Attualità in Senologia 2009



In questa sezione vengono pubblicati articoli di attualità in senologia.

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Indice delle news 2009


1) - Aspettare il verdetto di un esame provoca livelli d’ansia paragonabili a quelli di un responso sfavorevole
2) - Tumore mammario: gravidanza ritarda diagnosi
3) - Carcinoma duttale in situ: utili chirurgia e radioterapia
4) - Le donne tendono a richiedere una mastectomia profilattica in caso di BRCA+
5) - Resi noti i primi risultati sui test di prevenzione del cancro alle ovaie
6) - Bianco o rosso per lei è uguale: il vino fa male al seno
7) - Seno: terapie su misura se la malattia colpisce a 30 anni
8) - I Vegetariani sono meno soggetti ai tumori
9) - Terapia Ormonale e rischio
10) - Discordanza fra tumori mammari primari e metastatici
11) - Veronesi punta alla mortalità zero per il tumore del seno
12) - Staminali: ricostruzione del seno da tessuti adiposi
13) - Tumore mammario: test predice metastasi
14) - Gene "scudo" contro metastasi
15) - Screening mammografico: danni e benefici
16) - Tumore al seno? Si sconfigge mangiando le mele
17) - La pillola può causare il cancro al seno?
18) - Nuova teoria per bloccare cancro e sclerosi multipla
19) - Uso di antinfiammatori riduce il rischio di tumore al seno?
20) - Il consumo di soia riduce il rischio di tumore ?
21) - Consumo di alcool e aumento del rischio di tumore al seno
22) - Il consumo di tè riduce il rischio
23) - Obesità e iperinsulinemia aumentano il rischio
24) - Nelle noci una preziosa fonte di antiossidanti per prevenire il tumore al seno
25) - L’allattamento al seno protegge le donne dalle malattie cardiache
26) - Mammografia: inutile sospendere terapia ormonale
27) - Sono troppo pochi i trial clinici sul cancro effettuati sulle donne
28) - Promettenti risultati nella cura dei tumori con le staminali mesenchimali
29) - Scoperto legame tra contraccettivi e tumore
30) - Tumore mammario: chi non risponde alle antracicline?
31) - Più frequenti i tumori “triplo negativo” tra le donne di etnia nera Triple negative breast cancer and black women - Breast Cancer Research
32) - Nuova teoria per bloccare cancro e sclerosi multipla
33) - La chirurgia nelle donne obese può ridurre significativamente i rischi di tumore al seno
34) - La terapia ormonale sostitutiva associata a tumore maligno della pelle
35) - Scoperto il gene chiave del cancro infiamatorio al seno
36) - Le carote sono anticancro se bollite intere
37) - Fanno bene le carote prima della menopausa per ridurre il rischio di tumore
38) - Più di 40 mila nuovi casi di cancro al seno ogni anno, con un aumento del 13,8% in 6 anni
39) - Numeri controversi sul cancro al seno Risposta dell’epidemiologo Franco Berrino
40) - IL vino aiuta a tollerare meglio la Radioterapia?
41) - Ruolo protettivo dei raggi ultravioletti nel carcinoma mammari
42) - La sindrome metabolica aumenta il rischio di tumore al seno
43) - Il papilloma virus umano non gioca alcun ruolo nel tumore del seno
44) - Con la terapia fotodinamica si opera il tumore al seno senza bisturi
45) - Ulteriore ragione per favorire l’allattamento al seno soprattutto per i nati prematuri
46) - Tumore al seno sovradiagnosticato? Vengono diagnosticate e curate forme tumorali innocue?
47) - Una dieta ad alto carico glicemico (pane bianco, dolci, frutta secca, zucchero e miele) aumenta il rischio di tumore al seno.
48) - Dolore: studio inglese, le parolacce aiutano a sopportarlo.
49) - Continua la disputa sui numeri cancro seno under 45.
50) - La curcuma protegge dal tumore al seno?
51) - Solo il 7% dei malati di cancro segue stili di vita apprpriati
52) - Con SORAFENIB miglioramenti per il tumore al seno
53) - Una nuova molecola distrugge le cellule tumorali
54) - Il disagio psichico nei sopravvissuti da cancro
55) - Nuove linee guida per la diagnosi del cancro al seno HER2-POSITIVO
56) - Con il grasso da liposuzione si può ingrandire il seno?
57) - MICROMETASTES OR ISOLATED TUMOR CELLS AND THE OUTCOME OF BREAST CANCER.
58) - I Parp inibitori sono efficaci contro più forme di cancro
59) - Carcinoma mammario controlaterale: rischi da stili di vita (indice di massa corporea, alcool, fumo…).
60) - Scoperta sulle staminali tumorali responsabili della moltiplicazione delle cellule tumorali
61) - Human papilloma virus is associated with breast cancer.
62) - Meno linfedema con pentoxifillina e vitamina E.
63) - Il Tamoxifene può provocare un cancro addirittura più aggressivo?
64) - Danni cardiaci da antracicline (chemioterapia) e cardioprotezione con dexrazoxano.
65) - La terapia ormonale sostitutiva aumenta il rischio di cancro al polmone?
66) - Brutte notizie sul fronte TOS (terapia ormonale sostitutiva)
67) - Ca mammario: artralgia con inibitori delle aromatasi
68) - Carcinoma mammario: sì a vaccini anti-Her2/neu
69) - Tamoxifen reduces the risk of contralateral breast cancer in premenopausal women: Results from a controlled randomised trial.
70) - Se il medico incoraggia, il placebo ha più effetto.
71) - Latte materno: così induce il sonno nei neonati.
72) - Rischio di recidive per ca mammari invasivi e giovanili
73) - L’ ANALISI DELLE GHIANDOLE MAMMARIE PREDICE IL RISCHIO DI CANCRO AL SENO?
74) - Sempre stanchi? Svelata l’origine dell’affaticamento cronico?
75) - Tumori: nuova tecnica “riconosce” il tessuto tumorale già in corso di intervento.
76) - Ancora sottovalutata la sofferenza fisica, secondo un’indagine su donne con carcinoma del seno.
77) - TUMORI: COMBATTERE LA DEPRESSIONE AUMENTA LA SOPRAVVIVENZA?
78) - Possibile la trasmissione del tumore da madre a figlio?
79) - L'allattamento al seno non "trasmette" al figlio il cancro.
80) - Seno protetto dall'esercizio intenso.
81) - Ca mammario: genotipo Mpo influenza outcome.
82) - Scoperto un “interruttore” collegato allo sviluppo del cancro alla mammella.
83) - Da Regione in Regione variano le regole per approvare una nuova terapia. Così crescono le discriminazioni fra i malati oncologici.
84) - Più cancro con densità mammarie ridotte.
85) - Ca mammario: ruolo prognostico di Her2
86) - Prima dell'impianto dell'embrione asportato il gene che provoca il cancro al seno. Bambina nata "senza rischio".
87) - Cancro del seno: densità mammaria marker di recidiva
88) - Presentato il manuale della sicurezza in sala operatoria
89) - Meno decessi con ricostruzione post-mastectomia
90) - Dolore cronico, in alcuni casi anche di entità grave, dopo gli interventi di carcinoma mammario.
91) - Chemioterapia, meno vomito e nausea con casopitant.
92) - Ca mammario: dubbi su screening a partire dai 50 anni.
93) - Folati e polimorfismi Mthfr responsabili di Ca mammario.
94) - Le donne che si ammalano di tumore rischiano di essere abbandonate dai partner molto più degli uomini.
95) - IL 30% DEI PAZIENTI IN CHEMIOTERAPIA CONTRAE UN’INFEZIONE
96) - Tumore della mammella, trastuzumab poco utile dopo antracicline.
97) - PEPE NERO E CURCUMA NELL PREVENZIONE DEL TUMORE AL SENO
98) - Il cancro uccide meno
99) - Più attenzione ai denti dopo le cure anticancro
100) - Integratori e steroidi anabolizzanti per sviluppare i pettorali possono favorire anche la ginecomastia e i tumori di mammella e prostata.
101) - IL GAMMA-TOCOFEROLO DEI PISTACCHI RIDUCE IL RISCHIO DI CANCRO
102) - Tumori: spray alla cannabis riduce il dolore nei malati di cancro.
103) - Per donne che bevono alcol rischio recidiva cancro al seno.
104) - Ca mammario, tamoxifene più efficace con antracicline.
105) - LE ATTIVITÀ ANTI-CANCRO DELLA CURCUMA
106) - SCOPERTO UN MODO DEI TUMORI PER BLOCCARE IL SISTEMA IMMUNITARIO

 

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1) - Aspettare il verdetto di un esame provoca livelli d’ansia paragonabili a quelli di un responso sfavorevole

MILANO - L’ansia del responso medico dopo una biopsia può giocare brutti scherzi e comportare qualcosa in più di una notte insonne. Arrovellarsi nell’attesa di sapere se si è malati o no può indurre alterazioni biochimiche nell’organismo tali da provocare guai più seri, fino a compromettere il sistema immunitario e la guarigione della ferita.

LO STUDIO - Per dimostrarlo, un gruppo di ricerca di Boston è andato a cercare le prove nella saliva di 126 donne sottoposte a biopsia del seno e in attesa di conoscere la diagnosi. In particolare, è stato misurato il livello di cortisolo, spesso chiamato anche «ormone dello stress», dato che la sua concentrazione aumenta in risposta a stimoli stressanti.
I dettagli dell’indagine sono riportati sul numero di marzo della rivista Radiology. Alle partecipanti è stato prelevato un campione di saliva il giorno della biopsia e ciascuno dei quattro giorni successivi. In quest’arco di tempo, 16 donne hanno saputo di avere un tumore, 37 una lesione benigna e 73 sono rimaste senza una risposta certa (o perché ancora in attesa dell’esito o perché il risultato incerto ha richiesto ulteriori esami).

ANSIA E CATTIVE NOTIZIE: STESSO STRESS - E proprio in quest’ultimo gruppo di pazienti i livelli di cortisolo nella saliva sono apparsi analoghi a quelli delle donne che sapevano di avere un cancro e molto diversi da quelli di chi, invece, aveva potuto tirare un sospiro di sollievo.
Le cattive notizie e l’incertezza dunque producono una risposta simile nell’organismo, che merita attenzione, spiega Elvira Lang, primo autore della ricerca e docente di radiologia all’Università di Harvard: «Il cortisolo ci aiuta a combattere lo stress acuto, regolando la pressione del sangue, i livelli di zuccheri e la risposta immunitaria quando è necessario.
Ma quando lo stress diventa cronico, la secrezione di cortisolo o va in sovraproduzione continua oppure si estingue, lasciando in ogni caso il sistema immunitario e altre funzioni dell’organismo in condizioni di vulnerabilità».

CHE FARE – Questi risultati, sperano gli autori del lavoro, devono stimolare i medici a velocizzare le analisi e la comunicazione dei risultati delle biopsie. Elvira Lang, che da tempo si occupa della gestione dell’ansia nelle pazienti e che ha studiato anche l’uso di terapie dolci come l’ipnosi, aggiunge qualche suggerimento per le pazienti: «Le donne dovrebbero chiedere chi comunicherà loro i risultati e quanto tempo ci vorrà.
Quindi dovrebbero, se possibile, programmare la biopsia insieme al medico tenendo conto di eventuali ritardi legati a fine settimana o vacanze. Per gli operatori sanitari – conclude Lang - non è più così semplice guardare agli effetti delle lunghe attese e liquidarli con un «Oh, è solo un po’ di nervosismo».

Donatella Barus (Fondazione Veronesi) 25 febbraio 2009

  2) Tumore mammario: gravidanza ritarda diagnosi

La diagnosi ed il trattamento del tumore mammario risultano spesso ritardati quando esso si sviluppa durante la gravidanza: ne deriva che la sopravvivenza potrebbe venirne compromessa. Gli effetti della gravidanza sulla mammella potrebbero mascherare i sintomi del tumore mammario, rendendolo più difficile da identificare.
La principale raccomandazione per migliorarne la diagnosi precoce consiste nel ricordare la distribuzione bimodale di questi tumori: la maggior parte dei medici sono consapevoli dell'aumento del rischio con l'avanzare dell'età, ma non sono a conoscenza del picco che si osserva fra i 30 ed i 40 anni, e quindi anche se il tumore mammario è la più frequente neoplasia associata alla gravidanza, esso non si trova fra le più frequenti diagnosi differenziali.
Le forme associate alla gravidanza comunque non differiscono dalle altre per quanto riguarda recidive locoregionali a 10 anni, metastasi a distanza e sopravvivenza complessiva: ciò probabilmente si deve dall'ampio uso della terapia neoadiuvante nel campione considerato dopo il primo trimestre di gravidanza.
Tale pratica rappresenta dunque lo standard per le pazienti con tumore mammario in gravidanza: essa è sicura ed efficace se somministrata dopo il termine del primo trimestre onde consentire il completamento dell'organogenesi fetale. Oltre al trattamento tempestivo, si raccomanda anche una valutazione diagnostica più aggressiva dei sintomi mammari durante la gravidanza, tramite l'ecografia o, con le adeguate protezioni del caso, la mammografia.

(Cancer online 2009, pubblicato il 9/2)

  3) Carcinoma duttale in situ : utili chirurgia e radioterapia

Una revisione della letteratura conferma i benefici derivanti dall'aggiungere la radioterapia alla chirurgia conservativa nel trattamento delle donne con carcinoma duttale in situ: questa strategia infatti riduce in modo sostanziale il rischio di recidiva.
Quanto riscontrato conferma le attuali raccomandazioni della maggior parte dei medici per queste pazienti. La maggior parte dei medici raccomanda oggi la chirurgia conservativa per questi tumori, ma comunque gli studi in materia dimostrano che maggiore è il ruolo della paziente nel processo decisionale, maggiore è la probabilità che in ultima analisi si ricorra alla mastectomia: ciò si deve al fatto che la maggior parte delle cognizioni delle pazienti, derivanti eminentemente da internet, riguardano i tumori mammari invasivi, e non il carcinoma duttale in situ.
In realtà, in quest'ultimo caso, la differenza in termini di sopravvivenza fra i due interventi è minima. In pratica, a prescindere dal trattamento scelto, nei 15 anni successivi all'intervento il rischio di mortalità per altre cause supera quello da tumore mammario.
(Cochrane Database Syst Rev online 2009, pubblicato il 5/2)

  4) - Le donne tendono a richiedere una mastectomia profilattica in caso di BRCA+

Le donne portatrici di mutazione BRCA tendono a vedere la mastectomia come il miglior modo di ridurre il rischio di tumore mammario e la propria ansia riguardante la malattia. Nonostante la disponibilità di opzioni meno drastiche, la maggior parte delle pazienti sembrano tendere di più verso la chirurgia. Si tratta di una decisione molto personale, che implica diversi fattori, fra cui la sessualità, la propria immagine personale ed il timore di sviluppare tumori. A volte in presenza di una mutazione BRCA si potrebbe ricorrere allo screening nella speranza di trovare lesioni in fase precoce, ma spesso questo potrebbe rivelarsi solo una misura interlocutoria che conduce all'adozione di strategie preventive. (Cancer online 2009, pubblicato il 9/3)

  5) - Resi noti i primi risultati sui test di prevenzione del cancro alle ovaie

Bisognerà aspettare il 2015 per i dati definitivi. La rivista britannica Lancet Oncology ha pubblicato una prima analisi dei dati del programma sui test di prevenzione del cancro alle ovaie in corso dagli anni Ottanta e che dovrebbe concludersi nel 2015, quando verranno pubblicati i risultati definitivi.
Si avvicina dunque l'obiettivo di introdurre un test di controllo a livello nazionale, in quanto l'analisi iniziale sembrerebbe dimostrare che i due tipi di test fin qui messi a punto, il livello della proteina Cas125 nel sangue e uno scan a ultrasuoni, sono efficaci e possono salvare delle vite.
Con un campione che riguarda 200.000 donne dai 50 ai 74 anni di età, metà delle quali trattate con uno dei due test, si tratta del piú esteso studio randomizzato mai effettuato.
Con il test proteinico sono stati rilevati 87 tumori o neoplasie, metà dei quali negli stadi iniziali, mentre in 13 casi a un risultato negativo è seguito l'insorgere di un tumore entro un anno. Non sono infine mancati i falsi positivi: il test a ultrasuoni ha infatti indicato 845 casi di "anormalità" e solo 45 sono effettivamente risultati tumori.

  6) - Bianco o rosso per lei è uguale: il vino fa male al seno

MILANO - Alla fine Lambrusco o Barbera non sono meglio di un Vermentino o di uno Chardonnay. Almeno, non per la salute del seno. Vino rosso e bianco, infatti, contribuiscono in egual misura ad aumentare il rischio di tumore mammario per le donne che ne consumano quantità anche modeste.

LO STUDIO - A sferrare l’ennesimo colpo al mito del vino che fa buon sangue è una ricerca americana condotta dagli esperti del Fred Hutchinson Cancer Research Center e pubblicata sul numero di marzo della rivista Cancer Epidemiology, Biomarkers and Prevention . «Volevamo indagare gli effetti del vino rosso sul rischio di cancro al seno - ha spiegato Polly Newcomb, responsabile del programma di prevenzione oncologica del centro statunitense -.
Sappiamo che in generale il consumo di alcolici aumenta le probabilità di ammalarsi, ma ci chiedevamo se il vino rosso in particolare non potesse essere collegato a qualche beneficio, anche perché precedenti studi sulle malattie cardiovascolari e sul tumore della prostata avevano suggerito la possibilità di effetti protettivi».

NESSUN VANTAGGIO PER IL ROSSO - I ricercatori hanno coinvolto 6.327 donne fra i 20 e i 69 anni con un tumore al seno e altre 7.558 senza la malattia. Sono state considerate le loro abitudini al consumo di alcolici (non solo vino, ma anche birra e liquori) e altri fattori di rischio per le neoplasie mammarie, come l’età alla prima gravidanza, la storia familiare e l’uso di terapia ormonale sostitutiva in menopausa. E, alla fine, non è emersa alcuna differenza tra vino rosso o bianco in relazione al rischio di cancro al seno.

SOLO QUESTIONE DI GUSTO - «Se una donna beve, dovrebbe farlo con moderazione, non più di un bicchiere al giorno. E se sceglie il vino rosso, dovrebbe farlo solo perché le piace, non perché crede che faccia meno male» ha commentato Polly Newcomb. Il team di ricerca ha appurato che le donne che consumano ogni settimana almeno 14 bicchieri di vino bianco, rosso o birra risultano esposte ad rischio di tumore del seno aumentato del 24 per cento rispetto alle astemie.

BIANCO O ROSSO? MEGLIO VERDE - Molti studi, negli anni, hanno segnalato una minore incidenza di alcune malattie croniche fra i consumatori leggeri di vino e spesso questo vantaggio è stato attribuito alle sostanze antiossidanti contenute nel nettare di Bacco. Mancano però prove scientifiche definitive e l’interpretazione potrebbe essere più complessa, come suggeriscono gli esperti dell’Inran, l’Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione, all’interno delle Linee guida sull’alcol: «Il vino, e in misura ridotta la birra, potrebbero esercitare i loro effetti protettivi anche perché, nel rispetto della tradizione mediterranea, vengono in genere consumati durante i pasti: questo fa sì che oltre al rifornimento di sostanze antiossidanti, si abbiano anche picchi alcolemici più bassi». E nello stesso documento i nutrizionisti ricordano, se ce ne fosse bisogno, che non è il caso di darsi all’alcol per cercare effetti protettivi: basta consumare frutta e verdura in quantità per fare il pieno di antiossidanti senza intossicarsi con l’etanolo.

TUMORI, NESSUNA ATTENUANTE –In ambito oncologico, il verdetto sull’alcol appare unanime: basta anche un bicchiere al giorno per cambiare i livelli di rischio e si vanno sommando le prove di una correlazione fra alcol e varie forme di tumore. Fra i dati più recenti, quelli raccolti dai laboratori del Lombardi Comprehensive Cancer Center della Georgetown University, secondo cui un paio di drink al giorno, di qualunque genere, aumentano del 22 per cento il rischio di sviluppare un tumore al pancreas.
Donatella Barus 10 marzo 2009


  7) - Seno: terapie su misura se la malattia colpisce a 30 anni

MILANO - Le giovani donne che si ammalano di tumore del seno sono una netta minoranza sul totale delle pazienti colpite questa forma di cancro. I numeri però da qualche anno tendono ad aumentare e all’età meno elevata si associa un maggior rischio di recidiva. Dunque, come trattare adeguatamente la malattia?
In maniera più aggressiva? La ricerca è ancora a caccia di risposte e chi ha la responsabilità di curare giovani pazienti è a caccia di un giusto punto di equilibrio fra l’efficacia e la tollerabilità delle cure. Il tutto tenendo sempre presente che si tratta di una malattia che colpisce donne ancora pienamente attive in famiglia, in coppia, al lavoro e in società, con una lunga aspettativa di vita, che magari sono madri o che vorrebbero poterlo diventare.

 LA RICERCA - Ora uno studio americano ha rilanciato il tema. Un gruppo di esperti dell’M.D. Anderson Cancer Center di Houston (Texas) ha esaminato i dati di 652 donne colpite da cancro al seno quando avevano meno di 35 anni, in un periodo compreso fra il 1973 e il 2006.
Lo scopo era confrontare i risultati di diversi schemi terapeutici (chirurgia conservativa, mastectomia da sola o mastectomia seguita da radioterapia) andando a confrontare i tassi di ricadute nei 10 anni successivi alle cure.
L’analisi, descritta sull’International Journal of Radiation Oncology , ha innanzitutto confermato che effettivamente le donne più giovani hanno tassi di recidiva più alti. Poi ha rilevato che un buon controllo del rischio è possibile, soprattutto con un approccio aggressivo, ossia l’asportazione dell’intera mammella e la radioterapia, nei casi di malattia più estesa. Secondo gli autori anche la chemioterapia ha portato dei benefici alle giovani pazienti.

«NON CONTA SOLO L’ETA’» - Dunque, di fronte ad una malata sotto gli «anta» si opta per una cura più aggressiva, si dice addio al «bisturi leggero»? No, o almeno non per forza, secondo Oreste Gentilini, vicedirettore della divisione di Senologia dell’Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano: «La data di nascita non è un motivo sufficiente per decidere, ad esempio, di ricorrere ad una mastectomia invece di una quadrantectomia.
Magari ci fosse la certezza di risolvere tutto con la rimozione dell’intera mammella… Occorre studiare a fondo la malattia e, se dopo tutti gli accertamenti, si ritiene fattibile una chirurgia conservativa, la si fa. Esattamente come accade per le pazienti più anziane.
Allo stesso modo, per una 25enne non si sceglie a priori di fare chemioterapia, ma si valutano tutte le opzioni terapeutiche, compresa la terapia endocrina».
E’ un approccio fedele alla filosofia del minimo trattamento efficace invece del massimo trattamento tollerabile.

UNA BIOLOGIA DIVERSA - I tumori che colpiscono mammelle più giovani hanno delle caratteristiche biologiche particolari, spiega ancora Oreste Gentilini: «Mediamente hanno una velocità di proliferazione maggiore e un minor grado di differenziazione, oltre ad essere più frequentemente di tipo non ormonoresponsivo.
Tutti dettagli che si traducono in un aumento del rischio di ricaduta, su cui influisce anche il tempo, per fortuna molto lungo, che una giovane donna ha in genere davanti a sé».

DUE MALATE SU 100 HANNO MENO DI 35 ANNI - «Oggi – prosegue Gentilini - circa due casi su cento di tumore del seno si verificano in donne con meno di 35 anni, e la tendenza sembra essere in aumento. Anche nel nostro istituto, sette o otto anni fa incontrare una paziente trentenne era un’evenienza rara, oggi è una cosa che vediamo con una certa regolarità.
Certo, può essere che le giovani pazienti siano più propense a rivolgersi ai centri di riferimento, ma in generale si osserva un abbassamento dell’età media di insorgenza del tumore». I motivi? «Non si conoscono, ma è giustificato pensare a un insieme complesso di concause ambientali e genetiche».

DIAGNOSI PRECOCE INNANZITUTTO - E la risposta al rischio, gli oncologi ne sono sempre più convinti, passa attraverso due parole-chiave: personalizzazione e screening. «Da un lato si va verso cure sempre più ritagliate su misura, progettate per una specifica malattia in una particolare donna, giovane o matura che sia - afferma Gentilini -.
Dall’altro non si possono chiudere gli occhi di fronte ai dati epidemiologici ed è giusto abbassare l’età dei primi controlli: aldilà degli screening organizzati (gratis e su invito ogni due anni per le donne fra i 50 e i 69 anni, ndr) è bene che dai 25 anni in poi le ragazze facciano ogni anno un’ecografia e una visita annuale».

IN ITALIA GUARIGIONI ELEVATE - L’argomento, in ogni caso, tiene desta l’ attenzione degli oncologi, dato che, ricorda l’Istat, nelle ragazze e giovani donne fra i 15 e i 39 anni i tumori della mammella sono di gran lunga la forma neoplastica a più elevata incidenza (2.420 nuovi casi in un anno, oltre un quarto di tutte le nuove diagnosi di cancro).
Negli anni sono aumentate le diagnosi ma anche i successi, fino a raggiungere in Italia una sopravvivenza a cinque anni dell’84 per cento, un valore superiore a tutti gli altri Paesi.

Donatella Barus (Fondazione Veronesi) 06 marzo 2009


  8) - I VEGETARIANI SONO MENO SOGGETTI AI TUMORI

I risultati di uno studio pubblicato sull'American Journal of Clinical Nutrition Uno studio, che ha seguito 53.700 tra uomini e donne, conferma che la dieta vegetariana aiuta a tenere lontani i tumori.
A sorpresa pero', lo studio ha mostrato, tra i vegetariani, un piu' alto tasso di cancro colonrettale, un tumore di solito collegato al consumo della carne rossa.
Il dato, secondo il team il cui studio e' stato pubblicato sull'American Journal of Clinical Nutrition, meriterà di essere ulteriormente analizzato. Il campione di volontari, di età compresa tra i 20 e gli 89 anni, e' stato selezionato in Gran Bretagna negli anni '90, in base alle preferenze alimentari.
I partecipanti sono stati divisi tra carnivori, vegetariani, mangiatori di pesce, e veganiani, che non mangiano neanche pesce e uova. L'analisi ha rivelato innanzitutto una minore incidenza di cancro nel totale del campione rispetto alla media e una minore significativa incidenza di tutti i tipi di cancro tra i vegetariani e fra quanti prediligono il pesce.
Per saperne di piu' sulla maggiore incidenza di cancro colonrettale occorrera' attendere i prossimi studi centrati sul collegamento tra tipo di dieta e cancro, anche se, come avvertono i ricercatori, il cancro e' una malattia complessa, sul quale incidono diversi fattori.


  9) - TERAPIA ORMONALE E RISCHIO

Rischio doppio con estrogeno-progesterone L'uso postmenopausale di una combinazione di estrogeni e progesterone porta a più del doppio il rischio di tumore mammario lobulare, e quasi raddoppia quello di tumore mammario duttale, mentre la sola somministrazione di estrogeni non aumenta il rischio.
Soltanto nelle donne più magre e nei casi di tumore duttale diagnosticato allo stadio regionale/distale l'uso di soli estrogeni è risultato associato ad un aumento del 50 percento del rischio di tumori lobulari invasivi dopo averne fatto uso per 10 o più anni.
Quanto riscontrato suggerisce l'esistenza di una finestra di due-tre anni affinché il rischio comportato dalla combinazione estrogeno-progesterone divenga evidente dopo l'uso iniziale, e affinché si attenui dopo la cessazione della terapia. (Cancer 2009; 115: 936- 45)


  10) - Discordanza fra tumori mammari primari e metastatici

Sussiste un tasso di discordanza sostanziale nei marcatori patologici e molecolari fra i tumori mammari primari e le sospette lesioni metastatiche della mammella: questa discordanza è prevalente al punto di alterare le decisioni terapeutiche nel 20 percento dei casi. L'importanza del fenomeno è in aumento per via dell'incremento dell'uso delle terapie mirate, e la verifica dei tessuti dovrebbe essere considerata una strategia standard nelle pazienti con segni radiologici o clinici che lasciano pensare ad una metastasi e lesioni passibili di biopsia.
Attualmente essa non è uno standard in nessun luogo, ma si tratta di una pratica che sta divenendo sempre più comune alla luce dei risultati di studi retrospettivi e prospettici.
E' comunque difficile immaginare che essa divenga mai uno standard vero e proprio, in quanto le biopsie richiedono un fortissimo supporto interdisciplinare. Altri studi hanno suggerito che fra il tumore mammario primario e le sue recidive possono emergere variazioni del fenotipo molecolare che possono alterare significativamente la risposta al trattamento: anche in questi casi, la biopsia della recidiva andrebbe effettuata di routine per determinare le opzioni terapeutiche ottimali.
(Ann Oncol online 2009, pubblicato il 18/3)


  11) - Veronesi punta alla mortalità zero per il tumore del seno

Arrivare alla mortalita' zero per i casi di tumore al seno identificati grazie alle tecniche di diagnosi precoce, e non attraverso l'autopalpazione.
E' questa la sfida ambiziosa lanciata da Umberto Veronesi, direttore scientifico dell'Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano, che su questo fronte ha presentato a Roma uno specifico progetto. Il progetto reclutera' 10 mila donne sopra i 40 anni e senza precedenti tumori. Su queste pazienti si eseguiranno due ecografie all'anno, una ogni sei mesi, una mammografia bilaterale annuale e una risonanza magnetica per i casi che presentano rischi piu' elevati.
Il reclutamento durera' due anni e partira' dall'autunno di quest'anno e nel 2016 si avranno finalmente i primi dati. "L'idea di questo progetto - spiega Veronesi - e' nata dall'osservazione di molti casi pre-clinici, ovvero non scoperti tramite la palpazione personale, operati negli ultimi anni.
Abbiamo preso in esame 964 casi curati tra il 2000 e il 2004, e abbiamo visto che 957 donne erano ancora in vita, con un successo quindi del 99,3%. Abbiamo quindi pensato che avremmo potuto raggiungere la mortalita' zero intensificando notevolmente le tecniche diagnostiche a nostra disposizione, migliorando la prevenzione a livelli altissimi. Vogliamo quindi capire quanto riusciamo ad ottenere spingendo al massimo gli esami classici".


  12) - Staminali: ricostruzione del seno da tessuti adiposi

E' possibile ingrandire il seno utilizzando cellule staminali ricavate dai tessuti adiposi in eccesso rimossi dalla pancia o dalle gambe, tramite liposuzione.
Questa è l'innovativa tecnica sperimentata con successo in Gran Bretagna su alcune donne che hanno subito una mastectomia a causa di un tumore. A darne notizia è stato un articolo pubblicato sul Sunday Times. Si tratta di pochi casi trattati e quindi ancora siamo lontani dal potere proporre il trattamento ad un pubbico più vasto.
Kefah Mokbel, chirurgo del Princess Gate Hospital di Londra, dal prossimo maggio applicherà il nuovo metodo a altre 10 pazienti.
Quando lo avrà ulteriormente perfezionato, nel giro di qualche mese spera di poterlo utilizzare anche su donne che richiedono l'intervento solo per motivi estetici. Il costo si aggirerà sulle 6.500 sterline (quasi 7 mila euro).
Il tessuto che si ricava da questo tipo di staminali secondo lo specialista è l'ideale per questo genere di intervento.
"Ha la stessa consistenza di quello del seno - ha detto - e permette di evitare l'inserimento di corpi estranei che per la donna rappresentano sempre un rischio".
Il metodo al momento garantisce un aumento di volume modesto, secondo il chirurgo, ma le ricerche in corso per migliorare questa tecnica potrebbero portare anche ad altre possibilità. Mokbel ha precisato che, una volta inserite le staminali, il processo di crescita del seno durerà alcuni mesi.


  13) - Tumore mammario: test predice metastasi

Un nuovo marcatore per i tumori mammari potrebbe portare al primo test in grado di prevedere la probabilità di metastasi di questi tumori dal sangue circolante.
Il marcatore, noto come microambiente tumorale di metastasi (TMEM), risulta doppiamente denso nelle pazienti che sviluppano metastasi rispetto a quanto riscontrato in quelle le cui lesioni rimangono localizzate.
L'uso di questo marcatore potrebbe migliorare le attuali pratiche di previsione delle metastasi da tumore mammario: esse tradizionalmente si basano su dimensioni e differenziamento del tumore e diffusione linfatica.
Benché si tratti di parametri utili, la densità del TMEM riflette direttamente il meccanismo di metastasi tramite il flusso ematico, e pertanto potrebbe rivelarsi più specifico e direttamente rilevante. Si tratta di un marcatore immunoistochimico che analizza le cellule tumorali invasive, i leucociti perivascolari e le cellule endoteliali dei vasi sanguigni: se la sua utilità clinica venisse confermata, sarebbe possibile stratificare le pazienti per il trattamento risparmiando costi e tossicità, considerando anche che il 40 percento delle pazienti va incontro a recidive o metastasi. (Clin Cancer Res online 2009, pubblicato il 24/3)


  14) - Gene "scudo" contro metastasi

Si chiama p63 il gene capace di funzionare da 'baluardo' contro la diffusione metastatica delle cellule tumorali.
È il risultato di uno studio italiano pubblicato su 'Cell', condotto dai gruppi guidati da Stefano Piccolo, docente del Dipartimento di biotecnologie mediche dell'università di Padova, e Silvio Bicciato (ex ricercatore dell'ateneo patavino) del Dipartimento di scienze biomediche dell'università di Modena e Reggio Emilia.
Il processo metastatico - attraverso cui una cellula lascia il tumore primario, entra nel sistema circolatorio per disseminarsi in altri organi, ricordano gli esperti - è la principale causa di morte oncologica. Come ogni processo biologico, anche la metastasi dipende dalla coordinata accensione e spegnimento di decine, forse centinaia, di geni.
Questo programma non viene inventato dalle cellule tumorali, ma fa parte del normale repertorio delle cellule embrionali che, normalmente durante la costruzione degli organi, sono stimolate a migrare da speciali segnali ormonali. Le cellule tumorali metastatiche hanno semplicemente risvegliato questo 'programma'. Fino ad ora si pensava che questo recupero di capacità embrionali fosse un 'superpotere' ad appannaggio di pochissime cellule nel tumore primario.
Lo studio padovano segna invece una svolta: i ricercatori padovani hanno scoperto che alterazioni genetiche comuni a molti tumori umani, se combinate definiscono una propensione a un comportamento metastatico già in stadi precoci della malattia.
Questo significa individuare fin da subito un tipo di tumore da trattare in modo più aggressivo attraverso chirurgia o altre terapie. In particolare, i ricercatori hanno compreso come gli stimoli oncogenici erodono e progressivamente indeboliscono le proprietà antimetastasi di p63. "
Questa è una proteina nota per svolgere un ruolo importante nelle cellule staminali di molti organi - spiega Piccolo - Se p63 è persa da una cellula normale, ciò non causa alcun danno, perché senza p63 quella cellula muore. Ma se p63 è persa da una cellula staminale tumorale, ovvero da una cellula potenzialmente immortale, allora si apre la porta a un suo comportamento 'asociale', alla possibilità cioè di un suo spostamento e alla conseguente metastasi".

  15) - Screening mammografico: danni e benefici

Attualmente le informazioni che il pubblico riceve sullo screening mammografico non sono bilanciate: i potenziali benefici sono eccessivamente enfatizzati, ed i potenziali rischi raramente vengono discussi. La procedura, iniziata intorno ai 50 anni di età, salva 1,8 vite ogni 1000 donne nell'arco di 15 anni.
Il rischio assoluto di decesso da tumore mammario senza alcun tipo di screening ammonta all'uno percento nello stesso periodo di tempo, il che significa che la percentuale di sopravvivenza nelle donne fra i 50 ed i 60 anni non sottoposte a screening è del 99 percento.
Questi dati statistici sulla mammografia sono in netto contrasto con quanto si pubblicizza su questa forma di screening, in base a cui la mammografia "salva la vita".
E' necessaria una presentazione equilibrata dei fatti alla paziente, il che includerebbe far menzione dei benefici assoluti associati allo screening e la discussione dei potenziali rischi, come falsi positivi, ansia, biopsie non necessarie ed overdiagnosi, cosa che oggi non accade.
E' ovvio che il principio dello screening consista proprio nell'applicare un intervento ad un gran numero di soggetti sani per fare in modo di beneficiare i pochi che hanno la sfortuna di sviluppare la malattia, ma è giusto che il pubblico conosca le reali statistiche relative alla procedura in modo da prendere decisioni informate sulla propria partecipazione.
(BMC Med Inform Decis Mak. 2009; 9: 18, 19 e 20)
 

  16) - Tumore al seno? Si sconfigge mangiando le mele

Mangiare le mele puo' contribuire a sconfiggere il tumore al seno. Almeno questo e' quanto ha dichiarato un gruppo di ricercatori dell'Institute for Comparative and Environmental Toxicology della Cornell University (New York) in uno studio pubblicato sulla rivista Journal of Agricultural and Food Chemistry.
I ricercatori hanno infatti scoperto che un estratto della mela e' stato in grado di rallentare la crescita dell'adenocarcinoma, la principale causa di morte per cancro al seno, nei topolini. Piu' mele sono state date alle cavie, piu' la crescita del tumore e' stata inibita. Secondo i ricercatori, questo studio dimostrerebbe l'importanza del ruolo dei fitofarmaci, conosciuti anche come 'flavonoidi', nella dieta per via del loro potente effetto anti-ossidante.
Le mele sono una delle fonti principali di flavonoidi, come lo sono le arance, l'uva, le fragole, le susine e le banane.
 

  17) - La pillola può causare il cancro al seno

L'uso della pillola contraccettiva può favorire lo sviluppo del tumore al seno: lo ribadisce una nuova ricerca pubblicata dall'American Journal of Epidemiology.
Fino ad oggi, l'associazione tra cancro al seno e contraccettivi orali si basava "per lo più su studi condotti prima del 1990", nota l'equipe di ricercatori, diretta dalla dottoressa Lynn Rosenberg, della Boston University.
Per la sua analisi, il team della Rosenberg ha usato invece dati recenti, coinvolgendo donne che partecipavano al Case-Control Surveillance Study.
I ricercatori hanno cercato di capire se l'uso della pillola contraccettiva fosse legato al rischio di cancro al seno nelle pazienti cui era stata diagnosticata la malattia tra il 1993 e il 2007 e, nel caso l'associazione fosse valida, se il rischio variasse in base alla razza o ai recettori ormonali del cancro al seno.
Lo studio ha coinvolto 907 donne con cancro al seno e 1.711 sane. Le donne che avevano assunto contraccettivi orali per un anno o più avevano il 50% o più di probabilità di ammalarsi rispetto alle donne che non li avevano assunti o li avevano presi per meno di un anno. Inoltre, l'assunzione della pillola per lungo tempo e l'appartenenza alla razza nera aumentavano le probabilità di sviluppare il tumore, mentre la presenza dei recettori ormonali del cancro al seno non influiva sull'associazione tra contraccettivo orale e cancro al seno.
"L'uso dei contraccettivi orali è molto diffuso ed è quindi importante mettere in guardia le donne sui possibili effetti sulla salute", conclude Rosenberg.

  18) - Nuova teoria per bloccare cancro e sclerosi multipla

I ricercatori dell'Universita' di Edimburgo (GB) hanno identificato una sorta di 'freno genetico', che potrebbe rallentare o bloccare malattie come sclerosi multipla e tumori.
In un articolo pubblicato su 'Nature Genetics' gli studiosi hanno prospettato che la loro scoperta potrebbe portare a nuovi trattamenti per queste patologie.
Mentre fino ad ora si pensava che un gruppo selezionato di geni 'master' fosse responsabile del controllo della crescita delle cellule che possono causare queste patologie il team diretto da David Hume del Roslin Institute ha scoperto centinaia di geni che interagiscono fra loro con lo scopo di trovare i punti deboli necessari a bloccare la crescita tumorale. Gli scienziati sono convinti che le variazioni in questa rete genetica spieghino perche' è sia possibile sviluppare queste malattie in modi tanto diversi.
 

  19) - Uso di antinfiammatori riduce il rischio di tumore al seno?

L'uso di farmaci antiinfiammatori non steroidei è correlato ad un ridotto rischio di sviluppare un carcinoma mammario – Journal of the National Cancer Institute Aprile 2009 

  20) - Il consumo di soia riduce il rischio di tumore?

Il consumo di soia fin dall'infanzia riduce il rischio di sviluppare un carcinoma mammario Cancer Epidemiology, Biomarkers and Prevention Aprile 2009 

  21) - Consumo di alcool e aumento del rischio di tumore al seno

Il consumo di alcolici è correlato ad un aumentato rischio di carcinoma mammario, probabilmente attraverso meccanismi ormono-mediati 

  22) - Il consumo di tè riduce il rischio

In donne giovani, il consumo regolare di tè riduce il rischio di sviluppare tumori mammary Cancer Epidemiology, Biomarkers and Prevention Marzo 2009

  23) - Obesità e iperinsulinemia aumentano il rischio

L'iperinsulinemia, spesso correlata alla obesità, rappresenta un fattore di rischio di carcinoma mammario in donne in postmenopausal Journal of the National Cancer Institute –febbraio 2009 

  24) - Nelle noci una preziosa fonte di antiossidanti per prevenire il tumore al seno

Antiossidanti, acidi grassi Omega-3, fitosteroli: preziosi composti che riducono il rischio di numerose malattie e combattono i danni cellulari e che sono contenuti in gran quantità nelle noci, protagoniste di una recente indagine condotta dalla Marshall University School of Medicine. Questo studio avrebbe dimostrato, infatti, che mangiare regolarmente le noci (in media 56 grammi al giorno) riduce il rischio di sviluppare il tumore al seno.
“E’ l’ennesima dimostrazione che la dieta gioca un ruolo fondamentale nella prevenzione di numerose malattie croniche”, ha dichiarato l’autrice della ricerca, Elaine Hardman che, insieme ai suoi colleghi, ha analizzato gli effetti del consumo regolare di noci sulla salute di alcuni topi.
La metà delle cavie è stata nutrita con una dieta ad alto contenuto di noci, l’altra metà con la dieta abituale.
Ebbene le analisi hanno dimostrato che i topi che avevano assunto l’equivalente umano di 56 grammi di noci al giorno sviluppavano tumori mammari con minore frequenza e di minore grandezza. Analisi molecolari hanno, inoltre, dimostrato che gli acidi grassi Omega-3 giocano un ruolo fondamentale in questo processo.

  25) - L’allattamento al seno protegge le donne dalle malattie cardiache

Allattare al seno potrebbe garantire una protezione dalle malattie cardiache.
A esaminare i potenziali benefici dell’allattamento materno è stata un’equipe di studio dell’Università di Pittsburgh che ha focalizzato i loro studi su circa 140.000 donne in menopausa.
In media per queste donne erano passati 35 anni dall’ultima volta che avevano allattato eppure i risultati della ricerca avrebbero dimostrato un effetto protettivo che durerebbe per decine di anni.
Secondo quanto riferito sulla rivista specializzata Obstetrics and Gynaecology, aver allattato anche solo per pochi mesi garantirebbe una protezione da ipertensione, diabete e ipercolesterolemia. “
Abbiamo concluso che le donne che hanno allattato al seno per almeno un anno sarebbero meno esposte del 10% al rischio di ammalarsi di patologie cardiovascolari anche dopo molti anni”, ha spiegato Eleanor Bimla Schwarz, autrice dello studio.
Non solo, l’allattamento avrebbe anche favorito una riduzione del 20% del rischio di colesterolo alto e diabete e del 12% di ipertensione. In che modo l’allattamento proteggerebbe il sistema cardiovascolare? L’ipotesi più plausibile è che aiuterebbe l’organismo a bruciare grassi in eccesso a tutto vantaggio della salute di cuore e vasi sanguigni.
Ma è anche probabile che l’effetto dell’allattamento sia molto più complesso e che il rilascio di alcuni ormoni giochi un ruolo fondamentale.

  26) - Mammografia: inutile sospendere terapia ormonale

Potrebbe non essere necessario sospendere la terapia ormonale prima di una mammografia. Si tratta di una pratica invalsa nell'uso comune allo scopo di migliorare la performance dell'esame, ma senza alcun reale dato basato sulla popolazione a sostenerla.
La terapia ormonale aumenta la densità della mammella, e le anomalie ai mammogrammi di screening sono più comuni nelle donne con mammelle più dense ed in quelle sotto terapia ormonale.
Una breve sospensione della terapia, tuttavia, non influenza significativamente la densità mammaria ed i tassi di nuovi esami, a fronte della certezza di effetti negativi sulla paziente derivanti dall'aumento dei sintomi menopausali. Per quanto riguarda il rilevamento e la prevenzione dei tumori mammari, è necessario accertare se le donne la cui densità mammaria varia in funzione di elementi endogeni o esogeni possano trarre benefici diversi da interventi volti a diminuire la densità mammaria alla mammografia.
(Ann Intern Med. 2009; 150: 752-65)

  27) - Sono troppo pochi i trial clinici sul cancro effettuati sulle donne

Un nuovo studio che sara' pubblicato a meta' luglio sulla rivista 'Cancer' ha rilevato che i trial clinici sul cancro effettuati sulle donne sono poco numerosi.
Un team di ricercatori americani ha passato sotto il microscopio i piu' recenti studi oncologici pubblicati su otto importanti riviste del settore nel 2006.
Secondo il team diretto da Reshma Jagsi dell'University of Michigan (Usa), l'analisi di 661 studi oncologici prospettici, realizzati su oltre un milione di persone attesta che le donne sono appena il 38,8% dei pazienti arruolati in uno studio su un tumore che non colpisca in modo specifico il sesso femminile. Secondo i ricercatori, esistono delle barriere che scoraggiano la partecipazione delle pazienti a queste ricerche.
Tali ostacoli sono dovuti sia ad una carenza di informazione mirata che alla difficolta' nell'abbinare l'inclusione in uno studio con l'esigenza di seguire famiglia e figli.

  28) - Promettenti risultati nella cura dei tumori con le staminali mesenchimali

Cellule staminali del midollo, ingegnerizzate geneticamente, si sono rivelate promettenti come innovativo strumento per veicolare al tumore proteine in grado di eliminarlo. Esperimenti in colture cellulari e nel topo hanno infatti mostrato che cellule staminali adulte, in particolare quelle mesenchimali, possono puntare in modo preciso alle cellule cancerose e rilasciare contro di esse una proteina letale che attacca solo il tumore e non danneggia il tessuto sano.
Sono questi i risultati della ricerca presentata da Michael Loebinger dell’University College di Londra, al congresso dell’American Thoracic Society svoltosi a San Diego. Loebinger ha spiegato di essere riuscito a combinare due dati già noti al mondo della ricerca.
Il primo è l’innata capacità delle cellule staminali mesenchimali di scovare i tumori presenti nell’organismo, e il secondo è l’abilità della proteina killer del tumore – denominata TNF- related apoptosis-inducing ligand o TRAIL – di uccidere solo ed esclusivamente le cellule tumorali.
Partendo da questi due elementi, i ricercatori hanno modificato cellule mesenchimali staminali per far loro esprimere e produrre la proteina TRAIL e hanno inoltre iniettato le cellule in topi a cui era stato indotto il tumore alla mammella.
Dall’esperimento si è visto che queste cellule sono state in grado di vagare per l’organismo, uccidendo le cellule tumorali incontrate sul loro percorso e lasciando intatti i tessuti sani.
Con questo metodo ben il 38% dei tumori è stato completamente eliminato. Si è poi visto che le cellule prodotte sono risultate "immunoprivilegiate", nel senso che l’ organismo non le ha rigettate come estranee. Questo ulteriore particolare rappresenta una svolta nel campo delle terapie cellulari.
Grazie a questa proprietà le terapie a base di cellule mesenchimali potranno essere prodotte in serie, anziché dover realizzare cellule personalizzate per ogni paziente al fine di evitarne il rigetto. Sulla base di questi dati promettenti i ricercatori sperano di poter iniziare gli studi clinici nel giro dei prossimi due o tre anni.

  29) - Scoperto legame tra contraccettivi e tumore

Ogni metodo contraccettivo puo' avere le sue conseguenze sulla salute della donna, proteggendo da alcuni tumori, ma aumentando il rischio di ammalarsi di altri.
Sotto la lente di ingrandimento tre sistemi: la pillola, la spirale e la legatura delle tube di Falloppio (sterilizzazione tubarica). L'equipe del Dr. Xiao-Ou Shu del Vanderbilt University Medical Center di Nashville, Tennessee, ha studiato 66.661 donne cinesi tra i 40 e i 70 anni per capire la connessione fra i tre metodi contraccettivi e una serie di tumori.
Tra le donne analizzate, il 19,4% aveva usato la pillola contraccettiva in qualche momento della sua vita, il 44,9% la spirale e il 12,4% la legatura delle tube.
Nel corso del follow-up di circa sette anni e mezzo, 2.250 donne si sono ammalate di cancro, come si legge sull'International Journal of Cancer. E' risultato che la pillola aumentava il rischio di tumore della cistifellea e, forse, del colon; tuttavia, cominciare a prendere il contraccettivo orale prima dei 29 anni diminuiva il rischio di cancro del seno.
E questo ultimo dato è sorprendente perché in contrasto con molti altri studi. La spirale riduceva il rischio di cancro alla tiroide, specialmente nelle donne giovani, ma legare le tube faceva salire il rischio di tumore dell'utero e della cistifellea, pur riducendo il rischio di cancro allo stomaco.

  30) - Tumore mammario: chi non risponde alle antracicline?

Le antracicline sono la pietra angolare della terapia adiuvante del tumore mammario in tutto il mondo, ma non tutte le pazienti ne traggono beneficio; alcuni degli ultimi studi in materia suggeriscono che ciò accade in un'ampia maggioranza di pazienti che giunge anche al 70-80 percento, tutti casi in cui sarebbe opportuno impiegare trattamenti meno tossici. Si tratta comunque di dati ancora molto dibattuti, e non idonei all'impiego nella pratica clinica.
La migliore risposta alle antracicline si ha nelle pazienti i cui tumori contengono alterazioni nel gene TOP2A, che però rappresentano solo il 18 percento dei casi.
E' stata segnalata anche un'ottima efficacia in caso di amplificazione HER2, ma anche questa è limitata al 27 percento dei casi. Si tratta di dati che, qualora trovassero conferme certe, invertirebbero l'attuale pratica clinica che si basa su strategie quasi univocamente fondate su questi farmaci. (J Natl Cancer Inst. 2009; 101: 615-8 e 644-50)

  31) - Più frequenti i tumori “triplo negativo” tra le donne di etnia nera Triple negative breast cancer and black women - Breast Cancer Research

- Black women have 3-fold more triple negative breast tumours than non-black women / Le donne di etnia nera hanno un rischio triplo di sviluppare tumori mammari ER- , PR- e HER2-, a cattiva prognosi

  32) - Nuova teoria per bloccare cancro e sclerosi multipla

I ricercatori dell'Universita' di Edimburgo (GB) hanno identificato una sorta di 'freno genetico', che potrebbe rallentare o bloccare malattie come sclerosi multipla e tumori. In un articolo pubblicato su 'Nature Genetics' gli studiosi hanno prospettato che la loro scoperta potrebbe portare a nuovi trattamenti per queste patologie.
Mentre fino ad ora si pensava che un gruppo selezionato di geni 'master' fosse responsabile del controllo della crescita delle cellule che possono causare queste patologie il team diretto da David Hume del Roslin Institute ha scoperto centinaia di geni che interagiscono fra loro con lo scopo di trovare i punti deboli necessari a bloccare la crescita tumorale.
Gli scienziati sono convinti che le variazioni in questa rete genetica spieghino perche' è sia possibile sviluppare queste malattie in modi tanto diversi.

  33) - La chirurgia nelle donne obese può ridurre significativamente i rischi di tumore al seno

-Gli interventi chirurgici di restrizione gastrica potrebbero ridurre del 42% il rischio che le donne obese - e non gli uomini - sviluppino il cancro. Almeno questo è quanto emerso da uno studio della Sahlgrenska University Hospital di Gothenburg pubblicato sulla rivista The Lancet Oncology.
Diverse ricerche precedenti hanno dimostrato che l'obesità aumenta il rischio di sviluppare il cancro, ma ora i ricercatori hanno scoperto che la chirurgia può ridurre notevolmente le probabilità che una donna si ammali di tumore. Per arrivare a queste conclusioni i ricercatori hanno coinvolto nello studio un gruppo di poco più di 2 mila pazienti svedesi che hanno subito un intervento per ridurre il loro peso e un gruppo di altrettante persone obese che invece si sono affidate a una semplice consulenza nutrizionale. I ricercatori hanno monitorato per oltre 10 anni lo stato di salute di tutti i soggetti.
Ebbene, mentre non è stato trovato alcun collegamento tra l'incidenza del cancro e i soggetti obesi che si sono affidati alla semplice dieta,è stata invece registrata una riduzione del 42% del rischio di sviluppare il cancro nei pazienti donna obesi sottoposti all'intervento chirurgico. Questo perchè, secondo i ricercatori, l'intervento chirurgico ha un impatto sugli ormoni femminili. In effetti, diversi tipi di tumore sono associati agli estrogeni.
E probabilmente è per questo che non è stata riscontrata alcuna riduzione del rischio negli uomini obesi che hanno subito l'intervento.

  34) - La terapia ormonale sostitutiva associata a tumore maligno della pelle

La terapia di sostituzione ormonale è stata a lungo associata a tumori ginecologici e a eventi trombotici. Uno studio ha concluso che le donne in terapia ormonale sostitutiva ( TOS ) per il trattamento dei sintomi menopausali sono ad aumentato rischio di tumori cutanei.
Lo studio è stato condotto su 800 donne olandesi a cui era stato diagnosticato un melanoma nel periodo 1991-2004, e su 4.000 donne senza tumore ( gruppo di controllo ).
Le donne in trattamento con TOS per più di 6 mesi presentano un rischio 2 volte più alto di sviluppare melanoma maligno. I Ricercatori ritengono che l’aumentato rischio sia dovuto all’estrogeno contenuto nella terapia ormonale sostitutiva. Precedenti studi avevano fornito risultati contrastanti.
Negli Stati Uniti i risultati dello studio WHI ( Women’s Health Initiative ) hanno evidenziato una varietà di effetti avversi associati alla terapia ormonale sostitutiva.
La TOS, oltre ad aumentare il rischio di tumore dell’ ovaio e della mammella, è coinvolta nell’aumento dell’incidenza di ictus. L’incidenza di tumore mammario è scesa dell’8,6% tra il 2001 e il 2004 negli Stati Uniti, parallelamente al declino dell’uso della terapia ormonale sostitutiva.
Fonte: Annals of Oncology, 2009 da (XagenaHeadlines2009) Ho riportato questi dati che sono smentiti per quanto riguarda il melanoma dal dr. Natale Cascinelli su:
http://forum.corriere.it/sportello_cancro_il_melanoma/18-05-2009/effetti_della_terapia_ormonale_sostitutiva-1256570.html

  35) -Scoperto il gene chiave del cancro infiamatorio al seno

E’ stato scoperto un gene chiave nello sviluppo del cancro infiammatorio al seno. I ricercatori del Cancer Institute alla New York University Langone Medical Center hanno identificato un gene, l'eIF4G1, che si esprime troppo nella maggior parte dei casi di cancro infiammatorio al seno (IBC).
Il gene permette alle cellule di formare raggruppamenti molto mobili, responsabili delle rapide metastasi che questo cancro sviluppa. Il cancro infiammatorio al seno e' aggressivo e spesso mal diagnosticato, ed e' tra i tumori piu' letali; spesso colpisce le donne giovani e puo' essere mortale dai 18 ai 24 mesi. II Dottor Robert Schneider, a capo dello studio che sara' pubblicato sulla rivista Nature Cell Biology, ha spiegato che tale tipo di tumore non appare come un classico nodulo ma sembra piu' un infiammazione ed e' quindi confuso con un'infezione.
I ricercatori hanno rilevato che nonostante ci fossero altri geni associati all’IBC l’ eIF4G1 e' il primo che agisce sulla formazione delle strutture note come emboli tumorali.
Questi piccoli gruppi di cellule tumorali non sono stabili ma viaggiano nel corpo rapidamente, e sono responsabili della formazione di metastasi. Il prossimo obiettivo di ricerca, per Schneider, e' produrre farmaci che agiscano su eIF4G1 senza danneggiare le cellule sane e scoprire di piu' sulla regolazione genetica dell'IBC.

  36) - Le carote sono anticancro se bollite intere

Sono anticancro se bollite intere prima di essere tagliate a rondelle. A dimostrare la particolare proprieta' segreta delle carote e' uno studio condotto dall'Universita' di Newcastle, presentato lunedi' nel corso di una conferenza a Lille, in Francia, dal quale emerge che le carote bollite intere contengono il 25% in piu' di falcarinolo, una sostanza anticancro.
Anche gli zuccheri contenuti nell'ortaggio, inoltre, sono presenti in concentrazioni piu' alte nelle carote bollite prima di essere tagliate, col risultato che cosi' sono anche piu' gustose. Kirsten Brandt, che ha guidatolo studio ha spiegato che quando le carote vengono tagliate aumenta la loro superficie a contatto con l'acqua e cosi' le sostanze nutritive, zuccheri e falcarinolo compresi, tendono a disperdersi nell'acqua durante la cottura.
I benefici del falcarinolo vennero scoperti per la prima volta quattro anni fa proprio da Kirsten Brandt, che in uno studio del 2005 mise in evidenza che i topi alimentati con una dieta contenente carote avevano un terzo di probabilita' in meno di sviluppare tumori rispetto ai topolini del gruppo di controllo.

  37) - Fanno bene le carote prima della menopausa per ridurre il rischio di tumore

Prima della menopausa, le donne dovrebbero mangiare più carote per essere sicure di ridurre il rischio di ammalarsi di cancro al seno.
E' quanto suggerisce una ricerca diretta dalla dottoressa Laura I. Mignone della 'Harvard School of Public Health' di Boston. Secondo l'equipe della Mignone, le donne in età precedente alla menopausa che mangiavano ogni giorno verdure ricche di carotenoidi abbassavano il rischio di sviluppare questa forma di tumore.
La ricercatrice nota che la maggior parte dei fattori di rischio del cancro al seno sono ormonali e quindi non modificabili; tuttavia il rischio dipende in parte anche dall'alimentazione e su questo fattore si può agire. Il suo gruppo di ricerca ha esaminato il rapporto tra assunzione di frutta e verdura ricca di carotenoidi e rischio di cancro al seno in 5.707 donne con cancro al seno invasivo e 6.389 donne sane.
E' così emerso che alti livelli di vitamina A, beta carotene, alfa carotene e luteina/zeaxantina nella dieta riducevano il rischio di cancro al seno nelle donne in età precedente alla menopausa (ma non in quelle dopo la menopausa). In cifre, mangiare almeno due porzioni di verdure ricche di carotenoidi al giorno riduceva il rischio del 17%. Secondo la Mignone la spiegazione può essere nel fatto che i carotenoidi riescono a interferire con gli estrogeni e hanno anche un forte effetto antiossidante.
La ricerca appare sull'International Journal of Cancer.

  38) - Più di 40 mila nuovi casi di cancro al seno ogni anno, con un aumento del 13,8% in 6 anni

Più di 40 mila nuovi casi di cancro al seno ogni anno, con un aumento del 13,8% in 6 anni. A detta di alcuni autori, in Italia le cifre reali del big killer al femminile sono "sorprendentemente maggiori" rispetto ai dati ufficiali. In particolare, allarmano i dati relativi alle donne under 45: in 6 anni si calcola un +28,6% di casi nella fascia d'età 25-44 anni.
"Una popolazione generalmente esclusa dalle campagne di screening mammografico", fa notare il coordinatore della ricerca Antonio Giordano, presidente della Sbarro Health Research Organization di Philadelphia, professore di anatomia e istologia patologica all'Università di Siena e presidente del Comitato scientifico del Crom.
I dati dello studio, già pubblicato online sul 'Journal of Experimental and Clinical Cancer Research',. Finora, ricorda il comunicato, le uniche informazioni disponibili sui numeri del cancro al seno nella Penisola si basavano su una metodica di stima indiretta, sviluppata sulla base dei dati di mortalità Istat e dei dati sopravvivenza dello studio Eurocare.
Giordano e colleghi - un'equipe multidisciplinare del Crom, dell'Istituto tumori 'Fondazione Pascale' e della Seconda Università di Napoli, composta da epidemiologi, chirurghi, radiologi, patologi clinici e genetisti - hanno invece 'contato' i casi di tumore al seno nel nostro Paese passando in rassegna "le schede di dimissione ospedaliera del ministero della Salute -- conteggiando il numero esatto di interventi chirurgici demolitivi (mastectomie) o conservativi (quadrantectomie) realmente eseguiti nelle sale operatorie italiane dal 2000 fino al 2005 (ultimo anno disponibile per la consultazione)".
"ciò impone indubbiamente la necessità di considerare un abbassamento dell'età di esecuzione della prima mammografia, ma deve anche farci interrogare sulle cause che stanno determinando un così sorprendente aumento dei tumori al seno nelle donne più giovani". I fattori imputati?
"Probabilmente l'assunzione di estrogeni attraverso gli alimenti o preparati farmacologici, il fumo di sigaretta, l'inquinamento ambientale e in particolare quello da diossina (cancerogeno di classe I che si deposita proprio nei tessuti grassi come il seno delle donne)".

  39) - Numeri controversi sul cancro al seno Risposta dell’epidemiologo Franco Berrino

Numeri controversi sul cancro al seno Risposta dell’epidemiologo Franco Berrino DoctorNews33, nel numero 118 dello scorso primo luglio, ha riportato i dati di uno studio condotto dal Centro di ricerche oncologiche di Mercogliano (Crom), che riportava evidenze di un "drastico aumento del cancro al seno nelle donne under 45 sottostimato dai dati ufficiali".
Ora a contestare i dati interviene Franco Berrino, epidemiologo dell'Istituto nazionale dei tumori di Milano: "quando trova discrepanze notevoli tra i suoi dati e quelli già disponibili, uno scienziato dovrebbe per prima cosa controllare di non avere commesso errori nella raccolta e nell'analisi dei dati", dice l'esperto che si fa portavoce, insieme a Eugenio Paci, segretario nazionale dell'Associazione italiana registri tumori (Airtum), di "molti epidemiologi che da decenni si occupano di tumore del seno".
"Sono dati che non trovano alcun riscontro in quelli raccolti dalla rete dei Registri tumori", Paci. "Secondo le nostre rilevazioni, infatti, tra il 2000 e il 2005 non c'è stata alcuna variazione nell'incidenza del tumore della mammella tra le donne italiane di età compresa tra 0 e 84 anni che si è mantenuta stabile attorno alle 111 nuove diagnosi ogni 100.000 donne (tassi standardizzati per la popolazione europea)".
"Non si capisce perché gli autori dello studio non abbiano ritenuto di confrontarsi con i dati Airtum - nota Berrino - visto che la rete dei Registri tumori è la fonte più valida per quanto concerne l'incidenza e gli andamenti delle malattie oncologiche".
Considerato, aggiunge Paci, "che gli aggiornamenti forniti periodicamente dall'Airtum non si basano su dati stimati, ma sui casi 'osservati', quindi contati uno a uno da personale specializzato. Certo, la rete Airtum non copre tutto il territorio nazionale, ma riguarda più del 30% della popolazione della Penisola, ed è largamente rappresentativa delle realtà del Centro e Nord Italia".

  40) - IL vino aiuta a tollerare meglio la Radioterapia?

Una sorprendente ricerca dell’Università Cattolica di Campobasso mostra come un moderato consumo di vino può contrastare gli effetti collaterali dannosi delle radiazioni usate per combattere il tumore del seno. Le radiazioni usate per combattere il cancro colpiscono, come è noto, anche i tessuti sani vicini, primo fra tutti la pelle che devono attraversare, provocando molto spesso effetti collaterali anche rilevanti. E’ in questo campo che il vino scopre un suo lato nuovo ed inatteso: proteggere quei tessuti dalle radiazioni, senza peraltro diminuire l’efficacia della radioterapia nel danneggiare le cellule cancerose.
Questo effetto benefico non è tuttavia favorito dall’alcol ma da altri componenti contenuti nel vino, primi fra tutti gli antiossidanti della categoria dei polifenoli. La ricerca, condotta dall’Unità Operativa di Radioterapia e Terapie Palliative del Dipartimento di Oncologia e dai Laboratori di Ricerca dell’Università Cattolica di Campobasso, ha preso in esame 348 donne malate di tumore al seno e sottoposte a radioterapia nello stesso centro molisano nel periodo che va dal febbraio 2003 al giugno 2007.
Oltre alle normali informazioni cliniche necessarie per l’inizio della cura, ciascuna paziente aveva fornito informazioni sul suo stile alimentare e sulle sue abitudini di vita, incluso il consumo di bevande alcoliche e specificamente di vino.
Ciò che i ricercatori hanno esaminato è il danno che le radiazioni potevano provocare nella pelle del seno, un tipo di lesione misurato con una scala di gravità crescente. I risultati, pubblicati on line sull’International Journal of Radiation Oncology Biology, Physiscs, mostrano come le donne che avevano l’abitudine di bere moderate quantità di vino abbiano presentato un livello di lesioni della pelle significativamente inferiore rispetto a quelle astemie

  41) - Ruolo protettivo dei raggi ultravioletti nel carcinoma mammari

The Breast Journal - There is a protective effect of UVB irradiance on risk of breast carcinoma /- I raggi ultravioletti B, correlati alla esposizione solare, hanno un ruolo protettivo nei confronti del carcinoma mammario

  42) - La sindrome metabolica aumenta il rischio di tumore al seno

Soprattuto nelle donne dopo la menopausa Da uno studio condotto da un gruppo di ricercatori della Albert Einstein College of Medicine di New York e pubblicato sulla rivista Cancer Epidemiology, Biomarkers & Prevention risulta che la sindrome metabolica aumenta il rischio di cancro al seno.
La sindrome metabolica, un gruppo di sintomi e fattori di rischio che comprende obesita' addominale, alti livelli di glucosio e di grassi e alta pressione sanguinea, puo' raddoppiare il rischio di cancro al seno nelle donne che hanno superato la menopausa. Geoffrey C. Kabat, ricercatore del dipartimento di epidemiologia e popolazione dell'Albert Einstein College of Medicine di New York ha rilevato che gli studi precedenti hanno rapportato singoli sintomi della sindrome metabolica con il cancro al seno, ottenendo risultati inconcludenti mentre questo e' il primo studio a valutare il rischio associato alla sindrome metabolia nel suo complesso".
Le donne che avevano la sindrome metabolica dai 3 ai 5 anni prima della diagnosi del cancro al seno mostravano un rischio doppio rispetto al normale. Alcuni sintomi, in particolare un elevato tasso di glucosio e trigliceridi nel sangue, hanno mostrato delle associazioni significative con l'insorgenza del tumore. Un'alta pressione diastolica sanguinea, invece, e' risultata ancora piu' legata al rischio.

  43) - Il papilloma virus umano non gioca alcun ruolo nel tumore del seno

Breast Cancer Research and Treatment - HPV does not play an important role in breast carcinoma / HPV e carcinoma mammario - Il papillomavirus umano non sembra giocare un ruolo significativo nella eziopatogenesi del carcinoma mammario 2 Maggio / May 2008

  44) - Con la terapia fotodinamica si opera il tumore al seno senza bisturi

N.B. -La tecnica è ancora in fase di sperimentazione Il tumore al seno potra' essere sconfitto da un semplice, potente raggio laser al posto delle operazioni chirurgiche cruente, dolorose e spesso neanche risolutive? Ne e' convinto un team di scienziati inglesi del prestigioso Royal Free hospital a Londra, che ha inventato una tecnica che potrebbe essere rivoluzionaria: la "Terapia fotodinamica". Quest'anno gia' 20 pazienti saranno trattate con la nuova tecnica, applicata per la prima volta sul cancro al seno mentre in precedenza, il laser era stato usato solo per i tumori alla pelle e alla bocca.
La Terapia fotodinamica e' stata creata da Mo Keshtgar, chirurgo al Royal Free Hospital. Durante il trattamento, viene iniettato un farmaco nel sangue del paziente che rende le cellule tumorali estremamente sensibili alla luce. Quando viene indirizzato un raggio laser attraverso la pelle contro le cellule cancerose queste soffrono la luce tanto da autodistruggersi.
I ricercatori, che hanno annunciato la loro intenzione di iniziare l'esecuzione di prove presso la Royal Society Summer Science Exhibition, hanno detto che questa tecnica potrebbe anche offrire una alternativa alla radioterapia per alcune donne. Il farmaco, chiamato agente fotosensibilizzante, viene iniettato direttamente nelle pazienti e trova da solo la sua strada nelle cellule epiteliali del seno, cellule di rivestimento che possono diventare cancerose.
Il farmaco rende queste cellule altamente sensibili alla luce. Poiche' i tumori sono ad alta attivita' metabolica e sono circondati da una proliferazione di nuovi vasi sanguigni, il farmaco si accumula nelle cellule tumorali in modo molto piu' massiccio rispetto alle cellule sane. A questo punto, i chirurghi puntano un raggio laser rosso a bassa potenza dritto sul tumore: la luce attiva una reazione chimica che uccide le cellule dannose. Il farmaco perde la sua potenza dopo un paio d'ore.
I pazienti sono tenuti in una luce fioca per 24 ore dopo il trattamento. La tecnica, annuncia Keshtgar, potrebbe essere disponibile entro sei anni, una volta che sia stata adeguatamente testata su volontari.

  45) - Ulteriore ragione per favorire l’allattamento al seno soprattutto per i nati prematuri

Il latte materno è ricco di acidi grassi Omega3 e può rivelarsi una preziosa fonte di nutrienti fondamentali per lo sviluppo dei piccoli nati pretermine.
Un gruppo di ricercatori dell’Università Federale di Rio de Janeiro ha preso in considerazione 37 bambini nati pretermine e ha scoperto che nutrirli con latte materno favorisce la crescita in termini di peso, lunghezza e circonferenza cranica nei primi sei mesi di vita.
Per garantire la giusta quantità di acidi grassi Omega3 nel latte, le neomamme devono prestare particolare attenzione alla loro dieta: pesci come salmone, sardine, tonno e pesce spada contengono elevate quantità di questo prezioso componente ma spesso le donne in dolce attesa non ne mangiano a sufficienza perché temono che possano contenere eccessive concentrazioni di mercurio.
Eppure si tratta di alimenti importanti, spiega la studiosa Maria G. Tavares do Carmo su 'Lipids in Health and Disease' di giugno, che non dovrebbero mai mancare dalla tavola della neomamma che dovrebbe mangiarne almeno due porzioni a settimana.
I grassi Omega3 sono fondamentali per garantire un corretto sviluppo di cervello e occhi prima della nascita e nel primo anno di vita e si rivelano, quindi, particolarmente importanti per i nati prematuri.

  46) - Tumore al seno sovradiagnosticato? Vengono diagnosticate e curate forme tumorali innocue?

Una ricerca destinata a far discutere, tant'è che sta già sollevando polemiche sui programmi di screening per il cancro al seno.  I test per stanare uno dei nemici giurati delle donne salvano ogni anno migliaia di vite, ma in circa un terzo dei casi - sostiene lo studio pubblicato sul British Medical Journal e condotto in 5 Paesi, Regno Unito compreso - vengono diagnosticate forme tumorali potenzialmente innocue.
Con il risultato che molte donne vengono operate e sottoposte a chemioterapia benché non ne abbiano reale bisogno, poiché il tumore identificato, stando almeno alla ricerca del Nordic Cochrane Centre, in Danimarca, difficilmente potrebbe svilupparsi e minacciarne la vita.
I sostenitori dei programmi di screening puntano il dito contro lo studio, che rischia di generare diffidenza e dubbi su test salva vita.
Nella sola Inghilterra, fanno notare sul sito della Bbc online, questi programmi salvano ben 1.400 vite ogni anno, strappando dalla morte quasi quattro donne al dì. Ma secondo i ricercatori danesi, i risultati dello studio mostrano che gli screening possono condurre a una "sovra-diagnosi" dei casi.
E lo stesso Gilbert Welch, un esperto del Dartmouth Institute for Health Policy, in un editoriale che accompagna lo studio ammette che, benché le mammografie aiutino senz'altro le donne, "possono avere anche la conseguenza di portarne alcune a sottoporsi a trattamenti nonostante non ne abbiano reale necessità.
E non si tratta - ricorda - di terapie leggere". Mentre a difendere a spada tratta i test stana- cancro è Julietta Patnick, a capo proprio del Programma di screening per i tumori del Servizio sanitario britannico (Nhs), che con una nota polemica ricorda che "una donna su otto sarebbe morta senza il test".

Commento all’articolo Difesa a spada tratta dei programmi di screening per stanare il tumore al seno.
"Guai se non ci fossero", afferma Francesco Cognetti, responsabile dell'Oncologia medica A dell'Istituto nazionale tumori Regina Elena Irccs di Roma, commentando così lo studio apparso sulle pagine del British Medical Journal, che getta qualche ombra sui test per stanare il cancro al seno.
Un terzo delle diagnosi, secondo lo studio danese, riguarderebbe forme tumorali potenzialmente innocue, inducendo tuttavia le donne colpite a sottoporsi a terapie di cui potrebbero fare a meno."Non conosco lo studio - precisa Cognetti all'ADNKRONOS SALUTE - ma quel che è giusto sottolineare è che i programmi di screening, di fatto, hanno diminuito del 30% la mortalità per cancro al seno", uno dei big killer del gentil sesso.
"Per questo - aggiunge l'oncologo - bisogna continuare a investire" nella diagnosi precoce e, anche se il dato dello studio danese corrispondesse a realtà, "occorre ricordare - fa notare - che nei due terzi dei casi restanti i test salvano la vita". In futuro, grazie ai progressi della ricerca, si potranno poi evitare quelle cure a cui le donne potrebbero non sottoporsi, perché colpite da una forma tumorale che difficilmente potrebbe svilupparsi minacciandone la vita.
"Grazie ai progressi della biologia molecolare - sottolinea - oggi già diffusamente usata nella fase di prognosi e scelta delle cure.
Ma ci vorrà ancora qualche anno prima che questa possa guidare la prevenzione secondaria", schivando così cicli di chemio e interventi evita

  47) - Una dieta ad alto carico glicemico (pane bianco, dolci, frutta secca, zucchero e miele) aumenta il rischio di tumore al seno.

Secondo una ricerca svedese pubblicata dall'International Journal of Cancer la quantita' di carboidrati che una donna consuma, insieme al carico glicemico complessivo della sua alimentazione, possono aumentare le probabilita' che si ammali di cancro al seno.
Il concetto di carico glicemico si basa sul fatto che i diversi carboidrati provocano effetti diversi sul livello di zuccheri nel sangue. Il pane bianco e le patate, ad esempio, hanno un alto indice glicemico, che fa alzare rapidamente la glicemia.
Altri carboidrati, come i cereali ricchi di fibre o i legumi, fanno alzare gli zuccheri nel sangue piu' gradualmente e hanno quindi un indice glicemico inferiore.
La Dr.ssa Susanna Larsson del Karolinska Institute di Stoccolma e i suoi colleghi hanno analizzato i dati di 61.433 donne che hanno completato dei questionari sulla loro alimentazione alla fine degli Anni Ottanta.
Nel corso di circa 17 anni, 2952 donne hanno sviluppato il cancro al seno e secondo i ricercatori, il carico glicemico era significativamente associato al rischio di ammalarsi.
Inoltre, secondo questo studio, il consumo di carboidrati, l'indice glicemico e il carico glicemico sono risultati tutti fattori connessi con il rischio di un preciso tipo di tumore del seno, quello Er-positivo/Pr-negativo. Secondo l'equipe svedese, e' possibile che le diete troppo ricche di carboidrati semplici aumentino il rischio di cancro al seno perche' fanno salire le concentrazioni di insulina e ormoni sessuali nel corpo.
I ricercatori consigliano quindi di privilegiare una dieta bilanciata, che preveda carboidrati a basso indice glicemico e che riduca invece dolci, pane bianco, patate, frutta secca, zucchero e miele.

  48) - Dolore: studio inglese, le parolacce aiutano a sopportarlo.

[* ero molto incerto se pubblicare un lavoro come questo per non essere accusato di "induzione alla bestemmia" come terapia del dolore (^__^ ) A tutti sarà capitato di dire qualche parolaccia in seguito a una martellata sul dito.
Questa reazione comune potrebbe aver trovato una spiegazione ben diversa dal semplice sfogo. Si tratta ovviamente di uno studio che presta il fianco a qualche critica, ma tale è stata l'originalità del lavoro che non ho potuto fare a meno di leggerlo e trasferirlo anche a voi .E allora perchè no ? S.C.]
Uno studio della Keele University's School of Psychology (Gran Bretagna) ha rivelato infatti che dire le parolacce aiuta a sopportare il dolore fisico. Le persone che bestemmiano riescono infatti a sopportare il dolore per il 50 per cento più a lungo rispetto a quelli che non dicono parolacce in seguito ad un forte dolore. "Pensavamo che le parolacce fossero un segnale di bassa sopportazione al dolore", ha detto Richard Stephens, a capo della ricerca.
"Ma dopo aver svolto degli esperimenti su dei volontari - ha aggiunto - abbiamo scoperto che invece hanno un effetto benefico". I volontari hanno immerso le mani in acqua ghiacciata e ripetuto una parolaccia a loro scelta in seguito alla reazione di dolore. In seguito hanno ripetuto l'esperimento, ma non dovevano bestemmiare. "Se si dicevano parolacce, si poteva sopportare il dolore provocato dall'acqua ghiacciata per 2 minuti.
Senza bestemmiare, si resisteva solo per 1 minuto e 15 secondi", hanno spiegato i ricercatori. "Probabilmente le reazioni 'aggressive' di chi bestemmia aumentano la sopportazione del dolore fisico", hanno concluso. Per gli scienziati, questo è il primo studio che è riuscito a dimostrare gli effetti benefici della parolaccia.
"Spiegherebbe come mai la pratica di bestemmiare in reazione al dolore si sia originata e sia diventata cosi' comune. Anche alle persone piu' educate capita di farsene sfuggire una. In questi casi: il nostro studio ne da' una ragione".

  49) - Continua la disputa sui numeri cancro seno under 45.

Botta e risposta tra ricercatori sui 'numeri' del tumore al seno. La disputa scientifica era partita dal uno studio del Centro di ricerche oncologiche di Mercogliano (Crom), affiliato alla Fondazione Pascale di Napoli, secondo il quale sarebbero sottostimati i dati ufficiali del cancro alla mammella tra le donne under 45.
Un'indicazione contestata da Franco Berrino, epidemiologo dell'Istituto nazionale dei tumori di Milano e Eugenio Paci, segretario nazionale dell'Associazione italiana registri tumori (Airtum), in una dettagliata analisi sulla metodologia utilizzata dai colleghi. Altrettanto dettagliata, in 5 fitte pagine a cui se ne aggiungono due di bibliografia, la risposta degli autori dello studio - Incidence of breast cancer in Italy: mastectomies and quadrantectomies from 2000 to 2005 (Journal of Experimental & Clinical Cancer Research 2009, 28:86 (19 June 2009) - guidati da Antonio Giordano (presidente della Sbarro Health Research Organization di Philadelphia, professore di anatomia e istologia patologica all'università di Siena e presidente del Comitato scientifico del Crom), che difendono la loro tesi: "in Italia ogni anno i casi di tumore al seno sono molti di più di quelli riportati dalle stime ufficiali".
"Fatta salva la libertà di 'sperimentare', ovvero la facoltà del singolo o di un equipe scientifica di ricercare metodologie idonee a studiare un fenomeno d'interesse anche attraverso percorsi parzialmente o completamente diversi da quelli tradizionalmente utilizzati per l'analisi dello stesso fenomeno - si legge nella lunga risposta - gli autori dell'articolo vogliono precisare che i Registri Tumori sono sicuramente il gold-standard per lo studio epidemiologico delle neoplasie ed auspicano il concretizzarsi di opportunità di futura collaborazione con gli esperti che da molti anni sono impegnati nel settore".
Nessuna voglia di fare la 'guerra', dunque, dicono i ricercatori napoletani che smentiscono l'accusa fatta da Berrino e Paci di non essersi confrontati con i dati Airtum, sottolineando che la fase di confronto è durata oltre un anno.
Ma ricordano anche che "ad oggi, nel nostro Paese i Registri Tumori coprono solo il 30% della popolazione.
"Per fornire dei dati nazionali al ministero della Salute, la stessa Airtum non può disporre di informazioni dettagliate derivanti da Registri che coprano l'intero territorio nazionale e si trova costretta a ricorrere a valori medi e a modelli statistici basati sulle schede di mortalità Istat". Pertanto,"i dati nazionali forniti dall'Airtum sono 'stime' statistiche".
A partire da queste considerazioni i ricercatori difendono anche la metodologia basata sull'analisi delle schede di dimissione ospedaliera, contestata dagli esperti Airtum, e spiegano nel dettaglio tutti i criteri seguiti per un'analisi 'depurata' da fattori confondenti.
In base a questi criteri "non è possibile - scrivono - che lesioni benigne siano state incluse nel nostro conteggio".
Piuttosto potrebbe esserci una sottostima del 10-15% dei tumori maligni della mammella.
Disaccordo sui numeri a parte, i ricercatori si dicono convinti che si debba puntare sulla collaborazione .
"Il gold standard per lo studio epidemiologico dei tumori - spiegano - sarebbe quello di disporre per tutto il territorio nazionale di Registri tumori in grado di incrociare diversi flussi informativi (oltre le Sdo), inclusi i dati di anatomia patologica, come giustamente sottolinea l'Airtum".
In definitiva gli autori auspicano, in uno spirito di collaborazione, che anche l'Airtum possa considerare l'opportunità di utilizzare maggiormente, per la stime di incidenza, un archivio ormai ben consolidato quale le Sdo, come auspicato da Alleanza contro il Cancro e sulla scorta della positiva esperienza della Regione Piemonte.
E per questo offriamo la nostra piena e fattiva collaborazione se vorrà essere accolta".

  50) - La curcuma protegge dal tumore al seno?

I ricercatori americani dell'Universita' del Missouri in uno studio apparso su Menopause, la rivista della North American Menopause Society affermano che la curcuma protegge le donne in menopausa e sottoposte alla terapia ormonale sostitutiva dal tumore al seno.
I test sono stati condotti su cavie e hanno effettivamente dimostrato che la popolare spezia indiana ha il potere di ritardare l'eventuale insorgenza del cancro al seno, ne diminuisce l'incidenza e previene il rischio di anormalita' morfologiche alle ghiandole mammarie.
La curcuma infatti blocca la produzione di una molecola chiamata Vegf, che gioca un ruolo decisivo nello sviluppo dei tumori.
Salman Hyder, coordinatore dello studio ha spiegato che la curcuma e altri composti anti-angiogenici dovranno essere ancora testati come agenti dietetici chemio-preventivi nelle donne sotto terapia ormonale sostitutiva a base di estrogeni e progestinici, nel tentativo di diminuire o ritardare l'insorgenza del tumore al seno in questa categoria di pazienti.

  51) - Solo il 7% dei malati di cancro segue stili di vita apprpriati

I risultati di uno studio condotto sugli over 65 statunitensi Solo il 7% della popolazione statunitense oltre i 65 anni sopravvissuta al tumore, pari a oltre 11 milioni di persone, segue le raccomandazioni mediche dettate dalle linee guida nazionali.
E' quanto emerge da uno studio condotto da un gruppo di ricercatori del Memorial Sloan-Kettering Cancer Center di New York City guidati da Catherine Mosher che verra' pubblicato a settembre su Cancer, secondo il quale la maggior parte degli over 65 sopravvissuti a lungo termine al cancro hanno abitudini di vita molto meno sane di quanto raccomandato.
Dallo studio, condotto su 753 anziani, e' emerso che ogni over 65 effettua esercizio fisico in media per 10 minuti a settimana, contro i 150 minuti consigliati dalle linee guida nazionali e rispettati solo dal 7%.
Dalla ricerca emerge anche che chi segue un'alimentazione equilibrata e svolge movimento fisico ha una qualita' di vita migliore, mentre sono gli obesi ad avere la peggio.
Mosher ha rilevato che i risultati indicano da un lato il potenziale impatto negativo dell'obesita' e dall'altro l'effetto positivo dell'esercizio fisico regolare e di una dieta sana sulla qualita' della vita degli anziani sopravvissuti al cancro a lungo termine.
Tuttavia, secondo la studiosa, solo gli studi clinici randomizzati, potranno rivelare se la modifica dello stile di vita migliora effettivamente la condizione degli anziani sopravvissuti al cancro.

  52) - Con SORAFENIB miglioramenti per il tumore al seno

Sorafenib, molecola antitumorale orale, ha dimostrato di migliorare la sopravvivenza libera da progressione della malattia in pazienti colpite da tumore al seno.
I risultati emergono da uno studio di Fase II randomizzato, in doppio-cieco, controllato verso placebo, che ha valutato il trattamento orale a base di Sorafenib in combinazione con capecitabina in 229 pazienti con carcinoma mammario localmente avanzato o metastatico HER-2 negativo.
La sicurezza e la tollerabilita' hanno rispettato le attese e non sono comparse nuove tossicita'.
Jose Baselga, coordinatore dello studio e chairman e professor of medicine all'Istituto Oncologico Vall d'Hebron di Barcellona ha rilevato che tale risultato rappresenta un segnale positivo del potenziale vantaggio offerto dalla combinazione alle pazienti con carcinoma mammario avanzato e costituisce la prima dimostrazione basata su riscontri statisticamente significativi dell'efficacia di un inibitore tirosin-chinasico nel trattamento di questa malattia.
Uno degli obiettivi del trial era quello di valutare il successo di un regime 'tutto orale', che puo' rappresentare un'opzione terapeutica unica per le pazienti con carcinoma mammario'.

  53) - Una nuova molecola distrugge le cellule tumorali

Si tratta di una versione trasformata del 5-fluoracile I ricercatori del Dipartimento di Chimica Farmaceutica dell'Universita' di Granada in Spagna hanno sviluppato un nuovo tipo di molecole che si e' rivelato, durante delle coltivazioni in vitro, altamente distruttivo contro le cellule tumorali e con un bassissimo livello di tossicita' verso le normali cellule del corpo umano.
In un articolo pubblicato sul sito ScienDaily si spiega che la nuova molecola e' praticamente una versione trasformata di un farmaco gia' utilizzato da tempo contro il cancro, il 5-fluoruracile.
I ricercatori hanno spiegato che fino ad oggi sono stati effettuati molti tentativi per ottenere una molecola simile sostituendo chimicamente delle componenti del 5-fluoruracile.
Grazie ai nuovi risultati ottenuti, la nuova molecola e' 10 volte meno tossica per il corpo umano pur mantenendo la sua efficacia contro il cancro.

  54) - Il disagio psichico nei sopravvissuti da cancro

Fare esperienza del cancro aumenta il rischio di andare incontro a seri disturbi psicologici. Uno studio pubblicato su Archives of Internal Medicine, prendendo in esame 4.636 pazienti oncologici, ha permesso di stabilire che in individui affetti da patologie tumorali il rischio di problemi mentali risulta raddoppiato (5,6%) rispetto a quello ritrovato in 120mila persone sane (3%).
L'indagine ha riguardato pazienti sopravvissuti al tumore che, al momento della diagnosi, avevano un età media di 50 anni e nei quali l'accertamento diagnostico era avvenuto circa 12 anni prima del reclutamento.
Alla luce di alcune valutazioni cliniche e sociali, gli autori hanno stabilito che i pazienti maggiormente a rischio di grave distress mentale sono quelli più giovani, non sposati, con un basso livello di formazione scolastica, con difficoltà a svolgere le normali azioni quotidiane e che soffrono anche di altre patologie.
Il 18% dei pazienti con seri disturbi ha dichiarato di non aver ricevuto alcun sostegno psicologico nei primi anni della malattia. «La nostra indagine ha permesso di identificare tutta una serie di fattori clinici e sociodemografici associati a forme gravi di distress psicologico in pazienti oncologici» ha dichiarato Karen E. Hoffman del Brigham and Women's Hospital di Boston.
«Abbiamo ora a disposizione utili suggerimenti diagnostici e la certezza di dover sviluppare adeguati strumenti per offrire un valido supporto a questi pazienti» (L.A.).
Archives of Internal Medicine 2009; 169: 1274-1281

  55) - Nuove linee guida per la diagnosi del cancro al seno HER2-POSITIVO

Sono state presentate le nuove linee guida che permetteranno di ridurre al 5% - contro l'attuale tasso del 20-40% - gli errori nella diagnosi del tumore al seno Her2-positivo, che ogni anno in Italia colpisce dalle 8000 alle 10.000 donne.
I principi sono contenuti in un documento sottoscritto dalla Societa' italiana di anatomia patologica e citopatologia diagnostica (Siapec-Iap) e dall'Associazione italiana di oncologia medica (Aiom), e presentato per la prima volta al Congresso nazionale Siapec-Iap a Firenze.
Gli obiettivi fondamentali del gruppo di lavoro sono stati la definizione di requisiti minimi di refertazione, la standardizzazione della refertazione e l'individuazione di percorsi diagnostico-terapeutici integrati. I principi indicati nel documento saranno applicati subito dopo il congresso di Firenze.

www.corriere.it

  56) - Con il grasso da liposuzione si può ingrandire il seno?

Riporto solo come “cronaca” questa notizia, perché nonostante l’enfasi delle precedenti pubblicazioni evidentemente si tratta di una tecnica ancora da mettere a punto e da validare prima di raccomandarla come procedura routinaria.
E’ ora possibile ingrandire il seno con il grasso estratto tramite la liposuzione?
Questo trattamento 'due in uno', dal costo di circa 9.000 euro, sara' discusso al meeting annuale della BAAPS (British Association of Aesthetic Plastic Surgeons).
Nigel Mercer, presidente della BAAPS, commentando la tecnica inizialmente concepita sette anni fa, ha spiegato che questo trattamento permetterebbe di ottenere i benefici di entrambe le tecniche in un'unica operazione. Il grasso trasferito non dovrà infatti essere piu' sostituito a distanza di anni a differenza delle protesi attuali e in più conferisce al seno una forma piu' naturale.
Mercer ha tuttavia precisato che ci sono ancora delle preoccupazioni per la salute e che ulteriori test vanno svolti per verificare la correttezza scientifica dell'operazione.

  57) - MICROMETASTES OR ISOLATED TUMOR CELLS AND THE OUTCOME OF BREAST CANCER.

de Boer M, van Deurzen CH, van Dijck JA, Borm GF, van Diest PJ, Adang EM, Nortier JW, Rutgers EJ, Seynaeve C, Menke-Pluymers MB, Bult P, Tjan-Heijnen VC.
N Engl J Med. 2009 Aug 13;361(7):653-63
BACKGROUND: The association of isolated tumor cells and micrometastases in regional lymph nodes with the clinical outcome of breast cancer is unclear. METHODS: We identified all patients in The Netherlands who underwent a sentinel-node biopsy for breast cancer before 2006 and had breast cancer with favorable primary-tumor characteristics and isolated tumor cells or micrometastases in the regional lymph nodes. Patients with node-negative disease were randomly selected from the years 2000 and 2001. The primary end point was disease-free survival. RESULTS: We identified 856 patients with node-negative disease who had not received systemic adjuvant therapy (the node-negative, no-adjuvant-therapy cohort), 856 patients with isolated tumor cells or micrometastases who had not received systemic adjuvant therapy (the node-positive, no-adjuvant-therapy cohort), and 995 patients with isolated tumor cells or micrometastases who had received such treatment (the node-positive, adjuvant-therapy cohort). The median follow-up was 5.1 years. The adjusted hazard ratio for disease events among patients with isolated tumor cells who did not receive systemic therapy, as compared with women with node-negative disease, was 1.50 (95% confidence interval [CI], 1.15 to 1.94); among patients with micrometastases, the adjusted hazard ratio was 1.56 (95% CI, 1.15 to 2.13). Among patients with isolated tumor cells or micrometastases, the adjusted hazard ratio was 0.57 (95% CI, 0.45 to 0.73) in the node-positive, adjuvant-therapy cohort, as compared with the node-positive, no-adjuvant-therapy cohort. CONCLUSIONS: Isolated tumor cells or micrometastases in regional lymph nodes were associated with a reduced 5-year rate of disease-free survival among women with favorable early-stage breast cancer who did not receive adjuvant therapy. In patients with isolated tumor cells or micrometastases who received adjuvant therapy, disease-free survival was improved. 2009 Massachusetts Medical Society

  58) - I Parp inibitori sono efficaci contro più forme di cancro

Una nuova classe di farmaci, i cosiddetti Parp-inibitori, si sta dimostrando in grado di combattere piu' forme di tumore di quante gli scienziati pensassero inizialmente.
Si tratta di farmaci testati originariamente contro i tumori legati alle mutazioni del gene Brca, come alcuni casi di cancro al seno e alle ovaie. Le ricerche condotte dalla Breakthrough Breast Cancer in Gran Bretagna, suggeriscono che questa classe di farmaci puo' uccidere anche le cellule cancerose che hanno un difetto nel gene Pten, come accade in alcune forme di cancro della pelle, dell'utero e del colon. Nello studio pubblicato sulla rivista Embo Molecular Medicine gli scienziati hanno scoperto che le cellule con geni Pten difettosi erano fino a 25 volte piu' sensibili ai Parp-inibitori rispetto alle cellule con un Pten normale.
I difetti nel Pten sono responsabili del 30%-80% dei tumori di seno, prostata, pelle (melanoma), utero e colon, sottolineano gli scienziati. Il Professor Alan Ashworth, direttore del Breakthrough Breast Cancer Research Centre presso l'Institute of Cancer Research, dichiara: L'uso dei Parp-inibitori fa parte di un nuovo approccio di cura al cancro chiamato "letalità sintetica". Una cellula con un difetto nel Pten ha bisogno di una proteina chiamata Parp per preservare dai danni il suo Dna.
I Parp-inibitori bloccano la Parp e, uniti al Pten difettoso, causano la morte delle cellule tumorali e in tal modo il tumore si restringe o smette di crescere. Proprio grazie a questo meccanismo, il farmaco colpisce solo le cellule malate e non quelle sane, minimizzando gli effetti collaterali.

  59) - Carcinoma mammario controlaterale: rischi da stili di vita (indice di massa corporea, alcool, fumo…).

Obesità, abitudine al fumo e consumo d'alcol rappresentano fattori di rischio per lo sviluppo di carcinoma mammario controlaterale in pazienti con tumori al seno positivi ai recettori estrogenici (Er-positivi).
Presso il Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle negli Usa, uno studio caso-controllo ha comparato due gruppi di pazienti con tumore al seno: 365 donne con forme invasive di cancro al seno Er-positivo e carcinomi controlaterali e 726 affette solamente da tumori primari.
La ricerca ha permesso di stabilire che l'incremento del rischio di sviluppare tumori controlaterali risulta del: 40% in presenza di un indice di massa corporea (Bmi) pari o superiore a 30, rispetto a un Bmi inferiore a 25; 90% per un consumo di bevande alcoliche pari o superiore a 7 alla settimana, rispetto alla non assunzione di alcol; 120% nei fumatori assidui, rispetto a chi non fuma. Infine, il rischio di carcinomi controlaterali presenta un odds ratio di 7,2 quando il consumo di alcol è associato a quello di sigarette (L.A.). Journal of Clinical Oncology, 10.1200/JCO.2009.23.1597

  60) - Scoperta sulle staminali tumorali responsabili della moltiplicazione delle cellule tumorali.

I ricercatori italiani dell'Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano, diretto da Umberto Veronesi, hanno capito come si moltiplicano le cellule 'bambine' che alimentano i tumori: il serbatoio che permette al cancro di crescere e di colonizzare l'organismo. Lo studio, condotto sui topi e in particolare su modelli animali di tumore al seno, è pubblicato su 'Cell'. Dimostra che le staminali del cancro si dividono in maniera simmetrica e che il tumore si espande quindi in modo geometrico, ma che è possibile intervenire con particolari farmaci. Molecole utilizzabili per ora solo in ricerca preclinica. Il lavoro è firmato dal gruppo coordinato da Pier Giuseppe Pelicci, direttore di Oncologia molecolare all'Ieo e professore all'università degli Studi di Milano. Lo studio è stato condotto nei laboratori del Campus Ifom (Istituto Firc di oncologia molecolare)-Ieo in collaborazione con la Statale del capoluogo lombardo, ed è stato possibile grazie ai finanziamenti dell'Associazione italiana per la ricerca sul cancro (Airc), del ministero della Salute e della Comunità europea. Negli ultimi anni - ricordano gli esperti - è stato scoperto moltissimo su come si moltiplicano le cellule tumorali. Poco o nulla, invece, si sapeva sulla moltiplicazione delle staminali del cancro. Queste cellule, pur essendo pochissime all'interno dei tumori, sono quelle responsabili della crescita della malattia e della sua diffusione sotto forma di metastasi. Le baby-cellule del cancro rappresentano dunque il 'cavallo di Troia' per sconfiggere il tumore dall'interno: per bloccare la crescita della neoplasia bisogna riconoscere e colpire le sue staminali, il vero bersaglio sono loro.

  61) - Human papilloma virus is associated with breast cancer.

Human papilloma virus is associated with breast cancer. Heng B, et al School of Biotechnology and Biomolecular Sciences, University of New South Wales, Sydney, Australia.
Background:There is increasing evidence that high-risk human papilloma virus (HPV) is involved in cancers in addition to cervical cancer.
For example, it is generally accepted that HPV has a role in a significant proportion of head and neck tumours, and it has long been hypothesised that hormone dependent oncogenic viruses, such as HPV may have causal roles in some human breast cancers.
A number of reports have identified HPV DNA in breast tissue and breast cancer specimens, but these rely on standard polymerase chain reaction (PCR), which is criticised for its propensity for contamination.Methods:We have used two different technologies, in situ and standard PCR (with sequencing), and histology based on light microscopy.
Results:We unambiguously demonstrate the presence of high-risk HPV in the cells of breast cancer specimens and breast cancer cell lines.
In addition, we also show that the oncogenic characteristics of HPV associated breast cancer are very similar to HPV-associated cervical cancer. Specifically, that putative koilocytes are present in some HPV associated breast cancers.Interpretation:The above observations indicate a likely causal role for high-risk HPV in human breast cancer and offer the possibility of primary prevention of some breast cancers by vaccination against HPV.British Journal of Cancer advance online publication, 1 September 2009 ; doi:10.1038/sj.bjc.6605282 www.bjcancer.com.

RELATED ARTICLES:

J Clin Pathol. 2006 Dec; 59 (12):1287-92. Epub 2006 May 12.
Links Comment in: J Clin Pathol. 2007 Sep;60(9):1071. Presence of mouse mammary tumour-like virus gene sequences may be associated with morphology of specific human breast cancer. Lawson JS, Tran DD, Carpenter E, Ford CE, Rawlinson WD, Whitaker NJ, Delprado W.
School of Public Health and Community Medicine, University of New South Wales, Sydney, Australia.
lawson@unsw.edu.au BACKGROUND: Mouse mammary tumour virus (MMTV) has a proven role in breast carcinogenesis in wild mice and genetically susceptible in-bred mice.
MMTV-like env gene sequences, which indicate the presence of a replication-competent MMTV-like virus, have been identified in some human breast cancers, but rarely in normal breast tissues. However, no evidence for a causal role of an MMTV-like virus in human breast cancer has emerged, although there are precedents for associations between specific histological characteristics of human cancers and the presence of oncogenic viruses.
AIM: To investigate the possibility of an association between breast cancer and MMTV-like viruses. METHODS: Histological characteristics of invasive ductal human breast cancer specimens were compared with archival MMTV-associated mammary tumours from C3H experimental mice.
The presence of MMTV-like env DNA sequences in the human breast cancer specimens was determined by polymerase chain reaction and confirmed by Southern hybridisation.
RESULTS: MMTV-like env gene sequences were identified in 22 of 59 (37.3%) human breast cancer specimens.
Seventeen of 43 (39.5%) invasive ductal carcinoma breast cancer specimens and 4 of 16 (25%) ductal carcinoma in situ specimens had some histological characteristics, which were similar to MMTV-associated mouse mammary tumours. However, these similarities were not associated with the presence or absence of MMTV-like gene sequences in the human breast tumour specimens. A significant (p = 0.05) correlation was found between the grade of the human breast cancer and similarity to the mouse mammary tumours. The lower the grade, the greater the similarity.
CONCLUSION: Some human breast cancer specimens, in which MMTV-like env DNA sequences have been identified, were shown to have histological characteristics (morphology) similar to MMTV-associated mouse mammary tumours. These observations are compatible with, but not conclusive of, an association between the presence of MMTV-like env DNA sequences and some human breast cancers

  62) - Meno linfedema con pentoxifillina e vitamina E.

L'assunzione di pentoxifillina e vitamina E aiuterebbe a prevenire lo sviluppo di linfedema da radiazioni in donne affette da cancro al seno. Alla luce di precedenti evidenze sperimentali riguardanti la capacità delle due sostanze di far regredire eventi fibrotici, un trial svedese di fase II ha valutato i possibili benefici offerti dal trattamento con pentoxifillina e vitamina E in circa 80 pazienti con carcinoma mammario, sottoposte a intervento chirurgico e successiva radioterapia.
La cura, iniziata dopo 1-3 mesi dalla fine della radioterapia, ha previsto 12 mesi di assunzione di 400 mg di pentoxifillina tre volte/die oppure di placebo, in aggiunta alla vitamina E (100 mg tre volte/die).
Mentre l'abduzione passiva della spalla (end-point primario) è migliorata sia con la pentoxifillina sia con il placebo, l'incremento del volume degli arti (end-point secondario) è stato molto più ingente nel gruppo placebo rispetto a quello trattato con pentoxifillina ((1.04% vs 0.50%) (L.A.). European Journal of Cancer 2009, 45, 2488-2495.

  63) - Il Tamoxifene può provocare un cancro addirittura più aggressivo?

Mi scrivono molte pazienti che assumono il Tamoxifene per alcune notizie allarmistiche riportate da alcune testate (Ansa) su uno studio recente americano

 http://www.aamterranuova.it/article3750.htm 

secondo il quale un trattamento di quattro o cinque anni a base di Tamoxifene aumenta di ben quattro volte il rischio di sviluppare un tumore al seno non dipendente dagli ormoni estrogeni nel seno.
Purtroppo i giornalisti pompano molto le notizie che sembrano andare in controtendenza ignorando invece tutte le ricerche che negli anni invece confermano il beneficio di un farmaco, perchè la cosa non fa più notizia! Nel caso specifico: il tamoxifene, è risaputo da studi condotti su decine di migliaia di donne, riduce il rischio di tumore ormonosensibile nella mammella controlaterale.
Ora emerge un dato che potrebbe essere molto relativo: infatti la riduzione dei tumori ormonosensibili può dare tempo e spazio all'emergere di tumori ormonoresistenti ma è tutto relativo.
Infatti mentre i secondi sembrano aumentare i primi diminuiscono marcatamente e la bilancia pende sempre a favore di una diminuzione.
Basta solo dire che gli stessi autori della ricerca e dell'articolo (Christopher Li, e collaboratori del Fred Hutchinson Cancer Research Center, pubblicato il 25 agosto sulla rivista scientifica Cancer Research) ribadiscono (parole testuali) che bisogna continuare a raccomandare la terapia con tamoxifene in questi casi.

http://www.salutedomani.com/il_weblog_di_antonio/2009/08/breast-cancer-is-second-cancer-more-aggressive-with-tamoxifen.html

La storia del tumore dell'endometrio è ancora più vecchia e speculare: molti tumori della mammella in meno in cambio di qualche tumore dell'utero peraltro, grazie al follow-up specifico su queste donne, riconoscibile quasi sempre in fase precocissima ed eliminabile già nella fase di solo ispessimento dell'utero mediante il cosiddetto "raschiamento".

  64) - Danni cardiaci da antracicline (chemioterapia) e cardioprotezione con dexrazoxano.

Le antracicline continuano a rappresentare un indispensabile presidio terapeutico per il trattamento di pazienti con linfomi, carcinoma mammario e altre neoplasie.
La cardiotossicità di questi agenti è ben nota e sono stati sviluppati metodi per il monitoraggio, il controllo e la prevenzione. Un approccio alla prevenzione della cardiotossicità da antracicline è quello di impiegare agenti cardioprotettivi: la "cardioprotezione" è diventata oggetto di studi clinici controllati con risultati favorevoli, soprattutto con l'applicazione di dexrazoxano.
Una possibilità su cui si sta puntando negli ultimi anni per prevenire danni cardiaci è quella di abbinare al trattamento antitumorale la somministrazione di farmaci cardioprotettivi.
Tra le molecole testate finora in questo senso, soltanto dexrazoxano ha fornito dati solidi e affidabili di sicurezza ed efficacia, riducendo il rischio di scompenso cardiaco clinico e subclinico senza interferire con i farmaci antineoplastici utilizzati.

  65) - La terapia ormonale sostitutiva aumenta il rischio di cancro al polmone?

L'ormonoterapia (Hrt) estroprogestinica aumenta il rischio femminile di morte per cancro polmonare.
È quanto emerge da una nuova analisi di dati tratti dal Women's health initiative trial su 16608 donne statunitensi in menopausa di età compresa tra 50 e 79 anni, assegnate in modo randomizzato ad assumere una volta al giorno compresse da 0,625 mg di estrogeno equino coniugato e 2,5 mg di medrossiprogesterone acetato oppure un placebo.
Dopo otto anni, 73 donne in Hrt e 40 del gruppo placebo erano decedute per cancro polmonare. Ciò significa che le pazienti che assumevano il farmaco avevano una probabilità superiore del 71% di morire per la neoplasia.
Lo studio ha anche dimostrato che le donne in Hrt avevano il 28% di probabilità in più di ricevere una diagnosi di tumore polmonare, un dato peraltro non statisticamente significativo.
"Il trattamento con estroprogestinici nelle donne in menopausa accresce il numero di decessi per cancro polmonare, in particolare non a piccole cellule" concludono gli autori dell'UCLA Medical center. "Questi risultati andrebbero introdotti in una discussione sul rapporto rischio-beneficio dell'Hrt nelle donne ad alto rischio di neoplasia polmonare, come le fumatrici o le ex-fumatrici con una lunga storia di abitudine alla sigaretta". (A.Z.)

Lancet, 2009; epub ahead of printing;

  66) - Brutte notizie sul fronte TOS (terapia ormonale sostitutiva)

Dalla Francia arriva un contrordine: nel trattamento ormonale in menopausa i tempi contano, ma non come si pensava. Il rischio di cancro al seno infatti sembra maggiore nelle prime fasi che non in seguito, anche per cure brevi.
E dagli Stati uniti giunge l'amara conferma di un sospetto che aleggiava nell'aria già alla Consensus conference tenutasi a Torino più di un anno...

  67) - Ca mammario: artralgia con inibitori delle aromatasi

L'impiego degli inibitori delle aromatasi in pazienti in postmenopausa affette da carcinoma mammario, incrementerebbe il rischio sia della sindrome del tunnel carpale sia di artralgia. Lo stabiliscono due studi pubblicati su The Journal of Clinical Oncology.
Il primo, il trial Atac (Arimidex, Tamoxifen, Alone or in Combination) ha mostrato un incremento del rischio di sindrome del tunnel carpale maggiore con terapie a base di anastrazolo rispetto a quelle con tamoxifen (2,6% vs 0,7%).
Il rischio è apparso più elevato, quando il trattamento con anastrozolo ha fatto seguito a terapia ormonale o chemioterapia. Secondo i dati riportati nel secondo studio, invece, circa il 32% delle pazienti con carcinoma mammario, trattate con inibitori delle aromatasi, svilupperebbe artralgia o vedrebbero aggravata una condizione artralgica preesistente, soprattutto a livello dei legamenti del polso (70%), del ginocchio (70%) e della mano (63%)  (L.A.).

Journal of Clinical Oncology 2009.

  68) - Carcinoma mammario: sì a vaccini anti-Her2/neu

Vaccini specifici per l'antigene Her2/neu somministrati in combinazione con trastuzumab, in donne affette da carcinomi mammari metastatici Her2 positivi, indurrebbero un'efficace nonché duratura risposta immunitaria contro il tumore.
Come riportato dal Journal of Clinical Oncology, ricercatori del Center for Translational Medicine in Women's Health dell'Università di Washington hanno valutato l'efficacia della doppia azione di vaccino anti-Her2/neu e trastuzumab in 22 pazienti con tumore al seno allo stadio IV.
La risposta immunitaria, che in alcune donne risultava già piuttosto soddisfacente per effetto del solo trastuzumab, è stata ulteriormente potenziata e si è protratta per lunghi periodi in seguito alla somministrazione del vaccino specifico.
In aggiunta, il vaccino ha mostrato un'elevata tollerabilità in quasi tutti i casi trattati, infatti, solo nel 15% di essi è stata registrata una riduzione asintomatica della frazione d'eiezione ventricolare sinistra (L.A.).

Journal of Clinical Oncology 2009, 10.1200/JCO.2008.20.6789

  69) - Tamoxifen reduces the risk of contralateral breast cancer in premenopausal women: Results from a controlled randomised trial.

Alkner S, Bendahl PO, Fernö M, Nordenskjöld B, Rydén L; South Swedish and South-East Swedish Breast Cancer Groups.
Department of Oncology, Clinical Sciences, Lund, Sweden. BACKGROUND: Adjuvant treatment with tamoxifen reduces the risk of contralateral breast cancer in hormone-responsive postmenopausal patients, whereas the effect in premenopausal women has not been fully elucidated. We have therefore studied the effect of tamoxifen on contralateral breast cancer in premenopausal women in a controlled randomised trial.
PATIENTS AND METHODS: Premenopausal women (564) with stage II breast cancers were randomised to 2 years of tamoxifen versus control irrespective of oestrogen receptor (ER) and progesterone receptor (PgR) status. The median follow-up for patients not developing a contralateral cancer was 14 years. RESULTS: In the control group 35 women, and in the tamoxifen group 17 women, developed a contralateral breast cancer as a primary event.
Tamoxifen significantly reduced the risk of contralateral breast cancer in all women regardless of age (hazard ratio (HR) 0.5, p=0.02).
In subgroup analysis the risk reduction was most pronounced in patients <40 years of age (HR 0.09, p=0.02). A risk reduction was also seen in women 40-49 years of age or 50 years of age, although in these subgroups this did not reach statistical significance. The reduced risk of contralateral breast cancer was persistent during the whole follow-up time.
CONCLUSION: In this randomised trial, adjuvant treatment using tamoxifen for 2 years reduced the incidence of contralateral breast cancer by 50% in all premenopausal women, and by 90% in women <40 years of age. Eur J Cancer. 2009 Sep;45(14):2496-502.
Epub 2009 Jun he effect of tamoxifen was not significantly dependent on time

  70) - Se il medico incoraggia, il placebo ha più effetto.

Si tratta di uno studio eseguito con pazienti asmatici ma lo riporto in attualità in senologia perché conferma quanto ho scritto in altri articoli che “la fede nella terapia” aumenta la risposta al trattamento.
Avere grandi aspettative aumenta la risposta al placebo negli asmatici. Lo sostiene uno studio, pubblicato su Journal of Asthma and Clinical Immunology, secondo il quale l'ottimistica rappresentazione degli effetti dell'antagonista leucotrienico montelukast, porta ad aumentata percezione del controllo dell'asma nei soggetti placebo, ma non ha beneficio aggiunto nei soggetti che assumono il farmaco.
"A conferma - sostiene il responsabile della ricerca Robert A. Wise - che il modo con il quale un medico presenta un farmaco al paziente può condizionare come si sente, persino se il farmaco non è attivo".
"Un fenomeno - aggiunge il ricercatore - già sperimentato per farmaci contro il dolore, ma mai su farmaci per l'asma". Il trial ha coinvolto 601 pazienti con scarso controllo dei sintomi, divisi in cinque gruppi: sottoposti a cure standard, a montelukast con messaggi di incoraggiamento o senza alcun messaggio e placebo con o senza incoraggiamento. A conferma dell'effetto sulla percezione del beneficio vale che, a quattro settimane dall'inizio dello studio, non sono state riscontrate differenze nel picco di flusso espiratorio tra i soggetti sottoposti a montelukast o placebo con o senza messaggi di supporto.
Ma tra i soggetti placebo "incoraggiati" molti hanno percepito significativi progressi. In entrambi i gruppi è stato riportato un aumento dell'8%-9% dei casi di mal di testa. Un risultato associato dai ricercatori alla possibilità di questo effetto collaterale, evocata da spot televisivi visti dai partecipanti all'indagine. (M.M.)

Journal Asthma Clin Immunology 2009; 124: 436-444

  71) - Latte materno: così induce il sonno nei neonati

Il latte materno ha proprietà ipnoinducenti maggiori di notte rispetto al giorno.
La conferma arriva da uno studio pubblicato su Nutricional Neuroscience che ha dimostrato come alcuni componenti specifici del latte stesso varino in maniera sostanziale nel corso della giornata.
In particolare, l'analisi della composizione del latte raccolto da 30 donne spagnole, ha rilevato che i livelli di nucleotidi 5'AMP, 5'GMP, 5'CMP e 5'IMP seguono il ritmo circadiano, con i primi due particolarmente elevati durante la notte e gli ultimi due durante il giorno. Un altro nucleotide, il 5'UMP, pur non presentando la stessa ritmicità è risultato anch'esso più abbondante di notte.
"Gli alti livelli di 5'AMP, 5'GMP e 5'UMP registrati di notte ci hanno spinto a ipotizzarne, per la prima volta, un ruolo ipnotico" ha dichiarato Cristina L. Sánchez del Department of Physiology, Faculty of Science, University of Extremadura, Badajoz in Spagna.
"Poiché alcune sostanze nutritive potrebbero svolgere un ruolo fondamentale nel favorire il sonno nei neonati, sarebbe auspicabile per le mamme somministrarlo seguendo un ritmo fisiologico, evitandone la raccolta e l'impiego in momenti differenti". (L.A.).

Nutritional Neuroscience 2009, 12, 1, 2-8

  72) - Rischio di recidive per ca mammari invasivi e giovanili

Forme altamente invasive ed età giovanile rappresenterebbero gli unici fattori di rischio di recidive locali in pazienti con carcinomi mammari di fase I e II sottoposti a terapie conservative.
In questi casi, inoltre, una radioterapia supplementare sembra in grado di ridurre il rischio di recidive. Sono i risultati dello studio Eortic (European Organisation for Research and Treatment of Cancer boost versus no boost) in cui sono state randomizzate pazienti che avevano subito irradiazione e asportazione completa del tumore, a ricevere o meno addizionali dosi di radiazioni (16 Gy).
In sintesi, stadi molto aggressivi ed età giovanile sono risultati associati sia a un elevato rischio di recidive locali (hazard ratio= 1,67 e 2,38 rispettivamente) sia a riduzione significativa del rischio in seguito a dosi aggiuntive di radiazioni (dal 19,4% all'11,4% e dal 18,9% e all'8,6%, rispettivamente) (L.A.).

Journal of Clinical Oncology, 10.1200/JCO.2008.21.5764

  73) - L’ANALISI DELLE GHIANDOLE MAMMARIE PREDICE IL RISCHIO DI CANCRO AL SENO?

E’ possibile predire la predisposizione al cancro al seno attraverso l'analisi degli acini ghiandolari, piccole ghiandole del seno predisposte alla produzione del latte presenti nei lobuli.
Sono queste le conclusioni a cui è giunto uno studio condotto dai ricercatori della Mayo Clinc di Rochester e pubblicati sul Journal of Clinical Oncology.
Lo studio dimostra che la percentuale di acini presenti a una certa eta' in un lobulo indica il rischio di cancro. Secondo i ricercatori questo metodo e' piu' preciso nel predire il rischio di tumore rispetto al modello Gail, gia' conosciuto e utilizzato.
Gli studiosi hanno esaminato le strutture dei tessuti in 85 pazienti con cancro al seno paragonandole alle biopsie mammarie delle stesse pazienti prima che si ammalassero e hanno evidenziato che le donne che avevano una maggiore probabilita' di sviluppare il cancro al seno avevano lobuli piu' grandi e con un maggior numero di acini.

  74) - Sempre stanchi? Svelata l’origine dell’affaticamento cronico?

Già abbiamo trattato su questo sito la “sindrome da stanchezza persistente” legata al cancro http://www.senosalvo.com/La_fatigue_parte_I.htm 
Sospettata di dipendere esclusivamente da problemi psicologici o psichiatrici, la sindrome della stanchezza cronica (Cfs) ottiene il patentino di vera e propria patologia con radici organiche.
Ulteriore prova a favore è lo studio pubblicato sulla rivista Scienze.

http://www.corriere.it/salute/09_ottobre_12/stanchezza-cronica-virus_ad610b00-b6f4-11de-b239-00144f02aabc.shtml

  75) - Tumori: nuova tecnica “riconosce” il tessuto tumorale già in corso di intervento.

Scriviamo subito che si tratta di una tecnica non ancora provata sull’uomo ma che apre interessanti scenari perché utilizzata rispettando le condizioni richieste per eseguire interventi chirurgici sull'uomo.
La tecnica sviluppata una tecnica potrebbe permettere ai chirurghi di distinguere tra tessuto canceroso e tessuto sano in tempo reale,b già ne corso dell’intervento chirurgico.
La nuova tecnica, descritta sulla rivista Angewandte Chemie International Edition e sul notiziario europeo Cordis, potrebbe risparmiare ai pazienti che soffrono di cancro, di essere sottoposti a ulteriori interventi chirurgici necessari per rimuovere il tessuto tumorale che non è stato asportato nel corso della prima operazione.
Nel trattamento del cancro è spesso necessario ricorrere alla chirurgia. Il tessuto asportato durante l'operazione viene analizzato in laboratorio per verificare che tutto il tessuto malato sia stato rimosso.
Attualmente occorrono vari giorni per esaminare il tessuto, e se risulta che parte del tessuto malato non è stato rimosso, a volte il paziente viene sottoposto a una seconda operazione.
Alla base della nuova tecnica c'è l'elettrochirurgia, la quale prevede la sostituzione del bisturi tradizionale con l'elettrobisturi, che impiega la corrente elettrica ad alta frequenza per realizzare il taglio e rimuovere il tessuto. Un vantaggio dell'elettrochirurgia è rappresentato dal fatto che durante il taglio si ostruiscono i vasi sanguigni, arrestandone l'emorragia. Mentre viene eseguito l'intervento, il tessuto interessato si surriscalda e viene in parte vaporizzato. Inoltre, la corrente elettrica provoca la produzione di molecole caricate elettricamente.
Tessuti diversi presentano profili molecolari diversi e il profilo molecolare del tessuto canceroso ha un aspetto molto diverso da quello del tessuto sano.
In questo studio, ricercatori tedeschi e ungheresi hanno inserito sull'elettrobisturi tradizionale una pompa speciale che aspira le molecole vaporizzate e le invia ad uno spettrometro di massa. Quest'ultimo analizza il profilo molecolare del tessuto tagliato e fornisce i risultati dell'analisi al chirurgo in tempo reale.
I ricercatori hanno battezzato la nuova tecnica 'REIMS' (Rapid Evaporation Ionisation Mass Spectrometry). ''Con la tecnica REIMS l'analisi del tessuto, compresa l'analisi dei dati, richiede meno di un secondo'', ha spiegato Zoltan Takats dell'Università Justus Liebig in Germania. "Durante l'intervento il chirurgo - ha continuato - riceve in tempo reale tutte le informazioni sulla natura del tessuto che sta tagliando". Il sistema èstato anche capace di informare sul fatto che si trattasse di un tumore allo stadio iniziale o avanzato.
Benchè il sistema non sia ancora stato provato sull'uomo, i ricercatori fanno notare che tutti gli esperimenti sono stati eseguiti rispettando le condizioni richieste per eseguire interventi chirurgici sull'uomo.
Sono pertanto fiduciosi che presto la nuova tecnica sarà trasferita nelle sale operatorie.

  76) - Ancora sottovalutata la sofferenza fisica, secondo un’indagine su donne con carcinoma del seno.

Sono le tante donne che hanno o hanno avuto un tumore al seno e che continuano a provare dolore fisico. Sono più del 60 per cento e spesso la loro condizione viene trascurata o affrontata con terapie inadeguate.

http://www.corriere.it/salute/sportello_cancro/09_ottobre_08/dolore-tumore-seno_07baa85e-b3f8-11de-afa2-00144f02aabc.shtml

  77) -TUMORI: COMBATTERE LA DEPRESSIONE AUMENTA LA SOPRAVVIVENZA?

Tutto ancora da dimostrare che la depressione sia in relazione con un aumento di mortalità, ma ormai è certo che uno «spirito combattivo» migliora la qualità di vita dei malati

http://www.corriere.it/salute/sportello_cancro/09_ottobre_09/depressione-tumori-sopravvivenza_8f29dc62-b42d-11de-afa2-00144f02aabc.shtml

  78) - Possibile la trasmissione del tumore da madre a figlio?

Solo in rarissimi casi di deficit immunitario,il cancro può passare da mamma al feto attraverso la placenta. Il bambino subito dopo la nascita sviluppa un tumore «clone» di quello materno, ossia assolutamente identico a quello della mamma da un punto di vista genetico, perchè sono le cellule tumorali materne a crescere dentro il corpo del neonato.
Si tratta di un evento molto raro, ma possibile. Negli ultimi 100 anni sono stati registrati solo 17 casi di madre e figlio che condividono lo stesso tumore, per lo più una neoplasia del sangue o un melanoma cutaneo.
L’ultimo caso è ora riportato da una equipe britannica sulla rivista dell’Accademia Americana delle Scienze PNAS Sono anni che gli scienziati si chiedono se una donna malata di cancro possa «contagiare» il figlio che porta in grembo.
In teoria, le cellule tumorali possono riuscire ad attraversare la placenta arrivando nel sangue del bebè, ma il sistema immunitario del bambino le distrugge.

 http://www.repubblica.it/2009/04/sezioni/scienze/tumori/trasmissione-feto/trasmissione-feto.html

  79) - L'allattamento al seno non "trasmette" al figlio il cancro.

Circolano i risultati controversi di una possibile correlazione tra papilloma virus e cancro del seno che creano ansia e sconcerto in molte lettrici

http://www.senosalvo.com/attualita_intro09.htm#43

http://www.senosalvo.com/attualita_intro09.htm#61

Questa confusione è sfruttata da colleghi, in questo caso ciarlatani, anche di mia conoscenza , che sfruttano per interessi personali questa informazione fuorviando la paziente sui problemi VERI della prevenzione.

Allattare al seno resta SEMPRE consigliabile

http://www.corriere.it/sportello-cancro/articoli/2004/11_Novembre/12/allattamento.shtml?fr=correlati

  80) - Seno protetto dall'esercizio intenso.

Ormai sono tanti gli studi che confermano l'importanza della attività fisica nella prevenzione del tumore al seno.
Uno studio ha caratterizzato in modo specifico l'intensità e il tempo dedicato all'attività fisica adeguati per ottenere un calo del rischio di tumore al seno nel periodo postmenopausale.
Nel 1995 sono state selezionate 118.899 donne tra i 50 e i 71 anni ed è stato loro chiesto di dettagliare le abitudini sul movimento svolto in quattro periodi della loro vita: tra i 15 e i 18 anni, tra i 19 e i 29 anni, tra i 35 e i 39 anni e negli ultimi 10 anni. Nei sei anni e mezzo di follow-up, successivi a queste interviste, ci sono state 4.287 nuove diagnosi di tumore al seno, di cui la maggioranza (84%) era di tipo HER-positivo. Sovrapponendo i dati è emerso che le donne che nei 10 anni precedenti l'arruolamento avevano mantenuto un livello elevato di attività fisica, vale a dire oltre sette ore di esercizio da moderato a sostenuto, presentavano il 16% in meno di rischio (rischio relativo 0,84) di sviluppare la neoplasia rispetto alle sedentarie.
L'associazione restava significativa anche con l'aggiustamento per indice di massa corporea (0,87). Le caratteristiche del tumore non influivano sull'associazione riscontrata, come pure non era influente un'attività fisica moderata-intensa svolta nelle fasce di età considerate, e nemmeno una blanda attività svolta in passato o di recente.
Tra le ragioni che possono spiegare questo legame va considerata la capacità dell'esercizio fisico di ridurre i livelli di ormoni sessuali endogeni, di modulare l'insulina e i fattori di crescita insulino-simili, di aumentare l'immunità e di ridurre lo stato infiammatorio.(S.Z.)

BMC Cancer. 2009 Oct 1;9(1):349

  81) - Ca mammario: genotipo Mpo influenza outcome.

Evidenziata una stretta correlazione tra genotipo della mieloperossidasi (Mpo) e outcome(esito, efficacia) clinici di trattamenti di carcinomi mammari.
Recentemente pubblicati su Journal of Clinical oncology, due studi di popolazione indipendenti hanno dimostrato che varianti alleliche molto attive del gene Mpo sono associate con periodi più lunghi di sopravvivenza libera da malattia in pazienti con forme iniziali di tumore al seno trattate con ciclofosfamide e altri chemioterapici e, successivamente, con tamoxifene.
Sono stati valutati: un gruppo di pazienti non trattato, un secondo gruppo sottoposto a regime chemioterapico Cmf (ciclofosfamide, metotrexato, fluorouracile) e, infine, uno con chemioterapia Caf (ciclofosfamide, doxorubicina, fluorouracile), a cui ha fatto seguito o meno la somministrazione di tamoxifene. In sintesi, tra le donne sottoposte a chemioterapia quelle con la variante G di Mpo hanno mostrato una significativa riduzione di recidive (hazard ratio: 0,51 per genotipi GA e hr= 0,41 per genotipi GG).
L'effetto, paragonabile nei due regimi chemioterapici, è stato potenziato dall'impiego di tamoxifene (hr pari a 0,28 e 0,19, rispettivamente per genotipi GA e GG).
"Regolando l'espressione della mieloperossidasi si potrà incrementare l'efficacia dei trattamenti chemioterapici del tumore al seno" ha dichiarato Christine B. Ambrosone del Roswell Park Cancer Institute, Buffalo di New York. (L.A.)

Journal of Clinical Oncology, 10.1200/JCO.2009.21.8669

  82) - Scoperto un “interruttore” collegato allo sviluppo del cancro alla mammella.

Si tratta di studio sperimentale sugli animali. Uno studio pubblicato su 'Nature' dal team dell'Ohio State University (Usa) diretto dallo scienziato uruguayano Gustavo Leone, ha individuato una sorta di interruttore che opera nelle cellule del tessuto connettivo delle ghiandole mammarie in grado di accelerare lo sviluppo del tumore al seno.
La ricerca aiuta a mettere in luce i complessi legami tra i microambienti tumorali e l'insorgenza del cancro.
Il team di Leone ha mostrato che la delezione del gene oncosoppressore Pten nei fibroblasti delle ghiandole mammarie porta allo sviluppo accelerato di tumori al seno nei topi e altre modificazioni nell'ambiente cellulare, come la formazione di vasi sanguigni e l'infiltrazione di cellule immunitarie.
La perdita del gene Pten e i cambiamenti determinati a cascata da questo fenomeno nell'espressione genica possono essere osservati anche nel tessuto connettivo dei tumori al seno umani.
E questo, scrivono i ricercatori, suggerisce che il sistema di segnalazione messo in luce nei topi potrebbe funzionare nello stesso modo negli esseri umani. Infine, l'influenza del gene studiato su un fattore di trascrizione chiamato Ets2 si e' rivelata cruciale per le funzioni oncosoppressive del gene stesso.

  83) - Da Regione in Regione variano le regole per approvare una nuova terapia. Così crescono le discriminazioni fra i malati oncologici.

Denuncia degli oncologi

http://www.corriere.it/salute/sportello_cancro/09_ottobre_13/farmaci-cancro-discriminazioni-regionali_2b9bb494-b7cb-11de-9cba-00144f02aabc.shtml 

  84) - Più cancro con densità mammarie ridotte.

Alterazioni della densità mammaria in donne sottoposte a terapie ormonali risultano associate a un incremento del rischio di carcinomi invasivi della mammella.
Queste le evidenze sperimentali del trial Women's Health Initiative Estrogen + Progestin, in cui donne in postmenopausa sono state randomizzate a ricevere quotidianamente estrogeni equini coniugati (0,625 mg) e medrossiprogesterone acetato (2,5 mg) oppure placebo. Con cadenza annuale, le partecipanti sono state sottoposte a controlli mammografici ed esplorazioni cliniche della mammella.
Dopo 12 mesi, diminuzioni della densità mammaria sono state evidenziate soprattutto nelle donne trattate con terapia ormonale rispetto a quelle che hanno ricevuto placebo (36,1% vs 11,8%).
In aggiunta, nel gruppo trattato con estrogeni e progestinico, il rischio di cancro al seno è risultato significativamente maggiore per densità alterate della mammella rispetto a quelle normali (hazard ratio= 1,48). Nel gruppo placebo non è stata, invece, osservata alcuna associazione tra rischio di cancro e densità mammaria.
(L.A.) Archives of Internal Medicine 2009, 169, 1684 - 1691

  85) - Ca mammario: ruolo prognostico di Her2

Forme iniziali di tumore al seno e senza coinvolgimento dei linfonodi presenterebbero, dopo l'asportazione, un basso rischio di ripresa della malattia. Risulterebbe, tuttavia, più elevato quello di recidiva locale se si tratta di carcinomi Her2-positivi.
L'evidenza arriva da uno studio italiano coordinato da Giuseppe Curigliano, vice direttore della Divisione di Oncologia medica dell'Istituto europeo di oncologia (Ieo), che ha riguardato 2.130 donne operate per tumore al seno di diametro inferiore al centimetro e con linfonodi sani.
"Il nostro studio offre un contributo importante alla gestione dei carcinomi mammari perché chiarisce che la sopravvivenza non cambia sostanzialmente tra le pazienti che esprimono Her2 e quelle che non lo fanno, ma che carcinomi Her2-positivi hanno un rischio maggiore di recidiva locale" ha spiegato Curigliano.
"Si tratta ora di scegliere se somministrare l'erceptina in tutti i casi di tumore Her2-positivo e superiore ai 5 mm, come proposto da alcuni ricercatori americani, oppure decidere caso per caso, in base alla situazione di ogni paziente e alla luce del bilancio fra rischio e beneficio individuale".
(L.A.) Journal of Clinical Oncology, 2009, ahead of print Nov 2

  86) - Prima dell'impianto dell'embrione asportato il gene che provoca il cancro al seno. Bambina nata "senza rischio".

Nel 2006, l'Autorità britannica per la fertilità umana e l'embriologia (Hfea) ha dato il via libera anche ai test sui cosiddetti geni suscettibili, come il Brca1. Tutti gli esseri umani portano una versione di questi geni - la proteina del Brca1, quando funziona correttamente, contribuisce a impedire la formazione di tumori - ma alcune variazioni aumentano enormemente la possibilità di sviluppare il cancro.
È nata nei giorni scorsi in Gran Bretagna la prima bambina testata prima dell'impianto dell'embrione nel grembo materno per essere certi che non avesse una alterazione genetica che provoca all'80% il cancro al seno.
Ovviamente, portare il difetto genetico non significa la certezza di avere la malattia da adulti: tuttavia, la famiglia voleva sbarazzarsi di questo rischio dopo che la nonna, la madre, la sorella e la cugina del marito sono state colpite dal cancro al seno L'eredità duratura di questa operazione è lo sradicamento della trasmissione di questa forma di cancro che ha devastato queste famiglie per generazioni. La diagnosi genetica pre-impianto (Pgd) prevede il prelievo di una cellula di un embrione nello stadio in cui è composto da 8 cellule, tre giorni dopo la sua formazione.
Ma se i medici esultano, non manca qualche critica.
Fonte
http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/scienza/grubrica.asp?ID_blog=38&ID_articolo=1102&ID_sezione=243&sezione=

  87) - Cancro del seno: densità mammaria marker di recidiva

Dopo chirurgia conservativa di forme invasive di cancro alla mammella, la densità mammaria costituisce un fattore predittivo di rischio di recidive locali.
E ciò risulterebbe vero soprattutto per le pazienti non sottoposte a radioterapia. I risultati si riferiscono a uno studio pubblicato su Cancer da alcuni ricercatori del Women's College Hospital, University of Toronto.
In particolare, 335 pazienti sono state suddivise in tre gruppi sulla base della classificazione di Wolfe della densità mammaria: bassa (<25%), intermedia (25-50%) ed elevata (>50%).
In sintesi, il rischio di recidive locali a dieci anni è risultato superiore nel gruppo con densità elevata rispetto a quello con densità bassa (21% vs 5%, rispettivamente) con un hazard ratio di 5,7.
In aggiunta, il ruolo prognostico del grado di densità mammaria appare maggiormente significativo nelle donne non sottoposte a radioterapia (40% vs 0% per pazienti con densità >50% e <25%, rispettivamente) (L.A.).
Cancer 9 nov 2009, early pubblication

  88) - Presentato il manuale della sicurezza in sala operatoria

Operare il paziente preparandolo e posizionandolo in modo corretto; prevenire i danni da anestesia garantendo le funzioni vitali; prevenire le infezioni del sito chirurgico e il tromboembolismo post-operatorio.
Sono queste alcune delle 16 raccomandazioni contenute nel Manuale per la Sicurezza in sala operatoria messo a punto dal ministero della Salute. Per rendere piu' sicuro l'intervento chirurgico e la sala operatoria, il ministero ha approntato il Manuale con la checklist elaborata dall'Oms e costruito nella logica del miglioramento di qualità e sicurezza, per cui, "assume particolare rilevanza la sua adozione e le conseguenti azioni di monitoraggio da parte di Regioni, Province Autonome e Aziende sanitarie".
Fazio dopo aver inquadrato "la tematica del rischio clinico in quella piu' generale del governo clinico, al centro di un ddl", ha definito "la sicurezza in chirurgia, una priorita' di sanita' pubblica in quanto le prestazioni chirurgiche richiedono azioni e comportamenti pianificati e condivisi, finalizzati a prevenire l'occorrenza di incidenti perioperatori e la buona riuscita degli interventi".
Un'attenzione particolare e' stata posta su una questione: l'identificazione corretta del paziente. Anche se "l'errata identificazione" dei pazienti o del sito chirurgico e' "un evento avverso, si legge nelle raccomandazioni, poco frequente, quando si verifica puo' provocare gravi conseguenze al paziente e compromettere seriamente la fiducia dei cittadini nei confronti dei professionisti e dell'intero sistema sanitario".
Quindi, le direzioni aziendali devono adottare, "una politica aziendale proattiva - recita il manuale - per la corretta identificazione dei pazienti, del sito e della procedura".
La strategia aziendale per la "corretta identificazione" dei pazienti, del sito e della procedura deve essere "formalizzata dalla direzione aziendale con procedura scritta e comprendere il monitoraggio dell'implementazione, anche tramite verifica della documentazione clinica o di sala operatoria".
Per quel che riguarda la sala operatoria, il manuale pone come raccomandazioni: il numero di persone e professionalita' coinvolte, le condizioni acute dei pazienti, la quantita' di informazioni richieste, l'urgenza con cui i processi devono essere eseguiti, l'elevato livello tecnologico, la molteplicita' di punti critici del processo che possono provocare gravi danni ai pazienti.
Nel 2007 sono stati dimessi, in Italia, 4,6 milioni di pazienti di cui quasi 3 milioni sono stati eseguiti in regime ordinario e poco piu' di 1,6 milioni in day surgery: i volumi di attivita' chirurgica rappresentano il 40,6% del totale dei ricoveri per acuti. Anche se mancano dati per l'Italia, il tasso di mortalita' nelle sale operatorie, in altri Paesi, e' compreso tra lo 0,4 % e lo 0,8 % e circa la meta' degli eventi avversi sono considerati prevenibili.

  89) - Meno decessi con ricostruzione post-mastectomia

Ricostruzioni immediate della mammella dopo mastectomia risultano associate a riduzione della mortalità.
L'evidenza è stata pubblicata su Cancer da ricercatori canadesi che hanno, inoltre, evidenziato che a beneficiare di quest'approccio sono soprattutto le donne giovani.
In particolare, gli autori utilizzando dati contenuti nel registro Seer (Surveillance, epidemiology and end results) dell'Us National Cancer Institute, hanno riscontrato una più elevata sopravvivenza in pazienti che dopo la mastectomia hanno subito repentinamente ricostruzione mammaria rispetto a quelle con sola mastectomia (hazard ratio= 0,74). I migliori risultati sono stati, inoltre, ottenuti nelle donne di età inferiore a 50 anni (hr= 0,47).
Allo stesso modo, ricostruzioni autologhe sono associate a un aumento della sopravvivenza in pazienti con meno di 50 anni (hr=0,58) e di età compresa tra 50 e 69 anni (hr= 0,61).
"Riteniamo che l'associazione tra ricostruzione mammaria post-mastectomia e decremento della mortalità sia principalmente attribuibile alla presenza di fattori socioeconomici differenti e alla diversità nell'accesso alle cure piuttosto che a inadeguate valutazioni delle caratteristiche e della severità del tumore" ha dichiarato Michael Bezuhly della Dalhousie University, Halifax in Canada. (L.A.)
Cancer 2009, 115, 4648-4654

  90) - Dolore cronico, in alcuni casi anche di entità grave, dopo gli interventi di carcinoma mammario.

Dopo terapia chirurgica in donne affette da carcinoma mammario, la presenza di dolore persistente e di alterazioni sensitive possono rappresentare problemi clinicamente significativi.
Queste le conclusioni pubblicate su The Journal of the American Medical Association di alcuni ricercatori danesi alla luce di quanto riferito in specifici questionari da circa 3.800 pazienti sottoposte a chirurgia tra il 2005 e il 2006. In particolare, il 47% delle intervistate ha riportato dolore, di cui il 13% di entità grave, il 39% moderata e il 48% lieve.
I fattori associati con dolore cronico sono risultati età comprese tra 18 e 39 anni (Odds ratio= 3,62) e radioterapia adiuvante (Or= 1,50) ma con chemioterapia (Or= 1,01).
In aggiunta, la dissezione linfonodale ascellare è apparsa associata a probabilità più elevata di dolore rispetto alla rimozione dei linfonodi sentinella (Or= 1,77).
Il rischio di disturbi sensitivi è risultato correlato a età giovanili (Or= 5,00) e a dissezione linfonodale ascellare (Or= 4,97). Infine, è stata riscontrata anche una significativa correlazione tra dolenzia in altre regioni corporee e aumento del rischio di dolore nell'area sottoposta a chirurgia. (L.A)
Jama 2009, 302, 18, 1985-1992

  91) - Chemioterapia, meno vomito e nausea con casopitant.

Un trial di fase 2, pubblicato su Cancer e coordinato da Steven M. Grunberg presso la University of Vermont, Burlington, ha verificato l'efficacia dell'aggiunta di casopitant a terapie con ondansetron e desametasone nel prevenire episodi di vomito e nausea, conseguenti a chemioterapia.
Oltre 700 pazienti sottoposti a chemioterapia sono stati randomizzati a ricevere placebo oppure casopitant alle dosi di 50, 100 e 150 mg/giorno (1°-3° giorno) in aggiunta a ondansetron (1°-3° giorno) e desametasone (1° giorno).
In sintesi, tutte le dosi di casopitant hanno fatto aumentare la percentuale di pazienti con risposta completa (Rc), ossia assenza di vomito, senso di disgusto e sospensione della terapia, rispetto al gruppo controllo (Rc= 80,8; 78,5 e 84.2%, con 50; 100 e 150 mg, rispettivamente vs 69,4%).
In aggiunta, con l'impiego di casopitant, l'incidenza di eventi di vomito nei primi 5 giorni dall'inizio del trattamento chemioterapico si è ridotta dal 23 al 10-16%. Infine, il farmaco ha mostrato un buon grado di tollerabilità con un numero di eventi avversi paragonabili al controllo (L.A.).
Cancer 15 oct 2009, early online pubblication

  92) - Ca mammario: dubbi su screening a partire dai 50 anni.

Lo screening mammografico per diagnosi precoci di cancro al seno non andrebbe effettuato prima dei 50 anni.
Questa la principale raccomandazione contenuta nel recente aggiornamento delle linee guida Uspstf (Us preventive services task force).
Fanno, però, eccezione le donne a elevato rischio di carcinoma mammario, per le quali è consigliato di valutare, caso per caso, la necessità di indagini prima di questa data.
Altrettanto innovativo un secondo punto contenuto nelle nuove linee guida, secondo cui i controlli mammografici devono avere cadenza biennale e non più annuale.
Alla notizia la comunità scientifica si è divisa in due schieramenti: da un lato chi ritiene che, pur mantenendo gli stessi vantaggi diagnostici, portando a 50 anni il momento in cui incominciare periodici controlli mammagrafici, si ridurrebbero soprattutto ansia e risvolti psicologici negativi conseguenti ai falsi-positivi e, dall'altro, molti oncologi secondo cui le raccomandazioni Uspstf farebbero aumentare il rischio di non diagnosticare in tempo molti casi di tumore al seno. "In numerosi studi scientifici è stato dimostrato che lo screening mammografico riduce significativamente l'incidenza di morte per carcinoma della mammella nelle donne di età compresa tra i 40 e i 74 anni" ha commentato Daniel B. Kopans, professore di Radiologia presso la Breast Imaging Division del Massachusetts General Hospital di Boston.
"Le nuove indicazioni Uspstf, ignorando tutto ciò, faranno compiere un passo indietro, di oltre 20 anni, rispetto ai progressi raggiunti nell'ambito della salute femminile" (L.A.).

Annals of Internal Medicine 2009, 151, 10, 716-726

Sullo stesso tema allego un link utile per l’approfondimento
http://www.corriere.it/salute/sportello_cancro/09_novembre_17/mammografia-polemica-usa_95702d22-d397-11de-a0b4-00144f02aabc.shtml

  93) - Folati e polimorfismi Mthfr responsabili di Ca mammario.

Elevati livelli plasmatici di folati incrementerebbero il rischio di cancro al seno in donne in cui è presente la variante allelica 677T del gene Mthfr (folate-metabolizing enzyme methylenetetrahydrofolate reductase).
A stabilirlo è uno studio pubblicato su American Journal of Clinical Nutrition che ha, per la prima volta, valutato l'influenza del contenuto plasmatico di acido folico sul rischio di carcinoma mammario alla luce di specifici polimorfismi del gene Mthfr.
L'indagine coordinata da Ulrika C. Ericson della Lund University di Malmoe in Svezia ha previsto il reclutamento di 313 pazienti affette da cancro al seno e di 626 donne sane, di età compresa tra 55 e 73 anni.
In breve, la concentrazione plasmatica di folati è risultata significativamente più bassa in presenza del genotipo Mthfr 677TT, rispetto a quello Mthfr 677CC. In donne con Mthfr 677T, alte concentrazioni di folati sono associate a un aumento del rischio di tumore mammario (P=0,03).
In aggiunta, gli autori hanno osservato una correlazione positiva tra livelli di folati e rischio di tumore mammario anche in donne con genotipo Mthfr 1298AA, ma solo in presenza dell'allele 677T.
(L.A.) American Journal of Clinical Nutrition 2009, 90, 1380-1389

  94) - Le donne che si ammalano di tumore rischiano di essere abbandonate dai partner molto più degli uomini.

Si tratta di uno studio condotto negli Stati Uniti: si spera che in Italia la situazione possa essere del tutto diversa.
Non è un risultato edificante per il genere maschile, quello emerso da uno studio nordamericano: le donne che ricevono una diagnosi di tumore o di sclerosi multipla vengono lasciate dai loro mariti o compagni immediatamente dopo la diagnosi con una frequenza fino a sei volte superiore rispetto agli uomini.
La ricerca è frutto di un’indagine promossa da Marc Chamberlain, direttore del programma neuro-oncologico della Seattle Cancer Care Alliance e professore presso la Scuola di Medicina della University of Washington, e conferma prima di tutto un dato già emerso in studi recenti: il tasso di divorzio per i pazienti oncologici è pari all’11,6%.
Si tratta di un dato nella media se si guarda anche al resto della popolazione e che non desta, quindi, particolare interesse, ma se si analizza una “differenza di genere” allora balza all’occhio una disparità davvero sorprendente: il 20,8% delle donne che si ammalano viene lasciato dal compagno, contro il 2,9% dei pazienti di sesso maschile.
“Essere una donna è il più forte fattore predittivo di separazione o divorzio dei gruppi di pazienti studiati” ha dichiarato Chamberlain sulla rivista scientifica Cancer.
Lo studio ha anche evidenziato che quanto più lungo è stato il matrimonio tanto più forte è il legame che resiste tra i coniugi in caso di malattia

  95) - IL 30% DEI PAZIENTI IN CHEMIOTERAPIA CONTRAE UN’INFEZIONE

Il rischio di infezioni neutropeniche costituisce una minaccia in più per i pazienti affetti da cancro e sottoposti a chemioterapia in un momento in cui le energie fisiche e psichiche del paziente dovrebbero essere dirette alla lotta contro la malattia primaria.
Secondo i risultati di un’ indagine paneuropea che ha coinvolto pazienti ed infermieri, quasi un terzo dei pazienti (30%) ha riportato un'infezione nel corso della chemioterapia, il 46% delle quali associate a neutropenia o neutropenia febbrile.
Dall'indagine Preventing Febrile Neutropenia - Staying on Track with Chemotherapy, è emerso che il 37% dei pazienti con un'infezione deve ritardare o modificare la chemioterapia.
Per nove infermieri su dieci (92%) intervistati la prevenzione della neutropenia febbrile e delle infezioni è molto importante per gestire al meglio la chemioterapia dei pazienti.
Alla domanda relativa a quali fattori possono influire sulla chemioterapia, quasi tutti gli infermieri (96%) hanno risposto che l'infezione neutropenica può provocare un ritardo nel trattamento, con interruzioni della chemioterapia e conseguenti ripercussioni sull'efficacia generale della stessa (63%).
Sei infermieri su dieci ritengono che le probabilità di riuscita di un trattamento oncologico possono risultare inferiori se la chemioterapia deve essere modificata a causa di una neutropenia febbrile o di un’infezione neutropenica, e più della metà degli infermieri concorda sul fatto che riducendo la dose si può compromettere l'esito del trattamento, anche se la dose viene corretta o aumentata in seguito (56%).
L'indagine è stata condotta dall’EONS (European Oncology Nursing Society) in nove paesi europei per conoscere gli orientamenti e le problematiche relative a terapia oncologica e infezioni, nello specifico neutropenia/neutropenia febbrile (NF).
"I pazienti oncologici spesso vengono sottoposti a una chemioterapia intensa e frequente, e questo li rende vulnerabili a una neutropenia grave o febbrile e alle sue conseguenze, tra le quali l'infezione.
I risultati dell'indagine indicano che il rischio di neutropenia e le conseguenze che può avere sulle cure cliniche e sulla qualità di vita dei pazienti devono essere considerati ancora più seriamente - ha dichiarato Kay Leonard, membro del comitato direttivo dell’EONS (European Oncology Nursing Society) - Nonostante l'ampia disponibilità di trattamenti profilattici, un numero significativo di pazienti continua a soffrire di neutropenia e delle sue conseguenze" ha aggiunto.
Per neutropenia si intende un livello eccessivamente basso di neutrofili nell'organismo e rappresenta un effetto collaterale, comune e potenzialmente pericoloso di alcune chemioterapie, che espone i pazienti oncologici a un maggiore rischio di infezioni, talvolta fatali.
Per i casi ad alto rischio di neutropenia grave e neutropenia febbrile è necessario il ricovero ospedaliero, mentre un normale trattamento chemioterapico è programmato e avviene in day hospital: circa un paziente su 10 ricoverato per neutropenia febbrile muore a causa di questa patologia.
Un effetto secondario della neutropenia febbrile può essere un ritardo nella somministrazione della chemioterapia prevista, che impedisce ai pazienti di sottoporsi alla dose completa al momento giusto con una potenziale compromissione dell'esito del trattamento.

  96) - Tumore della mammella, trastuzumab poco utile dopo antracicline.

In donne affette da cancro al seno con linfonodi ascellari positivi, la somministrazione di trastuzumab al termine di chemioterapia adiuvante a base di antracicline non produce significativi vantaggi in termini di riduzione del rischio di recidive.
/> È quanto hanno pubblicato su Journal of Clinical Oncology ricercatori francesi dell'Institut Gustave Roussy di Villejuif. Oltre 3mila pazienti con carcinoma mammario operabile sono state randomizzate a ricevere terapie chemioterapiche con antracicline con o senza docetaxel.
Le pazienti affette da tumori Her-2 positivi sono state sottoposte, in un secondo momento, a un regime terapeutico con trastuzumab (6mg/kg, ogni 3 settimane) per un anno oppure semplicemente a osservazione (gruppo controllo).
Al termine del follow-up durato 47 mesi, la somministrazione di trastuzumab è risultata associata a una riduzione non significativa del rischio di recidive pari al 14% (hazard ratio= 0,86).
É stata registrata, inoltre, un'incidenza di mortalità libera da malattia a tre anni pari al 78% nel gruppo controllo e all'81% nelle pazienti trattate con trastuzumab.

(L.A.) Journal of Clinical Oncology 2009, 16 november, early online pubblication

  97) - PEPE NERO E CURCUMA NELL PREVENZIONE DEL TUMORE AL SENO

I composti contenuti nelle spezie potrebbero aiutare a prevenire il cancro al seno. Nel pepe e nella curcuma, infatti, sono presenti sostanze capaci di limitare la riproduzione delle cellule staminali, che alimentano la crescita del tumore.
E' quanto hanno scoperto i ricercatori dell'University of Michigan Comprehensive Cancer Center, che hanno posizionato la piperina e la curcumina, rispettivamente derivate dalla pianta del pepe nero e da quella quella della curcuma, in una coltura di cellule del seno.
I ricercatori hanno osservato una diminuzione del numero di cellule staminali nella coltura mentre le cellule normali non hanno subito alcun effetto. Madhuri Kakarala, primo autore dello studio pubblicato sulla rivista Breast Cancer Research and Treatment, ha rilevato che si tratta della prima volta che un componente della dieta potrebbe dimostrarsi capace di prevenire potenzialmente il cancro al seno limitando il numero di cellule maligne.
Per prevenire il cancro al seno, vengono infatti di solito somministrati il tamoxifene o il raloxifene anche se non tutte le donne scelgono di assumere questi farmaci a causa dei costi o dell'alta tossicita. Inoltre, questi farmaci sono progettati per intervenire sugli estrogeni, fattori implicati in molti, ma non tutti, i tipi di cancro al seno.
Limitando invece il numero di cellule potenzialmente in grado di alimentare il cancro al seno si può ridurre il rischio di insorgenza senza disturbare il normale processo di differenziazione cellulare.

  98) - Il cancro uccide meno

Nuove analisti sui tumori in Europa, sulla base dei dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, mostrano un costante declino della mortalità tra il 1990-1994 e il 2000-2004.
I tassi di mortalità per tutti i tumori nell’Unione europea (Ue) in questo periodo sono diminuiti del 9 per cento negli uomini e dell’8 per cento nelle donne, con un forte calo soprattutto tra le persone di mezza età.
Questo è quanto risulta da uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Annals of Oncology, che ha evidenziato come la percentuale nei 27 Stati membri dell’Ue sia passata, negli uomini, da 185,2 decessi ogni 100mila abitanti/anno (periodo1990-1994) a 168 nel 2000-2004 e, nelle donne, da 104,8 a 96,9.

http://www.corriere.it/salute/sportello_cancro/09_dicembre_03/cancro-uccide-meno_02885b24-df63-11de-9ac1-00144f02aabc.shtml

  99) - Più attenzione ai denti dopo le cure anticancro

La salute della bocca degli ex bambini malati va protetta dagli effetti a lungo termine di radio e chemiotera. Le persone sottoposte a radio e chemioterapia, infatti, hanno un rischio consistente di incappare in problemi alla salute della bocca, specie se le cure anticancro sono state ricevute da piccoli di meno di cinque anni.
Secondo una ricerca coordinata dai medici del St. Jude Children's Research Hospital di Memphis, negli Stati Uniti, per gli ex bambini malati di tumore aumenta il rischio di avere denti troppo piccoli (microdonzia), mancanti (ipodonzia), con radici o smalto alterati, denti che cadono oppure gengiviti e secrezione eccessiva di saliva (xerostomia).
Nello specifico, i guai alla bocca sembrano associati a un’esposizione a dosi di radiazioni almeno pari a 20 Gray e a farmaci antineoplastici della famiglia degli agenti alchilanti. I risultati dello studio, che ha confrontato i dati su 9.300 adulti sopravvissuti a forme pediatriche di cancro e 2.951 controlli, sono stati pubblicati sulla rivista Cancer .

  100) - Integratori e steroidi anabolizzanti per sviluppare i pettorali possono favorire anche la ginecomastia e i tumori di mammella e prostata.

La crescita anomala del seno nell’uomo (la cosiddetta ginecomastia) non è pericolosa, ma normalmente si osserva nei maschi adolescenti o nelle persone che assumono specifici farmaci, come i gastroprotettori o quelli prescritti nelle cure ormonali anticancro.
Negli adulti sani, queste crescite potrebbero invece essere il segnale di qualche malattia più seria, come il tumore ai testicoli. O come quello al seno, che seppure molto raramente, può colpire anche gli uomini.

http://www.corriere.it/salute/sportello_cancro/09_dicembre_14/body-building-rischio-tumore-mammella-maschile_acef0d6c-e7d1-11de-8657-00144f02aabc.shtml 

  101) - IL GAMMA-TOCOFEROLO DEI PISTACCHI RIDUCE IL RISCHIO DI CANCRO

- La frutta secca e' una potente alleata della salute non solo per i benefici che apporta al cuore ma anche per la capacita' di tenere lontano il cancro.
I pistacchi, in particolare, consumati ogni giorno, sarebbero in grado di proteggere da alcuni tipi di tumore, soprattutto quello al polmone, come dimostra uno studio statunitense condotto dalla Texas Woman's University su un piccolo gruppo di volontari.
Nel corso dello studio, 36 volontari divisi in due gruppi hanno seguito diete diverse: in un caso sono stati introdotti 68 grammi di pistacchi nel menu quotidiano, nell'altro caso l'alimentazione abituale, simile a quella del primo gruppo ma senza frutta secca, non ha subito cambiamenti.
L'effetto positivo dei pistacchi, valutato nell'apporto di gamma-tocoferolo, e' stato visibile gia' dalla terza settimana di controllo. Il gamma-tocoferolo e' contenuto in altri alimenti, come noci, noci pecan, germogli di soia e olio di mais.
I ricercatori hanno tenuto a puntualizzare che una dieta 'arricchita' di frutta secca non mette necessariamente a rischio la linea: con 55 grammi al giorno di pistacchi, infatti, si ha un apporto di gamma-tocoferolo che puo' aiutare a tenere lontano il cancro senza modificare significativamente il peso corporeo.

  102) - Tumori: spray alla cannabis riduce il dolore nei malati di cancro.

Spray alla cannabis riduce di un terzo i livelli di dolore nei pazienti malati di cancro. E' quanto emerge da uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell'Università di Edimburgo e pubblicato sulla rivista Journal of Pain and Symptom Management.
I ricercatori hanno testato lo spray su 177 pazienti. Hanno così scoperto che i livelli di dolore sono scesi del 30% rispetto ai malati di cancro che non hanno usato lo spray, nonostante non avessero assunto altri farmaci come la morfina.
Lo spray è stato sviluppato in modo da non influenzare lo stato mentale dei pazienti. Inoltre, i ricercatori hanno però detto di non giustificare chi fuma la cannabis in quanto essa può aumentare il rischio di cancro.
Lo spray agisce attivando le molecole nel corpo, chiamate recettori dei cannabinoidi, che possono fermare i segnali nervosi inviati al cervello dal sito del dolore. Lo spray alla cannabis chiamato 'Savitex' è già stato prescritto per dare sollievo ai pazienti con sclerosi multipla.
"Questi primi risultati sono molto promettenti e dimostrano che i farmaci a base di cannabis possono fornire un trattamento efficace per le persone con forti dolori", ha detto Marie Fallon dell'Università di Edimburgo. "La prescrizione di questi farmaci - ha concluso - può essere molto utile nella lotta contro il dolore debilitante, ma è importante capire la differenza tra l'uso medico e quello ricreativo".

  103) - Per donne che bevono alcol rischio recidiva cancro al seno.

Bere anche solo tre bicchieri di vino a settimana aumenta del 30% il rischio di sviluppare un cancro al seno dopo averne avuto uno già prima.
Al contrario le donne che hanno limitato il consumo di alcol hanno meno probabilità di svilupparne un altro. Almeno questo è quanto emerso da uno studio condotto da un gruppo di ricercatori del Kaiser Permanent Division of Research di Oakland (in California) in uno studio presentato negli USA in occasione del Simposio Santo Antonio sul cancro al seno.
Le donne in sovrappeso e in post-menopausa sono particolarmente sensisibili agli effetti dell'alcol sulle recidive. ''Le donne a cui è stato precedentemente diagnosticato un cancro al seno - ha detto Marilyn Kwan, scienziata che ha partecipato allo studio - dovrebbero prendere in considerazione di limitare il consumo di alcolici a meno di tre porzioni alla settimana soprattutto le donne in post menopausa, in sovrappeso o obese''.
Per arrivare a queste conclusioni i ricercatori hanno esaminato 1.897 pazienti sopravvissuti al cancro al seno diagnosticato nelle sua prima fase di sviluppo tra il 1997 e il 2000.
I ricercatori hanno poi confrontato l'eventuale ritorno del tumore al seno nelle donne che hanno bevuto alcolici e nelle donne che si sono astenute.
In pratica, i soggetti hanno compilato un questionario dove sono state invitate a scrivere le loro abitudini di consumo di vino, birra e altri alcolici nell'ultimo anno. Sono state poi controllate tutte le cartelle cliniche.
Negli otto anni in cui sono state monitorate le pazienti, i ricercatori hanno registrato ben 349 recidive del cancro al seno e 332 decessi per cancro o altre cause. Tra le 'bevitrici' - che costituivano il 50% di tutte le pazienti coinvolte - il vino è stata la bevanda alcolica più scelta per il 90%. Il liquore è stato scelto invece dal 43% e la birra dal 36%.
Ebbene, dall'analisi dei dati è emerso che le donne che hanno bevuto tre o quattro drink a settimana - insieme a quelle in post-menopausa, in sovrappeso o obese - avevano un 30% di rischio in più di sviluppare di nuovo il tumore.
Il tipo di bevanda alcolica scelta non sembra aver influenza le percentuali di recidiva.
Il consumo di alcol non è stato però associato al rischio di morte. ''Questi risultati - ha concluso Kwan - possono aiutare le donne a prendere decisioni più consapevoli sulle scelte di stile divita dopo una diagnosi di cancro al seno''.

  104) - Ca mammario, tamoxifene più efficace con antracicline.

In donne in postmenopausa affette da carcinoma mammario endocrino-responsivo e con linfonodi positivi un approccio terapeutico basato su chemioterapia Caf (ciclofosfamide, doxorubicina, fluorouracile) e tamoxifene risulterebbe più vantaggioso rispetto a quello con solo tamoxifene.
È quanto emerso da un trial apparso su Lancet. L'indagine ha riguardato 1.477 pazienti sottoposte al trattamento con tamoxifene; con chemioterapia Caf seguita da tamoxifene (Caf-T) oppure Caf e tamoxifene (Caft).
Dopo 13 anni di follow-up, 637 hanno mostrato episodi di sopravvivenza libera da malattia (tamoxifene: 179 eventi in 361 pazienti; Caf-T: 216 eventi in 566 pazienti; Caft, 242 eventi in 550 pazienti).
In sintesi, terapie di combinazione antracicline-tamoxifene sono risultate più vantaggiose rispetto a quelle con solo tamoxifene in termini di sopravvivenza libera da malattia (hazard ratio= 0,76) e solo marginalmente per la sopravvivenza totale (hr= 0,83). In aggiunta, l'approccio Caf-T è apparso superiore a quello Caft anche se non statisticamente significativo, sia in termini di sopravvivenza libera da malattia (hr= 0,84; p=0,061) sia di sopravvivenza totale (hr= 0,90; p=0,309).
Neutropenia, stomatiti, tromboembolismo, scompenso cardiaco e leucemia sono risultati più frequenti con la terapia di combinazione rispetto al solo tamoxifene (L.A.).

The Lancet, 2009, 374, 9707, 2055 - 2063

  105) - LE ATTIVITÀ ANTI-CANCRO DELLA CURCUMA

Per lunghi anni la ricerca sulla prevenzione dei tumori tramite la dieta è stata considerata una scienza minore, sospetta di essere indotta più dalle convinzioni ecologiche che da evidenze scientifiche.
Non tutte le critiche erano prive di fondamenti. Affermazioni come: “gli indiani hanno meno tumori al seno, deve essere la dieta“ confondono la correlazione con la causa. E’ vero infatti che gli indiani seguono una dieta diversa dalla nostra, ma sono anche più poveri, vanno meno in macchina, non fanno le ferie e molte altre cose ancora. E non è facile passare da queste osservazioni all’individuazione delle cause della ridotta incidenza tumorale. Per fortuna il lavoro duro, lontano dai riflettori dell’interesse pubblico di molti scienziati seri ha finalmente portato evidenze chiare sul rapporto tra dieta e prevenzione dei tumori. Ne stiamo cogliendo i primi frutti (bisogna dire proprio così …) ora che per molte sostanze contenute nella dieta si stanno accumulando dati scientifici che ne evidenziano il meccanismo d’azione.
La prima lezione che abbiamo imparato da questi studi è che una via maestra della prevenzione dei tumori è l’attività anti-infiammatoria di molte delle sostanze testate. L’infiammazione cronica o ripetuta genera un microambiente favorevole alla crescita tumorale e contribuisce addirittura alla formazione delle metastasi. La continua assunzione di sostanze con attività anti-infiammatorie può quindi ridurre il rischio di sviluppare tumori, ne può rallentare la crescita e bloccare la disseminazione delle cellule maligne. Un esempio per quest’attività è dato dalla Curcumina, sostanza gialla contenuta in un tubero indiano (la radice gialla) che viene usato nel Curry.
La Curcumina sembrerebbe la più forte tra le sostanze dietetiche con attività anti-infiammatorie ed anti-tumorali. Studi molecolari hanno evidenziato che la Curcumina blocca l’attivazione di un fattore presente nelle nostre cellule che scatena la reazione infiammatoria. Lo stesso fattore, che prende il nome di Nuclear Factor Kappa B (NF?B), è anche responsabile di bloccare il programma di suicidio della cellula. Cellule severamente danneggiate o mutate dovrebbero subire morte programmata, un meccanismo di difesa contro la degenerazione delle cellule, ma l’NF?B blocca il programma permettendo la proliferazione di cellule maligne. Inibendo l’NF?B, la Curcumina porta le cellule maligne al suicidio e blocca l’infiammazione.
Nei nostri laboratori presso l’Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro di Genova in collaborazione con la Professoressa Beatrice Bachmeier dell’Università di Monaco in Baviera, abbiamo recentemente dimostrato che questa doppia attività, pro-suicidio e anti-infiammatoria, riduce significativamente la formazione di metastasi da cellule di carcinoma mammario nel topo.
Questi studi, finanziati dal Minstero della Salute e dalla Regione Liguria nonché dalla Fondazione CARIGE, hanno anche permesso di individuare i meccanismi molecolari a valle del famoso fattore NF?B applicando le più avanzate tecnologie che ci permettono di studiare l’effetto di una sostanza sulla totalità dei nostri geni. Le più recenti analisi “genomiche” indicano però che anche la Curcumina, come tutti i farmaci anti-tumorali trova un limite nella resistenza della cellula tumorale.
In un lavoro appena accettato per la pubblicazione sulla rivista Molecular Cancer dimostriamo che esistono cellule resistenti agli effetti anti-suicidio della Curcumina. La resistenza è data dal gene ABCA1 che produce una proteina la cui funzione è di espellere il colesterolo dalla cellula. Facendo tacere (o silenziando, come si dice in gergo tecnico) il gene ABCA1 le cellule diventano nuovamente sensibili agli effetti della Curcumina. La conoscenza del meccanismo di resistenza ci permette di valutare il potenziale beneficio che un paziente può avere dalla terapia.
I ricercatori oncologici si sono resi conto che la lotta ai tumori richiede terapie individualizzate, tagliate sulle caratteristiche molecolari del tumore e sulle caratteristiche genetiche del paziente. Possiamo allora estendere il concetto anche alla prevenzione con sostanze dietetiche: avranno un effetto se impiegate per una prevenzione mirata.

  106) - SCOPERTO UN MODO DEI TUMORI PER BLOCCARE IL SISTEMA IMMUNITARIO

Uno studio dei ricercatori dell'ospedale San Raffaele di Milano, pubblicato sulla rivista biomedica 'Nature Medicine', ha evidenziato che i tumori riescono a inibire il funzionamento del sistema immunitario anche attraverso alcune molecole derivate dal colesterolo.
La scoperta, realizzata da una equipe guidata da Vincenzo Russo dell'Unita' di terapia genica dei tumori dell'istituto con il contributo del gruppo di Catia Traversari di Molmed e di ricercatori dell'universita' di Milano e del Karolinska Institutet di Stoccolma, potrebbe aprire la strada a nuove terapie contro i cosiddetti 'big killers', i quattro tumori responsabili ogni anno del maggior numero di decessi.
La scoperta di questa ulteriore modalita' con cui i tumori paralizzano le 'sentinelle' del corpo umano ha permesso di individuare anche le procedure terapeutiche che, bloccando questo meccanismo, ripristinano il funzionamento del sistema immunitario, che di per se' e' in grado di riconoscere ed eliminare le cellule neoplastiche.
Nello specifico, gli scienziati hanno scoperto che molti tumori crescono indisturbati grazie alla produzione di ligandi di 'Lxr', molecole derivate dal colesterolo, che imprigionano alcune cellule del sistema immunitario, impedendo loro di attivare il processo di eliminazione delle cellule cancerose. La ricerca ha identificato delle molecole, utilizzate in medicina per diminuire il colesterolo plasmatico, che sono in grado di bloccare la produzione di metaboliti del colesterolo, consentendo la cura di alcuni tumori nel modello animale.
I ricercatori hanno successivamente verificato che l'utilizzo di questi farmaci permette di riattivare in modo regolare la risposta del sistema immunitario, impedendo anche ai tumori di inibire il sistema immunitario.

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Comment

  • A history of smoking increases a woman's risk for developing breast cancer" - Ivana T. Croghan, Mayo Clinic College of Medicine, Rochester, Minnesota, USA
     

"Our study demonstrates that a history of smoking increases a woman’s risk for developing breast cancer. The difference between this study and many other previous studies is our definition of smoking. Most previous studies have assessed smoking status only at the time of breast cancer diagnosis. As a result, former smokers may have been misclassified as never smokers and cigarette exposure underestimated. Our study assessed any history of smoking prior to or at the time of the breast cancer diagnosis allowing us to estimate lifetime cigarette exposure. It has been theorized that smoking affects breast cancer development via the estrogen metabolism cycle. The findings from our study provide new evidence that avoidance of smoking or stopping smoking as soon as possible may reduce breast cancer risk. All women who smoke should be advised to stop smoking and provided behavioral and pharmacologic treatment in accord with clinical practice guidelines"

(Comment on: Croghan IT et al.: "The role of smoking in breast cancer development: an analysis of a Mayo Clinic cohort", Breast J. 2009 Sep-Oct;15(5):489-95)

Clinical Guidelines

  • "Updated NCCN Guidelines for Breast Cancer Discourages Prophylactic Mastectomy in Women Other Than Those at High Risk" - The National Comprehensive Cancer Network, USA - www.nccn.org
  • "Screening for Breast Cancer: U.S. Preventive Services Task Force Recommendation Statement" - Ann Intern Med Nov 17, 2009 151:716-726 - U.S. Preventive Services Task Force

 


Ultimo aggiornamento: 31 Dicembre 2009


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