Le ragazze Fuori di Seno e il lato positivo della rete
in un articolo del Corriere della Sera
Salvo Catania 22 Febbraio 2014
La letteratura attuale enfatizza in oltre il 90 % degli
articoli e saggi pubblicati, gli aspetti negativi della
rete. E’ senz’altro gratificante per noi che il gruppo
delle Ragazze fuori di Seno sia stato portato ad esempio di
condivisione e autoaiuto virtuale collettivo in un articolo
del Corriere della Sera a 4 colonne del 22 Febbraio 2014.
Crowd Accelerated Innovation: il lato positivo della Rete
“C’è differenza fra lasciarsi utilizzare dai social media o
arricchire la vita o la comunità”. “La Rete non enfatizza
solo il singolo” e può generare “innovazione accelerata di
massa”. Un articolo del Corriere della Sera, firmato
da Luisa Ponzato, esplora i nuovi “crocevia temporanei” per
scoprire i lati positivi della rete che offrono nuove
opportunità e permettono di arricchire la vita delle persone
e delle comunità.
Metropoli digitale
Crescere, condividere, scambiare e accelerare i tempi:
Internet è come una grande città.
Accade tutto e subito. Il lato positivo della Rete
di Luisa Pronzato
Corriere della Sera, 22 febbraio 2014
Insieme nella folla. Fermandosi ai crocevia, temporanei Times Square o mercati rionali.
Il brulicare di social media, siti, reti nelle reti sono le
nuove metropoli in cui sperimentare la libertà. Zippare o
bannare e taggare entrati nell’Oxford Dictonary Online, non
sono le uniche azioni del web. L’ aspetto ludico è una delle
componenti della vita digitale che, a ben guardare, replica
bisogni ancestrali: entrare in relazione con l’ altro.
Crescere, condividere, scambiare, accelerare sono le parole
che tornano nelle filosofie del web.
«Nel momento in cui si
incarna un’emozione sociale il mondo connesso offre la
possibilità di diventare crowd heros , eroi della folla»,
dice Cristina Cenci, antropologa e fondatrice di
Body&Society, istituto di ricerca su corpo e società.
«Erodendo i corpi mediatori, che a seconda delle nostre vite
sono stati editori, politici, sindacato, medici, il web
offre altri ruoli e identità. Temporanei, il più delle
volte, ma comunque desiderati e scelti».
Può accadere all’
aspirante scrittore che finisce in classifica su Amazon o
all’arrabbiato che diventa voce di esigenze collettive. Se
accade a uno può accadere ad altri: a te, a me. Non è raro
che questa percezione inneschi un ciclo di apprendimento che
si autoalimenta e che potrebbe essere importante quanto
l’invenzione della stampa. Crowd Accelerated Innovation
(Innovazione Accelerata di Massa) lo definisce Chris
Anderson, uno dei fondatori delle Ted, notevole esempio di
Rete benevola intorno alla quale si concentrano le migliori
menti mondiali per divulgare i loro saperi, un esercito di
scienziati e intellettuali che partecipano dal vivo o cliccando sulle ormai note e condivise video conferenze
online. Oltre a un altrettanto nutrito esercito di
volontari-traduttori in tutte le lingue del globo, dal
vietnamita al bosniaco.
«La Rete genera l’accesso a nuove relazioni», continua l’
antropologa, «allo stesso modo delle metropoli. I crossroad
generano panico e, come nelle grandi città, riproducono
incontri cattivi e incontri buoni». Nelle nostre vite
reticolari la tecnologia ha messo l’individuo al centro,
dice il filosofo Howard Rheingold, autore di «Perché la Rete
ci rende più intelligenti» (Raffaello Cortina): «Agli
individui in Rete è richiesto uno sforzo maggiore per
cavarsela in un mondo always-on , in rapido movimento, con
una nuova gamma di regole e competenze. Come era successo
con la transizione dalla vita a quella urbana».
Chi oserebbe oggi mettere in discussione la città? «Sono le
mappe e il caso, il più delle volte, a fare da guida», dice
Cristina Cenci. «E ad aprire prospettive sulle quali ognuno
reinventa il proprio percorso. La Rete, però, non enfatizza
solo il singolo». Che si tratti di un appello su Change.org
o di un sistema web che mette in relazione cittadinanza e
protezione civile per prevenire catastrofi naturali o per
portare soccorsi, è lo spazio in cui le collettività si
fondono. Prendiamo i forum dove si sperimentano
conversazioni che diventano vere e proprie comunità
terapeutiche che obbligano i medici a cogliere la sfida e
trovare modi nuovi per comunicare con i pazienti. È il caso
di www.ragazzefuoridiseno.it ,
piattaforma nata tra donne che hanno vissuto il tumore ai
diversi stadi in cui si sperimenta l’ autoaiuto e le idee di
ciascuna. Ma ogni ragazza «fuori di seno» è tenuta sotto
controllo dall’oncologo Salvo Catania (blog Medicitalia, www.medicitalia.it
) che anima la piattaforma insieme con alcuni psicologi: in
pratica è alimentata dagli stessi specialisti che in altri
luoghi del sito danno consulenze. È in questi crossroad che
il panico si trasforma nelle culture digitali.
Quanto conosciamo, come sempre, può fare la differenza fra
lasciarsi utilizzare dai social media o arricchire la vita o
la comunità. «Non si tratta di Twitter, Facebook, Wikipedia
o di altri indirizzi, il buono della Rete non sta solo in un
url ma nel suo insieme», dice Lella Mazzoli, docente di
Sociologia della comunicazione all’Università di Urbino
Carlo Bo, che ha appena pubblicato «Cross-News, L’
informazione dai talk show ai social media» (Codice
Edizioni). «Non c’ è più un unico media: questo ormai lo
sappiamo perché componiamo le informazioni su quanto ci
serve o interessa prendendo un pezzo dalla carta, uno dalla
radio, qualcosa dalla televisione e altro dai social
network. Ognuno si costruisce il proprio patchwork mediale».
Quello che manca e spesso spaventa è la cultura dei nuovi
mezzi: «I bambini piccoli prendono una copertina patinata e
toccano cercando di far partire un touch. I ragazzi si
muovono e incontrano il nuovo con i loro tablet. Basta
questo per accusare la Rete di superficialità? Se non si
presta attenzione, se non ci si forma competenze, è vero si
rischia l’ appiattimento e l’omologazione».
Si tratta di ibridare le nostre realtà. Come sostiene Michel
Serres, ottantenne membro dell’Academie Francaise e docente
di Storia alla Stanford University, autore di «Non è un
mondo per vecchi» (Bollati Boringhieri) appena premiato con
il premio Nonino: «Le pollicine e i pollicini, i ragazzi
della generazione che fa tutto con il pollice, hanno l’
universo sulla mano: prima, quei saperi-poteri, li avevano
solo i saggi e gli imperatori».