Quando il virtuale si confronta con il reale
Salvo Catania 29/10/2013
leggi
http://www.medicitalia.it/public/uploadedfiles/minforma/salvocatania_virtuale-reale-01.jpg
Il tumore del seno, come qualsiasi grave malattia che minaccia
la nostra vita, oltre ad assumere una grande importanza sociale
per la sua elevata frequenza, è l’esempio più emblematico di
malattia, che per le sue implicazioni psicologiche emotive e
simboliche è in grado di destabilizzare il più solido degli
equilibri di chi si ammala.Infatti la paura della mutilazione,
la rabbia ("perché proprio a me?"), la frustrazione, la paura
delle terapie, della sofferenza, della solitudine, dell’emarginazione
e della morte, sono tutti elementi angoscianti che accompagnano
le pazienti in tutte le fasi della malattia.
Guarire vuol dire perseguire l’obiettivo di ristabilire un equilibrio
tra la dimensione fisica e quella mentale, ma nonostante il
tempo trascorso dalla somministrazione della sentenza, spesso
è proprio la “guarigione psicologica” quella più difficile da
raggiungere, messa a dura prova dalle cosiddette anticipazioni
generate dalla nostra mente (credenze, aspettative, pregiudizi
e soprattutto “paura della paura”), confuse con i dati di realtà,
ovvero dai motivi reali di preoccupazione che sono basati su
risultati diagnostici oggettivi.
Questo genera una seconda malattia talvolta molto più grave
del cancro perché i malati di tumore frequentemente “smettono
di vivere”, concependo il periodo di cura come una sorta di
sospensione del tempo e questo senso di minaccia e sospensione
interessa anche il periodo successivo alle cure nonostante i
dati oggettivi siano molto incoraggianti.
Di questa “malattia” se ne occupa la psiconcologia, disciplina
sviluppatasi intorno al 1950 negli Stati Uniti e che si occupa
in maniera specifica delle conseguenze psicologiche causate
da un tumore. La rabbia, l’ansia, la preoccupazione sono normali
risposte adattive alla malattia, e di cui non ci si deve affatto
preoccupare, e lo scrivo anche per i familiari, ma quando queste
diventano troppo intense, continue e perseveranti, ci sono tutte
le indicazioni per un trattamento specifico.
Purtroppo la copertura istituzionale nel territorio italiano
per questo trattamento non è quantitativamente ottimale in relazione
alla elevata incidenza del cancro.
Gruppo di Auto-Mutuo-Aiuto virtuale Medicitalia: AMA(v)MI+
Cos’è un gruppo di auto-mutuo-aiuto?
Nulla di nuovo perché questi gruppi sono nati negli Stati Uniti
dopo la Grande Depressione per aiutare gli alcolisti ad abbandonare
le abitudini scorrette. I gruppi di auto-mutuo-aiuto (AMA) si
sono rivelati efficaci in molte situazioni in cui si manifesta
il bisogno di un sostegno psicologico.
Con il tempo l’efficacia dei gruppi è stata studiata scientificamente
in diversi contesti e ne sono emersi due modelli prevalenti:
nel primo, detto gruppo guidato, esiste una figura di riferimento
(un operatore sanitario o uno psicologo) che guida il gruppo
con le tecniche proprie della sua professione, pur lasciando
ampia libertà di espressione a tutti i membri.
Nel secondo modello, come l’AMA(v)MI, il gruppo è composto da
“pari” (pazienti e familiari) che condividono le loro esperienze
e soluzioni adottate per far fronte ai vari problemi. In questo
secondo modello è prevista la figura di un “facilitatore” (cui
si affiancano altre figure multidisciplinari) che aggrega il
gruppo e crea il “contesto” in cui la discussione fluisce tra
i “pari”, spogliandosi della sua tecnologia (vedi metodo “dottore
si spogli”).
Il gruppo AMA(v)MI non è nato casualmente anche se si
è dimostrato molto più efficace rispetto ad ogni aspettativa.
E ancora ne vedremo delle belle!
All’inizio del 2013 mi sono reso conto delle difficoltà oggettive
a gestire i consulti online con le pazienti oncologiche che
presentavano una prognosi non certo favorevole.
Per non essere ripetitivo ed avendo trovato molti temi in comune,
ho cominciato ad indirizzare tutti questi consulti di particolare
delicatezza nel mio blog ed in particolare alla discussione
"Come si calcola il rischio reale per il tumore al seno".
La svolta è arrivata ai primi di febbraio 2013 con l’ingresso
nel blog di Francesca (alcuni di questi “personaggi” sono ripresi
nelle conclusioni di un mio articolo sugli errori medici)
Francesca, trentenne emiliana, presenta un rischio di tumore
al seno da fare invidia ad Angelina Jolie: mi scrive “mi hanno
sospeso i controlli senologici durante la gravidanza, perché
mi hanno spiegato che la gravidanza protegge”.
Francesca presenta una mutazione genetica. Invitata a riprendere
immediatamente i controlli, scopre di avere (ecografia) un tumore
maligno di 2,6 cm. Inizia la chemioterapia neoadiuvante nel
mese di marzo e “accompagnata” giorno per giorno dalla assistenza
virtuale delle compagne di avventura, subisce una mastectomia
liberatoria con ricostruzione il 27 giugno del 2013. Francesca
si descrive come “riservata e pudica” (sic!) nella sua vita
reale, ma nel gruppo irrompe con il suo grido di battaglia come
uno tsunami “A staccato Fanculo!”. Strada facendo non solo abbiamo
sdoganato l’espressione che non avendo altri sinonimi, è diventata
il grido di battaglia anche delle altre compagne di avventura
del gruppo.
Non sto ad elencare tutti i personaggi che sono entrati nel
blog perché secondo me il più bravo sceneggiatore di un film
e con la più fertile fantasia non sarebbe stato in grado di
poterli immaginare così diversi, ma con tante cose in comune
da condividere.
[
http://www.medicitalia.it/minforma/Senologia/1755/L-errore-medico-reale-in-senologia-corretto-dal-consulto-online
]
Singolare il caso della nostra Annarita, anche lei emiliana
(nodulo presente da 3 anni C3 e rivelatosi poi tumore maligno)
che spinta da noi ad un approfondimento diagnostico richiede
una biopsia il cui referto Le viene comunicato alla vigilia
del terremoto e si mantiene in contatto durante il decorso post-operatorio
“ricoverata in una tenda di sfollati” nella zona dell’epicentro
del terremoto.
Non c’è spazio qui per elencare tutte le partecipanti al blog,
tra cui Patrizia, che non ha un tumore, ma nell’attesa dell’intervento
è come se l’avesse.
Piano piano ho cominciato a rendermi conto nel forum che grazie
al contributo dei “pari” il focus della discussione si spostava
dalla malattia alla “paura della paura”, la malattia più grave.
Molto importante il contributo di tutte: dalla entusiastica
freschezza di Lori nonostante l’età anagrafica e la consapevolezza
delle sue metastasi; dalla saggezza di Laura 1 al grido disperato
di Mery “ci risiamo una altra volta”. Dall’età di 30 anni ai
70 e geograficamente dalle Alpi alle Piramidi: Lombardia, Emilia,
Veneto, Piemonte, Valle D’Aosta, Calabria, Sicilia ecc.
Da quel momento mi sono imposto di “eludere” volutamente tutte
le domande tecniche, invitando a partecipare anche alcune mie
pazienti che incontravo nella mia pratica professionale quotidiana,
come Elisa (+marito) e Fiorella, medico-paziente, e che io avevo
operato mentre era in corso la discussione sul blog.
Nel frattempo sono riuscito a coinvolgere altre figure professionali
del sito ed in particolare alcuni psicologi, tra cui il dr.
Calì ed il dr. Bellizzi, ai quali ho affidato il compito di
allestire un “empa-test conoscitivo”. Nulla di impegnativo dal
punto di vista scientifico anche per la non significatività
del campione, ma con l’unico obiettivo appunto conoscitivo.
In questa pagina c’è il questionario da compilare PRIMA dell’incontro
di novembre e poi ci sarà un “empatest conoscitivo” quando ci
incontreremo.
Per esempio sarebbe interessante verificare se ad un alto livello
di empatia online corrisponda poi effettivamente un altrettanto
elevato livello di empatia nell’incontro reale. Io mi aspetto
che l’incontro reale determini, per diverse ragioni, in alcuni
pazienti un “disagio” percepito come basso livello di empatia
intorno a sé, perché nella mia esperienza, paradossalmente,
il virtuale sembra incoraggiare ad esprimere meglio le proprie
emozioni ed in modo più completo, specie se si è coperti dall’anonimato,
e soprattutto quanto più ci si allontana della fase iniziale
della relazione. Nel nostro gruppo infatti gradualmente le pazienti
sono state “obbligate” a presentarsi con un nome, seppur fittizio.
Non è mai stato utilizzato un nome fittizio a riprova che ormai,
rispetto al passato, non c'è traccia del "pudore", sentimento
molto comune tra i pazienti nel secolo scorso in cui il cancro
era una malattia di cui ci si doveva vergognare e quindi nascondere.
Dopo l’intervento di Francesca, volutamente mi sono allontanato,
si fa per dire perché ho continuato a leggere ogni giorno, dalla
discussione per valutare l’autonomia del gruppo, che infatti
è andato avanti da solo. Oggi il cancro nel forum resta sempre
la cornice in cui si muove la discussione, ma non viene più
neanche nominato e non certo perché sia stato rimosso, ma perché
il “granchio”, il fantasma che ci perseguita e ci rincorre è
stato, non solo accettato, ma addirittura esorcizzato e soppiantato
dalle... emozioni.
Incontro del 21 Novembre a Milano
Tanta, ma veramente tanta carne al fuoco:
1.
Premesso che non ci interessa più discutere se esista
o meno l’empatia virtuale [
http://www.medicitalia.it/salvocatania/news/3598/Esiste-l-empatia-online-Altroche ]
ma sarà veramente interessante, e tra l’altro inedito a livello
mondiale, verificare cosa possa accadere a livello empatico
quando una relazione nata virtualmente si confronta con l’impatto
reale (non ci siamo, tranne qualche caso, mai incontrati
“vis a vis”).
2.
Rapporto medico paziente e responsabilità del medico, del paziente
e dei media con il contributo di medici-pazienti, psicologi-pazienti,
giornalisti-pazienti.
Toccherà a me per indirizzare il tema della discussione, illustrare
il metodo “dottore si spogli” (della sua tecnologia)
frutto di 37 anni di frequentazione dell’Associazione Attivecomeprima,
fondata nel 1973 e che il 5 Novembre festeggia a Milano il quarantesimo
compleanno dalla sua fondazione.
[
http://www.medicitalia.it/minforma/Senologia/79/Dottore-si-spogli
]
-
Il programma
non prevede relazioni ma esperienze. Non solo dei medici
ma soprattutto di medici-pazienti, psicologi-pazienti, giornalisti
pazienti.
Che c’entrano i giornalisti? C’entrano e come!
Gli ostacoli alla comunicazione derivano da:
-
fattori
sociali:
inferiore considerazione del malato coerentemente all’assunto
ippocratico che esistesse una identificazione tra salute,
bellezza e moralità che ritroviamo anche nell’era moderna,
il malato veniva considerato non solo brutto, ma sminuito
della sua capacità di potersi prendere cura di sé stesso.
I media sono responsabili di continuare a mantenere
questi valori nella società alimentando una cultura
da “Grande Fratello”.
Nella giornata del 21 Novembre ho coinvolto Michela
Mantovan che è anche ex-paziente, caporedattore del
Corriere della Sera e che mi aveva fatto leggere un
bellissimo libro, "Tumorrow" scritto da
lei, ma mai pubblicato e che non aveva alcuna intenzione
di farlo.
Quando le ho chiesto perché (tutti, proprio tutti soprattutto
se hanno facilità a scrivere hanno scritto almeno
un libro dopo l’esperienza del cancro) non l’avesse
fatto, mi ha risposto che avrebbe risposto alla mia
domanda pubblicamente nel corso dell’incontro di Novembre.
L’aspettiamo.
-
fattori
relativi al paziente: non credo che si possano considerare esagerate le aspettative dei
pazienti, mentre occorre fare i conti con i loro pregiudizi
e paure.
c.
fattori
relativi al medico:
non basterebbe un intero Convegno di una settimana per discuterne,
perchè sono fattori legati alle paure personali del medico ed
al suo training professionale.
Ad esempio durante la nostra formazione noi siamo stati educati
a lenire efficacemente il dolore o annullarlo del tutto con
l’uso di anestetici, mentre non siamo preparati affatto all’idea
di generare dolore somministrando cattive notizie o peggio sentenze
di morte.
Ma la ragione principale del nostro imbarazzo o inadeguatezza
deriva dal fatto che noi siamo stati rigorosamente educati ad
avere e seguire linee guida, per cui nell’evenienza in cui non
ve ne siano, è comprensibile il disagio e la tendenza ad evadere
se non proprio ad evitare completamente il compito che pur fa
parte del ruolo professionale. Ad esempio ci mancano linee guida
per rispondere alle reazioni del paziente anche quando queste
sono adattive e quindi non dovrebbero essere valutate negativamente,
poiché l’adattività è l’unica risorsa in situazioni estreme
che aiuta il paziente ad adattarsi a situazioni sfavorevoli,
mentre noi la vediamo come un intralcio alla relazione.
3.
Riappacificazione tra medici e pazienti
Questo è un altro tasto molto dolente della relazione medico-paziente
e sul quale anche i media non possono chiamarsi fuori causa
perché responsabili di una altissima percezione dei casi presunti
di “malasanità”, che ci sono senza dubbio, ma che non vengono
mai messi in relazione ai tanti milioni di atti invasivi che
vengono eseguiti ogni anno in Italia e che passano inosservati
perché evidentemente gli esiti sono da considerare soddisfacenti.Se
vogliamo scomodare i numeri, indubbiamente gli errori dei medici
ci sono perché il medico non è infallibile ed è dovere del medico
ammetterli con l’umiltà di spiegarli sempre al paziente.
[
http://www.medicitalia.it/minforma/Senologia/1755/L-errore-medico-reale-in-senologia-corretto-dal-consulto-online
]
Le reazioni dei pazienti in alcuni casi sono prevedibili e giustificabili
anche perché i medici hanno creato aspettative che solo il Padre
Eterno potrebbe promettere.
Ad esempio nel mio settore della senologia oncologica per quanto
non vi siano evidenze che un ritardo diagnostico di un tumore
anche di 9-12 mesi abbia qualche ripercussione negativa sulla
sopravvivenza, tuttavia va rilevato il paradosso che proprio
i senologi abbiano abbinato sistematicamente la diagnosi precoce
a una prognosi migliore e ne hanno diffuso il concetto attraverso
i media come verbo sacro. Nessuna meraviglia quindi se un giudice
“ingiustamente” possa essere motivato a colpevolizzare un ritardo
diagnostico denunciato da un paziente, così come la percezione
collettiva, enfatizzata dai media, tende a considerare questo
tipo di errori come una anomalia dell’organizzazione sanitaria.
Quanto sia enfatizzata questa anomalia lo dimostra il fatto
che oltre l’85% delle cause di risarcimento intentate ai medici
non hanno avuto alcun esito perché il medico è stato assolto.
Vuol dire allora che nell’85% dei casi migliaia di cittadini,
talvolta vittime di sciatterie inaccettabili, ma non di rado
eccitati da avvocati spregiudicati intentano cause non sempre
sensate. Indimenticabile un manifesto con la radiografia di
un torace dove spiccava nei polmoni una forbice con la scritta
“sei proprio sicuro che ti abbiano curato bene “?
Tutto ciò ha alimentato una sorta di medicina, cosiddetta difensiva,
dagli effetti devastanti per tutti i cittadini.
a.
Le ammissioni alle Scuole di Specializzazione delle specialità
ad alto rischio vanno deserte, tant’è che ormai è difficilissimo
trovare giovani chirurghi disponibili ad abbracciare questo
tipo di professione perché i rischi ed i costi imposti dalle
Assicurazioni risultano insostenibili.
b.
Molti medici cominciano a cautelarsi richiedendo un numero
esagerato di indagini diagnostiche per non essere accusati di
“negligenza”. Gli effetti sono disastrosi per i costi della
collettività ed in primo luogo sugli stessi pazienti per l’allungamento
dei tempi diagnostici necessari per espletare gli esami richiesti.
c.
Si sta riducendo drasticamente il numero di chirurghi
disponibili ad eseguire interventi ad altissimo rischio.
Queste considerazioni sono agghiaccianti perché l’obiettivo
di molti medici resta ancora quello di poter curare i propri
pazienti come i propri familiari, animati da Scienza e Coscienza.
Se costretti ad essere attenti ai dettami giudiziari, diversamente
da come si curerebbe un familiare, il rischio concreto è quello
di educare una categoria professionale a curare in modo “accuratamente
eccessivo” (altro che Slow Medicine !) prescrivendo ai pazienti
più esami e terapie, non certo per superficialità o convincimento
scientifico, ma solo per evitare che il verificarsi di una patologia
improbabile, lo esponga al vaglio giudiziario e magari alla
graticola mediatica.
Con il risultato che “siamo così curati che ci sentiamo tutti
malati” (Too Much Medicine).
Per commenti, programma e adesione vedi il mio blog
http://www.medicitalia.it/news/4016-quando_il_virtuale_si_confronta_con_il_reale.html
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Programma 21
Novembre 2013
9,00 Salvo Catania “presentazione
dell’incontro”
9, 10 Ada Burrone ,
Direttore Generale di ACP , “saluto di Benvenuto”
9, 30 Gianluca Calì,
psicologo, “ risultati sondaggio Empatest virtuale “
9, 45 Michela Mantovan,
Caporedattore Corriere della Sera, “ Tumorrow”
10, 00 Daniela Condorelli
, giornalista gruppo Repubblica Espresso “
responsabilità dei media “
10,30 Lucia Giudetti
Quarta, Presidente Fondazione Quarta, “Progetto
Ippocrates”
10, 45 Coffe-break
11- Salvo Catania, [ “Dottore
si spogli” ]: la responsabilità dei medici, dei
pazienti, dei familiari, dei media e la comunicazione non
convenzionale.
13 Lunch
14, 30 Discussione
aperta a tutti i partecipanti
Partecipazione alla
discussione delle pazienti nel ruolo di I-PATIENT [ I=
INTERACTIVE PATIENT, paziente che interagisce con i medici
piuttosto che e-patient (consumatore passivo di informazioni
sulla salute da parte di utenti che utilizzano mezzi di
comunicazione elettronici)].
18, 00 -18,30 Fine dei lavori
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