e pubblicato sull' "International
Journal of Oncology".
Condotto in laboratorio su due linee cellulari di adenocarcinoma e su cellule
di tessuto sano, la ricerca mostra che i rimedi testati hanno "elevati effetti
citotossici" nei confronti delle cellule cancerose, cosa che non accade
nel caso dell'epitelio sano. Il team di studiosi spiega che l'azione dei
rimedi omeopatici sembra simile a quella del paclitaxel, un chemioterapico
usato per trattare il tumore al seno. Il tutto senza effetti tossici sulle
cellule normali.
L'esperimento è stato ripetuto almeno due volte per ciascun rimedio testato:
Carcinosin, Conium maculatum, Phytolacca decandra e Thuja occidentalis.
Gli effetti maggiori, riferiscono gli autori, sono stati registrati con
Carcinosin e Phytolacca.
I ricercatori sottolineano che "i rimedi omeopatici ultra-diluiti testati
in questo studio sono promettenti", anche se naturalmente "sono necessari
ulteriori sperimentazioni in vitro", per verificarne gli effetti.
17) Indifferenti o contrari i maschi agli interventi
ricostruttivi delle proprie donne se non a fini curativi?
Questo è il risultato sorprendente di una indagine svolta tra gli uomini
http://www.corriere.it/salute/10_marzo_04/seno-rifatto-maschi- indifferenti_89e3e1b6-27a1-11df-badf-00144f02aabe.shtml
18) Annunciati da Ministero della salute screening per
i tumori al seno “a misura di rischio”.
Il ministro della Salute Ferruccio Fazio, a margine di un convegno Milano
organizzato dalla Fondazione Bracco, ha annunciato che il Ministero della
salute sta lavorando a nuovi screening per il tumore del seno 'a misura
di rischio', che tengano cioè conto dei fattori genetici, ambientali e famigliari
per decidere quali esami di prevenzione fare, e a partire da che eta'.
Attualmente, ha ricordato Fazio, la linea seguita è quella di praticare
i controlli ogni due anni in una certa fascia di età. Più nel dettaglio
sarebbe ad esempio auspicabile dividere ciascuna donna in tre tipi di rischio:
basso, medio e alto.
Se il rischio e' alto, con fattori di rischio genetici e famigliari, si
potrebbe fare una risonanza magnetica piu' un'ecografia a partire dai 30
anni, con controlli ogni anno. Se il rischio e' intermedio, invece, si può
programmare un'ecografia ogni anno dopo i 40 anni. Se il rischio e' basso,
infine, puo' esserci una mammografia ogni due anni, tra i 50 ei 75 anni.
questo per mortalità della riduzione un ulteriore a e negativi falsi dei
una portare potrebbe ministro, il secondo questo, Tutto
19) Con la crioablazione (ancora sperimentale) ottimi
risultati nella cura del tumore al seno.
La crioablazione ed e' una tecnica poco invasiva che permette di uccidere
le cellule cancerogene congelandole e senza far uso del bisturi.
Tale metodo, sperimentato dai ricercatori del Cancer Institute di Detroit
(Michigan), e' stato presentato nel corso del meeting annuale dell'Interventional
Radiology. I test di crioablazione, effettuati sulle cavie, prevedono l'inserimento
di piccoli aghi che portano le cellule malate di tumore a -30 gradi Celsius.
Il congelamento risulta efficace ed evita il ricorso alla chirurgia.
Come dimostra la biopsia eseguita durante lo studio, le cellule cancerogene
'colpite' dal freddo sono state tutte eliminate, e nei cinque anni successivi
non e' stata rilevata alcuna recidiva. Ca mammario: Asa (aspirina) allunga
la sopravvivenza Nelle donne affette da cancro mammario l'assunzione di
Acido acetilsalicilico (Asa) sembra determinare una riduzione del rischio
di metastasi e di morte a causa del tumore.
È quanto emerge da uno studio prospettico osservazionale basato sulle risposte
ottenute da oltre 4mila infermiere coinvolte nel Nurses's Health Study diagnosticate
agli stadi I, II e III tra il 1976 e il 2002.
Il trial ha preso le mosse da dati ottenuti in vitro e su animale che indicavano
questa potenzialità dell'Asa.
L'outcome principale è stato il rischio di mortalità da cancro mammario
in base al numero di giorni alla settimana in cui l'Acido acetilsalicilico
era assunto, valutato non prima di 12 mesi dopo la diagnosi. Si sono registrati
341 decessi per cancro della mammella; l'uso di Asa, però, è apparso associato
a un rischio ridotto di morte tumorale.
I rischi relativi per l'uso di Asa (1, da 2 a 5, da 6 a 7 giorni alla settimana)
rispetto al non uso sono stati rispettivamente 1,07, 0,29 e 0,36: associazioni
non differenti in modo apprezzabile a seconda dello stadio, della condizione
menopausale, dell'indice di massa corporea e dello stato dei recettori estrogenici.
Risultati simili, poi, si sono visti in relazione alle recidive a distanza.
In base ai dati ottenuti, dunque, l'aspirina aumenta la sopravvivenza nelle
donne in vita a un anno dalla diagnosi di cancro mammario.
J Clin Oncol, 2010;28(9):1467-72
20) LA MAMMOGFRAFIA NON RIDUCE I TASSI DI MORTALITA’
PER TUMORE AL SENO
La mammografia 'non riduce i tassi di mortalita' per tumore al seno nelle
donne che fanno questo esame rispetto a quelle che non fanno prevenzione'.
Inoltre in molti casi 'le diagnosi condotte in base a questo esame radiografico
potrebbero essere sbagliate: si stima che migliaia di donne potrebbero essere
state operate senza necessita'. Sono questi i sorprendenti risultati di
uno studio del Nordic Cochrane Centre in Danimarca, pubblicato sul British
Medical Journal e di cui da' notizia il Daily Mail suo suo sito.
L'indagine, durata 10 anni, e' stata compiuta su 110 mila donne, che hanno
risposto ad alcune domande sui benefici dei programmi organizzati di screening.
In particolare sono stati esaminati i tassi di mortalita' per tumore al
seno in due regioni danesi che proponevano programmi di screening, confrontandoli
con quelle delle regioni che invece non li prevedevano.
Lo studio ha scoperto che dall'inizio degli anni '90 i tassi di mortalita'
delle donne tra i 55 ed i 74 anni diminuivano dell'1% nelle aree sottoposte
a screening contro il 2% di quelle non sottoposte a screening.
Per le piu' giovani (35-54 anni) calavano invece rispettivamente del 5%
e 6%. Secondo i ricercatori la riduzione dei tassi di mortalita' per tumore
al seno si spiega probabilmente dal cambiamento dei fattori di rischio e
dalle migliori cure.
La mammografia era stata gia' al centro di polemiche negli Usa lo scorso
novembre: la decisione di alzare da 40 a 50 anni l'eta' minima in cui e'
consigliato l'esame radiologico del seno aveva sollevato una levata di scudi
tra molti oncologi.
Per approfondimenti
http://www.bmj.com/cgi/content/abstract/340/mar23_1/c1241?maxtoshow=&hits=10&RESULTFORMAT=&fulltext=Mammography&searchid=1&FIRSTINDEX=0&sortspec=date&resourcetype=HWCIT
21) Mentre uno studio inglese riabilita gli screening
mammografici dopo le recenti polemiche negli Stati Uniti.
Uno studio britannico condotto dalla London Medical School e dal Wolfson
Institute of Preventive Medicine su 80 mila donne conferma che gli screening
mammografici sono utili e salvano molte vite.
La ricerca, pubblicata sul Journal of Medical Screening, entra nel pieno
del dibattito sull'utilita' di questo strumento di prevenzione, messo in
dubbio qualche mese fa dall'American Cancer Society e più recentemente dai
risultati di uno studio del Nordic Cochrane Centre in Danimarca, pubblicato
sul British Medical Journal.
Ora la ricerca londinese, condotta su donne sopra i 50 anni d'eta', mostra
chiaramente che, in rapporto, per ogni trattamento che poteva essere evitato,
risultato dunque di una diagnosi errata, si salvano due vite.
Numeri alla mano lo studio riconosce le potenzialita' dello screening mammografico,
confermando che si tratta di un importante strumento che ha evitato 5,7
morti per cancro al seno ogni mille donne controllate. Anche se, parallelamente,
a 2,3 donne su mille e' stato diagnosticato un tumore anche se restava poco
chiaro se necessitassero o meno di terapie.
22) L’allattamento al seno riduce il rischio di diabete
nella madre
Uno studio australiano condotto su circa 54 mila donne indica che, quelle
con figli, hanno un maggiore rischio di contrarre diabete di tipo 2 rispetto
a chi non ne ha, ma l'allattamento al seno riduce significativamente il
rischio.
Secondo la ricerca della Scuola di medicina dell'universita' di Western
Sydney, pubblicata dalla rivista Usa Diabetes Care, le madri che non allattano
al seno hanno una probabilita' del 50% maggiore di contrarre il diabete,
rispetto a quelle che non hanno figli. Secondo gli studiosi se si allatta
al seno per almeno tre mesi dopo ogni parto, il rischio diabete diminuisce
fino allo stesso livello delle donne senza figli.
Per ogni anno di allattamento, la riduzione del rischio e' di circa il 14%.
Lo studio e' stato condotto come parte dell'iniziativa detta 45 and Up (da
45 in su), il piu' grande studio australiano di lungo termine sull'invecchiamento.
Vi hanno partecipato 53.726 donne che hanno completato questionari su vari
fattori di salute e di stile di vita. Rispetto a studi precedenti, la novita'
e' che esso include donne che non hanno mai avuto figli, osserva l'autrice.
Secondo l'Australian Breastfeeding Association, e' necessario che cambi
la cultura dell'allattamento al seno, e in particolare l'accesso al congedo
di maternita', perche' si possano ottenere in pieno i benefici alla salute,
come la prevenzione delle malattie metaboliche.
Per approfondimenti
http://care.diabetesjournals.org/content/early/2010/03/20/dc10-0347.abstract?sid=e3c61696-cc96-48f8-882e-818873bee86f
23) I beta bloccanti ostacolano le metastasi del cancro
al seno ?
Secondo quanto emerge da uno studio che verra' presentato venerdi' nel corso
del Convegno annuale dell'European Breast Cancer a Barcellona, dai ricercatori
del Nottingham University Hospital guidati da Des PoweI i beta-bloccanti
possono rallentare la diffusione del cancro al seno.
La ricerca, condotta su 466 pazienti affette da tumore al seno, ha dimostrato
che l'impiego dei beta-bloccanti, trattamenti farmaceutici usati per abbassare
il livello della pressione sanguigna, ha rallentato lo sviluppo del tumore,
ridotto la diffusione di metastasi e recidive locali, diminuito del 57%
il pericolo di sviluppare un tumore secondario e del 71% il rischio di morte
legato alla patologia.
2.aprile 2010
24) Il cibo spazzatura è come il fumo perché crea una
dipendenza.
Hamburger, patatine fritte, merendine dolci, ossia il cibo-spazzatura, crea
una dipendenza simile a quella da nicotina e droga.
E' quanto ha scoperto un'equipe di ricercatori USA che ha rivelato su 'Nature
Neuroscience' i meccanismi che danno vita al vincolo e a vere e proprie
crisi di astinenza quando si cerca di smettere di mangiare i piatti più
saporiti ma meno salutari.
Gli autori della ricerca, Paul Johnson e Paul Kenny, dell'Istituto Scripps
a Jupiter in Florida, lo hanno dimostrato trasformando ratti di laboratorio
in consumatori compulsivi di cibi-spazzatura.
Hanno osservato così che, come nella dipendenza da fumo e droga, anche in
quella dal cibo-spazzatura si indebolisce l'attivazione dei circuiti cerebrali
della ricompensa, che in condizioni normali scattano immediatamente quando
si vive un'esperienza piacevole. Alle cavie sono state date bacon, salsicce,
dolci e cioccolato. Gli animali hanno così gradito il nuovo cibo che sono
rapidamente ingrassati.
In poco tempo è precipitata la loro sensibilità alla ricompensa, proprio
come avviene in chi è dipendente da droghe.
I ricercatori hanno anche appurato che nei ratti come nell'uomo, la dipendenza
impedisce di interrompere l'assunzione di una sostanza anche quando è chiaro
che questa è pericolosa per la salute.
Hanno così associato il consumo dei cibi ipercalorici alla comparsa di un
segnale luminoso e a un dolore ad una zampa: non appena si accendeva la
luce i ratti normali rinunciavano volentieri allo stuzzichino pur di non
provare dolore, mentre i ratti obesi e dipendenti continuavano a mangiare.
25) Il gene SKP2 potrebbe essere la chiave per combattere
tutti i tipi di tumore.
Pier Paolo Pandolfi, scienziato di fama mondiale che da anni lavora all’estero
ha capito come far invecchiare i tumori, disattivando un gene chiamato Skp2
che è presente in modo anomalo in molti tipi di cancro. Accade infatti che
con la disattivazione di questo gene si attiva il processo di senescenza
cellulare e le cellule malate smettono di proliferare e muoiono.
I risultati della ricerca che è stata portata avanti da un un team di ricercatori
internazionali, fra cui anche l’italiano Pandolfi dell’Harvard Medical School
di Boston e Manuel Serrano dello Spanish National Cancer Research Center
di Madrid, sono stati pubblicati su Nature.
L’effetto principale dello spegnimento del gene Skp2 è quello di portare
velocemente alla senescenza e alla morte le cellule malate evitando di danneggiare
in alcun modo quelle sane. Gli studiosi hanno testato l’effetto dell’interruttore
in alcuni modelli animali (topi) affetti da malattia tumorale, scoprendo
che il sistema funziona contro vari tipi di cancro.
Al momento è già disponibile un farmaco sperimentale anti-Skp2 già testato
ed è in fase di sperimentazione clinica 2. Le prove effettuate su colture
cellulari e cavie sulle quali il gene Spk2 era mancante o inattivato hanno
mostrato che il farmaco-interruttore restringe la formazione dei tumori.
Allo stato attuale della ricerca, questi esperimenti fanno pensare che il
sistema testato dagli studiosi potrebbe essere efficace contro numerosi
tipi di cancro.
Secondo gli scienziati la terapia anti-Skp2 in futuro potrebbe essere usata
come trattamento generale anti-cancro, in combinazione con i farmaci già
usati attualmente.
Lo studio di cui Pandolfi è autore senior è stato finanziato dai National
Institutes of Health americani. Per approfondimenti
26) Sembra che le protesi mammarie prodotte negli ultimi
nove anni dalla Pip, Poly Implant Prothèse, un’azienda francese, siano difettose.
Le notizie sono ancora incomplete: sembra che si sia un’inchiesta aperta
dalla Procura di Marsiglia. Di sicuro c’è che le protesi Pip sono state
ritirate dal mercato, e le autorità sanitarie hanno consigliato alle donne
operate dopo il 2001 di contattare il proprio chirurgo.
http://www.corriere.it/salute/10_aprile_01/protesi-difettose-italiane-chiamini-chirurgo_c1b0d0fe-3d5e-11df-9bd9-00144f02aabe.shtml
27) Alla base di molti tumori, tra cui del seno, un singolo
gene mutato
Un singolo gene che normalmente protegge il corpo dal cancro può invece
scatenare una serie di tumori in diversi organi in caso di mutazione.
Lo ha scoperto uno studio della Ohio State University pubblicato dalla rivista
Pnas. La ricerca ha esaminato il gene chiamato 'Pten', il secondo più mutato
dell'organismo, una mutazione che provoca la sindrome di Cowden, una condizione
che aumenta il rischio di tumori in diversi organi, tra cui seno , tiroide,
prostata e pancreas.
Fino a questo momento non si sapeva il perchè le persone con la sindrome
di Cowden potessero sviluppare differenti tumori: lo studio ha dimostrato
invece che specifiche mutazioni del gene sono legate ai diversi tipi di
cancro. "Abbiamo dimostrato che le mutazioni hanno un ruolo determinante
- ha spiegato Gustavo Leone, uno degli autori - quindi sulla base di un'analisi
genetica sarà possibile determinare a quale tumore è più probabile vada
incontro il paziente".
28) UN NUOVO MARKER IDENTIFICA LE FORME PIU' AGGRESSIVE
DI CANCRO AL SENO
I ricercatori dell'universita' di Stanford in California hanno individuato
un nuovo marcatore genetico capace rilevare le forme più aggressive del
cancro del seno. Gli studiosi hanno osservato che, nei soggetti in cui i
livelli del marcatore si esprimono maggiormente, il grado di letalità è
decisamente maggiore.
In futuro, secondo i ricercatori statunitensi, potrebbe diventare possibile
prevenire l'insorgere di metastasi e migliorare cosi' la sopravvivenza delle
donne piu' a rischio stimato in circa un terzo delle pazienti. Lo studio
è pubblicato sulla rivista Nature. Il marcatore e' un Rna recentemente identificato.
"Questo Rna, chiamato Hotair - spiega Howard Chang, professore associato
di dermatologia a capo della ricerca e membro dello Stanford Cancer Center
- e' un giocatore molto importante per la salute umana: spinge infatti le
cellule del tumore alla formazione di metastasi, peggiorando sensibilmente
la prognosi".
Per approfondimenti
http://www.nature.com/nature/journal/v464/n7291/full/nature08975.html
29) IL NUMERO DELLE STAMINALI DEL CANCRO E' DIRETTAMENTE
PROPORZIONALE ALL'AGGRESSIVITA' DEL TUMORE
Sono le cellule staminali del cancro le vere responsabili dell'insorgenza
e della progressione dei tumori al seno, e il loro numero cambia di molto
l'aggressivita' della malattia. Lo ha scoperto una squadra di scienziati
dell'Istituto Firc di oncologia molecolare (Ifom), dell'Istituto europeo
di oncologia e dell'Universita' degli Studi di Milano. Lo studio e' stato
condotto grazie al sostegno dell'Associazione italiana ricerca cancro (Airc),
dal Ministero della ricerca, dalla Comunita' europea e da diverse fondazioni.
La ricerca, diretta da Pier Paolo Di Fiore e Pier Giuseppe Pelicci, ha inoltre
evidenziato che l'aggressivita' di differenti tipi di cancro al seno e'
dovuta al diverso numero di cellule staminali contenute all'interno del
tumore stesso.
Queste ultime, infatti, presentano caratteristiche particolari che influenzano
l'aggressivita', il decorso clinico e la prognosi del tumore. Anche per
questo motivo le staminali del cancro, pur essendo un'esigua frazione della
massa tumorale, sono in grado di scatenare un tumore e di mantenerlo attivo
nel tempo, per la loro capacita' di replicarsi all'infinito.
Per di piu' sono anche in grado di resistere alla chemioterapia e alla radioterapia
rendendo la cura meno efficace.
Gli scienziati, per la loro ricerca, sono partiti dallo studio delle cellule
staminali normali.
Dopo averne isolate una quantita' sufficiente, le hanno paragonate alle
staminali tumorali e hanno riscontrato in queste ultime la vera causa del
tumore. Hanno inoltre osservato che piu' queste sono numerose, piu' danno
origine a tumori aggressivi e con prognosi peggiore.
La scoperta può aprire un nuovo filone di ricerca nella lotta al tumore
del seno basato proprio su questo meccanismo che ne scatena l'aggressivita'.
Inoltre si potrebbero adoperare le cellule staminali tumorali come bersagli
terapeutici, e sviluppare nuovi farmaci che abbiano la potenzialita' di
eradicare completamente la malattia.
30) SI CHIAMA AMLETO L’ANTICANCRO NATURALE CONTENUTO
NEL LATTE MATERNO
Nel latte materno è stata identificata una sostanza in grado di neutralizzare
le cellule tumorali. Si chiama Amleto, per l'esattezza Hamlet (Human Alpha-
lactalbumin Made lethal to Toumor cells), e per la prima volta e' stata
sperimentata con risultati positivi sull'uomo.
La scoperta, pubblicata su Plos One, porta la firma dei ricercatori dell'universita'
di Gothenburg e della Lund University in Svezia. Pazienti con cancro della
vescica sono stati trattati con iniezioni di questa sostanza, formata da
una proteina e da un acido grasso e hanno espulso nelle urine cellule tumorali
morte dopo ogni trattamento. Sulla base di questi risultati, la speranza
e' che da Amleto possano nascere nuove terapie anti-cancro.
La scoperta, come spesso accade, e' avvenuta per caso. I ricercatori stavano
studiando le proprieta' antibatteriche del latte materno. I test di laboratorio
hanno mostrato che Amleto uccide 40 differenti tipi di cellule tumorali
e gli scienziati stanno ora valutandone gli effetti sul melanoma, sui tumori
delle membrane mucose e su quelli cerebrali. La sostanza colpisce solo le
cellule malate, senza alcun danno per quelle sane.
Per approfondimenti
http://www.plosone.org/article/info%3Adoi%2F10.1371%2Fjournal.pone.0009384
Un composto chimico che si trova naturalmente nel latte materno elimina
le cellule di oltre 40 tipi di cancro. Lo ha scoperto una ricerca dell'Università
di Goteborg pubblicata dalla rivista Plos One. I ricercatori hanno studiato
le proprietà di una sostanza chiamata Human Alpha-lactalbumin Made Lethal
to Tumour cells o Hamlet: "Questa sostanza è prodotta dall'unione dell'alfa-lattalbumina
del latte con l'acido oleico che si trova nello stomaco dei bambini - ha
spiegato l'autore delo studio, Roger Karlsson - quindi l'allattamento al
seno è legato a una diminuzione del rischio di tumori nei neonati".
Il gruppo guidato da Karllson ha testato la molecola su alcuni pazienti
affetti da tumore alla prostata, verificando un netto miglioramento in cinque
giorni. In test di laboratorio, invece, Hamlet si è mostrato efficace su
40 diversi tipi di tumore. "Il problema ora è come far arrivare la molecola
direttamente nel sito dove è presente il tumore - ha spiegato l'esperto
- stiamo progettando una serie di altri esperimenti sull'uomo, che dovrebbero
iniziare al più presto".
31) Allattamento al seno non previene l'eczema.
Più è lunga la durata dell'allattamento al seno maggiore è il rischio di
eczema nei bambini già a elevato rischio. Al contrario, lunghe assunzioni
di latte materno diminuiscono il rischio di asma e la frequenza di gravi
esacerbazioni della malattia asmatica.
Si tratta dei risultati di uno studio apparso su Journal of Allergy and
Clinical Immunology che si spera facciano finalmente luce su un aspetto
ancora molto dibattuto. Recenti studi hanno, infatti, smentito il ruolo
protettivo attribuito per diversi anni all'allattamento al seno nei confronti
di eczema, asma e malattie allergiche, soprattutto in famiglie ad alto rischio.
La nuova indagine ha analizzato la comparsa delle suddette patologie nei
primi due anni di vita di 411 bambini, facenti parte della coorte Copsac
(Copenhagen Study on Asthma in Childhood) e nati da madri affette da asma.
Dopo le opportune correzioni per fattori demografici, storia familiare di
eczema e presenza di animali domestici, l'allattamento al seno è risultato
direttamente associato al rischio di eczema (relative risk, rr = 2,09) ma
non a quello di episodi asmatici (rr = 0,67) e di severe riacutizzazioni
dell'asma (rr = 0,16). «Abbiamo, inoltre, osservato che non esiste alcuna
correlazione tra composizione in acidi grassi del latte materno e rischio
di eczema o di asma» ha aggiunto Giwercman C del Copenhagen University Hospital.
J Allergy Clin Immunol. 2010 Apr;125(4):866-71. Epub 2010 Mar 17.
32) TERAPIA ORMONALE dopo il cancro – GLI STUDI più RECENTI
Poiché continuo a ricevere numerose mail sui rischi in particolare con tamoxifene,
ingiustificati come abbiamo scritto su
ATTUALITA’ IN SENOLOGIA 2009
http://www.senosalvo.com/attualita_intro09.htm#63
allego tutti i recentissimi studi (2010) per un eventuale approfondimenti
04/26/2010
Adjuvant endocrine therapy for early breast cancer: the story so far
(Cancer Invest)
04/23/2010
Nationwide drug-dispensing data reveal important differences
in adherence to drug label recommendations on CYP2D6-dependent drug interactions
(Br J Clin Pharmacol)
04/21/2010
Vitamin D deficiency and bone mineral density in postmenopausal
women receiving aromatase inhibitors for early breast cancer
(Maturitas)
04/20/2010
Variations in locoregional therapy in postmenopausal
patients with early breast cancer treated in different countries
(Br J Surg)
04/20/2010
Thrombosis of the inferior vena cava related to Ormond’s
disease (Clin Rheumatol)
04/19/2010
Unusual symptoms for tamoxifen-associated maculopathy
(Ophthalmologe)
04/16/2010
Phase III randomized adjuvant study of tamoxifen alone
versus sequential tamoxifen and anastrozole in Japanese postmenopausal women
with hormone-responsive breast cancer: N-SAS BC03 study
(Breast Cancer Res Treat)
04/15/2010
Risk of Parkinson’s disease after tamoxifen treatment
(BMC Neurol)
04/15/2010
Pharmacogenetics in breast cancer: focus on hormone therapy,
taxanes, trastuzumab and bevacizumab (Expert
Opin Investig Drugs)
04/15/2010
Cognitive function in postmenopausal women receiving
adjuvant letrozole or tamoxifen for breast cancer in the BIG 1-98 randomized
trial (The Breast)
04/15/2010
Effect of Concomitant CYP2D6 Inhibitor Use and Tamoxifen
Adherence on Breast Cancer Recurrence in Early-Stage Breast Cancer
(J Clin Oncol)
04/14/2010
Effects of Toremifene and Tamoxifen on Lipid Profiles
in Post-menopausal Patients with Early Breast Cancer: Interim Results from
a Japanese Phase III Trial (Jpn J Clin Oncol)
04/08/2010
Effect of Changing Breast Cancer Incidence Rates on the
Calibration of the Gail Model (J Clin Oncol)
04/06/2010
The value of transvaginal ultrasonography in the endometrial
evaluation of breast cancer patients using tamoxifen
(Med Princ Pract)
04/06/2010
Oncologists’ recommendations for adjuvant therapy in
hormone receptor-positive breast cancer patients of varying age and health
status (Clin Breast Cancer)
04/05/2010
The use of Nolvadex in the treatment of generic Tamoxifen-associated
small joint arthralgia (The Breast)
04/01/2010
Sclerosing mesenteritis involving the pancreas: a mimicker
of pancreatic cancer (Am J Surg Pathol)
03/29/2010
Early Detection of Tamoxifen-induced Maculopathy in Patients
With Low Cumulative Doses of Tamoxifen (Ophthalmic
Surg Lasers Imaging)
03/24/2010
Cognitive function after adjuvant treatment for early
breast cancer: a population-based longitudinal study
(Breast Cancer Res Treat)
03/24/2010
Adjuvant endocrine treatment in premenopausal early breast
cancer (Oncology)
03/22/2010
The addition of high-dose tamoxifen to standard radiotherapy
does not improve the survival of patients with diffuse intrinsic pontine
glioma (J Neurooncol)
03/22/2010
Multifocal polypoid endometriosis in a young woman simulating
vaginal and pelvic neoplasm (J Clin Pathol)
03/19/2010
Pharmacogenetics of CYP2C19: functional and clinical
implications of a new variant CYP2C19*17 (Br
J Clin Pharmacol)
03/18/2010
Subcellular Localization of Activated AKT in Estrogen
Receptor- and Progesterone Receptor-Expressing Breast Cancers. Potential
Clinical Implications (Am J Pathol)
03/16/2010
Breast Cancer: Risk Assessment and Prevention
(South Med J)
03/15/2010
Phase II, Randomized Trial to Compare Anastrozole Combined
with Gefitinib or Placebo in Postmenopausal Women with Hormone Receptor-Positive
Metastatic Breast Cancer (Clin Cancer Res)
03/11/2010
Does Analysis of Biomarkers in Tumor Cells in Lymph Node Metastases Give
Additional Prognostic Information in Primary Breast Cancer?
(World J Surg)
03/11/2010
Prediction of Risk of Distant Recurrence Using the 21-Gene
Recurrence Score in Node-Negative and Node-Positive Postmenopausal Patients
With Breast Cancer Treated With Anastrozole or Tamoxifen: A TransATAC Study
(J Clin Oncol)
03/11/2010
PKA-induced phosphorylation of ERalpha at serine 305
and high PAK1 levels is associated with sensitivity to tamoxifen in ER-positive
breast cancer (Breast Cancer Res Treat)
03/10/2010
Excellent outcomes with adjuvant toremifene or tamoxifen
in early stage breast cancer (Cancer)
33) IL SULFORAFANO DEI BROCCOLI INIBISCE LE STAMINALI
DEL CANCRO AL SENO
Uno studio americano pubblicato su 'Clinical Cancer Research' e condotto
dall’ equipe di Duxin Sun del Comprehensive Cancer Centre del Michigan ha
evidenziato che il sulforafano, una sostanza contenuta in abbondanza nei
broccoli, e' in grado di uccidere le staminali del cancro al seno e di prevenire
la crescita di nuove neoplasie.
Le staminali del cancro, ricordano gli esperti Usa, sono le cellule-serbatoio
che alimentano un tumore e che i tradizionali farmaci chemioterapici non
sono capaci di colpire. Il sulforafano invece riesce a bersagliarle, anche
se a concentrazioni superiori rispetto a quelle assunte consumando broccoli
come contorno a tavola. Sun e colleghi hanno sperimentato l'effetto di diverse
dosi di sulforafano estratto dai broccoli su cellule di cancro al seno prelevate
da topi malati.
Hanno quindi osservato una netta riduzione delle staminali tumorali dopo
il trattamento con questa sostanza e hanno anche rilevato che le cellule
neoplastiche trattate non erano in grado di generare nuovi tumori. Gli studiosi
hanno poi testato il sulforafano su cellule umane di cancro al seno in coltura,
confermando anche in questo caso l'effetto dell'estratto di broccolo sulle
staminali tumorali.
Attualmente l'equipe statunitense sta mettendo a punto una tecnica per estrarre
e conservare ingenti quantità di questa sostanza antitumorale.
Per approfondimenti
http://clincancerres.aacrjournals.org/content/16/9/2580.abstract?sid=fc316b8f-c98c-4105-a15c-533bd31e08ae
34) SCOPERTE CINQUE NUOVE MUTAZIONI GENETICHE ASSOCIATE
AL CANCRO AL SENO
Sono state scoperte cinque nuove mutazioni genetiche associate con il rischio
di contrarre il cancro al seno. La ricerca è stata pubblicata su Nature
Genetics da un gruppo di scienziati coordinato dal britannico Douglas Easton
dell'universita' di Cambridge.
Queste varianti genetiche, secondo i ricercatori, sarebbero collegate all'8%
circa del rischio familiare di ammalarsi di questo tipo di tumore. Altre
varianti genetiche molto piu' rare sarebbero associate a un ulteriore 20%
di rischio collegato alla familiarita', ovvero sempre a cause ereditarie.
Il cancro al seno, spiegano gli esperti, e' il piu' comune tipo di cancro
nelle donne dei Paesi sviluppati, responsabile di circa mezzo milione di
morti ogni anno in tutto il mondo.
La storia familiare, proseguono, e' un fattore di rischio ben documentato
per questo tipo di tumore. Per le donne, se si ha una parente di primo grado
che si e' ammalata di tumore al seno, il rischio di contrarre la malattia
raddoppia.
Precedenti studi hanno identificato 13 varianti genetiche comuni associate
con l'incremento del rischio del tumore al seno. Per identificarne altre,
i ricercatori hanno esaminato la piu' grande analisi genetica delle pazienti
con il tumore al seno. In tutto e' stato analizzato il genoma di 16.536
pazienti che ha permesso di identificare cinque nuove regioni del Dna, sui
cromosomi 9, 10 e 11, associate con la suscettibilita' alla malattia.
Per approfondimenti
http://www.nature.com/ng/journal/vaop/ncurrent/abs/ng.586.html#/
35) Il sapore del latte materno dipende da ciò che mangia
la madre
E’ quanto affermano gli scienziati dell’università di Copenhagen in una
ricerca pubblicata dal New Scientist.
Ciò che più colpisce è che il sapore degli alimenti consumati viene letteralmente
assorbito dal latte in pochi minuti. Per esempio il gusto della liquirizia
raggiunge il seno in due ore e quello della banna addirittura in una ora
soltanto.
Il mentolo insaporisce il latte per ben 8 ore Esistono cibi che danno al
latte il loro sapore sgradevole :cavoli e broccoli e tutti i vegetali che
fanno parte della famiglia delle crocifere.
E anche aglio e cipolla danno al latte il loro sapore caratteristico. Sapori
gradevoli o sgradevoli trasmessi dai cibi alla secrezione di latte hanno
una durata che non supera le 8 ore.
36) IN ITALIA AUMENTANO I CASI DI CANCRO AL SENO IN GRAVIDANZA
L'innalzamento dell'eta' media della prima gravidanza al di sopra dei 30
anni e la possibilita' di ottenere una diagnosi sempre piu' precoce del
tumore al seno, fanno si' che in Italia una gravidanza ogni 3000 sia funestata
dal tumore alla mammella della gestante. Risulta infatti che ben il 15%
dei tumori al seno diagnosticati in donne al di sotto dei 35 anni si verifica
durante la gravidanza. Sara' questo uno degli argomenti al centro della
Insubria International Summer School, organizzata dall'Universita' dell'Insubria
a Varese il 10 e l'11 giugno 2010 e che sara' incentrata integralmente sul
tema del tumore al seno.
L'evento, che richiamera' centinaia di senologi da tutto il mondo, vedra'
l'intervento di ben sette relatori dal Memorial Sloan-Kettering Cancer Center
di New York, uno dei piu' prestigiosi centri oncologici al mondo, e di studiosi
a livello internazionale del carcinoma mammario, fra cui Umberto Veronesi
e Laszlo Tabar, dell'Universita' di Uppsala (Svezia)'.
Nonostante i continui controlli per la gravidanza, nel 90% dei casi sono
le stesse pazienti a rilevare i sintomi della malattia: per cui il ritardo
diagnostico risulta essere tra 1.5 e 6 mesi.
37) Cancro mammario, polimorfismi e fattori ambientali
Non si hanno molte informazioni circa gli effetti combinati sull'incidenza
del cancro mammario da parte dei polimorfismi di suscettibilità genetica
a bassa penetranza e i fattori ambientali (rischio riproduttivo, ambientale
e antropometrico).
Per questo motivo, Ruth C. Travis e collaboratori dell'Università di Oxford
e del Million women study, hanno voluto cercare le prove delle interazioni
tra gene e ambiente, mettendo in relazione i rischi relativi genotipici
per tumore della mammella con altri fattori in un ampio studio prospettico
nel Regno unito.
Sono state testate tali interazioni in 7.610 donne che hanno sviluppato
la neoplasia e in 10.916 controlli senza la malattia, studiando gli effetti
di 12 polimorfismi in relazione alle informazioni raccolte in modo prospettico
su dieci provati fattori di rischio ambientale: età al menarca, parità,
età alla prima nascita, allattamento, stato menopausale, età alla menopausa,
uso di terapia ormonale sostitutiva (Hrt), indice di massa corporea, altezza
e consumo di alcol. Al termine del test multiplo, però, nessuno dei 120
raffronti ha fornito una prova significativa di interazione gene-ambiente.
Contrariamente a indicazioni precedenti, si è avuta qualche minima evidenza
che il rischio relativo genotipico fosse influenzato dall'uso dell'Hrt,
indipendentemente dal fatto che la malattia fosse positiva al recettore
per gli estrogeni.
La conclusione del team di ricercatori non può che essere una sola: i rischi
di tumore mammario associati a polimorfismi di suscettibilità a bassa penetranza
non variano in modo significativo in base ai dieci fattori ambientali presi
in considerazione nello studio.
Lancet, 2010 Jun 2. [Epub ahead of print]
38) UNA TECNICA ITALIANA SALVA LA FERTILITA' DOPO IL
CANCRO AL SENO
Una tecnica tutta italiana preserva la fertilita' dalla tossicita' della
chemioterapia. I risultati dello studio coordinato da Lucia Del Mastro,
dell'Istituto tumori di Genova, sono presentati al Congresso della Societa'
Americana di oncologia medica (Asco), in corso a Chicago.
Tutto parte da quando attraverso l’induzione di una menopausa precoce, la
chemio impedisce la possibilita' di avere una gravidanza nel 60% dei casi.
Con la nuova tecnica alle pazienti si somministra un farmaco, la triptorelina,
che blocca la stimolazione dell'ovaio da parte degli ormoni.
Questo stato di quiescenza diminuisce la tossicita' della chemio, che e'
maggiore nei tessuti che si rinnovano rapidamente come accade per i capelli.
In Italia 500 donne sono diventate mamme, naturalmente, dopo aver superato
il cancro.
Lo studio, condotto in 16 centri italiani, ha coinvolto 280 pazienti. A
un anno dalla fine della chemio, il 77% delle pazienti che erano entrate
in menopausa precoce e avevano assunto il farmaco , hanno riconquistato
le funzioni ovariche, rispetto al 58% delle altre.
Vedi anche
http://www.corriere.it/salute/sportello_cancro/10_giugno_05/diventare-mamm-dopo-cure-anticancro_6c981fe4-70a0-11df-aae4-00144f02aabe.shtml
39) UN NUOVO TEST DEL SANGUE EFFETTUA LA DIAGNOSI PRECOCE
DEL CANCRO AL SENO E ALLA PROSTATA
Un nuovo test, messo a punto da un'azienda statunitense promette di scoprire
il tumore quando e' ancora molto piccolo, con una sensibilita' del 92% dei
casi e una specificita' del 100%.
Lo dimostrano i dati preliminari presentati al congresso della Societa'
americana di oncologia medica (Asco), il piu' importante appuntamento dell'oncologia
mondiale, in corso a Chicago. La tecnologia messa a punto dai ricercatori
della Chronix Biomedical identifica le impronte genetiche lasciate da una
particolare malattia, rintracciando i frammenti di Dna rilasciati nel sangue
dalle cellule danneggiate e pronte per il meccanismo dell'apoptosi. I dati
emersi dallo studio condotto su 575 persone ancorche' preliminari mostrano
la disponibilita' di una nuova piattaforma diagnostica e prognostica, in
grado di scovare alcuni tumori piu' precocemente e in modo piu' accurato
di quello che e' oggi possibile.
Il test utilizza specifici algoritmi per scovare, analizzare e identificare
questi frammenti di Dna 'spia' del tumore. La maggior parte di essi proviene
da un numero limitato di regioni del genoma, specifiche per ogni tipo di
cancro: in particolare sono 29 aree critiche per quello del seno e 32 per
la prostata.
In questo modo non e' necessario isolare e analizzare prima le presunte
cellule tumorali per arrivare alla diagnosi
40) Estrogeni equini in post-menopausa, pro e contro
Gli estrogeni coniugati equini (Cee) riducono i sintomi vasomotori e la
secchezza vaginale rispetto ai valori basali riscontrati nelle donne in
post- menopausa, ma peggiorano la riduzione del tono mammario. La probabilità
di sviluppare sintomi risulta significativamente più alta nelle donne che
sospendono il trattamento con Cee rispetto al placebo, a prescindere dalla
sintomatologia accusata al basale. I potenziali effetti della somministrazione
di Cee, quindi, devono essere considerati prima di instaurare il trattamento
per ridurre i sintomi della menopausa.
Le indicazioni provengono dallo studio randomizzato, placebo-controllato
Women's health initiative che ha sottoposto ad analisi intention-to-treat
10.739 donne prima e un anno dopo la randomizzazione a Cee o placebo.
È stata effettuata anche un'analisi di coorte su 3.496 donne che hanno continuato
ad assumere Cee fino alla chiusura del trial e che si sono sottoposte all'esame
dei sintomi subito prima e dopo l'interruzione del trattamento. Circa un
terzo delle pazienti ha riportato al basale almeno un sintomo moderato o
severo. I sintomi riportati tendevano a ridursi all'aumentare dell'età (ad
eccezione di dolore e rigidità articolare).
Dopo un anno si è notato, nelle pazienti in terapia ormonale, una riduzione
di vampate, sudorazioni notturne e secchezza vaginale ma anche una riduzione
del tono delle mammelle: quest'ultimo effetto si è mantenuto significativamente
più alto nel gruppo Cee fino alla conclusione dello studio. Dopo la cessazione
del trattamento, i sintomi vasomotori sono stati riferiti in modo significativamente
maggiore dalle donne che accusavano sintomi al basale, rispetto a quelle
che non li avevano segnalati, e dalle donne assegnate al gruppo Cee rispetto
al placebo (9,8% vs 3,2%).
Fra le donne che non avevano registrato sintomi moderati o gravi al basale,
le vampate erano cinque volte più frequenti dopo l'interruzione della terapia
ormonale rispetto al gruppo placebo (7,2% vs 1,5%).
Allo studio, che porta la prima firma di Robert Brunner dell'university
of Nevada school of Medicine di Reno (Stati uniti), hanno collaborato una
quarantina di centri americani. Menopause, 2010 Jun 2. [Epub ahead of print]
41) Ca mammario, lieve aumento del rischio da antipertensivi
Nelle pazienti in terapia antipertensiva a lungo termine (almeno cinque
anni) si osserva un lieve aumento del rischio di cancro mammario invasivo:
l'incremento del rischio però appare limitato alle donne più giovani e al
tumore con stato recettoriale estrogenico positivo (Er+).
Questo il verdetto del California teachers study, un ampio studio prospettico
effettuato sui dati di 114.549 donne ipertese e in terapia antipertensiva
"lifetime" regolare: fra queste pazienti nel periodo compreso tra il 1995
e il 2006 sono stati diagnosticati 4.151 tumori invasivi della mammella.
Informazioni addizionali sull'impiego di farmaci antipertensivi sono state
raccolte su 73.742 donne nel 2000-2001, di cui 1.714 hanno poi sviluppato
cancro mammario. Lo studio, firmato da Joan Largent e dai suoi collaboratori
del college of Health sciences, university of California Irvine, mostra
un modesto aumento del rischio del tumore invasivo nelle donne in terapia
antipertensiva da almeno cinque anni rispetto alle donne che non hanno fatto
uso di farmaci antipertensivi (Rr 1,18).
Questo aumento di rischio appare confinato ai tumori Er (Rr 1,21) e alle
donne in pre e peri-menopausa (Rr 1,58). Cancer Causes Control, 2010 Jun
6. [Epub ahead of print]
42) INDIVIDUATO UN NUOVO MARCATORE TUMORALE DEL TESSUTO
MAMMARIO
E’ stato di recente pubblicato su “Scienze Signaling” un lavoro cui ha partecipato
l’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena (IRE), che ha messo in evidenza
grazie all’analisi molecolare, un precoce meccanismo di alterazione cellulare
su cui si potrebbe intervenire.
Gli studiosi sono infatti riusciti ad individuare marcatori molecolari del
tessuto tumorale mammario che compaiono in una fase estremamente precoce
della trasformazione neoplastica del tessuto.
Si tratta di alcuni MicroRNAs (miRNA) individuati come attenuatori dei processi
di oncogenesi.
L’Epidermal Growth Factor o EGF, fattore di crescita che gioca un importante
ruolo nella formazione e proliferazione di cellule dei tumori, riduce l’espressione
dei miRNA con conseguente incremento di geni ad attività oncogenica.
Tuttavia questo meccanismo è stato individuato solo nelle cellule tumorali
mentre nel tessuto peritumorale i MicroRNAs stimolati con EGF non hanno
attenuato la propria espressione. La ridotta espressione di questi miRNA
rappresenta quindi un potenziale segnale di trasformazione tumorale ed è
un evento molecolare molto precoce. Lo studio ha comparato 2 importanti
casistiche, la prima dell’Università di medicina di Oslo e la seconda dell’IRE.
Nella prima casistica l’analisi molecolare del solo tessuto canceroso del
seno ha confermato che la ridotta espressione di un gruppo di miRNA indotta
dal fattore EGF favoriva la crescita abnorme di cellule tumorali.
Con l’analisi molecolare della seconda casistica che comprendeva anche il
tessuto peritumorale, si è visto che non c’è solo un rapporto di causa effetto.
Infatti se depotenziando un gruppo di 23 MicroRNAs si verifica un attivazione
potente di oncogeni, nella casistica fornita dall’Istituto Regina Elena
che comprendeva anche tessuto peritumorale, si è visto che l’alterazione
dei MicroRNA prodotta dal trattamento con EGF è specifica del tessuto tumorale
e non del corrispettivo peritumorale. In definitiva la ridotta espressione
di questi miRNA è un potenziale marcatore del tessuto tumorale mammario
ed è un evento molecolare molto precoce di trasformazione tumorale.
Tale precocità si ascrive al fatto che la modulazione dell'espressione dei
miRNA precede quella dell'espressione genica i cui prodotti proteici causano
la trasformazione tumorale del tessuto mammario
http://stke.sciencemag.org/cgi/content/summary/sigtrans;3/124/ra43
43) Tumori: l'olio d'oliva protegge da quelli al seno
?
Un filo d'olio d'oliva al giorno può aiutare a tenere a bada il tumore al
seno. Un gruppo di ricercatori dell'Università Autonoma di Barcellona
ha dimostrato che l'olio è in grado di attaccare lo sviluppo dei tumori,
impedendone la crescita e proteggendo il DNA da eventuali danni.
Secondo quanto riportato dalla rivista Carcinogenesis, i ricercatori avevano
come obiettivo quello di capire perchè molti studi precedenti hanno collegato
una dieta ricca di olio d'oliva con un calo del rischio tumori.
Dagli esperimenti condotti sui topolini è stato possibile dimostrare che
l'olio vanifica l'attività di un gene responsabile della crescita del tumore
al seno. L'olio d'oliva, ingrediente fondamentale della dieta mediterranea,
avrebbe anche 'disattivato' le proteine che mantengono in vita le cellule
del cancro.
In questo modo si riesce anche ad avere una protezione dai danni che il
cancro può causare al DNA. Per questo Eduard Escrich, uno degli autori dello
studio, consiglia di consumare 50 ml, cioè 10 cucchiaini, di olio extravergine
di oliva al giorno. Solo il consumo prolungato dell'olio può dare
44) Oncologia Ok a radioterapia intraoperatoria nel ca
mammario
Per alcune pazienti selezionate affette da cancro mammario allo stadio precoce,
una singola dose di radioterapia somministrata durante la chirurgia (radioterapia
mirata intraoperatoria, Rim) dovrebbe essere considerata un'alternativa
alla radioterapia esterna (Re) erogata nel corso di alcune settimane.
Questo il verdetto dello studio prospettico, randomizzato, di non-inferiorità
Targit-A che ha reclutato donne con un'età di almeno 45 anni colpite da
carcinoma della mammella duttale invasivo e avviate a chirurgia conservativa
in 28 centri di nove Paesi, tra cui per l'Italia il centro di riferimento
oncologico di Aviano. Come outcome primario gli autori Jayant S. Vaidya,
della Division of Surgery and Interventional Science, University College
di Londra e collaboratori, hanno assunto la recidiva locale nella mammella
operata e come margine pre-definito di non-inferiorità rispetto ai controlli
sottoposti a Re una differenza assoluta del 2,5% dell'outcome primario.
In totale 1.113 pazienti sono state randomizzati nel gruppo Rim e 1.119
nel gruppo Re.
Delle 996 pazienti del gruppo Rim, 854 (86%) hanno ricevuto solo Rim e 142
(14%) Rim e Re.
Tra le pazienti allocate nel gruppo Re, 1.025 (92%) sono state effettivamente
trattate con Re. Dopo quattro anni nel gruppo Rim sono state registrate
sei recidive locali nella mammella sottoposta a chirurgia conservativa contro
cinque recidive del gruppo Re. La stima di Kaplan-Meier per la recidiva
locale nella mammella interessata si è attestata sull'1,20% nel gruppo Rim
e sullo 0,95% in quello Re.
La frequenza delle complicazioni e degli episodi di tossicità maggiore è
risultata simile nei due gruppi: la tossicità maggiore ha interessato il
3,3% delle pazienti del gruppo Rim contro il 3,9% osservato in quello Re.
La tossicità associata alla radioterapia (Radiation Therapy Oncology Group
di grado 3) è risultata inferiore nel gruppo Rim (0,5%) rispetto al gruppo
Re (2,1%).
Lancet, 2010; 376(9735): 91-102
45) I PRODOTTI PER LE PULIZIE (antimuffa) AUMENTANO IL
RISCHIO DI CANCRO AL SENO
I comuni prodotti per la pulizia della casa potrebbero aumentare il rischio
di tumori al seno. Lo afferma una ricerca americana pubblicata da Environmental
Health, secondo cui gli agenti anti-muffa e i deodoranti per ambienti sono
i prodotti piu' pericolosi.
I ricercatori hanno sottoposto questionari sulle abitudini domestiche a
787 donne con tumore al seno e a 721 donne sane, concentrandosi sull'uso
dei prodotti per le pulizie. Dall'analisi e' emerso che in media le donne
che puliscono casa hanno il 110 per cento di probabilita' in piu' di sviluppare
il cancro rispetto alle altre.
Tra i prodotti segnalati come piu' pericolosi ci sono gli antimuffa, quelli
per la pulizia del forno, gli insetticidi e i deodoranti per la casa, che
secondo lo studio non dovrebbero essere usati piu' di una volta alla settimana.
http://www.ehjournal.net/content/9/1/40/abstract
46) IDENTIFICATE LE CELLULE TUMORALI STAMINALI DEL CARCINOMA
MAMMARIO
La rivista internazionale Cell Cycle ha pubblicato uno studio sulle cellule
staminali tumorali di carcinoma mammario condotto dai ricercatori dell’
Area di Medicina Molecolare dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena,
in collaborazione con ricercatori dell’Università Magna Graecia di Catanzaro.
Lo studio dimostra la possibilità di poter identificare una sottopopolazione
di cellule tumorali della mammella dette cellule tumorali staminali attraverso
un determinato colorante (Blu di Toluidina) e individua dei composti, in
parte naturali, in parte sintetici, che interferiscono con la proliferazione
delle cellule staminali tumorali mentre non hanno effetti sulle cellule
non tumorali di mammella.
Le cellule staminali tumorali costituiscono una minoranza di cellule cancerose
resistenti ai comuni chemioterapici e radioterapici e in grado di ricostituire
il tumore a distanza di tempo, per cui identificare nuovi principi attivi
in grado di eliminarle in maniera selettiva è un passo importante verso
la completa guarigione dal cancro.
I ricercatori hanno testato più di 200 composti, sia naturali che sintetici,
con l’obiettivo di identificare dei principi attivi capaci di inibire in
modo specifico la proliferazione delle cellule staminali tumorali, che solitamente
sono resistenti ai comuni chemioterapici.
Le cellule staminali tumorali usate negli esperimenti sono state selezionate
a partire da cellule di carcinoma mammario (MCF-7) mediante colorazione
al blu di toluidina. Queste cellule staminali mostrano infatti una colorazione
più chiara rispetto alle altre.
Sono state così individuate quattro sostanze, tra cui la buteina, un antiossidante
naturale, che hanno effetti solo sulle cellule staminali tumorali mentre
esplicano un’azione blanda sia sulle altre cellule tumorali non-staminali
e, soprattutto, su quelle normali.
I ricercatori hanno infatti scoperto che alcune di queste sostanze agiscono
su un importante meccanismo che regola la proliferazione e trasformazione
delle cellule staminali tumorali e la loro resistenza ai farmaci.
http://www.landesbioscience.com/journals/6/article/12371/
47) Ansia e depressione da radioterapia per Ca mammario
iniziale
Un intervento terapeutico può rendersi necessario al fine di ridurre l'ansia
e la depressione che si sviluppano temporaneamente in corso di radioterapia
nelle pazienti con cancro mammario allo stadio iniziale. Questo è particolarmente
vero nei casi che non vengono trattati con la terapia endocrina e che optano
per un ciclo di radioterapia convenzionale.
L'indagine di Eri Kawase e collaboratori della Saitama medical school di
Saitama (Giappone), ha coinvolto 172 donne con tumore al seno allo stadio
I o II avviate a radioterapia cui è stato chiesto di rispondere a due questionari
immediatamente prima e dopo la terapia: l'Hospital anxiety and depression
scale (Hads) e la Radiotherapy categorical anxiety scale.
I risultati dello studio dimostrano che i punteggi medi di ansia e depressione
(Hads e Radiotherapy categorical anxiety scale) si riducono dopo la radioterapia.
Il punteggio medio della depressione (Had-D) nel gruppo trattato con la
radioterapia convenzionale è maggiore di quello che si osserva nelle pazienti
avviate a radioterapia ipofrazionata prima e dopo la radioterapia. Inoltre,
i punteggi medi dell'ansia e della depressione (Hads) nel gruppo in terapia
endocrina sono inferiori a quelli che si riscontrano nel gruppo non avviato
a terapia endocrina prima del trattamento. Comunque, i punteggi dopo il
trattamento di entrambi i gruppi non raggiungono la significatività.
Breast Cancer, 2010 Sep 3. [Epub ahead of print]
48) DALLO STUDIO DELL’ACIDITA’ DEI TUMORI UN’ALTERNATIVA
ALLA CHEMIO
Sono cinque i trial clinici basati su un'alternativa alla chemioterapia
presentati all'Istituto Superiore di Sanita' durante il Primo Simposio Internazionale
dedicato a tutti gli studi su cui sta puntando l'International Society for
Proton Dynamics in Cancer' (ISPDC) che utilizzano queste nuove strategie
antitumorali.
Per Stefano Fais, del Dipartimento del Farmaco dell'Istituto Superiore di
Sanita', l'obiettivo e' quello di colpire soltanto il target molecolare
che causa il tumore, per evitare gli effetti collaterali frequenti nelle
terapie tradizionali utilizzando inibitori della pompa protonica per interrompere
la crescita della massa tumorale.
Questi studi sono partiti dalla considerazione che l'acidita' e' una caratteristica
del microambiente tumorale tanto che le cellule normali ai livelli di acidita'
nei quali normalmente cresce il tumore muoiono.
Queste condizioni si creano progressivamente durante la crescita del tumore,
con un iniziale accumulo di acido lattico, dovuto al metabolismo tumorale,
e la successiva selezione di cellule che per sopportare l'incremento dell'acidita'
fanno iperfunzionare delle pompe cellulari che eliminano protoni all'esterno
della cellula.
I primi due studi clinici eseguiti in Italia all'Istituto dei Tumori di
Milano ed all'Universita' di Siena sono per i melanomi e presso il Gruppo
Italiano per i sarcomi, con sede a Bologna per gli osteosarcomi.
Lo stesso approccio e' utilizzato per combattere il carcinoma alla mammella
presso la Fudan University di Shangai. Anche il bicarbonato assunto per
bocca potra' rientrare fra le nuove terapie anti-tumorali, utilizzato in
Florida dal professor Robert Gatenby del Dipartimento di oncologia integrata
al Cancer Center di Tampa'.
A Tokio, invece, il prof. Kusuzaki del Dipartimento di Oncologia dell'Universita'
di Edobashi usa una vecchia molecola, l'arancio di acridina per combattere
i sarcomi. L'arancio di acridina si concentra negli organuli acidi della
cellula e, in risposta ad uno stimolo luminoso (raggi x), si trasforma in
un composto altamente tossico per le cellule tumorali, senza conseguenze
per i tessuti normali circostanti.
Tutte queste terapie sono basate sull'utilizzo di farmaci che usano l'acidita'
tumorale come target o inibendo i meccanismi che la causano (inibitori di
pompa protonica) o semplicemente tamponando (bicarbonato) o cambiando il
loro stato una volta concentrati all'interno dei tumori (arancio di acridina).
49) Se Lei ha un tumore al seno lui rischia il ricovero
per depressione.
Secondo uno studio pubblicto dalla rivista Cancer, i partner di donne affette
da tumore l seno, sono ad lto rischio di ospedalizzazione per disturbi bipolari
(incremento del 39 %) o depressione.
I ricercatori dell'Institute of Cancer Epidemiology di Copenaghen hanno
studiato i dati di più di un milione di cittadini danesi sopra i 30 anni,
che non avevano precedenti di problemi mentali, per 13 anni. Nel periodo
studiato hanno avuto il tumore al seno le partner di più di 20mila soggetti,
e 180 di questi hanno avuto problemi mentali tali da farli ospedalizzare,
un numero maggiore del 40% rispetto agli altri.
"Il tumore al seno non colpisce solo le donne, ma anche i loro partner -
afferma Christoffer Johansen, che ha guidato lo studio - pensiamo che sarebbe
utile effettuare degli screening per prevenire questo problema
50) PER I PARENTI DI DONNE MALATE DI TUMORE AL SENO IL
RISCHIO DI CANCRO E’SETTE VOLTE MAGGIORE
I familiari delle donne colpite da cancro al seno corrono un rischio sette
volte maggiore di sviluppare una forma di tumore. E' quanto emerge dallo
studio pubblicato sul British Journal of Cancer dai ricercatori dell'Universita'
di Melbourne, in Australia.
La ricerca, condotta sul genoma di 2.208 soggetti, ha dimostrato che la
parentela con donne colpite da cancro alla mammella aumenta fino a 7 volte
la probabilita' di incorrere in una forma di tumore.
Gli studiosi hanno infatti osservato che il rischio di cancro ovarico risulta
superiore di 2,5 volte, quello di carcinoma al seno di 3, di tumore alla
prostata di 6,5, alla vescica di 4, al cervello di 3 e al polmone di 7.
Per approfondimenti
http://www.nature.com/bjc/journal/v103/n7/abs/6605876a.html
51) CON LA TERAPIA ORMONALE sostitutiva
PIU’ PROBABILITA’ DI CONTRARRE UN CANCRO AL SENO
Le donne in menopausa che assumono una terapia ormonale combinata hanno
un elevato rischio di avere una diagnosi tumorale a uno stadio pu' avanzato
e di morire di cancro.
Lo sostiene un nuovo studio americano finanziato dal governo federale, la
Women's Health Initiative (WHI), che era stato fermato nel 2002 dopo che
alcuni dati avevano mostrato che donne che prendevano una combinazione di
estrogeni e ormoni progestinici avevano un piu' alto rischio di cancro.
Il nuovo studio, pubblicato nell'edizione di questa settimana della rivista
Jama dell'American Medical Association, ha scoperto che le donne che avevano
fatto nel passato una terapia ormonale e l'avevano interrotta quando il
WHI era terminato, avevano fatto registrare un tasso di mortalita' da cancro
al seno lievemente piu' alto di quelle che non prendevano ormoni. Per la
loro analisi, Rowan Chlebowski del Los Angeles Biomedical Research Institute
all'Harbor-UCLA Medical Center e i suoi colleghi hanno tenuto sotto osservazione
16.608 donne in post-menopausa tra i 50 e i 79 anni, senza isterectomia.
Il follow-up di 11 anni dei partecipanti al WHI ha rilevato che 385 donne
che avevano assunto ormoni per una media di 5,6 anni (lo 0,42 per cento)
avevano sviluppato un cancro mammario invasivo, rispetto alle 293 che avevano
ricevuto un placebo (lo 0,34 per cento).
A una frazione significativamente piu' grande delle donne nel gruppo in
ormone-terapia -81, pari al 23,7 per cento- e' stato successivamente diagnosticato
che il cancro al seno si era diffuso ai linfonodi (nel gruppo con il placebo,
invece, solo 43 donne, il 16,2 per cento, erano arrivate a tale stadio).
E 25 delle donne che avevano preso una ormone-terapia erano morte di cancro
al seno (rispetto alle 12 donne trattate con un placebo).
Il che tradotto vuol dire, da una a due morti in piu' per carcinoma mammario
annualmente ogni 10mila donne che avevano utilizzato la terapia ormonale.
<<< Prima di lanciare allarmi ingiustificati occorre però attendere
che questi dati siano confermati, dato che esistono anche evidenze contrastanti
circa gli effetti dell'associazione estroprogestinica sul carcinoma mammario.
>>>
Per approfondimenti
http://jama.ama-assn.org/cgi/content/abstract/304/15/1684?maxtoshow=&hits=10&RESULTFORMAT=&fulltext=Rowan+Chlebowski&searchid=1&FIRSTINDEX=0&resourcetype=HWCIT
52) RIDIMENSIONATO al 10% CHE MANGIARE FRUTTA E VERDURA
PROTEGGA DAL CANCRO
Confermati altri fattori di rischio. Uno studio della Oxford University,
pubblicato sulla rivista British Journal of Cancer è giunto alla conclusione
che il rischio di sviluppare il cancro e' associato piu' alla quantità del
cibo ingerito piuttosto che non su che cosa si mangia.
Per arrivare a queste conclusioni i ricercatori hanno effettuato una revisione
di precedenti ricerche, analizzando almeno un decennio di legami tra frutta
e verdura e lo sviluppo del cancro. Dall'indagine è emerso che non ci sono
evidenze scientifiche convincenti che dimostrano l'esistenza di questo legame.
Gli unici fattori legati all'alimentazione che sicuramente influenzano il
rischio di cancro sono l'obesita' e l'alcol.
Il tabacco rimane la causa principale di sviluppo del tumore. Mentre il
fumo aumenta il rischio di sviluppare il cancro fino a 50 volte, il grande
consumo di frutta e verdura puo' ridurre il rischio al massimo del 10 per
cento. Secondo Tim Key, epidemiologo della Oxford University, mentre sono
indubbi i benefici derivanti nel mangiare frutta e verdura, non e' ancora
mai stato dimostrato che ci protegge dal cancro.
Tuttavia, e' innegabile che il cancro e' fortemente legato all'essere in
sovrappeso o all'obesita', e al consumo di piu' alcolici rispetto ai limiti
giornalieri raccomandati. "Frutta e verdura sono una parte importante di
una dieta sana e una buona fonte di nutrienti", ha detto Key.
"Ma i dati finora non dimostrano che mangiare maggiori quantita' di frutta
e verdura - ha continuato - offre molta protezione contro il cancro.
Ma c'e' una forte evidenza scientifica che dimostra che, dopo il fumo, il
sovrappeso e l'alcol sono due dei piu' grandi rischi del cancro". Le persone
in sovrappeso producono alti livelli di alcuni ormoni rispetto alle persone
che hanno un peso normale e questo puo' contribuire ad aumentare il rischio
di cancro al seno. Essere in sovrappeso puo' aumentare il rischio di sviluppare
altri tumori comuni, come quello all'intestino, altri difficili da trattare,
come il cancro al pancreas, all'esofago e al rene.
L'alcol spinge l'organismo a produrre una sostanza chimica che puo' danneggiare
le cellule aumentando il rischio di sviluppare un tumore alla bocca, alla
gola, al seno, al colon e al fegato.
Per approfondimenti:
http://www.nature.com/bjc/journal/vaop/ncurrent/abs/6606032a.html
53) Tumori, in 20 anni raddoppiata la sopravvivenza
Sono 2.250.000 gli italiani che vivono con una diagnosi di tumore (il 4%
dell'intera popolazione), ma oggi questa malattia fa meno paura perché in
molti casi può essere sconfitta definitivamente. Quasi 800.000 persone (l'1,5%
della popolazione) sono, infatti, vive dopo oltre 10 anni dalla diagnosi
di tumore e rispetto al 1992 il numero di persone viventi con tumore è quasi
raddoppiato. I dati sono contenuti nel rapporto dell'Associazione italiana
registri tumori.
Il Rapporto fotografa al 1 gennaio 2006 la prevalenza della patologia tumorale
in Italia basandosi sui dati raccolti da 24 Registri tumori Italiani attivi
da almeno 5 anni. Il Rapporto rivela che la maggior parte dei malati di
tumore sono donne (1.250.000) e persone anziane.
Ci sono inoltre differenze geografiche rilevanti nella percentuale di persone
viventi con tumore, visto che si passa da oltre il 5% in alcune aree del
Nord, fino a valori tra il 2 e il 3% al Sud.
Ma c'é un dato che fa ben sperare: Quasi 1.300.000 italiani (2,2% della
popolazione) sono lungosopravviventi, hanno cioè avuto una diagnosi di tumore
da più di 5 anni e sono i soggetti spesso liberi da malattia e da trattamenti
antitumorali.
54) I BATTERI POTENZIANO L’EFFETTO ANTICANCRO DEI BROCCOLI
Gli effetti anticancro dei broccoli possono essere potenziati da batteri
presenti nell'intestino.
E' quanto emerge da uno studio americano pubblicato su 'Food & Function'
che spiega come il sulforafano, il composto antitumorare identificato da
tempo nei broccoli, viene idrolizzato a partire da un precursore, la glucorafanina,
con l'aiuto dei batteri presenti nel colon, dove viene assorbito dall'organismo.
La scoperta apre la strada alla possibilita' di potenziare l'attivita' di
questi batteri e, quindi, il potere anticancro delle verdure.
Ciò potrebbe avvenire per esempio con alimenti probiotici contenenti batteri
idrolizzati. Il sulforafano ha un alto potere antitumorale e bastano due
o tre pasti alla settimana a base di broccoli per avere un effetto significativo.
La sostanza, inoltre, ha anche un'azione antinfiammatoria che aiuta a tenere
lontane malattie croniche che accompagnano l'invecchiamento e l'obesita'.
I ricercatori hanno dimostrato l'efficacia dell'azione di idrolisi iniettando
la glucorafanina nell'intestino di ratti e raccogliendo sulforafano nella
vena mesenterica che va dall'intestino al fegato.
Per approfondimenti
http://pubs.rsc.org/en/Journals/JournalIssues/FO
55) TECNOLOGIE FOTOVOLTAICHE PER RIDURRE LA TOSSICITA'
DELLA CHEMIOTERAPIA
La nanomedicina punta sulle nuove tecnologie fotovoltaiche per ridurre la
tossicita' delle terapie chemioterapiche per combattere i tumori.
La strada e' stata aperta nel corso del AVS 57th International Symposium
& Exhibition di Albuquerque, in New Mexico, da un gruppo di ricerca coordinato
da Tao Xu dell'Universita' del Texas. I ricercatori hanno aperto una finestra
sul futuro e hanno discusso le potenzialita' di un nuovo strumento per il
trattamento dei tumori.
Si tratta di celle fotovoltaiche miniaturizzate, grandi dai 300 ai 500 micrometri.
Impiantando queste mini-celle fotovoltaiche all'interno di una cellula sarebbe
possibile controllare la somministrazione degli agenti chemioterapici in
modo da renderli meno dannosi per l'organismo. Ovviamente, solo dopo aver
dimostrato la assoluta mancanza di tossicita' delle stesse celle. Le attuali
terapie anti-tumorali consistono nella somministrazione di farmaci attraverso
il circolo sanguigno. Ma in questo modo, prima di arrivare a destinazione,
gli agenti chemioterapici entrano in contatto con gli altri tessuti dell'organismo
danneggiandoli. Per cercare di alleviare gli effetti collaterali della chemioterapia,
la ricerca sta quindi lavorando allo sviluppo di farmaci intelligenti, che
colpiscano direttamente le cellule tumorali bersaglio lasciando indisturbati
gli altri tessuti. L'idea sviluppata dall'equipe di Tao Xu e' quella di
impiegare luce infrarossa o laser, in grado di penetrare nei tessuti sino
a 10 centimetri di profondita', per attivare delle celle fotovoltaiche in
miniatura 'caricate' con il farmaco anti-tumorale.
56) Oncologia Cancro del seno, una mammografia all'anno
se è familiare
Quasi 7 donne su 10 tra i 50 e 69 anni si sono sottoposte nel 2009 a uno
screening per la prevenzione del tumore al seno con la mammografia. Una
percentuale rimasta sostanzialmente stabile rispetto al 2007 e 2008 in Italia,
come rileva il rapporto Passi dell'Istituto superiore di sanità (Iss) appena
pubblicato. Tuttavia molte donne si sottopongono a questo esame già prima
dei 50 anni e questa è probabilmente una buona strategia preventiva, da
ripetere ogni anno per le donne a medio rischio familiare di cancro mammario.
In questo sottogruppo, infatti, controlli precoci e ravvicinati potrebbero
ridurre la mortalità. La tesi scaturisce dagli esiti dello studio FH01,
prospettico e a braccio singolo, realizzato in 76 centri della Gran Bretagna,
volto a valutare l'effetto della familiarità per cancro mammario sulla screening
mammografico. Sono state coinvolte 6.710 donne, a rischio familiare intermedio
e di età inferiore a 50 anni, sottoposte a mammografia annua per una media
di quattro anni, i cui dati sono stati confrontati con quelli di due coorti
esterne non inserite in programmi di screening: il gruppo di controllo dell'UK
Age Trial (109.671 donne di età tra 40 e 42 anni, dalla popolazione generale,
seguite per 10 anni) e uno studio scozzese di donne con familiarità per
ca mammario. In 136 partecipanti è stata effettuata una diagnosi di carcinoma
mammario; in 105 (77%) durante lo screening, in 28 (21%) sulla base della
sintomatologia, nell'intervallo tra gli esami, e in tre (2%) sempre sulla
base dei sintomi, dopo la mancata partecipazione all'ultima mammografia.
Nello studio FH01 i tumori invasivi sono risultati significativamente più
piccoli, con minore probabilità di avere linfonodi positivi, e di grado
più favorevole rispetto a quelli del gruppo controllo dell'UK Age Trial,
e mostravano una probabilità significativamente minore di avere linfonodi
positivi rispetto ai tumori rilevati nello studio scozzese. Il valore stimato
di mortalità, calcolato sulla base del punteggio medio Npi (Nottingham prognostic
index) è risultato minore in modo significativo nella coorte FH01 rispetto
al gruppo controllo dell'UK Age Trial e allo studio scozzese. Dopo correzione
per i rischi sottostanti, la mortalità stimata a 10 anni è apparsa significativamente
inferiore nella coorte FH01 (1,10%) rispetto al gruppo controllo dell'UK
Age Trial (1,38%). Lancet Oncol, 2010 Nov 17. [Epub ahead of print]
57) DA ROCHE UNA NUOVA TERAPIA PER IL TUMORE AL SENO
La combinazione di Pertuzumab, farmaco anticorpo sperimentale e di Herceptin,
anticorpo approvato per la prima volta nel 1998, permette alla chemioterapia
di ridurre i tumori in quasi la meta' delle pazienti con una nuova diagnosi
di tumore al seno, sottoposte a cure nel corso di un trial clinico. Entrambi
i farmaci anticorpo sono prodotti da Roche Holding. “I risultati dello studio
NEOSPHERE indicano che questo nuovo approccio è efficace per il trattamento
del carcinoma mammario HER2-positivo in stadio precoce” ha dichiarato il
Professor Luca Gianni, Sperimentatore Principale dello studio e Direttore
di Oncologia Medica all’Istituto Nazionale Tumori di Milano. “La combinazione
di pertuzumab e trastuzumab più chemioterapia ha avuto un effetto notevole
sui tumori mammari HER2-positivi dopo solo quattro cicli (12 settimane)
d’impiego come terapia neoadiuvante”.
58) Ca mammario linfonodo-negativo, adiuvanti con docetaxel
Anche nel cancro mammario linfonodo-negativo ad alto rischio il regime Tac
(docetaxel, doxorubicina e ciclofosfamide) si dimostra in grado di migliorare
il tasso di sopravvivenza libera da malattia rispetto alla terapia adiuvante
Fac (fluorouracile, doxorubicina e ciclofosfamide). La sostituzione di fluorouracile
con il taxano, già rivelatasi una mossa vincente nel cancro mammario linfonodo-positivo,
è stata sperimentata da Miguel Martín, dell'Hospital general universitario
Gregorio Marañón di Madrid, e collaboratori, su 1.060 donne con cancro mammario
e negatività dei linfonodi ascellari in presenza di almeno un fattore di
rischio di recidiva secondo i criteri di St. Gallen del 1998 (studio Geicam
9805). Le pazienti sono state randomizzate a ricevere, dopo la chirurgia,
il regime Tac o il regime Fac ogni tre settimane per sei cicli. Dopo un
follow-up mediano di 77 mesi, la percentuale di pazienti ancora vive e libere
da malattia era superiore nel gruppo Tac (87,6%) rispetto al gruppo Fac
(81,8%), cui ha corrisposto una riduzione del rischio di ricorrenza pari
al 32%. Il beneficio è apparso costante, non influenzato cioè dallo status
dei recettori ormonali, dalla condizione di menopausa o dal numero dei fattori
di rischio. La differenza in termini di sopravvivenza non ha raggiunto però
la significatività (Tac 95,2%, Fac 93,5%). I tassi di eventi avversi di
grado 3-4 si è attestato sul 28,2% con il regime Tac e sul 17,0% con quello
Fac. La tossicità associata a Tac si è comunque ridotta quando veniva praticata
una profilassi primaria con il fattore di crescita delle colonie di granulociti
(G-Csf). New Engl J Med, 2010; 363(23):2200-10
59) UN NUOVO STUDIO SUL TRATTAMENTO DEL TUMORE AL SENO
IN FASE PRECOCE
The Lancet Oncology ha pubblicato i dati di follow-up a 10 anni dello studio
ATAC (Arimidex, Tamoxifen, Alone or in Combination), uno degli studi di
più lunga durata e ampiezza al mondo sulla terapia adiuvante iniziale con
inibitore dell’aromatasi (IA) nelle donne in post-menopausa con carcinoma
mammario precoce. I risultati confermano l'efficacia a lungo termine e il
consolidato profilo di sicurezza di anastrozolo rispetto a tamoxifene, anche
oltre il termine del trattamento. Lo studio dimostra, inoltre, l’effetto
immediato dei benefici di anastrozolo rispetto a tamoxifene e la sua efficacia
protratta fino a cinque anni dal termine del trattamento, un periodo significativamente
più lungo rispetto a quanto valutato in ogni altro studio sugli IA adiuvanti
in tale contesto. Il carcinoma mammario colpisce circa 1,4 milioni di donne
in tutto il mondo ed esiste il rischio a lungo termine (almeno per i successivi
15 anni) di ricomparsa del carcinoma mammario precoce. L'obiettivo del trattamento
di questa patologia è quello di prevenire la recidiva nel breve e nel lungo
termine, in quanto, nel momento della ricomparsa e della diffusione del
carcinoma, la terapia risulta spesso essere solamente un palliativo. Le
nuove evidenze dello studio ATAC forniscono un’ulteriore conferma dell’efficacia
della terapia con anastrozolo fin dal principio, in quanto si è dimostrata
in grado di proteggere le donne dalla recidiva sia nei cinque anni di trattamento
che fino ai cinque anni successivi allo stesso, effetto noto come “carry-over”.
http://www.thelancet.com/journals/lanonc/article/PIIS1470-2045(10)70257-6/fulltext
60) PER LANCET SI POTREBBERO EVITARE 11.000 MORTI DI
TUMORE L’ANNO
Sono oltre 11mila le morti premature per cancro che si potrebbero evitare.
È la stima della rivista Lancet, a partire dall'analisi dei tassi di sopravvivenza
al tumore in 6 Paesi, Australia, Canada, Danimarca, Norvegia, Svezia e Gran
Bretagna. I ricercatori dell'International Benchmarking Partnership hanno
elaborato i dati riferiti a 2,4 milioni di persone tra il 1995 al 2007,
mettendo in evidenza il divario esistente nella prospettiva di vita tra
i pazienti colpiti dal tumore al seno, al colon-retto, all'utero e ai polmoni.
Il Paese con gli indici più positivi è l'Australia. Anche Canada e Svezia
hanno buone posizioni. Anche se le differenze sono in costante livellamento,
in alcuni casi, come il tumore al polmone, il tasso di sopravvivenza a 5
anni è dell'8,8% nel Regno Unito, ma più del doppio (18,4%) nel Paese più
avanti nella graduatoria.
Per approfondimenti
http://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(10)62231-3/fulltext#
61) GLI INTEGRATORI DI SOIA NON AUMENTANO IL RISCHIO
DI CANCRO AL SENO
Uno studio durato due anni ha evidenziato che gli integratori di soia assunti
durante la menopausa non comportano un maggior rischio di cancro al seno
o di altri effetti collaterali ne' sul breve ne' sul lungo periodo. Tuttavia,
sottolineano i ricercatori, questo potrebbe non valere per tutti i tipi
di integratori di soia. Quelli utilizzati per lo studio contenevano infatti
una combinazione di isoflavoni, composti simili agli estrogeni, diversa
da quella che si trova nei preparati normalmente in commercio.
http://www.ajcn.org/content/early/2010/12/22/ajcn.110.008359.abstract?sid=a706f52c-9b9d-4587-bf52-b9125732707e
62) LE SCELTE ALIMENTARI E L'IMPATTO SULLA DURATA DELLA
VITA
Uno studio apparso sul Journal of the American Dietetic Association ha calcolato
con esattezza il peso delle scelte alimentari sulla durata della vita. Esaminati
dall'Universita' del Maryland 2.500 adulti tra 70 e 79 anni di eta' per
oltre 10 anni, e' risultato che una dieta ad alto contenuto di grassi -
carne, fritture, dolci, bibite caloriche e condimenti - incide per il 40%
sul rischio maggiore di mortalita', rispetto a un menù con carni bianche,
pesce, verdure, cereali integrali, frutta.
63) L'EFFETTO PLACEBO FUNZIONA ANCHE CON IL PAZIENTE
CONSAPEVOLE
I placebo, farmaci privi di qualsiasi principio attivo, alleviano i sintomi
di alcune malattie su pazienti all'oscuro della loro inefficacia. I ricercatori
di Harvard sono andati oltre e hanno condotto una nuova sperimentazione
consistente nell'avvisare i pazienti affetti da Sindrome da intestino irritabile
che il farmaco loro prescritto era un placebo. Persino la confezione che
li conteneva riportava l'indicazione in etichetta. Il risultato, pubblicato
su PLoS One, e' che il 59% dei pazienti ha davvero avvertito un miglioramento
dei disturbi, contro il 35% del gruppo di controllo che ha ricevuto una
pillola inattiva, ma a sua insaputa. Per approfondimenti
http://www.plosone.org/article/info:doi/10.1371/journal.pone.0015591
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